TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2016-04-21, n. 201604611

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2016-04-21, n. 201604611
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201604611
Data del deposito : 21 aprile 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04787/2015 REG.RIC.

N. 04611/2016 REG.PROV.COLL.

N. 04787/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4787 del 2015, proposto da A C, rappresentata e difesa dall’Avv. Cesare Formato ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. C d C in Roma Via Marianna Dionigi, n. 57;

contro

Ministero della Salute in persona del legale rappresentante p.t.;

per l'esecuzione

del giudicato formatosi sulla sentenza n. 4567/09 resa dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma in data 11 marzo 2009 come rettificata dalla sentenza della Corte di Appello in data 31 agosto 2012 n. 3871;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2016 la dott.ssa Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato al Ministero della Salute in data 30 marzo 2015 e depositato il successivo 14 aprile 2015, la ricorrente espone che con sentenza n. 4567/09 il Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma ometteva la ricorrente, pur proponente la relativa azione, nel dispositivo col quale determinava a favore dei diversi attori l’importo che il Ministero della Salute avrebbe dovuto corrispondere a titolo di interessi legali anche sull’indennità integrativa speciale relativa all’indennizzo ex L. n. 2010/1992.

La successiva sentenza della Corte di Appello a n. 3871 del 31 agosto 2012 rettificava il dispositivo della ridetta sentenza e, ad integrazione dello stesso, condannava dunque il Ministero della Salute al pagamento a favore della ricorrente della somma di Euro 10.338,87 a titolo di rivalutazione annuale sull’indennizzo ex lege n. 210/1992 oltre interessi legali dalla scadenza di ciascun rateo fino al soddisfo.

La prima delle due sentenze veniva munita della formula esecutiva in data 24 marzo 2009 e notificata in data 26 marzo 2009 al Ministero, che tuttavia non ottemperava;
col successivo atto di precetto, notificato in data 29 luglio 2013, e dal quale risultava anche la sentenza di rettifica della Corte di Appello, parte ricorrente ingiungeva al Ministero della Salute il pagamento della somma complessiva di Euro 13.013,96 oltre interessi legali successivi, ma anche tale ingiunzione rimaneva senza esito alcuno.

2. La ricorrente dunque conclude chiedendo la condanna del Ministero ridetto a dare piena e completa esecuzione alle sentenze n. 4567/09 resa dalla IV Sezione Lavoro del Tribunale di Roma in data 11 marzo 2009 come rettificata da quella della Corte di Appello di Roma a n. 3871 del 31 agosto 2012, nominando anche, ove, occorra, un commissario ad acta che provveda in luogo dell’inadempiente Ministero della Salute, con applicazione anche della penalità di mora ex art. 114, comma 4 lettera e) c.p.a.

3. Il Ministero della Salute non si è costituito in giudizio.

4. Il ricorso è stato trattenuto in decisione alla Camera di Consiglio del 23 febbraio 2016 alla quale il Collegio lo ha trovato in parte fondato.

Come chiarito in narrativa, con la sentenza n. 3871 del 2012 la Corte di Appello di Roma, per quanto ne riguarda, correggeva l’errore materiale recato dal dispositivo della sentenza n. 4567/2009 con la quale la IV Sezione Lavoro del Tribunale di Roma aveva accolto il ricorso proposto, tra gli altri, dalla ricorrente Carmignano Anna al fine di ottenere la rivalutazione monetaria oltre che sulla voce indennizzo ex art. 210/1992 anche sulla voce indennità integrativa speciale, come stabilito dall’art. 2 comma 1 della medesima legge. Il nominativo della ricorrente pur compreso tra i ricorrenti veniva pretermesso dal dispositivo e la Corte di Appello, dunque, provvedeva a rettificare tale omissione reinserendone il nominativo oltre l’importo di Euro 10.338,87 al cui pagamento era condannato il Ministero convenuto.

Quest’ultimo nel dispositivo della sentenza di primo grado era pure condannato alla rifusione ai ricorrenti delle spese di lite che liquida in complessivi E. 1.000,00 per diritti, Euro 900,00 per onorari, oltre rimborso di spese generali, IVA e CPA con distrazione a favore dell’Avvocato Formato.

Oltre alla apposizione della formula esecutiva in data 24 marzo 2009 ed alla notifica al Ministero della Salute in data 29 marzo 2009 per quanto riguarda la sentenza di primo grado, la ricorrente ha notificato allo stesso atto di precetto del 5 luglio 2013 per la somma di 13.013,96, siccome comprensive delle spese di onorario, del precetto, delle spese forfettarie al 12,5% oltre IVA e cpa, cui fa riferimento la sentenza.

Produce pure il certificato in data 17 febbraio 2016 a cura della Corte di Appello di Roma da cui non risultano proposte impugnazioni.

L’amministrazione non risulta che abbia ottemperato in alcun modo autonomamente alla sentenza del Tribunale di Roma – IV Sezione Lavoro, come rettificata dalla sentenza n. 3871/2012 della Corte di Appello, adottando provvedimenti di liquidazione delle somme richieste.

5. A tale stregua, il ricorso deve essere accolto come di seguito precisato e, per l’effetto va ordinato al Ministero della Salute di dare esecuzione a quanto ordinato con la richiamata sentenza n. 4567/09 resa dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma in data 11 marzo 2009 come rettificata dalla sentenza della Corte di Appello in data 31 agosto 2012 n. 3871 nel termine di trenta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Si nomina sin da ora, come richiesto dalla ricorrente, per il caso di perdurante inadempimento dopo il decorso di tale termine di trenta giorni, quale Commissario ad acta il Prefetto di Roma o un funzionario all’uopo delegato, il quale dovrà provvedere agli adempimenti sostitutivi entro l’ulteriore termine di sessanta giorni dietro presentazione di specifica istanza dell’interessata e previa verifica al momento del suo insediamento pure della correttezza delle somme determinate col precetto oltre che al calcolo degli interessi legali maturati sino al saldo, come in sentenza specificato.

Il compenso del Commissario ad acta, che comunque dovrà produrre al giudicante compiuta relazione sulle operazioni effettuate, viene stabilito sin da ora, a carico del Ministero della Salute in Euro 750,00 salvo conguaglio.

6. Deve, invece, essere disattesa, la richiesta di condanna dell’amministrazione ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a., atteso che, come già precisato da plurime sentenze del Giudice e amministrativo (tra le molte, sentenze del T.A.R. Campania, Napoli, n. 5580/2013, n. 1013/2013 e n. 1010 del 22.2.2013), la previsione del meccanismo surrogatorio alla scadenza del termine dei trenta giorni concessi all’amministrazione, rende non necessaria la previsione di una condanna dell’amministrazione ai sensi della citata disposizione, essendo previsto un meccanismo di rapida eliminazione dell’inerzia.

7. Le spese del giudizio di ottemperanza vanno poste a carico dell’amministrazione nella misura indicata in motivazione.

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