TAR Milano, sez. I, sentenza 2020-06-30, n. 202001250
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Pubblicato il 30/06/2020
N. 01250/2020 REG.PROV.COLL.
N. 00702/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 702 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G G, con domicilio digitale eletto presso la sua casella PEC come da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato F G in Milano, corso Porta Vittoria, n. 54;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Milano, via Freguglia, n.1;
per l'annullamento
del provvedimento del Questore della Provincia di Como datato 29.1.2018, n.14/D.A.SPO./2018 e di tutti gli ulteriori atti ad esso presupposti, preparatori, connessi e consequenziali;
e, in via subordinata,
per la riduzione della sanzione adottata, con limitazione del divieto oggetto del provvedimento impugnato alla durata di anni 1.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti gli atti della causa;
Visto l’art. 84 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18;
Relatore la dott.ssa Valentina Mameli nella camera di consiglio del 27 maggio 2020 tenutasi con le modalità previste dall’art. 84 del D.L. n. 18/2020 mediante collegamenti da remoto, come specificato nel relativo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha impugnato il provvedimento assunto ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989, con il quale il Questore di Como ha disposto nei suoi confronti il divieto di accesso “ a tutti gli impianti sportivi sul territorio nazionale e degli stati membri dell’Unione Europea ove si disputino gli incontri di calcio di campionati di serie “A”, “B”, Lega Pro Prima Divisione e Seconda Divisione, Lega Nazionale Dilettanti, coppe nazionali ed internazionali o partite amichevoli cui prendano parte le squadre iscritte alle serie predette e la Nazionale Italiana di calcio, da tre ore prima dell’inizio, durante e fino a tre ore dopo il termine degli incontri, per un periodo di anni 3 (tre) dalla data di notifica del presente provvedimento” .
Nel provvedimento si fa riferimento ai fatti di seguito indicati.
In data 14 gennaio 2018, alle ore 14.30, presso lo stadio "G.Sinigaglia" di Como, si svolgeva l'incontro di calcio tra le squadre del Como e del Varese, valevole per il Campionato Nazionale Dilettanti (Comitato Regionale Lombardia - Serie D - Girone A - Ritorno).
Già nella mattinata, alle ore 09.30 circa, il personale impiegato in servizio di vigilanza della zona antistante lo stadio individuava un gruppo composto inizialmente da circa trenta persone appartenenti alla tifoseria del Como, che si trattenevano nei pressi della curva locale, in viale Puecher, muniti di aste formate da tubi verdi rigidi, normalmente utilizzati per impiantistica idraulica, alcuni dei quali avvolti dalle bandiere della squadra. I tifosi, aumentati di numero fino a circa un centinaio, spostatisi dapprima verso il locale Pizza Goal di viale Rosselli, alle ore 13.15 circa risalivano viale Masia in direzione della stazione ferroviaria Como San Giovanni per sostare nella via, già travisati e muniti di aste e tubi, ed iniziavano ad intonare cori, scagliando nei confronti delle Forze di Polizia che li seguivano torce e fumogeni accesi. Il gruppo proseguiva in corteo verso il centro città, percorrendo via Garibaldi, dove venivano accesi ulteriori torce e fumogeni, quindi piazza Volta, piazza Cavour, per poi ritornare verso lo stadio, e Lungo Lario Trento, ove occupava l'intera sede stradale, inibendo la circolazione al traffico veicolare ed al servizio di trasporto pubblico, e proseguire fino a viale Rosselli ove veniva bloccato dal personale di polizia. In quel frangente i tifosi lanciavano sampietrini, sassi, bottiglie di vetro e fumogeni all'indirizzo delle forze dell'ordine schierate mentre giungevano i tifosi del Varese in pullman e scortati.
Questi ultimi, giunti in prossimità dello stadio, forzavano l'apertura delle porte di un autobus dal quale venivano lanciati dei fumogeni all'indirizzo degli operatori schierati e, rilevata la presenza degli ultras comaschi in viale Rosselli, bloccavano la marcia degli autobus e ne discendevano velocemente lanciando bombe carta e fumogeni, ma venivano bloccati dalle forze dell’ordine.
All'inizio della partita venivano fatti deflagrare due petardi, uno da ciascuna curva riservata alle rispettive tifoserie, entrambi di notevole potenzialità. Durante lo svolgimento della partita venivano accesi un fumogeno nel settore riservato alla tifoseria ospite e dieci fumogeni nella curva riservata alla tifoseria locale, in violazione alla disciplina dell'uso dell'impianto sportivo. Nelle successive fasi del deflusso dei tifosi, nonostante fossero stati disposti in mezzo alla strada due mezzi specializzati affinché, bloccando l'accesso a viale Rosselli, le due tifoserie antagoniste non potessero venire a contatto, gli ultras comaschi iniziavano a lanciare contro le Forze di polizia ivi ubicate sassi, bottiglie, fumogeni e paletti di legno divelti ed asportati dall'arredo urbano presente nello stesso viale Rosselli con un’intensità tale da portare gli operatori schierati ad alleggerire l'aggressione mediante l'utilizzo di lacrimogeni.
Alle ore 17.00 circa, all'atto del transito della colonna dei tifosi ospiti, un gruppo costituito da circa 100 ultras comaschi si ritiravano da viale Rosselli e risalivano viale Masia al fine di intercettare e raggiungere i tifosi varesini ma, poiché venivano fermati dalle forze di Polizia ivi disposte, non riuscivano nell’intento, dirigendo la loro collera e violenza contro gli operatori di polizia e contro gli automobilisti rimasti bloccati in viale Masia, lanciando sassi e fumogeni accesi, uno dei quali veniva lanciato, volontariamente, all'interno di un'autovettura privata bloccata lungo la via. Alcuni operatori delle Forze di Polizia hanno registrato problemi respiratori e lievi contusioni causate dal lancio di sassi, in modo tale da necessitare di cure sanitarie, mentre uno veniva refertato con prognosi di giorni 14.
Le riprese video effettuate dalla Polizia scientifica di Como dimostravano la presenza del ricorrente, che, unitamente ad un folto gruppo di persone, camminava sulla sede stradale di Via Gallo, aderendo al corteo improvvisato e non autorizzato che si sviluppava tra le vie del centro di Como, che causava una situazione di turbativa all’ordine e alla sicurezza pubblica, inibendo la circolazione del traffico veicolare e del servizio di trasporto pubblico e destando timore e allarme nella cittadinanza.
Sicchè con il provvedimento in epigrafe il Questore di Como ha disposto nei confronti del ricorrente il divieto di accesso a tutti gli impianti sportivi, ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989.
Il ricorrente ha impugnato il provvedimento chiedendone l’annullamento, e, in via subordinata, la riduzione della sanzione adottata, con limitazione del divieto oggetto del provvedimento impugnato alla durata di anni 1, previa tutela cautelare.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto.
Con ordinanza n. 581 del 19 aprile 2018 questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare.
In vista della trattazione nel merito la parte ricorrente ha depositato scritti difensivi, insistendo nelle proprie conclusioni.
Indi la causa è stata trattenuta in decisione nella camera di consiglio del 27 maggio 2020 tenutasi con le modalità previste dall’art. 84 del D.L. n. 18/2020 mediante collegamenti da remoto.
Il ricorso proposto è affidato ai motivi di gravame di seguito sintetizzati:
I) violazione di legge e/o eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e illogicità o contraddittorietà della motivazione: l’adozione del provvedimento impugnato non potrebbe prescindere dall’assoluta certezza dell’identificazione del soggetto responsabile e dall’accertamento delle responsabilità del singolo in un qualche episodio di violenza che possa giustificare l’applicazione della misura di prevenzione. La Questura di Como non avrebbe specificato quali siano state le condotte violente poste in essere dal -OMISSIS-, ma si sarebbe limitata ad indicare la sola presenza del ricorrente in alcune zone interessate dal passaggio del corteo non autorizzato;
II) carenza o contraddittorietà della motivazione nonché violazione e/o falsa applicazione della legge 401/1989 e dell’art. 7 L. 241/1990: sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento. Inoltre il ricorrente non sarebbe un soggetto pericoloso, non avendo a suo carico precedenti specifici ovvero di natura penale. Non vi sarebbero documenti/video o testimonianze che lo ritraggono quale autore di comportamenti violenti e soprattutto, la sicurezza pubblica, già definitivamente ristabilita, non sarebbe stata più in pericolo: infatti alla datata di adozione del provvedimento non sarebbero stati più previsti, nel calendario del campionato del Calcio Como, incontri con compagini storicamente rivali;
III) violazione di legge ed eccesso di potere per la mancata osservanza del principio di gradualità della sanzione: non essendo il ricorrente soggetto pericoloso, né sussistendo elementi tali da indurre a ritenere una sopravveniente pericolosità, la quantificazione della sanzione avrebbe dovuto essere contenuta entro i limiti dei minimi edittali.
Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
Va premesso che, ai sensi dell’art. 6 della L. 401/1989 il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificamente indicate, nonché a quelli, specificamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei confronti di coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
Il c.d. DASPO costituisce una misura di prevenzione che presuppone la pericolosità sociale e non già la commissione di un reato;per la sua adozione è sufficiente l'accertamento di un fumus di attribuibilità alla persona sottoposta alla misura delle condotte rilevanti, al fine della verifica della pericolosità del soggetto. Il divieto di accesso agli impianti sportivi può essere imposto non solo nel caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione dell'ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo;detto potere si connota infatti di un'elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto (Cons. Stato Sez. III, 7 maggio 2019, n. 2916).
Come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione incentrato su una fattispecie di pericolo per la sicurezza pubblica o per l'ordine pubblico, deve valere la logica del "più probabile che non", non richiedendosi, anche per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del DASPO, ma appunto una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità (Cons. Stato Sez. III, 4 febbraio 2019, n. 866).
Con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo la giurisprudenza è incline a ritenere che un comportamento di gruppo non esclude la possibilità di individuare col DASPO una somma di responsabilità individuali omogenee, qualora queste siano supportate da elementi diretti o presuntivi che consentano di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo (Cons. Stato sez. III n. 866/2019 cit.; idem sez. III, 4 novembre 2015, n. 5027).
Facendo applicazione di tali coordinate al caso di specie il Collegio osserva che non è contestato che il ricorrente abbia preso parte agli assembramenti della tifoseria del Como durante la giornata del 14 gennaio 2018, quando doveva tenersi la partita Como-Varese.
Lo stesso è infatti identificabile nei filmati realizzati dalla Polizia scientifica di Como, e depositati in giudizio, ove si vede lo stesso partecipare al corteo non autorizzato, con il capo coperto da un cappuccio verde, al centro del gruppo dei tifosi.
Dalle immagini si evince che la presenza del ricorrente nel pieno del corteo non è stata casuale;anzi, risulta evidente l’adesione consapevole all’azione in essere (laddove il ricorrente si porta al centro del gruppo), cui si accompagna il chiaro tentativo di sottrarsi ad una possibile identificazione (coprendosi il capo con il cappuccio della felpa).
Ed è altresì evidente che la partecipazione ad un corteo formato da numerose persone armate di bastoni, con i volti coperti e inneggianti cori concorre a creare quell’allarme sociale che la misura applicata è volta a prevenire, senza che vi sia necessità che il ricorrente si sia reso responsabile di uno specifico episodio di violenza.
La presenza all'interno, o anche in prossimità, di un gruppo di facinorosi organizzati costituisce un comportamento estraneo alla normale passione sportiva, idoneo a suscitare allarme sociale e pericolo per l'ordine pubblico e la pubblica incolumità, a prescindere dal compimento di singoli atti di violenza. E’ quindi del tutto irrilevante l'accertamento delle specifiche responsabilità personali del ricorrente, tenuto conto che, come sopra osservato, il provvedimento gravato, ha l'esclusiva natura di misura di prevenzione.
Va aggiunto, quanto alla censura relativa all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, che lo specifico carattere cautelare ed urgente del provvedimento, finalizzato a tutelare nel modo più efficace l'ordine pubblico e ad evitare la reiterazione di comportamenti vietati, esonera l'Amministrazione dalla necessità di comunicare l'avvio del procedimento (T.A.R. Bologna, sez. I, 14 gennaio 2019, n. 25).
Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono quindi infondati.
Ugualmente infondato è il terzo motivo di gravame. La determinazione della durata della misura interdittiva (tre anni) appare adeguata, da un lato tenuto conto che la durata massima, ai sensi dell’art. 6 comma 5 della L. 401/1989, è pari a cinque anni, e dall’altro considerando che l’evento occorso, per la sua gravità, ha destato gran clamore non solo in sede locale, ma anche nazionale, e ha compromesso la sicurezza della cittadinanza, richiedendo un ingente dispiegamento di forze dell'ordine.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.