TAR Lecce, sez. I, sentenza 2021-06-29, n. 202100981
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Pubblicato il 29/06/2021
N. 00981/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00598/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 598 del 2021, proposto da
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Santo Spirito 29;
contro
Comune di Manduria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
S S.r.l., B S.r.l., Lo Scivolo di Guiderdone P M S, C G, L A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ca.De.Me. Campo dei Messapi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Carpitella Armando, Bevagna S.r.l., Gennaro Vita, C G e L A, non costituiti in giudizio;
Lega Navale Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianluigi Manelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Ludovico Ariosto, 43;
K C M, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe De Sario, Francesco Meo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad opponendum:
S.I.B. Sindacato Italiano Balneari, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Capacchione, Bartolo Ravenna, Stefania Frandi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Federazione Imprese Demaniali, rappresentato e difeso dagli avvocati Leonardo Maruotti, Francesco G Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
della Deliberazione della Giunta Comunale del 19 novembre 2020, n. 27, approvata dal Comune di Manduria, avente ad oggetto «Legge 30 dicembre 2018 n. 45 “Bilancio di Previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”, art. 1, commi 682, 683, 684 in combinato disposto con la legge 17 luglio 2020, n. 77 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 – Atto di indirizzo per l'applicazione dell'estensione ex lege della durata delle concessioni demaniali marittime vigenti»;per quanto occorrer possa, delle annotazioni in calce ai titoli concessori, comunque denominate, di data ed estremi allo stato incogniti, di estensione temporale delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative in essere nel territorio comunale, adottate dal Comune di Manduria in favore dei rispettivi titolari, come individuati dall'Ente nella comunicazione del 26 marzo 2021, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Manduria e di S S.r.l. e di Ca.De.Me. Campo dei Messapi S.r.l. e di B S.r.l. e di Lega Navale Italiana e di Lo Scivolo di Guiderdone P M S e di K C M e di C G e di L A;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2021 il dott. A P e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito sinteticamente denominata AGCM) ha impugnato la delibera G.M. del Comune di Manduria n. 27 del 19.11.2020, avente ad oggetto, tra l’altro, “atto di indirizzo per l’applicazione dell’estensione ex lege della durata delle concessioni demaniali marittime vigenti”, nonché delle annotazioni apposte in calce ai titoli concessori, comunque denominate, indicative della proroga del titolo concessorio fino al 31.12.2033 e relative a tutti i concessionari indicati nella nota del Comune di Manduria prot. 15890 del 26 marzo 2021.
Con la predetta delibera G.M. n. 27/2020 il Comune di Manduria, da un lato ha preso atto del dettato normativo di cui all’art. 1 commi 682, 683 e 684 della Legge nazionale n. 145/2018 e dell’art. 82 del D.L. 34/2020, convertito con modificazioni con L. 77/2020, dall’altro ha adottato indicazioni al competente Responsabile del servizio per la predisposizione e la attuazione delle disposizioni della L. 145/2018 e della L. 77/2020 sopra indicate.
AGCM, ritenendo che la predetta delibera G.M. integrasse violazione degli artt. 49 e 56 del TFUE e, in generale con la normativa unionale rinveniente dalla direttiva Bolkestein, ha notificato parere motivato ex art. 21 bis della L. 287/1990, evidenziando l’esigenza di previo espletamento di procedure ad evidenza pubblica al fine di assicurare il rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento anche in ambito transfrontaliero, significando in particolare che la normativa nazionale di proroga delle concessioni di cui trattasi risulterebbe in contrasto con la direttiva 2006/123/CE, con conseguente obbligo di disapplicazione da parte di tutti gli organi dello Stato, sia giurisdizionali che amministrativi.
In data 4.3.2021 il Comune di Manduria ha formulato le proprie controdeduzioni al parere di AGCM evidenziando la piena legittimità del proprio operato e in particolare che:
La risorsa demaniale in questione non sarebbe scarsa risultando comunque disponibili lunghi tratti di litorale (possibilità di rilascio di nuove concessioni demaniali per oltre 2.500 metri lineari fronte mare, essendo disponibile un litorale costiero di ben 16 Km);
La proroga interesserebbe solo alcune concessioni demaniali marittime (5 su 15 esistenti);
Ricorrerebbe nella specie la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei concessionari interessati in ragione del fatto che la relativa concessione originaria risulterebbe antecedente alla direttiva servizi;
La direttiva servizi non avrebbe natura auto-esecutiva con conseguente impossibilità di disapplicazione della normativa nazionale con essa confliggente, richiamando espressamente in proposito la giurisprudenza di questo T.A.R. e in particolare – ex multis – non solo la sentenza n. 1321/2020, che rappresenta il primo precedente in tal senso, ma anche e soprattutto, tra le altre, la sentenza T.A.R. Lecce n. 72 del 15.2.2021 che rappresenta l’evoluzione l’ulteriore esplicitazione dell’orientamento giurisprudenziale di questo Tribunale. Il Comune ha altresì rappresentato a AGCM che l’orientamento giurisprudenizale espresso da questo Tribunale nella sua prima versione aveva comunque superato il vaglio cautelare del Giudice di secondo grado, atteso che il Consiglio di Stato - Sezione Quinta, con le ordinanze 643/21, 644/21 e 645/21 del 12.2.2021 ha respinto le istanze di sospensione dell’efficacia delle sentenze di primo grado proposte dal Comune di Castrignano del Capo , con condanna del comune al pagamento delle spese di lite.
Stante il mancato adeguamento del Comune di Manduria all’invito di AGCM, quest’ultima ha proposto il ricorso in esame, chiedendo l’annullamento della predetta delibera e di tutte le indicazioni o attestazioni di proroga apposte in calce ai titoli concessori degli odierni controinteressati.
Dopo aver premesso alcune considerazioni in ordine alla propria legittimazione a ricorrere, a supporto della domanda di annullamento ha dedotto il seguente articolato motivo di censura:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della Direttiva Bolkestein;violazione di principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi nel mercato interno;eccesso di potere e difetto di istruttoria.
Si è costituito in giudizio il Comune di Manduria eccependo l’inammissibilità e chiedendo comunque il rigetto del ricorso.
Si sono altresì costituiti in giudizio i controinteressati: C G;L A, B srl, S srl, Lo Scivolo di Guiderdone Pamela Monica sas, CA.DE.ME – Campo dei Messapi srl, K C M, Lega Navale Italiana, tutti contestando le avverse deduzioni, eccependo l’inammissibilità e infondatezza del gravame.
La Federazione Imprese Demaniali proponeva istanza di accesso al fascicolo telematico, istanza che veniva accolta con ordinanza di questo Tribunale n. 713/2021.
Sono intervenuti in giudizio ad opponendum la Federazione Imprese Demaniali e il SIB – Sindacato Italiano Balneari, i quali contrastavano le deduzioni della ricorrente con articolate motivazioni, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di AGCM e pervenirsi comunque alla sua reiezione perché infondato.
All’udienza del 9 giugno 2021, in esito all’orale discussione il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
I.ECCEZIONI PRELIMINARI IN RITO
a) E’ stata anzitutto eccepita l’inammissibilità del ricorso per violazione dlel’art. 21 bis co. 2 della L. 287/90 in combinato disposto con gli artt. 1 e 5 del Regio Decreto 1611/1933 in relazione alla circostanza che l’AGCM, rientrando tra le amministrazioni la cui rappresentanza, il patrocinio e l’assistenza in giudizio compete all’Avvocatura dello Stato, avrebbe dovuto proporre il ricorso in esame avvalendosi del patrocinio legale dell’Avvocatura dello Stato e non già da un legale del libero foro, atteso che ai sensi dell’art. 5 del R.D. citato nessuna amministrazione dello Stato, ancorché ad ordinamento autonomo può avvalersi di avvocati del libero foro se non per ragioni assolutamente eccezionali e previo parere dell’Avvocato Generale dello Stato, prevedendosi comunque che in tal caso il mandato debba essere conferito con decreto del Capo di Governo di concerto con il Ministro di riferimento e con il Ministro delle Finanze, evidenziando in evidenziando in definitiva il difetto dello jus postulandi per difetto dei presupposti formali e sostanziali.
AGCM assume in contrario l’inapplicabilità dell’art. 5 co. 2 del Regio Decreto atteso che AGCM è ua autorità amministrativa indipendente che – ex art. 10 della L. 287/90 – opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione;la normativa di cui alla L. 287/90 comproverebbe l’inapplicabilità della normativa richiamata da controparte.
Con riferimento all’ulteriore profilo, AGCM evidenzia che l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze, opportunamente interpellata aveva rilevato la sussistenza di “un potenziale conflitto di interessi con le Amministrazioni istituzionalmente patrocinate, ben potendo l’Avvocatura dello Stato essere chiamata a difendere avanti alle giurisdizioni sovranazionali quella medesima normativa che avanti ai Giudici amministrativi dovrebbe sostenersi non conforme alle previsioni comunitarie”, manifestando conseguentemente l’impossibilità di assistenza e di patrocinio legale.
Tale parere risulta altresì confermato dall’Avvocatura Generale dello Stato con nota prot. 97342 del 12.2.2021.
Ritiene il Collegio di condividere sul punto la tesi di AGCM, sia con riferimento alla inapplicabilità dell’art. 5 co. 2 per la sopravvenuta normativa di cui alla L. 287/90, nonché per la natura di Autorità indipendente e non sussumibile nell’ambito di controllo ministeriale, sia con riferimento alla ritenuta sufficienza del parere espresso dall’Avvocatura Erariale in ordine alla sussistenza di un (quantomeno) potenziale conflitto di interessi.
Deve in proposito rilevarsi che ricorrono presupposti per la qualificazione della Legge 145/18 come legge provvedimento, dovendosi conseguentemente fare riferimento al peculiare e derogatorio percorso di tutela previsto dall’ordinamento, così come conformato dall’orientamento giurisprudenziale delineato dalla Corte Costituzionale e dal Consiglio di Stato, nei termini di seguito meglio precisati.
Appare in proposito evidente che, competerebbe all’Avvocatura dello Stato la difesa e l’assistenza in giudizio del Presidente del Consiglio dei Ministri e dello Stato Italiano non solo nell’ambito di giudizi innanzi alle giurisdizioni sovranazionali, ma altresì anche innanzi alla Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della predetta legge 145/18 ed anche con riferimento ai profili di compatibilità della stessa con la normativa euro-unionale in termini paralleli rispetto al pronunciamento della Corte di Giustizia, secondo l’attuale stato evolutivo del c.d. dialogo tra le Corti”.
L’eccezione di inammissibilità in esame deve essere pertanto respinta e disattesa con riferimento ad entrambi i profili, dovendosi conseguentemente ritenere sussistente la legittimazione di AGCM e lo jus postulandi ovvero ritenersi legittimo il ricorso a legale del libero foro.
b) E’ stata altresì eccepita l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica dello stesso alla Regione Puglia, nonché per omessa impugnazione delle Circolari 4184/2019 e 2184/2019 nonché degli ulteriori atti di indirizzo espressi dall’Ufficio Demanio della Regione Puglia nell’ambito della funzione di indirizzo e di coordinamento di competenza regionale.
Ritiene il Collegio che anche tale eccezione non possa condividersi sia perché anzitutto trattasi di tutela nei confronti di legge provvedimento, secondo quanto di seguito meglio precisato, sia perché – quand’anche volesse aversi riguardo ai profili della ordinaria tutela giurisdizionale secondo il sistema impugnatorio caducatorio proprio del giudizio di legittimità innanzi al giudice amministrativo – non potrebbe comunque prescindersi dal considerare la natura di atto presupposto ed endoprocedimentale, nonché – sotto certi profili la natura non vincolante delle stesse al di fuori di un rapporto di gerarchia e di sovra-ordinazione verticale, ove si consideri peraltro che la sub delega ai Comuni in materia di gestione ordinaria delle concessioni demaniali risulta disposta dallo Stato a mezzo di decreto legislativo.
L’eccezione va dunque respinta.
c) Ritiene il Collegio di disattendere le ulteriori eccezioni di inammissibilità per difetto di legittimazione sul presupposto di una ritenuta illegittimità costituzionale dell’art. 21 bis della L. 287/90, nonché per difetto di interesse a ricorrere.
Si sostiene in definitiva il difetto di una norma che attribuisca ad AGCM il potere di inibire l’applicazione di atti legislativi a mezzo di una domanda di disapplicazione della legge rivolta al giudice amministrativo, in quanto ad AGCM risulta riconosciuto dall’art 21 unicamente il potere di segnalare al Parlamento e al Governo le “ situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi” e, dall’art. 21 bis, il potere di “ agire in giudizio contro gli atti ammnistrativi generali, i regolamenti e i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato”.
d) E’ stata infine eccepita l’inammissibilità del ricorso per la natura non provvedimentale e non lesiva degli atti impugnati, atteso che la presunta lesione deriverebbe direttamente dalla legge nazionale, rispetto alla quale gli atti impugnati non costituirebbero null’altro che atti meramente ricognitivi e di presa d’atto della proroga automatica ex lege.
Tale eccezione di inammissibilità, che in qualche modo si riconnette anche alla precedente di cui sub c), impinge direttamente nella questione relativa alla tutela offerta dall’ordinamento nei confronti delle c.d leggi provvedimento.
L’eccezione infatti risulterebbe fondata e condivisibile secondo gli ordinari parametri di valutazione anche dell’interesse a ricorrere nell’ambito dell’ordinario giudizio di annullamento del provvedimento lesivo in sede di giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, atteso che gli atti impugnati, ovvero sia la delibera G.M. di indirizzo, sia la stampigliatura indicante la proroga ex lege apposta in calce ai titoli concessori a suo tempo rilasciati in favore dei controinteressati, non hanno contenuto negoziale e non sono provvedimenti in senso proprio. Contenuto negoziale e natura provvedimentale possono infatti essere riconosciuti laddove l’amministrazione abbia espresso la volontà di determinare taluni effetti giuridici rilevanti e lesivi della sfera giuridica dei destinatari, laddove – nel caso in esame – l’amministrazione comunale non ha espresso alcuna autonoma volontà, limitandosi al mero doveroso riconoscimento e alla presa d’atto di una volontà e di effetti proposti direttamente dal legislatore nella norma di legge.
Occorre premettere anzitutto che il ricorso in esame presenta caratteristiche peculiari soprattutto con riferimento ai profili processuali.
Ritiene il Collegio di richiamare espressamente proprio specifico precedente (TAR Lecce – Sezione Prima n. 881/2021): “ Ed invero, in genere la domanda impugnatoria rivolta al giudice amministrativa a tutela di una determinata posizione, pretensiva o conservativa che sia, consiste nella domanda di annullamento di un provvedimento in quanto non conforme ad una norma di legge, laddove- nel caso in esame – la domanda di annullamento in sede giurisdizionale risulta diretta nei confronti di un atto del quale si assume l’illegittimità proprio in quanto conforme ad una norma di legge dello Stato.
Occorre in proposito considerare la significativa differenza anzitutto con riferimento alla natura dell’atto impugnato.
Mentre infatti l’atto con cui un Dirigente comunale esprima un diniego in ordine alla proroga ex lege ha evidente natura provvedimentale, in quanto espressione di volontà negoziale volta a impedire l’effetto proroga previsto dalla norma di legge, incidendo in tal modo sull’assetto degli interessi, l’atto con cui l’amministrazione comunale abbia recepito la proroga disposta direttamente dalla legge in via automatica non ha natura di provvedimento, in quanto privo di contenuto volontaristico o negoziale, trattandosi di mero atto ricognitivo o di presa d’atto della proroga disposta in via automatica direttamente dalla legge.
In quanto tale, l’atto impugnato nel ricorso in esame non risulta di per sé lesivo, in quanto la lesione si riconnette appunto direttamente alla norma di legge di cui all’art. 1 commi 682 e 683 della legge citata.
Secondo i principi generali l’impugnazione dovrebbe pertanto ritenersi già per questo inammissibile, ma occorre in questo caso considerare le chiare indicazioni che rinvengono in materia dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato.
Tale questione presuppone a sua volta la previa definizione della natura di legge provvedimento o meno con riferimento all’art. 1 commi 682 e 683 della legge citata.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, deve escludersi l’impugnabilità diretta della legge provvedimento dinanzi al Giudice amministrativo, atteso che i mezzi di tutela predisposti dall’ordinamento sono ancorati al criterio formale e, quindi, risultando riservata solo al giudice della leggi la possibilità di determinare la caducazione della norma di legge;correlativamente, il giudizio di costituzionalità deve conservare il proprio carattere incidentale e quindi muovere pur sempre dall’impugnazione di un atto amministrativo.
Sulla base delle chiare indicazioni della Corte, la giurisprudenza amministrativa è pervenuta da tempo ad una differente e peculiare qualificazione con riferimento all’ammissibilità dell’impugnazione, al fine di realizzare un sistema coerente con i principi costituzionali a garanzia del diritto alla tutela giurisdizionale, affermando chiaramente che – nell’ ipotesi di legge provvedimento - l’unica possibilità di tutela per i cittadini è quella consiste nella possibilità impugnare gli atti applicativi delle stesse, anche se di contenuto vincolato e privi di autonoma lesività, deducendo tuttavia - a motivo di impugnazione - l’incostituzionalità della norma presupposta (ex multis: C.d.S Sezione Sesta 8.10.2008 n. 4933;C.d.S Sezione Quarta 22.3.2021 n. 2409).
Qualora pertanto la norma citata dovesse qualificarsi come legge provvedimento, come peraltro il Collegio ritiene, dovrebbe necessariamente – in deroga ai principi generali - ritenersi ammissibile l’impugnazione di qualunque atto, ancorché non lesivo ed anche se di mera comunicazione, in quanto unico mezzo di tutela offerto al cittadino, cui è ovviamente preclusa la possibilità di diretta impugnazione della legge provvedimento.
Logico corollario di quanto sopra é costituito dal fatto che il ricorso in tal caso, qualora ritenuto fondato, non può essere definito attraverso l’accoglimento della domanda, risultando necessaria e imprescindibile la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.
Ed invero, individuata la norma di legge come fonte diretta ed immediata della dedotta lesione della sfera giuridica del ricorrente, l’accoglimento del ricorso avverso un mero atto, di per sé sfornito del tutto di qualsivoglia profilo di lesività, non risulterebbe in linea con le chiare indicazioni che emergono dal peculiare sistema di tutela delineato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato.
Per le ragioni sopra evidenziate il Collegio non condivide il diverso orientamento espresso dal TAR Toscana – Sezione Seconda con la sentenza 363/2021” (T.A.R. Lecce – Sezione Prima sent. n. 881/2021).
e) Nel corso della odierna udienza il Presidente ha dato formale avviso alle parti di un ulteriore profilo di inammissibilità, non eccepito, al fine di garantire rituale contraddittorio e, segnatamente: “ Qualificata la normativa di cui all'art. 1 commi 682, 683 L. 145/18 come legge provvedimento e ritenuta pertanto l'ammissibilità dell'impugnazione dell'atto meramente ricognitivo della proroga ex lege, il Presidente dà avviso dell'eventuale profilo di inammissibilità del ricorso connesso all'omessa deduzione del motivo afferente l'illegittimità costituzionale della norma sopra citata, secondo il percorso di tutela delineato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Consiglio di Stato in tema di tutela nei confronti di leggi-provvedimento”.
Tale eccezione di inammissibilità, sulla quale non state espresse controdeduzioni significative da parte della ricorrente, risulta invece fondata.
Ed invero rileva il Collegio che nel caso di specie il ricorso, “ pur se astrattamente ammissibile sotto il profilo sopra evidenziato, in quanto coerente con il sistema di tutela delineato dall’ordinamento e dalla giurisprudenza in tema di leggi-provvedimento, risulta comunque inammissibile, perchè l’impugnazione non è supportata dalla deduzione del motivo dell’incostituzionalità della normativa presupposta, onere di deduzione cui non è possibile derogare, vertendosi pur sempre nell’ambito di un giudizio impugnatorio caducatorio.
Il ricorso in esame risulta dunque inammissibile non già in ragione della impugnazione di un atto non lesivo, attesa la natura di legge provvedimento della normativa presupposta, bensì per l’omessa deduzione dell’unico e imprescindibile motivo di censura, rappresentato dalla sospetta incostituzionalità della normativa di riferimento, fonte diretta e immediata della lamentata lesione della sfera giuridica del ricorrente e sindacabile non già dal giudice amministrativo, bensì esclusivamente dal Giudice delle leggi;l’omessa deduzione del motivo di censura in questione infatti escluderebbe in radice la stessa rilevanza della questione di costituzionalità ai fini della decisione. ” (T.A.R. Lecce sent. n. 881/2021).
f) Risulta da ultimo infondata l’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum spiegato dalla Federazione Imprese Demaniali, proposta da AGCM in relazione alla asserita omessa notifica dell’atto di intervento medesimo, atteso che i difensori della FID hanno comprovato di avere ritualmente notificato l’atto di intervento.
Deve quindi ritenersi pienamente ammissibile l’atto di intervento ad opponendum spiegato dalla Federazione Imprese Demaniali, così come il - non contestato - intervento ad opponendum proposto dal Sindacato Italiano Balneari.
II. CONSIDERAZIONI GENERALI E VALUTAZIONI NEL MERITO
In disparte il già evidenziato profilo di inammissibilità, il ricorso risulta comunque manifestamente infondato nel merito.
Rileva anzitutto il Collegio che il ricorso in esame, nella articolazione dell’unico complesso motivo di censura dedotto, si risolve nella elencazione di precedenti giurisprudenziali, invero tutti ben noti al Collegio, tra i quali in particolare T.A.R. Toscana - Sent. n. 363/2021 e T.A.R. Pescara - Sent. n. 40/2021, nonché Corte di Giustizia (in particolare la sentenza c.d. Promoimpresa) e Consiglio di Stato (in particolare CdS- Sezione Sesta n. 7874/2019), i cui stralci motivazionali esauriscono il contenuto dell’articolato motivo di censura dedotto.
Appare quantomeno singolare che nell’ambito di siffatta accurata ricerca giurisprudenziale e all’atto di depositare il ricorso innanzi a questo T.A.R. di Lecce, la ricorrente AGCM non abbia ritenuto di far menzione dell’orientamento giurisprudenziale espresso dal T.A.R. Puglia – Lecce, né di argomentare in ordine ai contenuti della relativa motivazione, ancorché tale orientamento fosse stato espressamente citato e rappresentato nella nota del Comune di Manduria recante controdeduzioni rispetto al parere diffida di AGCM.
A sostegno della domanda, AGCM invoca soprattutto lo specifico precedente rappresentato dalla sentenza del T.A.R. Toscana – Sez. Seconda n. 363/2021, che il Collegio non condivide sia con riferimento ai profili di rito che con riferimento al merito.
Quanto al rito, come sopra già evidenziato, non è condivisibile la decisione di accoglimento del ricorso proposto da AGCM avverso la delibera G.M. del Comune di Piombino e la determina dirigenziale 408/2020, atteso che, trattandosi di legge provvedimento, l’eventuale favorevole valutazione dei motivi di censura proposti dalla ricorrente non avrebbe giammai dovuto condurre all’accoglimento del ricorso e all’annullamento di atti privi di contenuto provvedimentale e meramente ricognitivi della proroga disposta in via automatica dal legislatore, che in quanto tali risultano privi di autonoma lesività, riconnettendosi invece la presunta lesione dell’interesse pubblico fatto valere dal AGCM direttamente alla norma di legge nazionale.
Sotto tale profilo la logica conclusione avrebbe dovuto condurre alla sospensione del giudizio ed alla trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, organo di rilevanza costituzionale deputato in via esclusiva alla caducazione della norma di legge.
Sempre con riferimento al primo profilo deve richiamarsi quanto già sopra evidenziato in tema di inammissibilità del ricorso;ed invero, nell’ambito del percorso di tutela nei confronti delle leggi provvedimento, così come delineato in via derogatoria dalla citata giurisprudenza del Consiglio di Stato, non può prescindersi dalla specifica deduzione del motivo di censura relativo alla incostituzionalità della legge 145/2018, atteso che – trattandosi sempre e comunque di giudizio impugnatorio caducatorio in sede di giurisdizione di legittimità , l’omessa deduzione del motivo comporta la non rilevanza ai fini del decidere della eccezione di incostituzionalità.
Il citato precedente del T.A.R. Toscana non è peraltro condiviso dal Collegio anche con riferimento al merito, per le ragioni già espresse nei precedenti di questo Tribunale e di seguito rappresentate.
Per le medesime ragioni il Collegio non condivide l’orientamento espresso dai precedenti citati da AGCM,, tra cui T.A.R Pescara- Sentenza. 3 febbraio 2021 n. 40, peraltro sospesa dal Consiglio di Stato Sezione Quinta con ordinanza 9 giugno 2021 n. 2991.
Come evidenziato nei numerosi precedenti di questo Tribunale, la statuizione della Corte di Giustizia, secondo cui la primazia del diritto unionale deve essere assicurata dalla Stato membro in tutte le sue articolazioni, ovvero sia giurisdizionali che amministrative, non può che logicamente essere intesa come riferita all’ipotesi in cui entrambe le norme – quella nazionale e quella unionale – risultino immediatamente applicabili ed efficaci ( cfr Sentenza CGUE c.d. Promoimpresa del 14.7.2016 e CdS 394/2017 e 784/2019).
Ciò premesso, rileva il Collegio che il ricorso di AGCM sconta un vizio logico di fondo, tale da inficiare l’intero impianto della domanda proposta
La ricorrente Anti-trust invero ” muove da una erronea quanto inammissibile equazione tra l’inadempimento dello Stato Italiano in ordine agli obblighi derivanti all’adesione al Trattato U.E. e l’immediata applicabilità della direttiva servizi nel nostro ordinamento.
I due profili sono viceversa del tutto paralleli ed interdipendenti tra loro, atteso che la mancata attuazione nello Stato Italiano dell’art. 12 della direttiva Bolkestein, attraverso l’approvazione di una normativa di attuazione idonea, trova nell’ordinamento unionale adeguata ed autonoma sanzione anzitutto nella procedura di infrazione.
Del resto la natura self executing della direttiva risulta chiaramente esclusa alla stregua dello stesso tenore letterale dell’art. 12, che prevede rilevanti spazi di discrezionalità riservati allo Stato nazionale in sede di attuazione, di per sé incompatibili con l’auto-esecutività, alla stregua della stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia.
Senza peraltro e conclusivamente considerare che la natura self executing di una direttiva risulta di per sé incompatibile con lo stesso avvio della procedura di infrazione.
Ed invero, al pari di quanto previsto per le ipotesi di silenzio assenso, l’autoesecutività comporta di per sé l’inutilità di una normazione attuativa, costituendo la direttiva self executing essa stessa la norma di riferimento diretto nell’ambito dell’ordinamento interno allo stato, risultando pertanto del tutto ultroneo l’avvio della procedura di infrazione.
Così come, ad esempio, accaduto nella vicenda relativa alla nomina dei direttori di musei, laddove la norma unionale rinveniente nell’art. 45 del Trattato U.E. ha trovato diretta applicazione, con conseguente disapplicazione della diversa normativa nazionale, che prescriveva, tra i requisiti di partecipazione, il possesso della cittadinanza italiana, non risultando previsto in tal caso – e a differenza delle espresse prescrizioni di cui all’art. 12 della direttiva Servizi - alcun ambito di discrezionalità riservato allo stato nazionale.
Come già evidenziato più volte nella giurisprudenza di questo Tribunale, la condivisa affermazione della Corte di Giustizia secondo cui il primato del diritto unionale deve essere garantito dallo stato in tutte le sue articolazioni, giurisdizionale e amministrativa (cfr