TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-03-29, n. 202102109
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Pubblicato il 29/03/2021
N. 02109/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01923/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1923 del 2020, proposto da
Consorzio di Bonifica delle Paludi di Napoli e Volla, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via G. Porzio, 4;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, A A, B C, A C, G P, B R, E C, A I F, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Maria Cristina Carbone in Napoli, piazza Municipio, Palazzo San Giacomo;
nei confronti
Città Metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Benvenuto Fabrizio Capaldi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Campania;
per l'annullamento:
- della ordinanza del sindaco del Comune di Napoli n. 20 del 29 gennaio 2020.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e della Città Metropolitana di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio nell'udienza del giorno 16 febbraio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 D.L. n. 137/2020, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe è contestata la legittimità dell’ordinanza a firma del Sindaco del Comune di Napoli n. 20 del 29 gennaio 2020, emanata ex art. 192 D.lgs. 152/06, con cui è stato ordinato al ricorrente Consorzio di procedere, previa richiesta di dissequestro dell’area, alla messa in sicurezza, rimozione e smaltimento dei rifiuti presenti nel sito in Napoli, di via Leopoldo Tarantini, 4 (foglio 83, p.lla 137 del catasto terreni del Comune di Napoli), abbandonati da ignoti.
2. Ha premesso in fatto il Consorzio che l’area in questione, come comunicato al Comune in risposta alla comunicazione di avvio del procedimento, non è mai stata nella sua disponibilità giuridica né materiale, come confermato, peraltro, dalle risultanze catastali e ipotecarie, essendo la particella in questione di proprietà dell’Alto commissariato per la provincia di Napoli, e in seguito, della Città metropolitana di Napoli, stante la soppressione delle province ed il passaggio, dunque, dei beni della Provincia di Napoli alla Città Metropolitana ex art. 47 della legge 56/2014, cui compete attualmente il pagamento del contributo di bonifica gravante su tale immobile, come risulta dagli avvisi di pagamento inviati all’ente predetto e dalle relative ricevute di pagamento.
Dunque, il Consorzio assume conclusivamente di non poter essere obbligato alla rimozione dei rifiuti abbandonati da ignoti nel sito in questione, in quanto tale obbligo grava, ai sensi del citato art.192 comma 3, del d.lvo 152/2006, sul proprietario o sul detentore dell’area stessa.
3. Ciò posto, il ricorrente, rimarcando di non essere nella disponibilità né materiale né giuridica dell’area, ha proposto gravame avverso l’epigrafata ordinanza, deducendo, in quattro articolati motivi in diritto, vizi di violazione di legge (segnatamente dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, 50 e 54 del d.lgs. 267/2000 nonché degli art. 3 e 7 legge 241/1990) ed eccesso di potere per più profili (carenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, indeterminatezza, difetto dei presupposti e straripamento).
3.a In tesi di parte ricorrente - questo in estrema sintesi il contenuto delle doglianze - il provvedimento sarebbe palesemente illegittimo avendo l’Amministrazione procedente errato nel ritenere che esso Consorzio sia titolare di un diritto di godimento dell’area, come peraltro ribadito dai funzionari consortili nel corso dei sopralluoghi effettuati dalla Polizia municipale.
3.b Sotto altro profilo, la società si duole dell’ordine di provvedere alla rimozione dei rifiuti sversati da terzi sull’area interessata, emesso a proprio carico nonostante sia mancato ogni tipo di accertamento di responsabilità a titolo di dolo o colpa, in violazione delle specifiche previsioni di cui all'art. 192, comma 3, del Codice dell’Ambiente.
4. Si è costituito in giudizio il Comune di Napoli, difendendo la legittimità dei propri atti e chiedendo che il ricorso sia respinto, stante l’infondatezza delle avverse censure, essendo in tesi il Consorzio proprietario della particella di via Tarantini 4, come risulterebbe dagli accertamenti catastali compiuti dal Comune presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Napoli, di talché sarebbe responsabile perché non avrebbe vigilato sull’area onde impedire lo sversamento abusivo di rifiuti.
Si è inoltre costituita in giudizio la Città Metropolitana di Napoli, asserendo di non essere proprietaria dei suoli di via Tarantini, 4, che apparterrebbero ancora all’Alto Commissariato della Provincia di Napoli che aveva ceduto al Comune di Napoli una serie di immobili (in forza di specifiche disposizioni di legge), tra cui però non rientrava l’immobile in questione. Il predetto ente, peraltro, pur riconoscendo di aver ricevuto in passato avvisi di pagamento del contributo di bonifica da parte dell’istante Consorzio e di averne effettuato il relativo pagamento, ha tuttavia disconosciuto la proprietà dell’area, rimarcando di aver anche impugnato l’ingiunzione di pagamento del contributo di bonifica n. 4690011607000 presso la CTP di Napoli.
5. All’udienza di merito del 16 febbraio 2021, tenutasi con modalità telematiche ex art. 25 del D.L. 137/2020, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.
6. Prima di procedere all’esame nel merito dei motivi di ricorso, che per la loro stretta connessione possono essere trattati unitariamente, converrà in premessa ricordare che l’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, sotto il titolo “Divieto di abbandono”, stabilisce, al comma 1, che “L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati” e, al successivo comma 3, che “… chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
6.1 Dal dato testuale della disposizione emerge che:
- alla rimozione dei rifiuti è tenuto, in ogni caso, il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;
- in via solidale, vi è tenuto il proprietario dell’area interessata o chi ne abbia a qualunque titolo la disponibilità, ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;
- non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.
6.2 In virtù di tale prescrizione, secondo la consolidata giurisprudenza, l’obbligo di rimozione grava in via principale sull’inquinatore e, in solido, sul proprietario del terreno e sui titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, qualora a costoro sia imputabile una condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio, secondo il principio espresso dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, costituente fondamento del diritto comunitario dell’ambiente, del “chi inquina paga” ( cfr. , in termini, T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017, n. 287).
6.2.a Più in dettaglio, secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, anche della Sezione, ai sensi dell’art. 192 del D. Lgs. n. 152 del 2006 il proprietario o titolare di altro diritto di godimento sul bene risponde della bonifica del suolo, in solido con colui che ha concretamente determinato il danno, non a titolo di responsabilità oggettiva ma soltanto ove responsabile quanto meno a titolo di colpa, anche omissiva, per non aver approntato l’adozione delle cautele volte a custodire adeguatamente la proprietà, occorrendo la dimostrazione del dolo (espressa volontà o assenso agevolativo del proprietario in concorso nel reato) o della colpa attiva (imprudenza, negligenza, imperizia) ovvero omissiva (mancata denuncia alle autorità del fatto) per aver tollerato l’illecito.
6.2.b Per accertare la rimproverabilità della condotta, che, per quanto sopra detto, è a fondamento della responsabilità amministrativa, occorre, d’altra parte, che gli organi preposti al controllo svolgano approfonditi accertamenti in contraddittorio con i soggetti interessati, di talché, in mancanza, non possono porsi incombenti a carico dei proprietari o titolari di diritti di godimento delle aree (ex multis , C.d.S. sez. V, 17 luglio 2014, n. 3786;T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 ottobre 2018, n. 5783;TAR Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017, n. 287 e 30 agosto 2016, n. 1089), posto che "deve escludersi la natura di obbligazione propter rem dell'obbligo di ripristino del fondo a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene;per regola generale non è quindi configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità" ( cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 10 novembre 2016 n. 1110).
6.2.c Si è in particolare chiarito che "l'obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato" (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017 n. 287), sicché, sotto tale profilo, "la mancata recinzione del fondo non può costituire, di per sé, prova della colpevolezza del proprietario, considerato anche che la recinzione non sempre ostacola il conferimento o lo sversamento di rifiuti, e che essa è pur sempre una facoltà del proprietario e non un obbligo" (C.d.S., Sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5911;T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 11 giugno 2019, n. 986).
6.2.d In definitiva, "nel caso in cui non sia comprovata l'esistenza di un nesso causale tra la condotta del proprietario e l'abusiva immissione di rifiuti nell'ambiente, un concreto obbligo di garanzia a carico del proprietario, per la mera qualità di proprietario-custode, è inesigibile, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva che, però, esula anche dal dovere di custodia ex art. 2051 cod. civ. (il quale ammette sempre la prova liberatoria in presenza di caso fortuito, da intendersi in senso ampio, comprensiva anche del fatto del terzo e della colpa esclusiva del danneggiato)" ( cfr . T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 11 settembre 2019, n. 1554).
6.3 Applicando le superiori coordinate ermeneutiche al caso in esame, emerge la difficoltà di ricondurre la fattispecie concreta al su richiamato paradigma normativo, atteso che il Consorzio ricorrente, allo stato, non risulta presentare alcuna delle condizioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 192 del d.lgs. 152/2006, non essendo in alcun modo chiarito il titolo in forza del quale lo stesso sarebbe tenuto alla rimozione dei rifiuti, non risultando provata la titolarità di diritti reali ovvero personali di godimento sull’area interessata dall’abbandono e/o dal deposito incontrollati, né provato il titolo di imputazione soggettiva della responsabilità che il Comune intende addebitare allo stesso.
6.3.a Ed invero, l’ordinanza gravata si è basata esclusivamente sulla circostanza che su tale immobile è trascritto l’onere di pagamento del contributo di bonifica ai sensi dell’art. 10 del RD 215/1933.
Tuttavia, alla stregua di quanto emerso dagli atti, il rilievo per cui l’area in questione sarebbe di proprietà del ricorrente è privo di un riscontro documentale non avendo il Comune prodotto documentazione idonea a confermare l’assunto.
6.3.b D’altro canto, nel proprio comprensorio di bonifica il Consorzio provvede esclusivamente alla gestione del sistema dei canali e delle proprie opere di bonifica per il trasporto delle acque sorgive e meteoriche verso il mare, onde apportare benefici di tipo idrogeologico agli immobili dei contribuenti, in conformità a quanto dispone in proposito l’art. 862 cod. civ., per cui “All'esecuzione, alla manutenzione e all'esercizio delle opere di bonifica può provvedersi a mezzo di consorzi tra i proprietari interessati. A tali consorzi possono essere anche affidati l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle altre opere d'interesse comune a più fondi o d'interesse particolare a uno di essi. I consorzi sono costituiti per decreto del Presidente della Repubblica (1) e, in mancanza dell'iniziativa privata, possono essere formati anche d'ufficio. Essi sono persone giuridiche pubbliche [c.c. 11] e svolgono la loro attività secondo le norme dettate dalla legge speciale”.
Inoltre, il RD 215/1933, all’art. 54, comma 1, al riguardo anche prevede che “Possono costituirsi consorzi tra proprietari degli immobili che traggono beneficio dalla bonifica. I consorzi provvedono alla esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica o soltanto alla manutenzione ed esercizio di esse”.
Pertanto è evidente, come rimarcato dalla difesa attorea, che il Consorzio non è per ciò solo titolato giuridicamente ad effettuare una attività di monitoraggio né di vigilanza o custodia sulle singole particelle site nel comprensorio di bonifica, al fine di evitare che su di essa vengano effettuati scarichi abusivi di rifiuti.
Per converso, il Comune avrebbe dovuto effettuare i corretti accertamenti sulla proprietà o sul possesso dell’area di via Tarantini, 4, in cui è avvenuto lo scarico abusivo di rifiuti per cui è causa, al fine di accertare il soggetto responsabile, eventualmente in solido con il proprietario o custode dell’area.
Detti accertamenti, nel caso all’esame, risultano, per quanto esposto, del tutto omessi, essendosi l’ordinanza impugnata fondata sul presupposto indimostrato della proprietà dell’area in capo al Consorzio, in mancanza tuttavia di qualsivoglia specifica evidenza istruttoria sul punto.
Ed invero, il provvedimento in questione non dà affatto conto del compimento di indagini e approfondimenti sull’individuazione del responsabile dell’abbandono che la norma impone di svolgere in contraddittorio con il destinatario dell’ordinanza, onde poter ascrivere, nello specifico, l’abbandono dei rifiuti ad una condotta dolosa ovvero colposa, anche solo di carattere omissivo, a carico del ricorrente, destinatario dell’ordine di rimozione dei rifiuti.
7. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei termini di cui in motivazione, con conseguente annullamento dell’ordinanza sindacale gravata.
8. Le questioni esaminate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati presi in considerazione tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.