TAR Torino, sez. I, sentenza 2024-07-01, n. 202400804

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2024-07-01, n. 202400804
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202400804
Data del deposito : 1 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/07/2024

N. 00804/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00059/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 59 del 2021, proposto da
Q.S.T. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F B e M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Recetto, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suddetto avvocato;

nei confronti

Casa Sul Fiume s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Franco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
L V in qualità di legale rappresentate della società ICOGEST soc. coop., rappresentato e difeso dall'avvocato Elisa Gastino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della deliberazione della Giunta Comunale n. 78 del 13 ottobre 2020;

- della determinazione del Responsabile del servizio tecnico, n. 39 del 17 novembre 2020, reg. gen. n. 109/2020, avente a oggetto « Determinazioni conseguenti all'atto di indirizzo espresso nella delibera di Giunta Comunale n. 78 del 13 ottobre 2020 »;

- di ogni altro atto presupposto, prodromico, consequenziale o comunque connesso a quelli impugnati, ancorché non conosciuto, ivi compresi, per quanto occorrer possa:

a) la nota del Comune, prot. n. 1103 del 27 marzo 2020, avente a oggetto « Comunicazione di avvio del procedimento relativo a: annullamento /revoca del provvedimento di concessione amministrativa rilasciato in data 11/10/2017 rep. n. 16 »;

b) il nuovo titolo concessorio eventualmente rilasciato dal Comune a ICOGEST;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Casa Sul Fiume s.r.l., del Comune di Recetto e di L V, in qualità di legale rappresentate della società ICOGEST soc. coop.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 12 giugno 2024 il dott. L P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. In data 11 aprile 2017 la ICOGEST società cooperativa (titolare dell'azienda denominata “ Casa sul Fiume ” che gestiva, in forza di una concessione decennale, una struttura ricreativa nel Comune di Recetto) ha affittato, per i successivi sei anni, il ramo di azienda de qua alla società Q.S.T s.r.l.;
il contratto aveva, altresì, a oggetto anche alcuni terreni comunali gravati da usi civici, concessi in uso sia alla ICOGEST (35.000 mq adibiti a solarium) sia alla Casa sul fiume s.r.l. (5.600 mq adibiti a parcheggio), la quale ha anche partecipato alla stipula del contratto di affitto, nella sua veste di proprietaria dei fabbricati in uso all’azienda nonché concessionaria dell’area adibita a parcheggio.

2. Il 15 maggio 2017 l’odierna ricorrente ha chiesto al Comune la concessione in uso dei terreni de quibus e il relativo atto è stato sottoscritto il successivo 11 ottobre 2017.

3. Il 12 marzo 2020 la ICOGEST ha rappresentato all’amministrazione comunale la risoluzione del contratto di affitto del ramo di azienda e le ha chiesto di annullare l’atto dell’11 ottobre 2017 in quanto sarebbe venuto meno il titolo legittimante.

Con la delibera della Giunta Comunale n. 78 del 13 ottobre 2020 e la successiva determina del Responsabile del servizio tecnico n. 39 del 17 novembre 2020, l’amministrazione comunale ha pertanto autorizzato la controinteressata a subentrare nuovamente nelle concessioni de quibus .

4. Con ricorso, depositato il 25 gennaio 2021, la ricorrente ha impugnato i provvedimenti de quibus cedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare, perché asseritamente illegittimo.

5. All’esito dell’udienza camerale del 23 febbraio 2021 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare della ricorrente e la decisione è stata confermata dal Consiglio di Stato in sede di appello (ord. 2574/21).

6. All’udienza pubblica del 12 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

7. Con il proprio ricorso, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta interdipendenza, la ricorrente censura il fatto che il Comune avrebbe disposto il subentro della controinteressata ignorando l’esistenza del rapporto concessorio posto in essere nel 2017.

A suo dire, infatti, la determina n. 39/2020 non solo avrebbe erroneamente qualificato l’atto del 2017 come un mero subingresso nelle precedenti concessioni ma la sua parte dispositiva si porrebbe in contrasto con il proprio apparato motivazionale nella parte in cui disporrebbe il subingresso della controinteressata anche nella concessione del 2017, confermandone così implicitamente la natura concessoria. Natura che sarebbe, inoltre, confermata dal fatto che l’amministrazione avrebbe previsto il rilascio di un nuovo titolo concessorio a favore della ICOGEST nonché dal fatto che l’area destinata a parcheggio sarebbe stata a suo tempo affidata in concessione alla Casa sul fiume s.r.l. e non alla ICOGEST.

Per la tesi in esame, poi, il carattere novativo dell’atto del 2017 sarebbe desumibile anche dal suo profilo soggettivo e oggettivo nonché dal fatto che l’istanza della controinteressata avrebbe avuto a oggetto l’annullamento della concessione con l’odierna ricorrente e non un mero subentro, del resto, la stessa delibera della giunta n. 69 del 13 ottobre 2016 vieterebbe espressamente il subaffitto dell’immobile concesso.

A ciò si aggiungerebbe che, al contrario di quanto asserto dall’amministrazione procedente, l’art. 24 del

DPGR

8/R del 2016 non attribuirebbe alla Giunta il potere di deliberare sulle concessioni amministrative e che la volontà dell’amministrazione di separare il rapporto concessorio dall’affitto del ramo di azienda emergerebbe sia dalla durata del provvedimento del 2017 (dieci anni a fronte dei sei previsti per il contratto di affitto) sia dalla previsione secondo cui la concessione potrebbe proseguire anche prescindere dalle sorti del contratto di affitto.

Le menzionate illegittimità sarebbero, poi, aggravate dal fatto che il Comune non avrebbe neppure instaurato un valido contraddittorio procedimentale in quanto la comunicazione di avvio del procedimento non solo sarebbe generica ma non coinciderebbe neppure con il contenuto del provvedimento finale;
senza contare che il rapporto concessorio sarebbe stato risolto in assenza di una previa comunicazione ai propri finanziatori, come, invece, previsto dall’art. 176, comma 8, del d.lgs. 50/16.

8. Il ricorso è infondato.

Come precedentemente accennato la controversia è interamente incentrata sull’esatta qualificazione del provvedimento impugnato e del precedente atto del 2017 il quale, per l’amministrazione procedente sarebbe un mero subentro in una concessione esistente mentre, a parere della ricorrente, si tratterebbe di un nuovo provvedimento che avrebbe assorbito i precedenti atti e che, pertanto, avrebbe dovuto essere oggetto di un espresso provvedimento di revoca.

Ciò posto, per qualificare correttamente gli atti de quibus è necessario effettuare una complessiva analisi dell’operazione negoziale posta in essere.

Come noto, in omaggio alla nota concezione di causa in concreto, nel caso di operazioni contrattuali complesse l’interpretazione non può arrestarsi al senso letterale delle parole delle singole clausole, neppure quando non sembrano dar luogo ad alcuna incertezza, ma deve ricondurre il loro significato a un’armonica concordanza e unità, anche alla luce dell'intero contesto dell'operazione negoziale.

Tanto premesso, in data 8 maggio 2013 il Comune ha rinnovato per ulteriori cinque anni la concessione di un terreno a uso parcheggio alla società Casa sul fiume s.r.l. (la quale lo ha successivamente locato all’odierna controinteressata) e, il successivo 13 giugno 2016, l’amministrazione comunale ha affidato in concessione decennale alla ICOGEST un’area avente superficie complessiva di circa 35.000 mq,

In data 11 aprile 2017 la ICOGEST ha affittato il ramo di azienda che si occupava della gestione del ristorante, del bar e delle piscine alla ricorrente e alla stipula del contratto ha partecipato anche la società Casa sul fiume s.r.l. nella sua veste di proprietaria di parte degli immobili oggetto dell’attività e concessionaria del terreno adibito a parcheggio.

Il 15 maggio 2017 la ricorrente ha allora chiesto al Comune l’autorizzazione all’utilizzo per i terreni de quibus , dando espressamente atto che essi facevano parte del complesso aziendale denominato “Casa sul fiume” e, soprattutto, legittimando la propria istanza in virtù della cessione di ramo d’azienda precedentemente stipulata con l’odierna controinteressata.

In accoglimento della suddetta istanza, il Comune di Recetto, in persona del Sindaco pro tempore , ha autorizzato l’utilizzo, per i successivi 10 anni, degli immobili richiesti, precisando, al contempo, che il canone annuo sarebbe stato pari a 3.211,35 euro, il quale, è tra l’altro, corrispondente all’importo complessivo posto in capo alla controinteressata e alla società Casa sul fiume s.r.l..

Ciò posto, la previsione di un termine decennale non può dirsi emblematica della volontà di scindere gli effetti del contratto di affitto del ramo d’azienda dalla concessione deli immobili in quanto, poiché il primo aveva una durata di sei anni prorogabili, è del tutto ragionevole che l’amministrazione, con la previsione de qua , si sia limitata a individuare un termine massimo di durata del rapporto per impedire che ripetute proroghe del contratto di affitto rendessero la concessione a tempo sostanzialmente indeterminato.

Del pari, anche la « possibilità di proseguire indipendente con il rapporto di concessione entro il termine di 10 anni » non è idonea a inficiare le predette considerazioni in quanto tale formula implica comunque il possesso di un titolo legittimate in capo all’istante, che, nel caso di specie, è venuto meno con la risoluzione del contratto di affitto.

A conferma del collegamento dei titoli si evidenzia inoltre che la ricorrente si è espressamente impegnata, al punto 15 del contratto di affitto del ramo d’azienda, a « non addivenire alla modifica dei rapporti contrattuali con il Comune di Recetto senza l'intervento del CONCEDENTE e del LOCATORE IMMOBILIARE, al fine di non pregiudicare la situazione dei costi relativi nel caso di futura interruzione del rapporto contrattuale e/o subentro di nuovo conduttore, fatto salvo quanto indispensabile per non compromettere l' attività ».

Né è possibile ritenere che il provvedimento del 2017 rappresenti una nuova concessione solo perché il titolo originario vietava espressamente il subaffitto dei terreni in quanto con l’operazione negoziale in esame la ICOGEST si è limitata ad affittare la propria azienda mentre l’utilizzo delle aree è stato autorizzato dal Comune, previo parere favorevole dei concessionari.

In conclusione, dall’esame dell’istanza della ricorrente e dal conseguente provvedimento comunale emerge chiaramente che la società era legittimata a richiedere l’autorizzazione all’utilizzo dei terreni de quibus in virtù del contratto di affitto stipulato con i concessionari e, pertanto, il provvedimento del 2017 deve essere qualificato come un mero subentro nell’originaria concessione.

A ciò si aggiunga che l’amministrazione comunale non avrebbe comunque potuto emanare un nuovo provvedimento concessorio senza revocare il precedente atto e tale volontà non può di certo essere desunta implicitamente dal provvedimento impugnato, che, si rammenta, è stato addirittura emanato dal Sindaco.

Come noto, infatti, in applicazione del principio del contrarius actus, « la competenza all'adozione degli atti di secondo grado in funzione di autotutela deve provenire dall'organo che ha adottato l'atto della cui revoca si discute » ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 15 novembre 2023, n. 9781).

Ebbene, le concessioni del 2013 e del 2016 sono state rilasciate dalla Giunta Comunale e, pertanto, solo essa, e non il Sindaco, avrebbe potuto revocare i provvedimenti de quibus prima della loro naturale scadenza;
del resto il Sindaco non sarebbe neppure legittimato a stipulare una nuova concessione.

Ai sensi dell’art. 6 della l.r. 29/06 e 24 del Decreto del Presidente della Giunta regionale 27 giugno 2016, n. 8/R (« Norme di attuazione della legge regionale 2 dicembre 2009, n. 29 (Attribuzioni di funzioni amministrative e disciplina in materia di usi civici) ») la concessione degli immobili si cui gravano gli usi civici è stata attribuita ai Comuni, con la precisazione prevista dall’art. 28, comma 3, lettera m) dello statuto comunale, che la Giunta esercita, « previa determinazione dei costi e individuazione dei mezzi, funzioni delegate dalla Provincia, Regione e Stato quando non espressamente attribuite dalla legge e dallo statuto ad altro organo », ivi comprese, quindi la concessione dei beni gravati da usi civici.

Per quanto concerne, poi, il verbale della giunta comunale numero 78 del 13 ottobre 2020, si evidenzia che, nonostante sia vero che la sua parte dispositiva autorizzi espressamente la ICOGEST a « subentrare nelle concessioni amministrative relative alla concessione degli immobili comunali oggetto delle concessioni 21.11.2016, 20.11.2013 e 11.10.2017 », è altrettanto vero che, per giurisprudenza costante, l’interpretazione « giudiziale di un provvedimento amministrativo e, in particolare, l'individuazione del potere che con esso si è inteso esercitare non è vincolata dalle disposizioni di legge in esso citate, ma consegue all'apprezzamento complessivo e sistemico del fine che si è inteso perseguire, delle misure che si è inteso adottare, della situazione di fatto su cui si è inteso intervenire » ( ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 28 giugno 2023, n. 6319). Detto altrimenti, il provvedimento deve essere interpretato alla luce del suo effettivo contenuto ossia « non solo in base al tenore letterale, ma soprattutto in base al suo specifico contenuto e risalendo al potere concretamente esercitato dall'Amministrazione, senza che possa avere un valore dirimente il solo nomen iuris che gli è stato assegnato » ( ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 11 gennaio 2023, n. 336).

Ebbene, interpretando il dispositivo del provvedimento impugnato alla luce della sua motivazione (in cui si legge chiaramente che « la concessione 11.10.2017 è tecnicamente il subingresso dell’affittuario nelle concessioni del 2016 e del 2013 deliberate dalla Giunta comunale con le delibere n° 69/16 e n° 49/13 »), e, soprattutto, con l’atto di indirizzo della Giunta regionale, di cui il provvedimento de quo è applicativo, emerge chiaramente la volontà dell’amministrazione procedente di eliminare il subingresso e riattribuire alla ICOGEST la totalità dei rapporti in essere prima dell’affitto del ramo di azienda.

Del resto, con il verbale de quo l’organo esecutivo del Comune, dopo aver condiviso il parere dall’avvocato Zucco Carla in merito alle vicende inerenti la concessione di immobili comunali “Casa sul Fiume”, ha infatti sancito che « il Comune su richiesta di Icogest dovrà limitarsi a prendere atto della cessazione dell’affitto d’azienda e conseguentemente, per effetto della retrocessione dei beni all’affittante, “rivolturare” la concessione amministrativa ».

Né può essere ritenuto dirimente per avvalorare una diversa interpretazione il fatto che la Determinazione 39/20 demandi a un successivo atto il rilascio del titolo concessorio in quanto la ricorrente non ha fornito alcun elemento per confutare la posizione dell’amministrazione procedente secondo, cui per consolidata prassi amministrativa, anche le vicende traslative del titolo devono essere oggetto di un espresso provvedimento.

Con specifico riferimento, poi, gli asseriti vizi della comunicazione di avvio del procedimento, il Collegio si limita ad affermare che, nonostante l’atto de quo affermi genericamente che « si comunica che questa Amministrazione con la presente avvia il procedimento amministrativo al fine dell'emanazione del provvedimento di annullamento/revoca del provvedimento di concessione amministrativa rilasciato in data 11/10/2017 rep. n. 16 », l’amministrazione ha comunque avviato un valido contraddittorio procedimentale, comprensivo di un’audizione, fissata per il 29 maggio 2020, e di un successivo sopralluogo, sicché appare inverosimile che la ricorrente non abbia compreso le intenzioni del Comune e non abbia conseguentemente potuto esporre le proprie tesi difensive.

Si rammenta, infatti, che « nel processo amministrativo le norme sulla partecipazione procedimentale non vanno applicate meccanicamente, dovendosi invece privilegiare il raggiungimento sostanziale dello scopo partecipativo rispetto alle esigenze formalistiche » ( ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4263). Del resto, le « garanzie procedimentali non si riducono a mero rituale formalistico, con la conseguenza che, nella prospettiva del buon andamento dell'azione amministrativa, il privato non può limitarsi a denunciare la lesione delle pretese partecipative, ma è anche tenuto ad indicare o allegare, specificamente, gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento » ( ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 5 settembre 2023, n. 8166)

Inoltre, quand'anche così non fosse, la fattispecie sarebbe comunque sussumibile nel novero dell’art. 21- octies , seconda parte, della legge n. 241 del 1990, a fronte del quale il provvedimento amministrativo non è annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'Amministrazione dimostri in giudizio che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Tale previsione è stata, infatti, interpretata dalla giurisprudenza maggioritaria nel senso che spetta a colui che eccepisce il vizio de quo indicare gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto in sede procedimentale e che sarebbero stati idonei ad incidere sulla determinazione dell'Amministrazione e, solo dopo, quest’ultima sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato ( ex multis Consiglio di Stato sez. V, 20 ottobre 2020, n. 6333).

Onere questo che non è stato assolto dalla ricorrente, la quale si è limitata ad asserire genericamente che « se avesse invece avuto contezza dell'intenzione del Comune di qualificare i rapporti in essere come “meri subentri”, avrebbe potuto confutare da subito una siffatta distorta prospettazione, senza dover essere costretta a farlo ora in sede giurisdizionale. Si tratta quindi di un procedimento in cui sono ingiustamente mancate, con effetti invalidanti dell'atto finale, le effettive garanzie di partecipazione dell'interessato ».

Senza contare che, alla luce delle ragioni precedentemente esposte, anche se la ricorrente avesse prospettato nel corso del procedimento le proprie doglianze, così come indicate nell’impugnazione in esame, esse non avrebbero comunque influito sul contenuto dispositivo dei provvedimenti impugnati.

Infine, poiché non ci si trova al cospetto di un provvedimento di revoca delle precedenti concessioni ma di un atto dovuto conseguente al venir meno del titolo legittimante al subentro, la censura relativa alla violazione dell’art. 176, comma 8, del d.lgs. 50/16 è del tutto fuori fuoco in quanto la disposizione de quo non può trovare applicazione al caso di specie .

9. In conclusione, alla luce di quanto esposto il ricorso è infondato e deve essere respinto.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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