TAR Catania, sez. I, sentenza 2019-09-23, n. 201902214

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2019-09-23, n. 201902214
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201902214
Data del deposito : 23 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/09/2019

N. 02214/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01492/2011 REG.RIC.

N. 01290/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1492 del 2011, proposto da
R M, rappresentata e difesa dagli avvocati R V, G A, con domicilio eletto presso lo studio Carmelo Guerrera in Catania, p.zza Iolanda, 1;

contro

Comune di Brolo non costituito in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1290 del 2015, proposto da
R M, rappresentata e difesa dagli avvocati G A, R V, con domicilio eletto presso lo studio Carmelo Guerrera in Catania, v.le Libertà, 139;

contro

Comune di Brolo, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, domiciliato presso la Segreteria del TAR in Catania, via Milano;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 1492/2011:

della ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 04/2011 disposta dal Responsabile del IV Servizio – Territorio, Urbanistica, Ecologia – del Comune di Brolo il 01.02.2011, notificata il 02.02.2011;

di ogni altro atto da considerare antecedente, presupposto, preordinato, preparatorio, consequenziale ovvero comunque connesso rispetto a quello sopra indicato;

quanto al ricorso n. 1290/2015:

dell'ordinanza n. 88 del 2-3-2015, adottata dal Responsabile dell'Area Tecnica – servizio urbano - del Comune di Brolo, recante l'accertamento di inottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 4 dell'1-2-2011 di sgombero ed acquisizione al patrimonio comunale;

nonché di ogni altro atto o provvedimento connesso.

Visti i ricorsi ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione del Comune di Brolo nel giudizio sul ricorso nr. 1290/2015;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 giugno 2019 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La parte odierna ricorrente è proprietaria di un fabbricato in Brolo, meglio descritto in atti (terreno censito in catasto alla part. 270 - ex 96b - del foglio di mappa 1, consistente in una costruzione a due elevazioni f.t. che presenta le seguenti caratteristiche: dimensioni ml 8,10 x ml 7,55;
altezza al colmo 7,10 ml ed alla gronda 5,50 ml;
superficie coperta mq 65,20 e superficie utile mq 120,90;
volumetria mc 410,76).

Premette che con istanza di condono ex lege 47/1985 ne chiedeva la sanatoria, respinta con provvedimento impugnato in precedente ricorso (nr.rg.4564/1999);
con ulteriori provvedimenti, pure oggetto di gravame, veniva disposta la demolizione delle opere abusive ed, accertatane l’inottemperanza, l’acquisizione al patrimonio da parte dell’Ente, con relativa area di sedime (ricorsi nr.rg. 1533/2000 e nr.rg. 3565/2000).

Riferisce che, pendenti i giudizi sui ricorsi citati, con verbale di contravvenzione del 28 maggio 2003 nr. 6674, 15/03, veniva accertata ulteriore violazione consistente nella sopraelevazione del fabbricato: precisa parte ricorrente che la costruzione del piano terreno risale al 1987, la sopraelevazione alla primavera del 2003. Posto che, relativamente al piano terreno, era già stata emanata una ordinanza di demolizione (oggetto di gravame con il ricorso nr. 1533/2000), seguita da provvedimento di immissione in possesso (impugnato con ricorso nr. 3565/2000 con cautelare accolta), per la prima volta veniva invece sanzionata la elevazione f.t.

A fondamento del ricorso deduce con il primo motivo, la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, non essendogli stato notificato alcun avviso prima dell’atto impugnato;
con il secondo motivo lamenta il difetto di motivazione con particolare riferimento al lungo lasso di tempo trascorso ed il mutato contesto dei luoghi;
con il terzo motivo invoca una lettura costituzionalmente orientata del divieto di edificazione nei 150 metri in quanto tutto il litorale Brolese è ormai completamente edificato ed urbanizzato.

Pervenuta nelle more del giudizio l’ordinanza di sgombero n. 88 del 2.3.2015, notificata il 18 marzo 2015, con accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 4 del 01.02.2011 e ordine di sgombero ed acquisizione al patrimonio comunale, la impugna con il ricorso nr. 1290/2015.

Deduce a sostegno del gravame (primo motivo) violazione del giudicato cautelare formatosi sulla domanda accolta nel giudizio nr. 3565/2000 (ord.nr. 6392 del 17.05.2000);
con il secondo motivo, il difetto di motivazione in ordine all’accertamento dell’area di sedime e di quella necessaria per la realizzazione di opere similari;
con il terzo motivo, difetto di motivazione in generale, con particolare riferimento alla attualità dell’interesse pubblico atteso il lungo lasso di tempo trascorso.

Nella pubblica udienza del 10 giugno 2019 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente censura i provvedimenti variamente elencati in narrativa con i quali è stata disposta la demolizione e l’acquisizione al patrimonio di manufatti abusivi a suo tempo oggetto di istanze di condono respinte.

Deve rilevare il Collegio che i ricorsi vanno riuniti essendo sussistenti evidenti presupposti di collegamento oggettivo e soggettivo tra gli atti impugnati, nonché dipendendo i ricorsi dalle medesime ragioni di censura.

Nel merito, deve premettersi che il ricorso presentato avverso il provvedimento di diniego di condono richiesto ex l. 47/1985 (nr. 4564/1999), risulta perento (senza opposizione) come da decreto nr. 1865 del 14.03.2017.

Da quanto sopra derivano le seguenti conseguenze.

I) Il primo motivo di ricorso, attinente la violazione delle garanzie procedimentali, è privo di rilievo avendo riguardo alla natura del tutto vincolata del provvedimento impugnato (vedasi, ex plurimis e tra le più recenti, T.A.R. Milano, sez. II, 04 aprile 2019 , n. 747;
T.A.R., Napoli , sez. VI , 01 febbraio 2019, n. 537) dipendente dalla circostanza che l’elevazione del primo piano f.t. è priva di alcun riferimento alla domanda di condono (già respinta con provvedimenti che alla data dell’accertamento erano efficaci, ancorchè sub judice, non essendo stata accolta la domanda di sospensione cautelare del diniego di condono nel ricorso nr. 4564/1999).

Anche a considerare i giudizi pendenti, la trasformazione del manufatto rispetto alla consistenza originaria – oggetto di richiesta di condono – rendeva l’elevazione f.t. del tutto sine titulo e come insuscettibile di consentire qualsiasi esito diverso dal provvedimento impugnato anche in caso di partecipazione al procedimento da parte dell’interessata.

II) Quanto al secondo argomento di gravame, nonostante alcune oscillazioni e divergenti orientamenti (si veda l’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sez. VI, 24 marzo 2017, n.1337), la giurisprudenza è pervenuta ad affermare che, in presenza di violazioni urbanistiche anche risalenti, è sempre necessaria la riduzione in pristino dello stato dei luoghi e la demolizione delle opere abusive, essendo immanente l’interesse generale al corretto assetto ambientale ed edilizio del territorio (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 17 ottobre 2017 n. 9 che afferma il seguente principio: “ il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino ";
da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI , 05 novembre 2018 , n. 6233;
T.A.R. Roma, sez. II , 23 ottobre 2018 , n. 10268;
T.A.R. , Roma, sez. II, 01 settembre 2018, n. 9115;
Consiglio di Stato , sez. VI , 04 giugno 2018 , n. 3351 ed altre).

III) Quanto al terzo e principale motivo di ricorso, secondo cui la disciplina della fascia di protezione di cui alla LR 78/76, andrebbe interpretato in senso costituzionalmente orientato in presenza di una condizione dei luoghi del tutto urbanizzata, il gravame è inammissibile.

Invero, il provvedimento impugnato, quanto all’edificazione del piano terra, dipende da precedenti atti oppugnati in altri ricorsi già assunti in trattazione e, mediatamente, dal provvedimento di diniego del condono il cui giudizio è perento (e si è dunque consolidato).

In secondo luogo, quanto all’elevazione fuori terra, l’ordine di demolizione prescinde del tutto dalla disciplina della fascia di rispetto, avendo edificato la ricorrente in assenza di qualsiasi titolo edilizio.

IV) Residua l’esame dei profili dedotti con il secondo ricorso, che sono entrambi infondati.

Deve premettersi che i provvedimenti impugnati, nella parte in cui reiterano i precedenti ordini di demolizione ed acquisizione al patrimonio del piano terra dell’edificio, hanno natura meramente ricognitiva degli analoghi provvedimenti già oggetto di gravame.

Tuttavia, non sussiste violazione del giudicato cautelare, avendo riguardo alla circostanza che la misura cautelare era ostativa alla sola acquisizione al patrimonio dell’Ente ovvero agli effetti tipici dell’accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione del piano terra e conseguente acquisizione al patrimonio del Comune.

Quanto al difetto di motivazione inerente la determinazione dell’area di sedime, rileva il Collegio che quest’ultima è automatica perchè la volumetria ammissibile, in termini di edificato, costituisce applicazione di indici - fissati nel PRG - di superficie, con la conseguenza che, in mancanza di altre indicazioni, l’area da computare deriva dall’applicazione delle relative prescrizioni.

Nel caso di specie, peraltro, parte ricorrente non offre alcuna diversa indicazione di un computo ritenuto corretto dell’estensione dell’area di sedime (ed il primo piano insiste, peraltro, su un piano terra a sua volta abusivo).

Per tutte queste ragioni, i ricorsi sono infondati e come tali vanno respinti, con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo per entrambi i ricorsi, nella misura che tiene conto della sovrapponibilità delle censure in ciascuno dedotte.

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