TAR Potenza, sez. I, sentenza 2023-01-30, n. 202300078

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2023-01-30, n. 202300078
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202300078
Data del deposito : 30 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/01/2023

N. 00078/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00309/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 309 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti M F, PEC avvmarcellofortunato@perc.ordineforense.salerno.it, D G, PEC gioia.dario@certavvocatilag.it, e P G, PEC galante.paolo@cert.ordineavvocatipotenza.it, domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco p.t., rappresentato dall’avv. P G, PEC giordano.paolo@cert.ordineavvocatipotenza.it, con domicilio eletto in Potenza Via Cavour n. 48;

per l'annullamento

del bando, pubblicato il 3.5.2022, con il quale il Comune di -OMISSIS- ha indetto un procedimento di evidenza pubblica per la vendita a corpo del materiale estrattivo, di proprietà del Comune di -OMISSIS-, depositato presso la Cava, sita nella -OMISSIS-;


Visto il ricorso introduttivo ed i relativi allegati;

Visto l’atto di motivi aggiunti, notificato il 26.7.2022 al Comune di -OMISSIS- ed alla -OMISSIS- e depositato il 7.9.2022, con il quale è stata impugnata la Determinazione n. 311 dell’11.6.2022 (pubblicata nell’Albo Pretorio on line dall’11.6.202 al 26.6.2022), con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di -OMISSIS- ha aggiudicato all’impresa -OMISSIS- il predetto procedimento di evidenza pubblica;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2023 il Cons. P M e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008 la Regione Basilicata ha rilasciato alla -OMISSIS-, esprimendo giudizio favorevole di compatibilità ambientale sul relativo progetto, l’autorizzazione per la coltivazione mineraria della cava di cui è causa, di proprietà del Comune di -OMISSIS-, per la durata di 10 anni con decorrenza dalla data di effettivo inizio dell’attività estrattiva, con espressa previsione nel punto 14 del dispositivo della predetta Delibera che tale autorizzazione “potrà essere prorogata su istanza degli interessati aventi diritto, previa verifica dei requisiti richiesti dalla legislazione vigente in materia di estrazione mineraria ed ambientale”;
tale progetto autorizzato prevedeva il volume complessivo di materiale da estrarre di 2.604.505 mc., di cui circa 114.000 mc. da riutilizzare nella cava per ripristinare la continuità morfologica nella fase di sistemazione finale della cava (gradonatura del fronte di scavo, sistemazione delle pendici e semina di leguminose e piantumazione di arbusti e/o essenze arboree) e 250.000 mc. annui per la vendita.

La -OMISSIS- prima con nota del 20.1.2017 ha manifestato al Comune di -OMISSIS- l’intenzione di ampliare l’area di estrazione della cava con le contestuali opere di bonifica e ripristino ambientale e poi con nota del 28.3.2017 ha chiesto al Comune “un pre-parere di massima” sul predetto progetto, da presentare alla Regione Basilicata.

Con nota del 30.3.2017 il Responsabile del Settore Tributi e Patrimonio del Comune di -OMISSIS- ha espresso “un pre-parere di massima favorevole” al suddetto progetto, confermando “la posizione processuale di questo Comune in tema di interpretazione del contratto del 9.3.2009” nell’ambito del giudizio “pendente dinanzi al Tribunale di Potenza (Reg. n. 584/2013)” e con Del. n. 34 del 21.4.2017 la Giunta Comunale ha reiterato il “pre-parere di massima favorevole” al progetto di ampliamento della coltivazione mineraria e di contestuale recupero ambientale, ribadendo la predetta posizione processuale nell’ambito del citato giudizio dinanzi al Tribunale di Potenza, “sulla scorta delle motivazioni addotte”.

Ma con Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018 il Comune di -OMISSIS- ha revocato la predetta Del. G.M. n. 34 del 21.4.2017 “sulla base di una rinnovata valutazione dell’interesse pubblico”, attesoché: 1) “non risulta reso palese nel predetto atto sulla base di quali “motivazioni addotte” si basasse il pre-parere favorevole concesso”;
2) “nei programmi e negli intendimenti di questa Amministrazione è prevalente la scelta politica di ridurre l’impatto ambientale della cava, al fine di utilizzare l’area di -OMISSIS- (presso cui è collocata la cava) in maniera prioritariamente turistica, intenzione concretizzata nell’approvazione del progetto e nell’avvio della realizzazione della “Porta della Lucania”, quale vetrina espositiva dei prodotti del territorio”;
3) “tale orientamento non è compatibile con la previsione di ampliamento della cava”;
4) comunque, “l’eventuale continuazione della coltivazione della cava alla scadenza dell’attuale rapporto contrattuale deve essere oggetto di procedura di evidenza pubblica”;
5) “il pre-parere espresso non costituisce elemento di alcun procedimento amministrativo formalizzato dall’attuale normativa e non può costituire fondamento di aspettative giuridicamente tutelate da parte della ditta -OMISSIS-, che lo ha richiesto”.

La -OMISSIS- con domanda del 14.12.2018 ha chiesto alla Regione la proroga della predetta autorizzazione regionale, in quanto non aveva portato a compimento il progetto di coltivazione autorizzato: con nota prot. n. 477 del 16.1.2019 il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di -OMISSIS- ha diffidato la Regione Basilicata “a procedere all’istruttoria” della domanda, in quanto, poiché tale cava è di proprietà comunale, risulta necessaria l’acquisizione del parere favorevole del Comune, il quale con la citata Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018 aveva revocato la precedente Del. G.M. n. 34 del 21.4.2017, tenuto pure conto delle circostanza che per “le vertenze in corso” la ditta -OMISSIS- non avrebbe potuto proseguire nella coltivazione della cava.

La -OMISSIS- con il Ric. n. 98/2019 ha impugnato la Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018 e la nota comunale prot. n. 477 del 16.1.2019, deducendo: 1) la violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990;
2) l’eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto la revoca non era stata congruamente motivata con riferimento alla comparazione degli interessi in conflitto;
3) l’eccesso di potere per errore nei presupposti, in quanto non poteva tenersi conto dei riferimenti alla controversia giudiziaria tra la ricorrente ed il Comune dinanzi al Tribunale di Potenza, in quanto tuttora pendente;
4) l’incompetenza, in quanto l’adozione dei provvedimenti in materia di coltivazione di cave spetta alla Regione Basilicata.

Successivamente, la -OMISSIS- con istanza dell’8.4.2019 ha chiesto alla Regione Basilicata l’autorizzazione al prelievo ed alla lavorazione del materiale già abbattuto e depositato nella zona di stoccaggio della suddetta cava: il Dirigente dell’Ufficio Geologico della Regione Basilicata con nota prot. n. 63552 dell’11.4.2019 “ai sensi della L.R. n. 12/1979” ha comunicato alla -OMISSIS- la cessazione della coltivazione mineraria della cava “alla scadenza dell’autorizzazione regionale rilasciata con Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008, fissata al 23.4.2019”.

La -OMISSIS- con Ric. n. 182/2019 ha impugnato la predetta nota regionale prot. n. 63552 dell’11.4.2019, deducendo: 1) e 2) l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e per manifesta illogicità, tenuto pure conto della circostanza che, nelle more del rilascio della citata Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008, l’Ufficio Geologico della Regione Basilicata con nota prot. n. 81445 del 23.4.2008 (inviata anche al Comune di -OMISSIS-) aveva autorizzato il prelievo e la lavorazione del materiale già abbattuto, chiesto con l’istanza del 16.4.2008;
3) l’eccesso di potere per carenza di motivazione, in quanto l’impugnata nota prot. n. 63552 dell’11.4.2019 non è stata motivata anche per relationem;
4) violazione della L.R. n. 12/1979, in quanto, pur tenendo conto dell’espresso riferimento alla predetta Legge, contenuto nel provvedimento impugnato, tale Legge non disciplina il prelievo e la lavorazione del materiale già abbattuto;
5) l’incompetenza, in quanto la decisione sull’istanza della ricorrente, di autorizzazione al prelievo ed alla lavorazione del materiale già abbattuto, non spetta al Dirigente dell’Ufficio Geologico della Regione Basilicata.

Con atto di motivi aggiunti al Ric. n. 182/2019, la -OMISSIS- ha dedotto l’ulteriore censura, relativa alla violazione dell’art. 1 bis, comma 4, secondo periodo, L.R. n. 12/1979.

Con Sentenza n. 614 del 15.7.2019 questo Tribunale ha respinto i Ricorsi n. 98/2019 e n. 182/2019, attesoché: 1) ha disatteso entrambe le censure, relative al vizio dell’incompetenza, dedotte con Ricorsi n. 98/2019 e n. 182/2019, in quanto: A) con l’impugnata Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018 il Comune di -OMISSIS- ha revocato la propria precedente Del. G.M. n. 34 del 21.4.2017, mentre l’impugnata nota del Responsabile dell’Area Tecnica prot. n. 477 del 16.1.2019 è un atto interno al procedimento regionale, di proroga dell’autorizzazione ex Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008, di coltivazione mineraria della cava in questione, attivato dalla ricorrente con domanda del 14.12.2018, nell’ambito del quale il Comune di -OMISSIS- ha titolo ad intervenire, nella qualità di proprietario della cava in discorso;
B) la Regione prima con Del. G.R. n. 689 del 22.5.2015 ha attribuito all’Ufficio Geologico regionale la competenza in materia di cave e di polizia mineraria e poi con Decreto n. 43 dell’1.3.2015 il Presidente della Giunta Regionale ha confermato la predetta competenza in capo al Dirigente dell’Ufficio Geologico regionale;
2) la motivazione della precedente Del. G.M. n. 34 del 21.4.2017 consisteva esclusivamente nelle parole “sulla scorta delle motivazioni addotte”, mentre l’impugnata Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018 risultava congruamente motivata, attesoché l’Amministrazione comunale aveva evidenziato la scelta politica di ridurre l’impatto ambientale della cava di cui è causa e di utilizzare l’area, dove si trova la cava, per finalità turistiche e di esposizione dei prodotti del territorio con la manifestazione “Porta della Lucania”, cioè con finalità incompatibili con l’intenzione della ricorrente di ampliare la coltivazione mineraria della cava, rilevando pure la circostanza che alla scadenza del contratto di affitto della cava il Comune avrebbe dovuto indire un procedimento di evidenza pubblica per la scelta del concessionario;
specificando anche che tali interessi pubblici sono prevalenti rispetto all’interesse economico della ricorrente, di voler sfruttare ancora di più le utilità, derivanti dalla coltivazione mineraria della cava;
3) non erano inconferenti i riferimenti alla controversia giudiziaria tra la ricorrente ed il Comune dinanzi al Tribunale di Potenza, i quali erano anche stati richiamati dai precedenti pre-pareri di massima favorevole ex nota del Responsabile del settore Tributi e Patrimonio del 30.3.2017 e Del. G.M. n. 34 del 21.4.2017, revocati dagli atti impugnati, in quanto il contratto, di affitto della cava, del 9.3.2009, avente la durata di 4 anni “a decorrere dall’1.1.2009”, cioè con la scadenza del 31.12.2012, all’art. 7 prevedeva che la ricorrente doveva versare al Comune di -OMISSIS- “il corrispettivo minimo da pagare annualmente al Comune viene fissato in 150.000,00 €”, da pagare in tre rate uguali di 50.000,00 €, di cui la terza “entro la fine dell’undicesimo mese”, “di importo pari o superiore a 50.000,00 € in funzione dei quantitativi estratti”, con la puntualizzazione che “laddove -per cause di forza maggiore non imputabili al concessionario (quali, a mero titolo esemplificativo, malattie invalidanti che colpiscano il legale rappresentante della ditta, terremoti, inondazioni, crolli di strutture ed arterie viarie, particolari condizioni di congiuntura economica ascrivibili a concause che possano implicare un’imprevedibile contrazione della commercializzazione dei materiali estratti)- fossero inferiori a 150.000 mc., sarà possibile addivenire ad una rideterminazione della terza rata in proporzione ai quantitativi estratti oltre i 100.000 mc., mantenendo invariato il prezzo di 1,00 € al mc.”;
poiché la ricorrente negli anni 2009, 2010 e 2011 aveva estratto un quantitativo di materiale inerte inferiore a 100.000 mc. e non aveva pagato al Comune la terza rata, tale inadempimento aveva determinato la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 11 dello stesso contratto del 9.3.2009 e la lite giudiziaria dinanzi al Giudice Ordinario, in quanto secondo il Comune la ricorrente avrebbe dovuto pagare anche la terza rata, mentre secondo la ricorrente la crisi economica del settore rientrerebbe nell’ambito delle cause di forza maggiore non imputabili al concessionario;
4) è stata disattesa la censura, relativa alla violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990, per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento di revoca, in quanto il Comune, costituendosi in giudizio, aveva dimostrato ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo, della stessa L. n. 241/1990 che l’impugnata Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018 non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato;
5) con Sentenza n. 618 dell’8.9.2014, passata in giudicato, questo Tribunale, anche se aveva dichiarato l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto nell’impugnato procedimento di evidenza pubblica per la scelta del nuovo concessionario della cava comunale non erano state presentate offerte, poiché il Comune aveva intenzione di indire una nuova gara, aveva statuito: A) la legittimità della risoluzione del contratto di affitto della cava in questione, stipulato tra il Comune e la ricorrente il 9.3.2009, ritenuta implicitamente contenuta nella Del. G.M. n. 133 del 19.12.2012 di indizione del procedimento di evidenza pubblica per la selezione del nuovo concessionario, in quanto la ricorrente non aveva pagato il canone minimo prestabilito, precisamente la terza rata, che non poteva essere pagata soltanto se ricorrevano cause di forza maggiore, nella specie insussistenti;
B) la legittimità dell’impugnata gara, per la scelta del nuovo concessionario, in quanto dagli artt. 12, comma 6, e 12 bis L.R. n. 12/1979 e 3, comma 1, R.D. n. 2240/1923 si evinceva l’obbligo di selezione il concessionario di una cava di proprietà comunale mediante procedimento di evidenza pubblica, anche perché era stata ritenuta nulla, ai sensi dell’art. 57, comma 7, D.Lg.vo n. 163/2006, la clausola di rinnovo tacito del contratto, che prevedeva la proroga del contratto fino alla scadenza dell’autorizzazione regionale “su semplice richiesta” della ricorrente;
6) diversamente dal periodo antecedente al rilascio della Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008, il contratto di affitto si era risolto prima dell’istanza della ricorrente dell’8.4.2019, di autorizzazione regionale al prelievo ed alla lavorazione del materiale già abbattuto e depositato nella zona di stoccaggio della cava in questione, anche perché il Comune di -OMISSIS- con atto dell’8.2.2019 aveva diffidato la ricorrente a rilasciare entro 15 giorni la cava;
7) l’impugnata nota regionale prot. n. 63552 dell’11.4.2019 risulta sufficientemente motivata con il riferimento alla scadenza dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008 del 23.4.2019, in quanto tutte le attività autorizzate non possono essere esercitate dopo la scadenza dell’efficacia dei relativi provvedimenti di autorizzazione;
8) l’art. 23, comma 1, di tale Legge prevede “le funzioni amministrative di vigilanza sull’applicazione delle norme di polizia delle cave e torbiere ai sensi del DPR n. 128/1959”, rubricato “Norme di polizia delle miniere e delle cave”, il cui art. 1, comma 1, lett. d), contempla anche i “lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali”;
9) l’art. 1 bis L.R. n. 12/1979 non poteva essere applicato alla cava in discorso, in quanto tale norma disciplina le cave abbandonate, incluse in un apposito elenco regionale non ancora redatto, che dopo il loro recupero ambientale possono ritornare alla loro originaria destinazione urbanistica;
comunque, dal comma 4, secondo periodo, di tale norma, nel parte in cui, nel prevedere che “i manufatti e gli impianti ed ogni altra opera collegata all’attività della cava devono essere asportati dopo la cessazione dell’attività autorizzata”, fa espressamente “salva la facoltà di una diversa utilizzazione ove consentita dagli strumenti urbanistici vigenti”, si desume che disciplina la diversa fattispecie della sorte degli impianti di coltivazione della cava dopo la cessazione dell’efficacia della relativa autorizzazione regionale, cioè stabilisce che dopo la scadenza dell’autorizzazione regionale tali impianti di regola devono essere disinstallati e che possono continuare ad essere utilizzati per l’esercizio di altre attività economiche diverse da quella di coltivazione della cava, se conformi agli strumenti urbanistici;
pertanto, deve ritenersi che l’art. 1 bis L.R. n. 12/1979 non consente, dopo la scadenza dell’autorizzazione regionale ex Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008 del 23.4.2019, di svolgere l’attività di lavorazione del materiale già abbattuto e depositato nella zona di stoccaggio della cava di cui è causa, la cui autorizzazione è stata chiesta alla Regione con la suindicata istanza dell’8.4.2019.

La V^ Sezione del Consiglio di Stato prima con Ordinanza n. 5413 25.10.2019, “ritenuta la sussistenza del danno per l’appellante, come del resto sostenuto anche oralmente dal patrono di parte, dell’impossibilità di asportare la materia già estratta ed accumulata al di fuori della cava”, ha sospeso, “in relazione a tale punto”, l’efficacia della Sentenza TAR Basilicata n. 614 del 15.7.2019 (appellata dalla ricorrente con Ric. n. 7802/2019), ma poi con Sentenza n. 1704 dell’1.3.2021 ha respinto l’appello e confermato la Sentenza TAR Basilicata n. 614 del 15.7.2019, anche con riferimento alla risoluzione del contratto tra la ricorrente ed il Comune di -OMISSIS-, statuita con la Sentenza TAR Basilicata n. 618 dell’8.9.2014, richiamando pure l’art. 2 bis L.R. n. 12/1979, ai sensi del quale il titolo del possesso legittimo di una cava deve avere la stessa durata dell’autorizzazione regionale, condannando la ricorrente al pagamento delle spese di appello, liquidate in complessivi € 8.000,00 cioè € 4.000,00 in favore del Comune di -OMISSIS- e € 4.000,00 in favore della Regione Basilicata.

In seguito, la -OMISSIS- con Ricorso n. 505/2019 ha impugnato la nota del 6.8.2019, con la quale la Regione Basilicata, dopo la Sentenza TAR Basilicata n. 614 del 15.7.2019, ha archiviato il procedimento, attivato dalla ricorrente con l’istanza del 14.12.2018, volta ad ottenere la proroga dell’autorizzazione regionale per la coltivazione della cava, di proprietà del Comune di -OMISSIS-, sita nella -OMISSIS-, e con atto di motivi aggiunti al predetto Ric. n. 505/2019 ha impugnato la Del. G.M. n. 133 del 29.11.2019, pubblicata dal 29.112019 al 13.12.2019, con la quale è stato ridotto l’impatto ambientale della cava, mediante l’affidamento in concessione dell’area a fini turistici, per la realizzazione della “Porta della Lucania”, quale vetrina espositiva dei prodotti del territorio, previa sua rinaturalizzazione mediante specifico progetto: tale ricorso è stato dichiarato improcedibile con Sentenza TAR Basilicata n. 570 del 25.7.2022, come richiesto dalla ricorrente -OMISSIS-.

Successivamente, con Del. n. 41 del 24.5.2021 (affissa all’Albo Pretorio dal 1° al 15.6.2021) la Giunta del Comune di -OMISSIS-, dopo aver evidenziato che, in attuazione del provvedimento del Tribunale Penale di Potenza del 17.3.2021, in data 31.3.2021 si era proceduto al dissequestro della Cava ed alla sua restituzione al Comune, ha dato incarico al Responsabile dell’Area Tecnica “di predisporre tutto quanto necessario per dar seguito alla vendita del materiale estrattivo”, depositato presso la dismessa Cava, di proprietà del Comune di -OMISSIS-, sita nella -OMISSIS-, “tramite procedura ad evidenza pubblica”, sia perché il TAR Basilicata con la citata Sentenza n. 618 dell’8.9.2014, passata in giudicato, aveva statuito la legittimità della risoluzione del suddetto contratto del 9.3.2009, sia perché l’impugnazione della suddetta Del. G.M. n. 149 del 14.11.2018, con la quale il Comune di -OMISSIS- aveva stabilito di ridurre l’impatto ambientale della cava di cui è causa e di utilizzare l’area, dove si trova la cava, per finalità turistiche e di esposizione dei prodotti del territorio con la manifestazione “Porta della Lucania”, e della suindicata nota del Dirigente dell’Ufficio Geologico della Regione Basilicata prot. n. 63552 dell’11.4.2019, con la quale era stato comunicato, “ai sensi della L.R. n. 12/1979”, alla -OMISSIS- la cessazione della coltivazione mineraria della cava “alla scadenza dell’autorizzazione regionale rilasciata con Del. G.R. n. 1105 dell’1.7.2008, fissata al 23.4.2019”, erano state respinti da questo Tribunale con la citata Sentenza n. 614 del 15.7.2019, confermata dalla V^ Sezione del Consiglio di Stato con Sentenza n. 1704 dell’1.3.2021, per cui risultava “indispensabile ed improrogabile, al fine di provvedere alla rinaturalizzazione dell’area, per renderla compatibile con la realizzazione del dell’intervento denominato “Porta della Lucania”, sgomberare l’area stessa dal materiale ivi depositato di proprietà dell’Ente, in quanto materiale estratto dalla particella n. 1 del foglio n. 11, giusta Sentenza del consiglio di Stato n. 1704/2021 (cfr. pag. 18/26)”.

Con bando, pubblicato il 3.5.2022, il Comune di -OMISSIS- ha indetto un procedimento di evidenza pubblica per la vendita a corpo del materiale estrattivo, “pari ad almeno 150.000 mc. e comunque da verificare, a garanzia delle parti, in seguito a pesatura”, di proprietà del Comune di -OMISSIS-, depositato presso la Cava, sita nella -OMISSIS-, prevedendo l’importo “di riferimento” di € 500.000,00, con la puntualizzazione che non sarebbero state prese in considerazione proposte di acquisto con prezzo offerto inferiore al 90% del prezzo di riferimento” (cioè l’offerta minima di € 450.000,00) ed il termine perentorio di presentazione delle offerte del 13.5.2022.

La -OMISSIS- con il presente ricorso introduttivo, notificato il 3.6.2022 e depositato il 20.6.2022, ha impugnato il predetto bando del 3.5.2022, deducendo:

1) l’eccesso di potere per difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità e sviamento, in quanto il materiale, estratto dalla Cava in questione e messo in vendita con l’impugnato procedimento di evidenza pubblica, non è di proprietà del Comune di -OMISSIS-, ma della ricorrente, in quanto ai sensi dell’art. 1615 C.C. prevede che all’affittuario di una cosa mobile o immobile produttiva “spettano i frutti e le altre utilità della cosa”, richiamando la Sentenza della IV^ Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 2147 del 13.1.2021, di annullamento dell’Ordinanza del Tribunale della Libertà di Potenza del 4.6.2020, che aveva disposto il divieto della ricorrente di accedere all’area della Cava in discorso;

2) l’illegittimità del bando impugnato, “per avere un oggetto indeterminato”, in quanto l’art. 1 del bando prevede la vendita del materiale estrattivo “in quantità pari ad almeno 150.000 mc. e comunque da verificare, a garanzia delle parti, in seguito a pesatura da effettuarsi a cura e spese degli aggiudicatari”;

3) l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto, poiché una parte del materiale estrattivo è stato depositato nella confinante proprietà della società ricorrente, il Comune avrebbe dovuto separare tale materiale da quello messo a gara, mentre l’importo a base di gara di € 500.000,00 si riferisce anche alla predetta parte di materiale inerte, sita nella proprietà della ricorrente;

4) la violazione dell’art. 66, comma 3, R.D. n. 827/1924, in quanto, poiché il bando impugnato ha previsto il prezzo a base di gara di € 500.000,00, ai sensi di tale norma doveva essere pubblicato, oltre che nell’Albo Pretorio del Comune on line, anche nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana;

5) l’illegittimità per eccesso di potere per difetto di istruttoria del secondo capoverso dell’art. 6 del bando impugnato, il quale prevede che l’aggiudicatario “sarà tenuto inoltre alla sistemazione dell’accesso alla cava dalla strada comunale in modo da rendere agevoli tutte le manovre necessarie al trasferimento del materiale”, in quanto tale strada di accesso era stata abusivamente realizzata dal Comune di -OMISSIS- ed era stata sottoposta a sequestro penale in data 1.3.2022 prima della pubblicazione, in data 3.5.2022, del bando impugnato;

6) l’eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento, in quanto nelle due precedenti gare, andate deserte, era stato previsto l’importo a base di gara rispettivamente di € 800.000,00 e di € 600.000,0, mentre con il bando impugnato era stata determinata l’offerta minima di € 450.000,00;

7) illogicità dell’art. 4 del bando impugnato, in quanto aveva qualificato il procedimento in questione come “aggiudicazione con affidamento diretto mediante procedura negoziata previa consultazione”, prestabilendo “il criterio di aggiudicazione del prezzo offerto più alto e delle condizioni offerte più convenienti per l’Amministrazione”;
nonché la violazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, in quanto il bando impugnato non aveva previsto alcuna modalità per garantire la segretezza delle offerte.

Con atto di motivi aggiunti, notificato il 26.7.2022 al Comune di -OMISSIS- ed alla -OMISSIS- e depositato il 7.9.2022, la ricorrente ha impugnato la Determinazione n. 311 dell’11.6.2022 (pubblicata nell’Albo Pretorio on line dall’11.6.202 al 26.6.2022), con la quale il Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di -OMISSIS- ha aggiudicato all’impresa -OMISSIS- il procedimento di evidenza pubblica in discorso, deducendo, oltre alle censure, già articolate con il ricorso introduttivo, anche la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. m), D.Lg.vo n. 50/2016, attesochè l’aggiudicataria -OMISSIS- avrebbe dovuto essere esclusa dal procedimento, in quanto le offerte della -OMISSIS- e della -OMISSIS- erano riconducibili ad un unico centro decisionale, sia perché i relativi amministratori unici sono fratello e sorella, sia perché hanno la stessa la sede legale.

Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, il quale, oltre a eccepire il difetto di interesse della ricorrente, ha anche sostenuto l’infondatezza del ricorso.

All’Udienza Pubblica del 25.1.2023 il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti sono passati in decisione.

Tenuto conto dell’infondatezza nel merito del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti, si prescinde dall’inammissibilità del ricorso, per l’omessa impugnazione dell’art. 3 dell’impugnato bando del 3.5.2022, nella parte in cui prevede, tra i requisiti di ammissione al procedimento in esame, di “non essere insolvente con il Comune di -OMISSIS- per somme di denaro dovute per tributi, canoni, affitti, indennità, corrispettivi od altro a qualsiasi titolo alla data di scadenza del presente avviso”, come la ricorrente che attualmente risulta ancora debitrice nei confronti del Comune di -OMISSIS- per l’ingente somma di € 1.749.709,14 (come affermato dal Comune a pag. 12 della memoria di costituzione), e che “non possono partecipare alla procedura né indirettamente, né per interposta persona, gli operatori economici che a qualsiasi titolo abbiano in corso contenziosi con il Comune di -OMISSIS- alla data di scadenza del presente avviso”, come la ricorrente che ha instaurato contro il Comune di -OMISSIS- numerose controversie giudiziarie, tuttora pendenti.

Infatti, va rilevato che:

-come statuito sia da questo Tribunale con la suddetta Sentenza n. 618 dell’8.9.2014 e confermato anche dal Tribunale di Potenza con Ordinanza del 12.5.2022, di reiezione dell’istanza della ricorrente del 24.2.2002, volta ad ottenere il sequestro giudiziario ex art. 670 c.p.c. del materiale inerte oggetto della controversia in esame, il contratto di affitto della cava, stipulato tra il Comune di -OMISSIS- e la ricorrente il 9.3.2009, si è risolto in data 10.3.2013, per il mancato pagamento del canone minimo prestabilito, precisamente la terza rata, che non poteva essere pagata soltanto se ricorrevano cause di forza maggiore, nella specie insussistenti;
pertanto, deve ritenersi che dal venir meno del predetto titolo costitutivo, legittimante la detenzione del materiale inerte della cava da parte della ricorrente, è conseguita la riespansione ex art. 820 c.c. della proprietà dei frutti naturali della cava in capo al Comune proprietario;

-prescindendo dalla circostanza che l’art. 2 del bando impugnato, rubricato “Luogo di deposito”, si riferisce al materiale estrattivo, sito nella Cava, di proprietà comunale, foglio n. 1, particella n. 11, il Comune di -OMISSIS- ha dimostrato che il materiale inerte, depositato sul terreno di proprietà della ricorrente, confinante con la Cava comunale, era stato estratto dalla Cava di cui è causa dalla stessa ricorrente dopo l’Ordinanza C.d.S. Sez. V n. 5413 25.10.2019, di sospensione dell’efficacia della Sentenza TAR Basilicata n. 614 del 15.7.2019, ma, poiché il relativo processo di appello si è concluso con la Sentenza C.d.S. n. 1704 dell’1.3.2021, con la quale è stata confermata la Sentenza di primo grado n. 614/2019, anche tale materiale è ritornato retroattivamente nella proprietà del Comune di -OMISSIS-, in quanto, poiché l’Ordinanza cautelare di accoglimento è un provvedimento giurisdizionale di natura provvisoria, la Sentenza sfavorevole, conclusiva del giudizio, ha un effetto retroattivo, rendendo inefficaci ex tunc tutte le attività, eseguite dopo il provvedimento cautelare favorevole;

-la IV^ Sezione Penale della Corte di Cassazione aveva emanato la Sentenza n. 2147 del 13.1.2021, di annullamento dell’Ordinanza del Tribunale della Libertà di Potenza del 4.6.2020, che aveva disposto il divieto della ricorrente di accedere all’area della Cava, nell’ambito del processo penale, attivato dal Comune di -OMISSIS-, perché la ricorrente aveva continuato a svolgere l’attività estrattiva dopo il 23.4.2019 e si era impossessata del materiale inerte di proprietà del Comune, in quanto la V^ Sezione del Consiglio di Stato con Ordinanza n. 5413 25.10.2019 aveva sospeso l’efficacia della Sentenza TAR Basilicata n. 614 del 15.7.2019, ma poi con Sentenza n. 1704 dell’1.3.2021 ha confermato la Sentenza di primo grado n. 614/2019, e pertanto il Tribunale Penale di Potenza con provvedimento del 17.3.2021 (l’impugnazione della ricorrente del 26.3.2021 di tale provvedimento è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Riesame con provvedimento dell’1.4.2021) ha disposto il dissequestro della Cava e la sua restituzione al Comune di -OMISSIS-, in quanto il Consiglio di Stato aveva “definitivamente accertato l’inesistenza di qualunque titolo da parte” della ricorrente “a proseguire lo sfruttamento della concessione di estrazione mineraria a cagione dell’avvenuta scadenza della relativa autorizzazione”, ed, in attuazione di tale provvedimento, in data 31.3.2021, la Cava di cui è causa è stata restituita al Sindaco del Comune di -OMISSIS- “nella qualità di proprietario”;

-anche se la ricorrente con ricorso ex art. 703 c.p.c. del 16.4.2021 ha chiesto al Tribunale Civile di Potenza la reintegra nel possesso della Cava in questione, foglio n. 11, particella n. 1, non vi è stato alcun spoglio violento o clandestino, in quanto la Cava di cui è causa è stata restituita al Comune di data 31.3.2021, in attuazione del suddetto provvedimento di dissequestro del Tribunale Penale di Potenza del 17.3.2021 (al riguardo, va rilevato che l’art. 133, lett. b), cod. proc. amm. attribuisce alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”);

-poiché l’istanza della ricorrente dell’8.4.2019, con la quale aveva chiesto alla Regione Basilicata l’autorizzazione al prelievo ed alla lavorazione del materiale già abbattuto e depositato nella zona di stoccaggio della suddetta cava, era stata disattesa dal Dirigente dell’Ufficio Geologico della Regione Basilicata con nota prot. n. 63552 dell’11.4.2019, la cui impugnazione con Ric. n. 182/2019 è stata respinta da questo Tribunale con la citata Sentenza n. 614 del 15.7.2019, confermata dalla V^ Sezione del Consiglio di Stato con Sentenza n. 1704 dell’1.3.2021, in quanto l’autorizzazione regionale era scaduta il 23.4.2019 ed il Comune di -OMISSIS-, proprietario della Cava, si era opposto al rinnovo dell’autorizzazione regionale, deve ritenersi che tutto il materiale, presente nella Cava alla data del 23.4.2019, non potendo più essere prelevato e lavorato dalla ricorrente, è diventato di proprietà del Comune di -OMISSIS-;

-poiché le precedenti gare erano andate deserte, il Comune ha legittimamente ridotto l’importo a base di gara;

-poiché la ricorrente si oppone alla gara e non ha intenzione di presentare un’offerta per l’acquisto del materiale estrattivo depositato presso la Cava in questione, non ha interesse a contestare: 1) l’art. 1 del bando, nella parte in cui prevede la vendita del materiale estrattivo “in quantità pari ad almeno 150.000 mc. e comunque da verificare, a garanzia delle parti, in seguito a pesatura da effettuarsi a cura e spese degli aggiudicatari”;
2) l’omessa pubblicazione del bando impugnato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, prescindendo dall’art. 32, comma 1, primo periodo, L. n. 69/2009, ai sensi del quale “a far data dal 1° gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi, aventi effetto di pubblicità legale, si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle Amministrazioni e degli Enti Pubblici obbligati” (sul punto cfr. pure la Sentenza di questo Tribunale n. 155 del 14.2.2017, confermata dalla V^ Sezione del Consiglio di Stato con Sentenza n. 7282 del 27.12.2018, relativa ad un procedimento di vendita di un bene, appartenente al patrimonio disponibile di un Comune);
3) il secondo capoverso dell’art. 6 del bando impugnato, ai seni del quale l’aggiudicatario “sarà tenuto inoltre alla sistemazione dell’accesso alla cava dalla strada comunale in modo da rendere agevoli tutte le manovre necessarie al trasferimento del materiale”, prescindendo dalla circostanza che la ricorrente non ha provato il sequestro penale della predetta strada prima della pubblicazione del bando impugnato;
4) l’art. 4 del bando impugnato, nella parte in cui ha qualificato il procedimento in questione come “aggiudicazione con affidamento diretto mediante procedura negoziata previa consultazione”, prestabilendo “il criterio di aggiudicazione del prezzo offerto più alto e delle condizioni offerte più convenienti per l’Amministrazione”;
5) la mancata previsione di alcuna modalità per garantire la segretezza delle offerte;
6) l’omessa esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. m), D.Lg.vo n. 50/2016 degli offerenti -OMISSIS- (aggiudicataria) e -OMISSIS- per la riconducibilità delle loro offerte ad un unico centro decisionale, desumibile dalle circostanze della medesima sede legale e che i relativi amministratori unici sono fratello e sorella, prescindendo dalla circostanza che nell’ambito dell’altro giudizio, di impugnazione con Ric. n. 372/2022 dello stesso provvedimento di aggiudicazione da parte di un altro offerente, con l’Ordinanza n. 126 dell’8.9.2022 tale censura è stata ritenuta prima facie infondata.

A quanto sopra consegue la reiezione del ricorso introduttivo e dell’atto di motivi aggiunti.

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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