TAR Brescia, sez. II, sentenza 2018-10-01, n. 201800927

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2018-10-01, n. 201800927
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201800927
Data del deposito : 1 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/10/2018

N. 00927/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00872/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di SC (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 872 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da
A2a Reti Elettriche S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Chiara Ghidotti, Fabio Todarello e Claudia Sarrocco, con domicilio eletto in SC ex art. 25 c.p.a.;



contro

Comune di Gavardo, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Bezzi e Paolo Sabbioni, con domicilio eletto in SC ex art. 25 c.p.a;



per l'annullamento

per quanto attiene al ricorso introduttivo:

- del regolamento comunale per l'applicazione del canone patrimoniale concessorio non ricognitorio, pubblicato all'albo comunale online dal 5 al 20 giugno 2013;

- della nota del 21 agosto 2013, ricevuta il 23 agosto 2013, recante comunicazione dell’avvenuta approvazione del suddetto regolamento;

- per quanto occorrer possa, della deliberazione del Consiglio comunale n. 25 del 29 aprile 2013 e della nota prot. n. 0012614, pervenuta il 6 settembre 2013, recante la richiesta di liquidazione del canone concessorio determinato ai sensi del suddetto regolamento;

- di ogni altro atto connesso, preordinato e consequenziale;

per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti:

- della richiesta di pagamento prot. n. 16172, pervenuta in data 3 novembre 2014.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gavardo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La società ricorrente è concessionaria dell’attività di distribuzione di energia elettrica nel Comune di Gavardo, ai sensi della concessione originariamente rilasciata ad ASM SC e poi volturata a A2A Reti elettriche Spa e lamenta l’illegittimità degli atti con cui il Comune stesso ha dapprima approvato il regolamento comunale relativo all’imposizione del canone non ricognitorio relativo all’occupazione delle strade comunali senza escludere dall’ambito di applicazione i concessionari di tale servizio e poi richiesto (con una prima nota impugnata con il ricorso introduttivo e poi con la seconda nota oggetto del ricorso per motivi aggiunti) il pagamento del relativo ammontare.

Così delineato l’oggetto del contendere, deve essere, preliminarmente, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario in relazione all’avviso di riscossione del canone di cui alla nota prot. n. 0012614, pervenuta il 6 settembre 2013 e alla successiva nota del 2014, impugnata con il ricorso per motivi aggiunti.

Questo Tribunale, infatti, ha già avuto modo di rilevare (questa stessa sezione, sentenze n. 745/2017 e n. 747/2017) che non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui il regolamento comunale, come nel caso in esame, faccia discendere in modo vincolante la determinazione dell’onere finanziario al ricorrere di alcuni presupposti di fatto, senza che residui in capo agli uffici accertatori un qualunque margine di apprezzamento in ordine a tali presupposti e condizioni, con la conseguenza che essi operano mere operazioni di computo sulla base di criteri del tutto predeterminati (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. V, 28 giugno 2016, n. 2927; id., 12 maggio 2016, n. 1926).

Dunque, è da escludere dalla giurisdizione del giudice amministrativo la contestazione dell’avviso di pagamento - che integra un atto paritetico di mera quantificazione del debito vantato dall’Amministrazione sulla base di criteri predeterminati in modo vincolante -, dal momento che “L’avviso di pagamento non sottende l’esercizio di un potere autoritativo, speso dall’amministrazione in sede di adozione del regolamento, ma di un potere paritetico, sottratto alla cognizione del giudice amministrativo, in coerenza con il citato art. 133 lett. b) c.p.a., che esclude dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di beni pubblici le controversie relative ad indennità, canoni ed altri corrispettivi.” (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 5 novembre 2015, n. 2337).

Pertanto, deve procedersi alla declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e all’affermazione di quella del giudice ordinario, ferma restando la conservazione degli effettivi processuali e sostanziali della domanda ove il processo sia tempestivamente riassunto dinanzi al Giudice territorialmente competente, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell’art. 11, comma II° del D. Lgs. 2 luglio 2010 n. 104, che regola la fattispecie sulla scorta dell’orientamento espresso da Corte Cost. n. 77/2007 e Cass. Sez. Un. n. 4109/2007 e poi recepito dal previgente art. 59 della legge n. 69/2009.

Passando all’esame dell’impugnazione del Regolamento comunale, si rileva quanto segue.

La ricorrente, in estrema sintesi, ha formulato le seguenti censure:

1) violazione del d. lgs. 79/99 e dell’art. 27 del D.Lgs. n. 285/1992, nonché dell’art. 63 del d. lgs. 446/1997: il diritto al passaggio delle reti sarebbe sancito dalla concessione ministeriale che lo ricollega alla gestione fisica della rete che passa nel territorio di competenza di ciascun Comune, perciò non potrebbe trovare limitazioni nelle previsioni del Codice della strada e in provvedimenti impositivi del Comune, dal momento che l’utilizzo delle strade da parte del gestore sarebbe garantito dalla stessa concessione ministeriale e non potrebbe essere limitato o reso oneroso dal singolo Comune;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 63 del d. lgs. 446/1997: il canone richiesto sarebbe una duplicazione del canone per l’occupazione per spazi ed aree pubbliche COSAP già corrisposto dalla ricorrente;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 27 del codice della strada e violazione del principio di irretroattività e di legalità, per cui l’applicazione della norma non potrebbe riguardare rapporti concessori già in essere;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 8 del d. lgs. 285/1992, in quanto il canone non sarebbe stato commisurato al danno cagionato e il suo calcolo si fonderebbe su criteri generici

5) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 25, 27, 28 del d. lgs. 285/1992, in quanto il regolamento assoggetta al pagamento del canone anche l’attraversamento, oltre che delle strade e delle loro pertinenze, della aree contigue di proprietà privata e, quindi, nella sostanza, tutta la rete di distribuzione, senza, peraltro, distinguere tra linee sotterranee e aeree.

In ogni caso, l’art. 27, comma 8 del Codice della strada sarebbe costituzionalmente illegittimo, in quanto in contrasto con gli artt. 3, 41 e 117, commi 2, lett. e) e 3 della Costituzione, in quanto la legge non commisurerebbe la determinazione della somma dovuta a criteri oggettivi con individuazione di un limite e predeterminazione delle fattispecie.

Si è costituito in giudizio il Comune, eccependo, oltre al difetto di giurisdizione su cui il Collegio si è già pronunciato, l’infondatezza del ricorso.

Ciononostante, le censure di parte ricorrente sono fondate e meritano accoglimento nei termini di seguito indicati.

Le questioni oggetto del presente giudizio sono state affrontate (e risolte) più volte da questo Tribunale, il quale, anche di recente (questa stessa sezione, sentenze n. 96 e 97, nonchè 349/2018), nell’ambito di una ampia ricostruzione e disamina degli istituti qui in rilievo, ha delineato il quadro normativo di riferimento, oggetto di plurimi interventi succedutisi nel tempo in mancanza di espresse norme di coordinamento, prendendo le mosse dall’art. 27 del Codice della strada, che prevede la corresponsione del

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