TAR Venezia, sez. II, sentenza 2011-11-28, n. 201101776

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2011-11-28, n. 201101776
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201101776
Data del deposito : 28 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03377/1997 REG.RIC.

N. 01776/2011 REG.PROV.COLL.

N. 03377/1997 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3377 del 1997, proposto da C C, rappresentato e difeso dall'avvocato R G, con domicilio eletto presso il medesimo in Venezia Mestre, via della Torre, 16;

contro

il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento in data 19.8.1997 n. 2961 con il quale il Soprintendente per i Beni ambientali e architettonici di Verona ha negato l’autorizzazione alla realizzazione di un progetto di ricostruzione di edifici distrutti da eventi bellici.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2011 la dott.ssa Marina Perrelli e udito l’avvocato C. Cacciavillani, in sostituzione dell’avvocato Gambato, per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente presentava un progetto per la ricostruzione di edifici siti in Verona, vicolo Porton Rosso, distrutti durante gli eventi bellici, come consentito dall’art. 76 della L.R. n. 61/1985.

2. La Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici di Verona negava l’autorizzazione richiesta per la presenza di un vincolo sull’area ex lege n. 1089/1939, imposto con D.M. 24.11.1958, evidenziando che «le opere progettate per le loro caratteristiche alterano i valori paesaggistico – culturali del sito il cui assetto si è consolidato negli anni, e comportano altresì la modifica dello stato attuale delle cose, con ciò risultando in contrasto con il D.M. di vincolo».

3. Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento gravato:

1) per violazione del D.M. 24.11.1958 giacché il detto decreto impone l’immodificabilità degli edifici contrassegnati dai mappali 1) e 5) e del loro allineamento di gronda e subordina all’assenso della Soprintendenza le demolizioni e lo sfruttamento delle aree libere, ma non sembra considerare incompatibile la loro riedificazione con la tutela indiretta della Basilica di San Zeno;

2) per incompetenza avendo il Soprintendente ritenuto l’area sottoposta a un vincolo di inedificabilità assoluta, in tal modo sostituendo la propria valutazione a quella già operata dal Ministero;

3) per eccesso di potere per illogicità poiché i tempi e la velocità della ricostruzione degli edifici non possono incidere sulla loro compatibilità con il contesto storico – culturale;

4) per difetto e contraddittorietà della motivazione attesa l’equivocità del diniego impugnato, in considerazione della difficoltà di comprendere se lo stesso sia fondato sul tipo di progetto presentato ovvero sull’impossibilità di procedere alla ricostruzione degli edifici.

4. L’Amministrazione resistente non si è costituita in giudizio.

5. Con ordinanza n. 670 del 22.4.2011 il Collegio disponeva l’acquisizione di copia del D.M. 24.11.1958, al fine di prendere visione delle esatte caratteristiche del vincolo imposto sull’area in questione, nonché il deposito di una relazione da parte della Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici di Verona in ordine allo stato attuale dell’area oggetto di causa e alla sua ubicazione in relazione alla Basilica di San Zeno.

5.1. L’Amministrazione resistente non ha dato ottemperanza alla predetta ordinanza istruttoria nei termini assegnati.

6. Il ricorso è meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

7. Ad avviso del Collegio deve essere affrontata, in via preliminare, la questione del valore da attribuire in questa sede al contegno inottemperante dell’Amministrazione resistente che non ha risposto all'ordinanza istruttoria n. 670 del 22.4.2011.

7.1. L'art. 64, comma 4, c.p.a. stabilisce che «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo»;
tale norma ha recepito il costante orientamento della giurisprudenza in merito all'applicabilità al processo amministrativo dell'art. 116, comma 2, c.p.c., ai sensi del quale «il giudice può desumere argomenti di prova ... dal rifiuto ingiustificato» delle parti «a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo».

7.2. Secondo l’orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, «ancorché la Pubblica amministrazione, abbia la più ampia facoltà di costituirsi in giudizio e di scegliere la propria strategia difensiva, ha anche un preciso obbligo giuridico di adempiere agli incombenti istruttori disposti dal giudice amministrativo, in quanto l'ordine istruttorio viene diretto all'Amministrazione, non perché parte processuale, bensì in quanto Autorità pubblica, che deve collaborare con il giudice al fine di accertare la verità dei fatti» (cfr. in termini T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 15.12.2010, n. 27391). Ne discende, quindi, che l'inottemperanza dell'Amministrazione ai doveri di collaborazione istruttoria viene a concretare una condotta che rende applicabile l'art. 64, comma 4, c.p.a., per cui il giudice può desumere argomenti di prova dal contegno delle parti stesse nel processo, fino al punto di valutare, secondo il suo prudente apprezzamento, tale comportamento come ammissione dei fatti e delle circostanze dedotte dal ricorrente a sostegno del proprio diritto (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 15.12.2010, n. 27391;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 23.4.2010, n. 2100;
Consiglio Stato, sez. V, 14.5.1992 , n. 399;
Consiglio Stato, sez. V, 29.9.1997 , n. 1064). Il contegno omissivo della parte, anzi, «può costituire unica e sufficiente fonte di prova e di convincimento del giudice, e non soltanto elemento di valutazione delle prove già acquisite al processo » (cfr. in termini Consiglio Stato, sez. V, 13.6.2008 , n. 2967).

8. Tanto premesso, passando all’esame dei motivi di ricorso, nel caso di specie, oltre al descritto contegno omissivo dell'Ente statale, il Collegio ritiene fondate sia la censura di carenza di motivazione che quella di violazione del D.M. 24.11.1958, sotto i diversi profili evidenziati da parte ricorrente.

9. E, infatti, dalla lettura del provvedimento impugnato non è dato comprendere se l’Amministrazione resistente abbia ritenuto inammissibile la ricostruzione stessa degli edifici di parte ricorrente poiché, a causa del notevole lasso di tempo intercorso dalla loro distruzione, si è consolidato un differente assetto paesaggistico - culturale ovvero abbia valutato come non autorizzabile lo specifico progetto proposto dal Consolo in quanto comportante una modifica dello stato attuale in contrasto con il vincolo gravante sull’area de qua . Né d’altro canto, in assenza della produzione del decreto di vincolo e della relazione richiesta all’Amministrazione, il Collegio ha elementi a disposizione per chiarire quale sia stato l’ iter logico seguito dall’Amministrazione resistente per addivenire al diniego impugnato, il che evidenzia di per sé la fondatezza del dedotto vizio di difetto di motivazione.

10. Per tali ragioni il ricorso deve, quindi, essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

11. Appaiono nondimeno sussistere giustificati motivi, in considerazione delle ragioni poste a base dell’accoglimento del ricorso, per compensare tra le parti le spese di lite.

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