TAR Bologna, sez. II, sentenza 2022-07-25, n. 202200585
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Pubblicato il 25/07/2022
N. 00585/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00158/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 158 del 2018, proposto da
-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G B, A T Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Bologna, via A.Testoni, 6;
-OMISSIS- in liquidazione coatta amministrativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F C, M D, M G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Direzione Generale per la Vigilanza Sugli Enti, il Sistema Cooperativo del Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento del Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale per la Vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali n. -OMISSIS-del 9.11.2017 comunicato in pari data a mezzo PEC con il quale è stato comunicato il parere negativo in relazione alla richiesta di autorizzazione alla presentazione di proposta di assunzione del concordato fallimentare della società -OMISSIS- da parte della ricorrente;
- del parere negativo, allegato a detto atto, del Commissario Liquidatore della -OMISSIS- datato 3.5.2017;-
- di tutti gli atti prodromici, consequenziali e/o comunque connessi con particolare riferimento al bando d'asta e relativo regolamento di gara per la cessione dell'azienda -OMISSIS- pubblicato sulla Gazzetta di Modena per estratto in data 15.11.2017.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e di -OMISSIS- in liquidazione coatta amministrativa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 15 luglio 2022, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a., il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso inizialmente proposto innanzi al T.A.R. Lazio e successivamente riassunto innanzi a questo Tribunale in seguito a declaratoria di incompetenza territoriale, è impugnato il provvedimento in epigrafe emesso in data 9.11.2017 dal Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito anche “MISE”) – Direzione Generale per la Vigilanza sugli enti, recante parere contrario alla richiesta di autorizzazione alla presentazione da parte della società ricorrente di una proposta di concordato fallimentare della società -OMISSIS-. in liquidazione coatta amministrativa ex art. 214 del R.D. n. 267/1942 (“legge fallimentare”).
Giova premettere, per la migliore comprensione dei fatti di causa, che il parere contrario recepisce quello espresso in data 3.5.2017 dal commissario liquidatore ai sensi dell’art. 124, comma 1, del R.D. n. 267/1942 il quale, a sua volta, rappresentava che la proposta prevedeva la segmentazione degli attivi disponibili in n. 3 macro - classi: 1) l’azienda che verrebbe acquisita da -OMISSIS- quale assuntore;2) il patrimonio immobiliare, destinato al pagamento dei creditori titolari di privilegi mediante datio in solutum;3) la liquidità ed il recupero degli attivi monetizzabili, destinati alla distribuzione ai creditori residuali.
Nel predetto parere contrario il commissario liquidatore dava conto di specifici profili di inammissibilità (cfr. par. 6 della relazione) in quanto:
- la proposta non è stata deliberata dal consiglio di amministrazione di -OMISSIS- ai sensi dell’art. 152 della legge fallimentare, richiamato dall’art. 214, comma 1, secondo cui “… La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto: …b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori”;al riguardo, l’organo evidenziava che la proposta non menziona la deliberazione notarile di cui all’art. 152, comma 3, della legge fallimentare, a tenore del quale “In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui alla lettera b), del secondo comma (ndr, cioè la delibera del Consiglio di Amministrazione) deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell'articolo 2436 del codice civile”;
- pur essendosi avvalsa della facoltà di cui all’art. 214, comma 3 (“La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lett. d) designato dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione”), in violazione di tale previsione, è stata presentata una relazione giurata di un professionista designato dalla -OMISSIS-, anziché dall’Autorità competente.
In aggiunta a tali rilievi ostativi di inammissibilità, il commissario liquidatore dava conto anche di ulteriori profili di incongruità della proposta (cfr. par. 5).
Giova poi aggiungere che, con successivo provvedimento del 13.10.2017, il MISE autorizzava il commissario liquidatore a dare corso alla procedura competitiva per la cessione dell’azienda, previa pubblicazione dell’avviso di gara.
Avverso tale parere contrario ed il successivo avviso della gara indetta per la cessione dell’azienda, insorge la istante, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, articolando, in sintesi, le seguenti censure:
1) in riferimento al primo profilo di inammissibilità della proposta, la -OMISSIS- non avrebbe alcun consiglio di amministrazione, ma solo un amministratore unico, come emerge dalla visura camerale in atti, già allegata alla richiesta inviata al Ministero in data 30.1.2017, sicché non sarebbe predicabile alcuna violazione dell’art. 152, lett. ‘b’, della legge fallimentare, inoltre la delibera dell’organo amministrativo risulterebbe necessaria solo per il deposito formale della proposta e non nella fase antecedente della richiesta di autorizzazione inoltrata dalla istante;si assume poi l’illegittimità dell’operato del commissario liquidatore che, dopo due anni dalla adozione del decreto di liquidazione coatta amministrativa della -OMISSIS-(-OMISSIS-), non avrebbe provveduto al deposito dello stato passivo ex art. 205, comma 2, della legge fallimentare;
2) quanto all’ulteriore rilievo di inammissibilità sollevato dal commissario liquidatore (relazione giurata di stima non redatta da un professionista designato dal Tribunale), la ricorrente afferma che il professionista designato non è né dipendente né collaboratore della -OMISSIS-, quindi sarebbe garantita la posizione di terzietà e, in ogni caso, ribadisce che si versa in una fase antecedente alla proposta di concordato nella quale non troverebbe applicazione la disposizione di cui all’art. 214;
3) con riguardo all’avviso di gara indetta per la cessione dell’-OMISSIS-, la istante lamenta la mancanza di adeguate forme di pubblicità finalizzate ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati, nonché l’erronea ed illegittima determinazione del prezzo a base d’asta per omessa informazione circa gli oneri che gravano sugli immobili (ad esempio, per le manutenzioni ordinarie e straordinarie che, fino all’aggiudicazione, erano a carico di -OMISSIS-, affittuaria dell’azienda) e, ancora, per l’illegittima proroga del contratto di affitto di azienda ad -OMISSIS-, avente scadenza naturale al 22.11.2017, con conseguente proroga anche del diritto di prelazione spettante all’affittuaria (peraltro prevedendo, per il relativo esercizio, un termine superiore a quello previsto dall’art. 3, comma 4, della L. n. 223/1991, norma tuttavia abrogata dalla L. n. 92/2012), il commissario liquidatore avrebbe serbato un trattamento preferenziale ad -OMISSIS- e, in generale, la ricorrente segnala presunte irregolarità ed omissioni, con particolare riferimento al mancato esercizio di azioni revocatorie e di responsabilità nei confronti del consiglio di amministrazione di-OMISSIS-.
Si è costituita -OMISSIS-. in liquidazione coatta amministrativa che replica analiticamente alle censure, evidenzia che la scelta del MISE di percorrere, ritenendola maggiormente convieniente, la cessione dell’azienda all’esito di una procedura comparativa in luogo del concordato, attiene al merito e all’opportunità dell’azione amministrativa, non sindacabile dall’adito Plesso. La parte evidenzia che le censure articolate dalla ricorrente non riguardano la valutazione di incongruità della proposta di concordato avanzata dalla -OMISSIS- che, di per sé, sorreggerebbe adeguatamente il parere contrario oggetto di impugnazione.
Resiste in giudizio anche il Ministero dello Sviluppo Economico che replica alle censure e chiede il rigetto del ricorso.
Il T.A.R. ha respinto la domanda cautelare con ordinanza n. -OMISSIS- con la seguente motivazione: “… i motivi dedotti nel ricorso non appaiono provvisti di sufficiente fumus boni iuris in quanto - all’esito di una valutazione comparativa degli interessi coinvolti nella vicenda – ad avviso del Collegio deve prevalere quello legato alla tutela dell’interesse pubblico coinvolto (conseguimento della liquidità necessaria per il soddisfacimento possibile dei creditori interessati)”.
La predetta ordinanza è stata confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. -OMISSIS- (“considerato che … la valutazione operata dal giudice di primo grado in sede cautelare appare plausibile;- in ogni caso, la procedura di cessione ha già avuto luogo e nessun effetto o vantaggio potrebbe ricavare la ricorrente e appellante odierna dall’accoglimento della istanza di misure cautelari …”).
Dalle ultime memorie emerge che la procedura comparativa per la cessione dell’azienda si è conclusa con l’aggiudicazione in favore della società -OMISSIS- che, tuttavia, non è stata gravata con motivi aggiunti.
Parte ricorrente riferisce poi in ordine allo sviluppo di un procedimento penale nei confronti di alcuni esponenti aziendali, da cui trae argomenti per ribadire l’illegittimità dell’azione amministrativa in quanto, nella conduzione della procedura selettiva, non sarebbe stato perseguito l’interesse pubblico (conseguimento della liquidità necessaria per il soddisfacimento delle pretese dei creditori) che, viceversa, sarebbe stato garantito dalla proposta di concordato avanzata dalla deducente.
All’udienza del 15.7.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Costituisce oggetto di giudiziale contestazione il parere contrario espresso dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) in ordine alla richiesta di autorizzazione alla presentazione da parte della società ricorrente di una proposta di concordato fallimentare della società -OMISSIS-. in liquidazione coatta amministrativa ex art. 214 del R.D. n. 267/1942 (legge fallimentare).
Al riguardo, va premesso che la citata previsione subordina la presentazione della proposta di concordato, nella procedura di liquidazione coatta amministrativa, alla preventiva e necessaria autorizzazione dell’Autorità che vigila sulla liquidazione.
Come noto, tale disciplina trova la propria giustificazione nella sussistenza di ragioni di interesse pubblico cui consegue la sottoposizione dell’impresa, ritenuta dalla legge meritevole di particolare tutela in relazione alla rilevanza della sua attività sotto il profilo collettivo, ad una disciplina peculiare nella quale l’eliminazione della stessa dal mercato, ovvero un suo recupero, è gestita direttamente in sede amministrativa proprio per la rilevanza sociale od economica del tipo di impresa in questione (Cass. Civ., n. 20259/2006 e n. 28774/2005).
A tale proposito, la pronuncia della predetta Autorità si fonda sulla comparazione tra l’interesse pubblico, e quindi generale, al ritorno dell’impresa in liquidazione coatta amministrativa nel mercato e quello dei creditori alla soddisfazione più o meno integrale del loro diritto.
Tanto premesso, va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso in quanto la ricorrente non ha specificamente ed integralmente contestato le ragioni sostanziali richiamate nel parere contrario circa la incongruità della proposta di concordato (par. 5 del parere del commissario liquidatore), avendo incentrato le proprie difese sui profili di inammissibilità ritenuti ostativi dall’amministrazione (par. 6) e sull’avviso di gara per la cessione dell’azienda.
Infatti, al citato par. 5 l’organo ha formulato valutazioni negative in ordine a specifici e circostanziati aspetti della proposta di concordato (es. sulla datio in solutum degli immobili ai creditori ipotecari bancari, sulla sottrazione agli organi della procedura della competenza in ordine alla dismissione degli immobili facenti parte dell’attivo fallimentare) che non hanno costituito oggetto di specifiche contestazioni e, peraltro, non può invero dubitarsi che tali rilievi sostanziali abbiano concorso alla valutazione reiettiva recepita dal MISE (pag. 25 della relazione: “La Proposta di -OMISSIS- s.r.l. si caratterizza, oltre che per le criticità già sopra rappresentate al precedente Paragrafo 5, per alcuni specifici motivi di inammissibilità e comunque di improcedibilità….”;pag. 27: “Abbiamo quindi qui volutamente tralasciato, ai fini dell’espressione del presente parere, pur evidenziandoli al precedente Paragrafo 5, i tanti possibili motivi di opposizione da parte dei creditori, che bloccherebbero la cessione dell’azienda di-OMISSIS- tramite procedura competitiva per un enorme periodo di tempo, potendo l’opposizione trascinarsi fino al giudizio in Cassazione, quand’anche, all’esito, eventualmente ritenuta infondata”).
Da tali riferimenti emerge che la valutazione di incongruità della proposta di concordato avanzata dalla -OMISSIS- al par. 5 della relazione sorregge, di per sé, il parere contrario oggetto di impugnazione, sicché va richiamato l'insegnamento secondo il quale, qualora l'atto impugnato si basi su una pluralità di motivazioni autonome (c.d. atto pluri-motivato), il ricorso con il quale non si contestino tutte le motivazioni deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse, atteso che l'eventuale riconoscimento della fondatezza delle doglianze proposte non esclude l'esistenza e la validità della restante causa giustificatrice dell'atto (ex multis, T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 25 ottobre 2010 , n. 10015;T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 1 luglio 2008, n. 6346;T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 12 luglio 2007, n. 1393;T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 8 aprile 2011 n. 2009). In presenza di un provvedimento amministrativo sorretto da plurime motivazioni, ricade, infatti, su chi abbia interesse a rimuoverlo l'onere di contestarne integralmente e tempestivamente l'intero apparato giustificativo, pena altrimenti la definitiva inoppugnabilità dell'atto nelle parti non contestate, quando esse siano autonomamente in grado di supportarne validamente la dimensione motivazionale (T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 10 febbraio 2011 , n. 240;T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 3 dicembre 2010 , n. 10729;Cons. Stato, Sez. IV, 13 novembre 1998 , n. 1524;T.A.R. Liguria Sez. II, 11 aprile 2008 n. 543): il provvedimento impugnato, infatti, continuerebbe a produrre i suoi effetti perché mantenuto in vita dal motivo non contestato e da solo sufficiente a giustificare la determinazione in esso contenuta (T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 14 ottobre 2010, n. 32810;T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 23 dicembre 2021, n. 393).
Nel medesimo senso, si è osservato che, in presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l'atto in sede giurisdizionale. In pratica, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l'esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2366;Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1762;12 febbraio 2020, n. 1101)” (Cons. Stato, Sez. IV, 1 luglio 2021, n. 5018).
Ciò posto, rilevata l’inammissibilità del ricorso, esso si palesa anche infondato nel merito.
In ordine al primo motivo di diritto, l’art. 152 della legge fallimentare dispone che “La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell'atto costitutivo o dello statuto: …b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori”. Dalla piana lettura della precitata disposizione emerge chiaramente che la proposta di concordato, nel caso della società ricorrente (che ha forma giuridica di s.r.l.), doveva provenire dagli organi societari che esercitano le funzioni amministrative, tramite deliberazione soggetta a verbalizzazione notarile da iscrivere nel Registro delle Imprese, formalità che, nel caso specifico, non sono state rispettate, visto peraltro che la richiesta di autorizzazione è stata avanzata da un procuratore per conto della -OMISSIS-.
In senso contrario alla prospettazione di parte ricorrente (che ritiene di non essere assoggettata al precitato art. 152, non disponendo di un consiglio di amministrazione, essendo affidate le funzioni gestorie ad un amministratore unico), è sufficiente rilevare che la disposizione reca generico riferimento alla necessità che la proposta venga deliberata “dagli amministratori”, dizione che evidentemente ricomprende sia l’organo amministrativo collegiale sia quello monocratico.
Va parimenti rigettato il secondo profilo di illegittimità.
Ai sensi dell’art. 124 della legge fallimentare, qualora un piano di concordato preveda la soddisfazione non integrale dei creditori prelatizi - muniti di pegno, ipoteca o privilegio, generale o speciale - ovvero la possibilità di degradare al rango di chirografari i creditori titolari di privilegi o ipoteche incapienti, alla proposta di concordato deve essere allegata una relazione giurata di stima che contenga l’indicazione del valore di mercato dei beni e dei diritti gravati da cause di prelazione. In base a tale previsione, detta relazione deve essere predisposta da un professionista in possesso degli specifici requisiti di cui all’art. 67, comma 3, della legge fallimentare, designato dall’Autorità giudiziaria e, nella fattispecie, tale prescrizione non è stata rispettata dalla ricorrente.
Non persuade l’ermeneutica attorea che sottrae all’ambito di applicazione delle disposizioni citate (artt. 152 e 124 della legge fallimentare) le mere “richieste di autorizzazione” prodromiche alla presentazione della proposta di concordato.
Ed invero, non può dubitarsi che la richiesta di autorizzazione debba essere completa di tutti gli elementi formali e sostanziali richiesti per la proposta di concordato, ivi compresa la preventiva deliberazione del competente organo amministrativo e la relazione redatta da un professionista designato dalla competente Autorità.
La diversa interpretazione si esporrebbe al rischio che, in seguito all’eventuale rilascio dell’autorizzazione ministeriale e prima della formalizzazione della proposta, l’organo amministrativo non intenda ratificare la proposta strutturata dal procuratore della società (privo di concreti poteri di gestione societaria) ovvero che la stima redatta dal professionista designato dalla stessa società venga poi modificata o non condivisa da quello competente. In tali ipotesi, infatti, l’amministrazione si troverebbe a dover autorizzare delle proposte concordatarie che successivamente potrebbero essere modificate e, di conseguenza, soggette ad una ulteriore e nuova autorizzazione, con conseguente pregiudizio dei principi di economicità e ragionevolezza dell’azione amministrativa.
Quanto, infine, al terzo motivo di gravame proposto avverso il bando di gara indetto dal commissario liquidatore per la cessione dell’azienda di-OMISSIS- in liquidazione coatta amministrativa, si impone la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.
Ed invero, dall’esame degli atti di causa si desume che la procedura comparativa si è conclusa con l’aggiudicazione definitiva in favore -OMISSIS- per l’importo di € 14 milioni (cfr. verbale di asta pubblica senza incanto del 12.4.2018) al quale, in data 19.4.2018, ha fatto seguito la stipulazione del contratto di cessione di azienda.
Poiché tale aggiudicazione non risulta gravata con motivi aggiunti, non resta che fare applicazione del consolidato indirizzo pretorio in materia di appalti pubblici, condiviso dal Collegio, secondo cui l'impugnazione dell'atto di indizione della gara diventa improcedibile nel caso di omessa impugnazione dell'aggiudicazione definitiva, in virtù del carattere inoppugnabile assunto dal provvedimento conclusivo della procedura, attributivo dell'utilitas alla ditta aggiudicataria (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1769/2015;Sez. II, n. 3921/2008;Sez. VI, n. 2486/2006;T.A.R. Campania, Napoli, n. 2018/2012 e n. 1553/2012).
Si aggiunga che le argomentazioni sono anche infondate nel merito.
In materia di liquidazione dell’attivo, l’art. 210 della legge fallimentare attribuisce al commissario liquidatore i poteri necessari, salve le limitazioni stabilite dall’Autorità che vigila sulla liquidazione.
Si palesa pertanto inconferente il richiamo alle disposizioni menzionate dalla ricorrente (artt. 105, 107, 163 bis, 182 del R.D. n. 267/1942) che non riguardano specificamente la liquidazione coatta amministrativa (disciplinata dagli artt. 194 e seguenti);come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, si tratta di una procedura avente natura amministrativa ove l'Autorità incaricata dell'espletamento dispone di ampi poteri (l'art. 210 del R.D. n. 267/1942 attribuisce al "commissario tutti i poteri necessari per la liquidazione dell'attivo") che, in assenza di una puntuale previsione di legge, non conoscono altra limitazione se non quella che deriva dalla necessità di perseguire l'interesse pubblico sotteso alla peculiare procedura concorsuale (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2421/2011).
Si aggiunga che non hanno pregio i rilievi specificamente articolati dalla istante, considerato che: a) quanto alla presunta erronea ed illegittima determinazione del prezzo di base, è stata versata l’autorizzazione del MISE all’avvio della procedura competitiva sulla base della perizia tecnica di stima redatta da un tecnico ed asseverata, rispetto alla quale non sono state formulate specifiche contestazioni;b) il contratto di affitto di azienda stipulato tra-OMISSIS- ed -OMISSIS-, all’art. 8.1, non prevedeva esplicito divieto di proroga;c) in riferimento al termine per l’esercizio del diritto di prelazione ex art. 25.1.1. del contratto di affitto di azienda, l’art. 3 della L. 223/1991, asseritamente violata, risulta abrogata dall’art. 2, comma 70, della L. n. 92/2012 a decorrere dal 1.1.2016;d) in assenza di puntuali e circostanziate illegittimità, eventuali rilievi a carico dell’operato del commissario liquidatore (ivi compresa l’eventuale inerzia nell’esercizio delle azioni revocatorie e di responsabilità) non danno luogo a giudiziale caducazione della procedura selettiva.
In conclusione, richiamate le svolte considerazioni, il ricorso va dichiarato in parte inammissibile ed in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e, in ogni caso, infondato nel merito.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3225/2017;n. 3229/2017;Cassazione civile, Sez. V, n. 7663/2012). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La regolazione delle spese processuali segue la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.