TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-12-16, n. 202319077

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-12-16, n. 202319077
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202319077
Data del deposito : 16 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/12/2023

N. 19077/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00882/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 882 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F G D C L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Oriolo Romano 69;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del -OMISSIS-- del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale militare notificato in data -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 6 ottobre 2023 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe l’odierno esponente, -OMISSIS- dell’Arma dei Carabinieri, all’epoca dei fatti sospeso precauzionalmente dall’impiego per altra -OMISSIS-, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto con cui il Ministero della Difesa ha disposto a suo carico la sanzione della “-OMISSIS- per -OMISSIS- per -OMISSIS-”, ai sensi degli articoli 861, comma 1, lettera d), e 867, comma 5, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (in seguito, anche “codice dell’ordinamento militare”).

1.1 Rappresenta il ricorrente che la sanzione veniva irrogata a seguito del suo coinvolgimento in una -OMISSIS- per il reato in concorso di “-OMISSIS- degli -OMISSIS-”;
il procedimento penale veniva definito in primo grado dal Tribunale ordinario di -OMISSIS- con sentenza n. -OMISSIS-, che condannava l’odierno esponente alla pena di-OMISSIS-, dichiarando il militare altresì “incapace di contrattare con la Pubblica Amministrazione” per-OMISSIS-.

Successivamente, la Corte d'Appello Sezione Penale di-OMISSIS-, con sentenza n. -OMISSIS-, divenuta irrevocabile dal -OMISSIS- e acquisita dall’Amministrazione il 26 agosto 2015, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava di “non doversi procedere” nei confronti del sopracitato militare, per il reato a lui ascrittogli, perché estinto per intervenuta “prescrizione”.

Con Decreto n. 2097 dell’8 luglio 2014, il militare in argomento veniva collocato in congedo, nella categoria della riserva, con decorrenza dal 13 aprile 2014, ai sensi dell’art. 929 comma 1, lettera b) del codice dell’ordinamento militare.

Infine, la Corte Suprema di Cassazione - 6^ Sezione penale, con-OMISSIS-, acquisita dall’Amministrazione intimata il 1° aprile 2016, rigettava in quanto tardivo il ricorso proposto dall’odierno esponente, confermando nel merito la sentenza della Corte di Appello Sezione Penale di-OMISSIS-.

1.2. In merito alla suindicata -OMISSIS-, la Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, condividendo il giudizio espresso dalla Commissione di disciplina, disponeva nei confronti del Sottufficiale la "-OMISSIS- per -OMISSIS- per -OMISSIS-" con Decreto Dirigenziale del -OMISSIS-, avverso il quale il ricorrente deduce i seguenti motivi di illegittimità:

I. FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE – DECADENZA PER TARDIVITA’ – ILLEGITTIMITA’.

Contrariamente a quanto operato dall’odierna intimata, l’instaurazione del procedimento disciplinare sarebbe dovuta avvenire, ai sensi dell’art. 1393 c.o.m., come riformulato, senza ritardo dal momento della conoscenza da parte dell’Amministrazione dell’infrazione e a prescindere dall’esito di un eventuale procedimento penale. L’azione che ha portato al provvedimento impugnato dovrebbe pertanto intendersi decaduta per tardività.

II. CONTRADDITTORIETÀ – ILLOGICITÀ - VIOLAZIONE DI LEGGE - MANIFESTA CARENZA DI ISTRUTTORIA.

Come si evincerebbe dalla motivazione del provvedimento impugnato, lo stesso sarebbe stato adottato senza previa adeguata istruttoria, facendo riferimento all’istruttoria penale, nonostante sia stata poi dichiarata la prescrizione, e senza alcun autonomo accertamento in sede disciplinare.

III. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI RAGIONEVOLEZZA E DI PROPORZIONALITA’ – ECCESSO DI POTERE PER MANIFESTA INGIUSTIZIA – VIOLAZIONE DELL’ART. II-107 COSTITUZIONE EUROPEA – ECCESSO DI POTERE PER CARENTE ISTRUTTORIA E PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI.

Gli elementi su cui si basa l’addebito sostenuto nella relazione finale dell’Ufficiale inquirente del 28.6.2016 non sarebbero idonei ad identificare alcuna partecipazione del ricorrente ai fatti contestati.

Il provvedimento impugnato, che ha disposto la massima sanzione prevista, risulterebbe violativo dei principi di proporzionalità e di gradualità

IV. ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETA’ ED ILLOGICITA’ - MANIFESTA INGIUSTIZIA.

Il provvedimento risulterebbe altresì contraddittorio rispetto alle diverse determinazioni contenute nella stessa Relazione Finale, laddove si fa riferimento alla non corretta valutazione dei precedenti penali del ricorrente determinata dall’errata acquisizione del certificato del Casellario Giudiziale.

2. Nel presente giudizio si è costituito formalmente il Ministero della Difesa per resistere al ricorso e chiederne il rigetto, senza spiegare scritti difensivi.

In data 11.5.2023, in esecuzione di incombenti istruttori disposti con ordinanza presidenziale n. -OMISSIS-, l’Amministrazione intimata ha depositato agli atti copiosa documentazione oltre a una relazione sui fatti di causa.

3. All'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del 6 ottobre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni di seguito indicate.

4.1. Destituito di fondamento risulta il primo motivo di gravame, sulla tardività del procedimento disciplinare, essendo in vigore all’epoca dei fatti l’art. 1393 c.o.m., in materia di rapporti fra procedimento penale e procedimento disciplinare - nel testo anteriore alla modifica apportatavi dall’articolo 15 della Legge 7 agosto 2015, n. 124 (a partire dal 28 agosto 2015) – statuente la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine del procedimento penale o di prevenzione e, se già iniziato, la sospensione.

Nel caso che ne occupa, dunque, l’Amministrazione intimata non poteva in alcun modo procedere disciplinarmente nei confronti del ricorrente il quale, nella circostanza, aveva assunto lo status di “imputato”, fino al passaggio in giudicato della sentenza in esame avvenuto il 2 febbraio 2016.

4.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, ritiene il Collegio che, nella specie, non siano configurabili né il difetto di istruttoria né di motivazione dell’atto impugnato, lamentati dall’odierno deducente.

In merito al difetto di istruttoria, nessun rilievo può essere mosso all’Amministrazione tale da determinare un travisamento dei fatti e, in via consequenziale, l’illegittimità del provvedimento.

La giurisprudenza amministrativa è pressoché unanime nel ritenere che le sentenze penali di proscioglimento non impediscano all’Amministrazione Militare di sottoporre il dipendente a procedimento disciplinare, muovendosi sanzione penale e sanzione disciplinare su due diversi binari;
e pertanto ad essa è consentito assumere le risultanze fattuali emerse in sede penale, per poi condurre, sulla base di queste, un autonomo giudizio ai fini disciplinari. E’, infatti, noto l’orientamento del giudice amministrativo secondo il quale “ Qualora il procedimento penale si sia concluso con una sentenza di proscioglimento per prescrizione, i fatti oggetto dell’imputazione possono essere legittimamente assunti a presupposto di un’azione disciplinare (…). All’Amministrazione è consentito utilizzare, nell’ambito disciplinare, sia gli indizi di colpevolezza raccolti al fine di esercitare in giudizio l’azione penale, sia gli elementi emersi nel corso delle successive fasi del procedimento (…). Pertanto, non sussiste, né è ragionevolmente esigibile, un obbligo per l’Amministrazione di svolgere una particolare e diversa attività istruttoria al fine di acquisire ulteriori mezzi di prova (…).” (Cons. Stato, sez. IV, 2 novembre 2017, n. 5053).

Pertanto, contrariamente agli assunti attorei, l’Amministrazione non era tenuta a svolgere una particolare ulteriore attività istruttoria in sede disciplinare né tantomeno ad esaminare in modo approfondito tutti gli atti del relativo procedimento penale. In ogni caso, la sentenza della Corte d'Appello Sezione Penale di-OMISSIS-, n. -OMISSIS-, pronunciata nei confronti del ricorrente, non rientrava nella casistica di cui all’art. 129, comma 2, c.p.p. (“ se dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice è tenuto a pronunciare sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta ”), trattandosi di una sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato a seguito di prescrizione.

E, pertanto, assunte le risultanze fattuali emerse in sede penale, l’odierna intimata ha proceduto alla valutazione della condotta del ricorrente sotto il profilo disciplinare, nell’esercizio di un potere pieno ed autonomo ad essa attribuito.

Non meritevole di adesione è anche la censura con la quale si lamenta il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

Osserva il Collegio che l’atto gravato si presenta assistito da motivazione adeguata, recante l’indicazione tanto dei presupposti di fatto quanto dei presupposti di diritto che hanno determinato la decisione: i primi individuati nelle risultanze del relativo procedimento penale, i secondi individuati nella violazione delle disposizioni del c.o.m..

Si consideri peraltro che il comma 3 dell’art. 3 l. 241/90, che il ricorrente assume violato, ammette la cosiddetta “motivazione per relationem ”, nella parte in cui stabilisce che le ragioni della decisione possono risultare anche da un altro atto dell’amministrazione richiamato o indicato dalla decisione stessa (Cons. Stato, Sez. II, 3 dicembre 2019, n. 8276;
id., V, 4 agosto 2017, n. 3907;
id., IV, 22 marzo 2103, n. 1632 e 18 febbraio 2010, n. 944). Nel caso di specie, il provvedimento impugnato richiama puntualmente gli atti dell'inchiesta formale nonché il verbale della Commissione di disciplina.

Nel caso di specie, dagli atti del procedimento disciplinare, peraltro resi disponibili dall’Amministrazione, si desume chiaramente l’iter logico-giuridico seguito dall’autorità disciplinare ai fini dell’irrogazione della sanzione.

E pertanto il lamentato difetto di motivazione del provvedimento disciplinare gravato va escluso.

4.3. Neppure possono ritenersi violati i principi di ragionevolezza e di proporzionalità, di cui al terzo e al quarto mezzo di gravame, con riguardo all’accertamento della responsabilità del militare e alla scelta della sanzione disciplinare irrogata.

Osserva il Collegio che le responsabilità dell’inquisito e la fondatezza dei fatti a lui addebitati hanno formato oggetto di accertamento nel corso dell’attività istruttoria svolta in sede amministrativa, come documentato dalla difesa erariale.

Quanto alla valutazione di proporzionalità tra illecito ascritto e relativa sanzione disciplinare, essa è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, e non al giudice amministrativo, potendo quest’ultimo intervenire, sostituendo la propria valutazione a quella compiuta dall’autorità disciplinare, solo ed esclusivamente in caso di manifesta sproporzionalità, illogicità, irrazionalità. Come la giurisprudenza ha chiaramente affermato, “ il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che (…) non consente di controllare il merito dell’azione amministrativa (…);
il sindacato giurisdizionale non può spingersi ad un punto tale da sostituire l’apprezzamento dell’organo competente con quello del giudice, valutando l’opportunità del provvedimento adottato ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee (cfr. Corte giust. 18 gennaio 2001, causa C-361/98);
il giudice amministrativo, pertanto, non può sostituirsi agli organi dell’amministrazione nella valutazione dei fatti contestati o nel convincimento cui tali organi sono pervenuti;
ne discende che il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, ed il suo corollario in campo disciplinare rappresentato dal c.d. gradualismo sanzionatorio, non consentono al giudice amministrativo di sostituirsi alle valutazioni discrezionali compiute dall’autorità disciplinare, che possono essere sindacate esclusivamente ab externo, qualora trasmodino nell’abnormità;
altrimenti opinando, si introdurrebbe surrettiziamente una smisurata ed innominata ipotesi di giurisdizione di merito del giudice amministrativo in contrasto con le caratteristiche ontologiche di siffatta giurisdizione, che sono, all’opposto, la tipicità e l’eccezionalità in quanto deroga al principio di separazione dei poteri, cui si ispira la legislazione (in tal senso depone ora la lettura testuale e sistematica dell’art. 134 c.p.a.)
”(Cons. Stato, Sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7383).

Nel caso di specie, le valutazioni compiute dall’Amministrazione in ordine alla -OMISSIS- del grado non risultano “trasmodare nell’abnormità” .

Più specificamente, osserva il Collegio che “ La valutazione in ordine al rilievo e alla gravità dell’infrazione disciplinare è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, la quale si esprime

al riguardo con un giudizio dell’organo collegiale (la commissione di disciplina) che il giudice amministrativo in sede di legittimità non può sindacare nel merito, ma solo in quanto abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell’istruttoria.” (Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2018, n. 5700);
pertanto “ Le valutazioni effettuate dall’Amministrazione in sede di procedimento disciplinare attengono alla sfera dell’esercizio del potere discrezionale attribuito alla stessa e sfuggono al sindacato del giudice amministrativo in sede di legittimità, salvo che le stesse non si presentino affette da palese illogicità o irragionevolezza ” (Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2021, n. 3392).

Ne discende che non sono ravvisabili, nel caso di specie, profili di “macroscopica” illogicità che siano sintomatici di un cattivo uso del potere discrezionale attribuito all’Amministrazione. Essa, nel perimetro della propria potestà disciplinare, ha ritenuto che la condotta del ricorrente fosse contraria ai principi che devono improntare l’agire di un militare, senza con ciò sfociare in una palese illogicità o irragionevolezza.

5. In conclusione, in ragione di quanto esposto, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

6. Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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