TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2013-02-06, n. 201300724

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2013-02-06, n. 201300724
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201300724
Data del deposito : 6 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02726/2012 REG.RIC.

N. 00724/2013 REG.PROV.COLL.

N. 02726/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2726 del 2012, proposto da:
C C, rappresentata e difesa dall'avv. S C, presso cui elett.te dom. in Napoli, viale Gramsci 16;

contro

Ministero della Giustizia - Dap, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato , domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11;

nei confronti di

C G-n.c.

per l'annullamento

del decreto del 4.4.2012 del Ministero della Giustizia, di conferimento alla dr.ssa C G dell'incarico di direttore della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere;

di ogni altro atto preordinato, ivi compresa la proposta favorevole della nomina del 7.3.2012, il provvedimento del 22.3.2012 di conferimento della direzione alla controinteressata per la durata di 6 mesi, la nota di risposta all’accesso del 27.4.2012.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia - Dap;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2013 il Cons. A P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente, attualmente direttore della Casa circondariale di Carinola, espone di avere appreso della vacanza di Direttore della sede di Santa Maria Capua Vetere, di avere inviato al Soprintendente regionale una istanza in data 9.3.2012 con manifestazione di disponibilità a ricoprire tale sede, invocando il suo curriculum a fondamento di tale aspirazione;
di avere reiterato la domanda in data 29.3.2012 ,avendo appreso del trasferimento del titolare della sede predetta con effetti immediati.

Aggiunge la dott.ssa Campi che tali note sono rimaste prive di riscontro, e di avere tuttavia appreso che, in spregio ad ogni procedura concorsuale o comparativa, l’incarico era stato conferito alla controinteressata dapprima in via provvisoria per la durata di sei mesi a far data dal 3.4.2012 e , poco tempo dopo, confermato per la durata di tre anni con atto del 4.4.2012;
il tutto sorretto dalla motivazione della natura strettamente fiduciaria dell’incarico, conferito intuitu personae.

Insorge avverso i provvedimenti in epigrafe, lamentando:

difetto di motivazione, violazione art. 10 D. Lgs. 63/2006, art. 19 D. 29/1993, eccesso di potere sotto vari profili.

Identiche censure, manifesta iniquità, contrasto con l’interesse pubblico anche con riferimento ai titoli vantati, potori rispetto a quelli della controinteressata.

Violazione del principio di buon andamento e di affidamento del cittadino nell'azione della Pubblica Amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione .Eccesso di potere .

Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, sostenendo la inammissibilità della domanda e l’ infondatezza della stessa nel merito.

La domanda cautelare è stata accolta con ordinanza n. 1183/2012 che non risulta eseguita dall’amministrazione.

Alla pubblica udienza del 16 gennaio 2013 il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente ritenuta la giurisdizione di questo TAR, in quanto la ricorrente è dirigente penitenziario, e dunque – ai sensi dell’art. 2 della legge 27 luglio 2005, n. 154 (che ha aggiunto il comma 1 ter all’art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) - il suo rapporto di lavoro è di diritto pubblico e devoluto alla giurisdizione amministrativa;
inoltre la causa petendi del ricorso attiene soprattutto all'esercizio del potere di organizzazione dell'Amministrazione intimata, e dunque a materia rimessa alla giurisdizione del T.a.r. ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Va inoltre ritenuta l’ammissibilità della domanda, in quanto diretta avverso un atto a carattere definitivo e lesivo per la ricorrente, quale il conferimento dell’incarico alla controinteressata.

Nel merito il ricorso è fondato a va accolto.

Come già rilevato in sede cautelare, sussiste la violazione da parte dell’Amministrazione resistente dell’art. 10, comma 3 e 5, del D. Lgs. n 63/2006 a tenore del quale «il conferimento dei suddetti incarichi deve avvenire nel rispetto dei seguenti criteri :risultati conseguiti nei programmi e negli obiettivi precedentemente assegnati, attitudini e capacità professionali del funzionario, natura e caratteristica gli obiettivi da conseguire>>, laddove l’atto conclusivo e quelli preordinati non contengono menzione dei criteri valutativi presi in considerazione per l'assegnazione dell’incarico de quo.

Infatti va ritenuto applicabile anche in subiecta materia il principio generale enucleato dalla giurisprudenza , la quale ha chiarito come <<nel nuovo ordinamento dirigenziale non è consentito contribuire incarichi in base ad una scelta solo fiduciaria insindacabile, ma questi vengono conferiti con motivazione idonea a dare contezza della logicità della scelta effettuata in relazione a criteri obiettivi e predeterminati e nel rispetto degli oneri istruttori e procedimentali imposti dalla legge o da eventuali autolimitazioni dell'autorità amministrativa>>
-cfr. TAR Liguria, Genova, sez. II. 18.1.2003 n. 76;
nonché: <<la procedura selettiva volta all'individuazione di un soggetto cui conferire un incarico dirigenziale è caratterizzata dal riscontro di competenze ed esperienze dei singoli candidati in modo tale da fornire all'amministrazione cui compete la scelta del soggetto al quale conferire l'incarico dirigenziale, una rosa di candidati qualificati in possesso di caratteristiche professionali corrispondenti ai criteri predeterminati ed idonei a ricoprire tale incarico e rispetto ai quali la p.a. è chiamata ad effettuare una scelta>>
cfr. TAR Abruzzo, L'Aquila, 26.1 1.2005, n. 1198). Soccorre in proposito il disposto dell’ art. 19, comma 1 bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dalla lettera b) del comma 1 dell’art. 40 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (secondo cui, per i dirigenti, "L'amministrazione rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta;
acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta.

Nella presente procedura il conferimento di incarico provvisorio semestrale alla controinteressata, avvenuto con provvedimento del 22.3.2012, si presenta disposto in elusione del citato comma 5, art. 10, del D. Lgs. n 63/2006, atteso che lo stesso è stato sottratto alla procedura di interpello, ed in seguito ex novo assegnato con carattere di definitività alla controinteressata ( appena poche settimane dopo ossia con atto del 4.4.2012) consolidandone di fatto, le posizioni giuridico-soggettive in danno, evidentemente, degli altri dipendenti pubblici, ivi compresa l'odierna ricorrente, così definitivamente privati "a monte" della possibilità di manifestare la propria disponibilità ad assumere la direzione di quegli uffici direttivi, quantunque ne avessero avuto titolo alla luce dell'anzidetta previsione legislativa.

Nella specie, è ammesso dalla stessa amministrazione resistente che alla ricorrente non sia stata data notizia della disponibilità del posto, e per quanto attiene alle modalità di conferimento, non vi sono altresì segni di alcuna procedura comparativa tra gli aventi titolo, mentre tutti gli atti impugnati dichiarano di considerare inapplicabile l’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 63 del 2006 (che, nell’ambito della valutazione comparativa, indica i criteri di cui tenere conto),in ragione della natura fiduciaria dell’incarico conferito.

In proposito si è di recente espresso il TAR Lazio ( cfr. TAR Lazio sentenza 10721/2012 del 21.12.2012), con argomentazioni che il Collegio condivide, affermando che :” ..in linea astratta, non sussiste alcuna ragione, legata alla natura fiduciaria del rapporto che lega l’organo politico al solo dirigente generale “apicale”, che possa sottrarre i conferimenti di incarichi ai principi, propri dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, in tema di esercizio motivato della discrezionalità amministrativa di nomina dei pubblici funzionari, secondo apprezzamenti congrui rispetto alla carriera di ciascuno dei potenziali aspiranti.

La sola eccezione a tali principi (che si estendono ora alla dirigenza privatizzata, assumendo portata generale: Cass., n. 21088 del 2010) è stata infatti rinvenuta dalla giurisprudenza con riguardo all’incarico di direttore generale (così, con specifico riferimento all’amministrazione penitenziaria, Tar Lazio, n. 8381 del 2009, confermata da Cons. Stato, sez. IV, n. 2059 del 2001).”

Esulando, quindi, l’incarico conferito dalla dirigenza generale , ne è certa la soggezione alla previsione di cui all’ art. 7, comma 1, D.lgs. 63/2006 relativo all’obbligo di conferirli, previa valutazione comparativa.

Corollario dell’art. 7 è il successivo art. 10, il cui comma 5 obbliga a comunicare agli aventi titolo i posti disponibili, perché essi li richiedano, mentre il comma 3 specifica i criteri valutativi nei seguenti termini.

“ 3. Il conferimento degli incarichi si compie in applicazione dei seguenti criteri:

a) risultati conseguiti nei programmi e negli obiettivi precedentemente assegnati;

b) attitudini e capacità professionali del funzionario;

c) natura e caratteristica degli obiettivi da conseguire.”

Come si è visto, è acclarato che l’amministrazione non abbia né comunicato alla ricorrente la disponibilità dell’incarico , né svolto alcuna procedura comparativa di valutazione degli aspiranti.

Né può ritenersi ostativo alla applicazione di tali principi l’argomento secondo cui gli artt. 7 e 10 sarebbero inapplicabili, fino a quando non siano sopraggiunti i decreti che rendano fattibile la procedura comparativa: si tratterebbe, in particolare, del decreto ministeriale indicato dall’art. 7, comma 2, finalizzato ad indicare i titoli valutabili, i punteggi da attribuire, anche con riferimento al “coefficiente minimo” richiesto, il periodo temporale cui la valutazione deve estendersi.

Tuttavia, tale ragionamento conduce alla completa paralisi non solo delle regole, ma anche dei principi che sono stati somministrati dal legislatore ai fini in questione, per effetto dell’inerzia colpevole della pubblica amministrazione nel conferire la dovuta attuazione alla legge.

È dunque direttamente il principio costituzionale di legalità, anche nell’accezione minimale di supremazia nel sistema delle fonti della legge rispetto agli atti del potere esecutivo, ad imporre, ogni volta che sia possibile, interpretazioni orientate a scongiurare un simile effetto, a favore della piena espansione delle norme primarie.

Nel caso di specie, inoltre, la legge ha formulato principi, la cui attuazione, in difetto della fonte secondaria, si può egualmente conseguire applicando regole generali dell’azione amministrativa, ad essi conformi.

Una volta affermato il principio secondo cui gli incarichi dirigenziali sono soggetti a procedura comparativa, ed in attesa delle ulteriori specificazioni di carattere secondario, non si vedono ostacoli a procedere, sulla base delle regole generali proprie del procedimento amministrativo, ad una valutazione comparativa, e dagli esiti congruamente motivati, che dia conto delle ragioni per cui un certo candidato è stato preferito ad altri aspiranti, nell’esercizio della discrezionalità amministrativa.

Né l’eventuale urgenza nell’assegnare l’incarico può giustificare, sul piano della legittimità, nomine eseguite, con effetti definitivi, in violazione della procedura stabilita dalla legge. ( cfr. in termini altresì TAR Lazio, sentenza n. 28077/2010).

Di conseguenza, l’illegittima pretermissione dei canoni di trasparenza e buona amministrazione contenuti nell'articolo 10, commi 3 e 5, del decreto legislativo n. 63/2006 comporta la illegittimità e l’annullamento (salvi gli ulteriori provvedimenti da adottare nelle competenti sedi istituzionali alla luce della presente sentenza) di tutti gli atti impugnati con il ricorso introduttivo.

Una volta annullati gli atti relativi a siffatte posizioni, si riespande l’interesse legittimo della ricorrente a proporre domanda, e ad essere valutata, con riguardo all’ incaricho illegittimamente sottratto alla procedura comparativa di valutazione.

Le spese tra ricorrente ed amministrazione seguono la soccombenza e si liquidano in euro 2500,00, oltre accessori di legge, mentre, in ragione dell’imputabilità alla sola amministrazione dei fatti, meritano di essere compensate quelle tra ricorrente e controinteressata.

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