TAR Potenza, sez. I, sentenza 2019-12-09, n. 201900900
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 09/12/2019
N. 00900/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00052/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 52 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
V T, D C, G V e M Z, rappresentati e difesi dall'avvocato D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano - Val D'Agri - Lagonegrese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Potenza, via XVIII Agosto, 46 (Palazzo Uff.);
Regione Basilicata, non costituita in giudizio;
nei confronti
Alfonso Di Palma, V C, R A L, Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val D'Agri Lagonegrese, Comunità del Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val D'Agri Lagonegrese, Istituto Superiore per la Protezione e La Ricerca Ambientale, WWF Italia Onlus, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
1) del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 344 del 12/12/2018, successivamente notificato, recante scioglimento del Consiglio Direttivo dell'Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese e nomina degli organi straordinari di gestione dell'Ente;
2) ove lesiva, della nota di trasmissione del decreto prot. n. 29049 del 13/12/2018, a firma del Dirigente della Divisione II di detto Ministero;
3) ove lesiva, della relazione conclusiva del procedimento di revoca degli organi prot. n. 27959 del 30/11/2018 e firma del Direttore Generale per la Protezione della Natura e del Mare di detto Ministero;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti in data 4/3/2019:
4) del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 32 del 13/2/2019, recante nomina della Dott.ssa Ilde Gaudiello quale Commissario Straordinario dell'Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese in sostituzione del dimissionario Dott. Alfonso Di Palma;
5) ove lesiva, della nota di trasmissione prot. n. 3123 del 13/2/2019, a firma del Direttore Generale per la Protezione della Natura e del Mare di detto Ministero;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in data 19/3/2019:
6) del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 53 del 7/3/2019, recante nomina del Dott. Giuseppe Priore quale Sub Commissario Straordinario dell'Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese in sostituzione del dimissionario Dott. V C;
7) ove lesiva, della relativa nota di trasmissione, di data ed estremi sconosciuti;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati in dara 25/6/2019:
8) del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 72 del 25/3/2019, recante nomina del Dott. G N quale Sub Commissario Straordinario dell'Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese, in sostituzione della dimissionaria Dott.ssa R A L;
8) ove lesiva, della relativa nota ministeriale di trasmissione, prot. n. 6683 del 26/3/2019;
9) del decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 154 del 22/5/2019, recante proroga del commissariamento dell'Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese per la durata di sei mesi, a decorrere dall'11/6/2019;
10) ove lesiva, della relativa nota ministeriale di trasmissione, di estremi sconosciuti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo e di Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale e di Ente Parco Nazionale dell'Appennino Lucano - Val D'Agri - Lagonegrese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2019 il dott. Paolo Mariano e uditi per le parti i difensori D G e Domenico Mutino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato in data 17/1/2019, i sigg.ri V T, D C, G V e M Z - già membri del Consiglio Direttivo dell’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese - hanno impugnato il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, n. 344 del 12/12/2018, recante lo scioglimento di detto organo e la nomina degli organi straordinari di gestione dell’Ente Parco, in seguito alle irregolarità gestionali emerse nel corso dell’ispezione ministeriale espletata nell’autunno del 2017.
E’ altresì domandato il risarcimento dei danni patiti in conseguenza di detta determinazione.
Emerge in fatto quanto segue:
- in data 27/12/2017, è stata trasmessa al Ministero dell’Ambiente la verifica amministrativo-contabile, eseguita dai servizi ispettivi del Ministero dell’economia e delle finanze presso l’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val D’Agri Lagonegrese, dal 19/9/2017 al 13/10/2017, dalla quale sono emerse numerose irregolarità e carenze, tra le quali il conferimento dell’incarico di direttore dell’ente e le procedure adottate per la liquidazione delle previste spettanze;
- successivamente, con atto di citazione del 27/12/2017, la Procura per la Corte dei Conti della Basilicata ha citato il direttore facente funzioni, il vice presidente ed alcuni componenti del consiglio direttivo, nonché del collegio dei revisori dei conti dell’Ente Parco, a seguito di notizia specifica e concreta di danno erariale;
- con nota del 5/10/2018, il Ministero dell’Ambiente ha avviato il procedimento per la revoca della nomina dei componenti del consiglio direttivo, sul presupposto dell’esistenza di un quadro di inefficienze ed illegittimità connotante l’intera organizzazione e l’attività amministrativa dell’Ente Parco;
- il procedimento si è concluso con l’adozione del provvedimento impugnato, nel quale si dà atto che: i) l’Ente ha improntato la propria azione in modo non conforme agli indirizzi del Ministero vigilante e ha sistematicamente eluso il controllo di atti fondamentali della propria attività attraverso l'adozione di deliberazioni del consiglio direttivo che, nonostante la loro forma provvedimentale, sono state arbitrariamente definite atti di gestione;ii) l’Ente ha provveduto ad adottare atti correttivi della propria condotta solo a seguito della diffida da parte dell'Ispettorato Generate di Finanza, nonché dei rilievi della Corte dei Conti;iii) l’Ente non ha dimostrato di possedere un'autonoma capacita di operare in maniera legittima e si è conformato ai precetti normativi o amministrativi non in via spontanea, ma solo a seguito dell'intervento tutorio di un soggetto esterno;iv) le condotte poste in essere dall'Ente sono, direttamente o indirettamente, imputabili al consiglio direttivo, al quale, ai sensi dell'art. 12, co. 3, dello Statuto è affidata la verifica della rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite al direttore, nonché quella di delineare l'attività complessiva dell’Ente improntandola ai principi di buon andamento, imparzialità e legalità di cui all’art. 97 della Cost., oltre ai criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla L n. 241/1990 e dalle altre disposizioni che disciplinano la materia;v) il consiglio direttivo non ha esercitato le richiamate attribuzioni e non ha adottato alcun atto nei confronti del direttore nonostante le illegittimità riscontrate dai servizi ispettivi e dalla competente Procura regionale della Corte dei Conti.
1.1.1. Con atti di motivi aggiunti, in data 4/3/2019, 19/3/2019 e 25/6/2019, i medesimi ricorrenti hanno impugnato, per invalidità derivata, i successivi decreti del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare di nomina dei commissari e sub-commissari subentrati a quelli resisi, medio tempore , dimissionari.
1.2. L’impugnazione è affidata ai seguenti motivi:
- “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97, 5 e 114 della Costituzione, degli artt. 9 e 10 della L. 6/12/1991 n. 394 e dell’art. 1 della L. 241/1990. Violazione dello Statuto dell’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. Incompetenza assoluta. Difetto di attribuzione. Eccesso di potere ”.
Nessuna norma, legislativa e statutaria, attribuirebbe al Ministro dell’Ambiente il potere di sciogliere gli organi dell’Ente Parco (in particolare, il consiglio direttivo) e di commissariarlo. Sicché il decreto ministeriale impugnato contrasterebbe col principio di legalità dell’azione dei pubblici poteri, sancito dall’art. 1 della L. n. 241/1990. Né il potere esercitato potrebbe ritenersi implicito nel generico potere di vigilanza che la legge attribuisce del Ministero dell’Ambiente.
- “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 97, 5, 114 e 120 della Costituzione, degli artt. 9 e 10 della L. 6/12/1991 n. 394. Violazione dello Statuto dell’Ente Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese. Violazione del principio del contrarius actus. Violazione del principio di leale cooperazione ”.
La nomina del commissario e dei sub-commissari straordinari dell’Ente Parco sarebbe avvenuta in violazione del principio del contrarius actus . Pertanto, il Ministro dell’Ambiente avrebbe potuto operare la sostituzione dei componenti dell’organo collegiale solo dietro designazione da parte dei soggetti e degli apparati, pubblici e privati, indicati dagli artt. 9 e 10 della L. n. 394/1991 (Comunità del Parco, formata dalla Regione, dalla Provincia di Potenza, dai comuni e dalle comunità montane del territorio;associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'art. 13 della L. 8/7/1986, n. 349;Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Ciò concretizzerebbe anche una violazione del principio di leale collaborazione (art. 120 Cost.) nei rapporti con la Regione Basilicata, non avendo il Ministro dell’Ambiente neppure tentato - sebbene in tal senso sollecitato dalla Regione con la nota del 24/10/2018 - di raggiungere l’intesa in ordine all’individuazione degli organi straordinari dell’Ente Parco.
- “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, degli artt. 9 e 21 della L. 6/12/1991 n. 394 e dell’art. 1 della L. 241/1990. Eccesso di potere per difetto dei presupposti.
In ogni caso non ricorrevano i presupposti per il commissariamento dell’Ente Parco, dato che nessuna grave irregolarità si sarebbe verificata nell’espletamento delle funzioni del Consiglio Direttivo e degli altri organi dell’Ente ”.
Non sussisterebbero i presupposti di fatto per la decisione di commissariamento.
I rilievi sulla gestione dell’Ente Parco formulati in sede ispettiva sarebbero stati superati dall’Ispettorato Generale di Finanza, a seguito delle opportune controdeduzioni dell’Ente Parco o a seguito di correttivi amministrativi posti in essere dallo stesso, tanto che nessuna ulteriore contestazione sarebbe stata sollevata nei confronti del consiglio direttivo da parte della Procura della Corte dei Conti ovvero degli organi giudiziari.
- “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, degli artt. 9 e 21 della L. 6-12-1991 n. 394 e s.m.i. e dell’art. 1 della L. n. 241/1990. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Difetto di trasparenza e di tempestività dell’azione amministrativa ”.
Il decreto impugnato sarebbe affetto da disparità di trattamento, avendo il Ministro dell’Ambiente deciso di commissariare soltanto il presidente ed il consiglio direttivo dell’Ente Parco, non i membri del collegio del revisori dei conti.
2. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate, resistendo all’accoglimento del gravame con le argomentazione di seguito compendiate.
Quanto al primo motivo, il potere di commissariamento dovrebbe ritenersi connaturato alla funzione di vigilanza ministeriale, intesa ad assicurare il raggiungimento delle finalità di legge e statutarie dell’ente e a rimuovere ogni fattore che ostacoli o impedisca il raggiungimento delle suddette finalità.
In relazione al secondo motivo, non sarebbe conferente il richiamo al principio del contrarius actus in quanto il disposto commissariamento sarebbe esplicazione della potestà di vigilanza intestata ex lege al Ministero, non già di una potestà di autotutela come erroneamente ritenuto dai ricorrenti. D’altra parte, non sarebbero fondate neppure le doglianze circa la violazione delle competenze regionali, non venendo in rilievo un potere di nomina, per le quali è previsto un ruolo della Regione, ma di commissariamento. Inoltre, la normativa di riferimento prevedrebbe l’intesa con il Presidente della Regione per la nomina del presidente dell’Ente Parco non del consiglio direttivo, in relazione alla quale è semplicemente previsto che il Ministro dell’Ambiente “senta” le Regioni (art. 9, co. 4, L. 394/1991), adempimento espletato in specie.
Riguardo al terzo motivo, se ne eccepisce in limine l’inammissibilità per genericità. Nel merito non sarebbe, comunque, fondato alla luce delle accertate irregolarità e della ravvisata incapacità dell’Ente Parco di assicurare, in maniera autonoma, una sana e regolare condotta amministrativa. Responsabilità che andrebbe addebitata al consiglio direttivo in quanto organo al quale è affidata, ai sensi dell’art. 12, co. 4, dello Statuto dell’Ente Parco, la funzione di verifica della rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite
Anche il quarto motivo sarebbe infondato
Sarebbe dirimente il rilievo per cui il Ministero dell’Ambiente non ha alcuna competenza con riguardo alla nomina del collegio dei revisori dei conti (spettante al Ministro dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 9, co. 10, della L. n. 394/1991) e, di conseguenza, alcun potere commissariale sullo stesso.
3. All’udienza pubblica del 20 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
4.1. Non colgono nel segno i primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto riguardanti profili contigui.
Al Ministro dell’Ambiente compete la vigilanza sulla gestione degli Enti Parco, secondo quanto previsto dagli artt. 9, co.1 (“ L'Ente parco … è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente ”) e 21, co. 1 (“ La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata per le aree terrestri dal Ministro dell'ambiente … ”), della L. n. 394/1991.
Precipitato necessario di tale munus è l’attribuzione al medesimo Ministro del potere implicito di scioglimento degli organi di detti Enti, quante volte emergano – come in specie – situazioni di mala gestio o, comunque, denotanti l’incapacità di assicurare una gestione conforme a legalità. Ciò, in quanto, il potere di commissariamento costituisce attuazione di un principio generale applicabile a tutti gli enti pubblici ed è connaturato alla funzione di vigilanza, intesa nel suo complesso ad assicurare il raggiungimento delle finalità di legge e statutarie dell’ente e, dunque, comprensiva non solo la possibilità di eliminare eventuali irregolarità amministrativo contabili riscontrate nelle varie gestioni, ma anche di rimuovere ogni fattore che ostacoli il corretto funzionamento dell’ente vigilato o impedisca il raggiungimento delle suddette finalità.
L’assunto trova ampio riscontro nella giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis , TAR Basilicata 7/7/2003, n. 696;TAR Lazio, sez. II, 21/10/2002, n. 8971;id. 11/2/2016, n. 1951), pronunciatasi anche in riferimento alla specifica fattispecie per cui è causa, dalla quale il Collegio non intende discostarsi.
Cadono, dunque, anche le censure di segno procedurale e quelle relative alla violazione del principio di leale collaborazione nei rapporti Stato-Regione, in quanto da un lato viene in evidenza l’esercizio di un potere (quello di commissariamento) che, per le ragioni anzidette, ha altro fondamento e finalità rispetto a quello di nomina (di cui non costituisce, dunque, contrarius actus );dall’altro, tale potere è espressione delle prerogative di vigilanza che l’ordinamento intesta esclusivamente all’Autorità statale, a salvaguardia della regolarità gestionale dell’ente, sicché con riferimento al provvedimento in contestazione non vengono in evidenza attribuzioni regionali che possano dirsi ingiustamente conculcate.
4.2. Neppure il terzo motivo è fondato.
Va, anzitutto, rilevato che parte ricorrente struttura la doglianza quale integrale riedizione degli argomenti deduttivi già spesi, dagli interessati, in sede di contraddittorio procedimentale, con nota del 23/10/2018, in replica alla comunicazione di avvio del procedimento di commissariamento dell’Ente Parco.
In disparte ogni considerazione in merito all’irritualità di una censura così formulata, pure eccepita dalla difesa erariale, deve osservarsi nel merito:
- che tali argomenti sono già stati ampiamente e analiticamente confutati dal Ministero dell’Ambiente nella relazione conclusiva del 30/11/2018, propedeutica all’adozione del decreto di commissariamento, con argomenti che si presentano, nel loro complesso, condivisibili, stante la copiosità degli elementi oggettivi e documentali a supporto delle irregolarità gestionali riscontrate (gran parte delle quali rimosse solo ex post );
- né, comunque, parte ricorrente ha allegato, e tantomeno provato, un qualche indice di travisamento, erroneità o illogicità che possa inficiare la correttezza di detti apprezzamenti.
Peraltro, in aggiunta, deve rilevarsi che il fulcro motivazionale del decreto sub iudice non risiede tanto nell’addebito al consiglio direttivo delle specifiche violazioni gestionali riscontrate in sede ispettiva (in parte imputabili all’operato del direttore dell’Ente Parco), ma soprattutto nella ritenuta inidoneità di detto organo di esercitare – avuto riguardo al pervasivo quadro di irregolarità riscontrate – di esercitare efficacemente i suoi compiti d’istituto, previsti dall’art. 12, co. 3, dello Statuto:
- di verificare la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle direttive generali impartite al direttore;
- di conformare l’attività complessiva dell’ente ai principi di buon andamento, imparzialità e legalità di cui all’art. 97 della Cost., oltreché ai principi di economicità, efficacia e pubblicità, secondo le modalità di cui alla L. n. 241/1990.
Nella rassegnata prospettiva, dunque, le puntuali contestazioni di mala gestio enumerate nella relazione ministeriale rilevano, come desumibile dal provvedimento impugnato, alla stregua di elementi sintomatici di un grave deficit funzionale dell’organo direttivo nel vigilare sull’attività gestionale dell’Ente Parco e nell’assicurarne la legalità amministrativa. Tuttavia, è dirimente evidenziare che avverso tale essenziale addebito, giustificante in via autonoma la determinazione gravata, non è stata formulata alcuna circostanziata o convincente doglianza.
4.3. E’ infondato, infine, anche il quarto motivo.
Va, anzitutto, osservato che il vizio di disparità di trattamento postula l'identità totale o la totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto (cfr. ex multis , Consiglio di Stato, sez. II, 22/07/2019, n. 5157;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5/7/2019, n. 8865);presupposto, in specie, non ricorrente per l’assorbente ragione che gli addebiti a fondamento della determinazione impugnata hanno riguardato, in modo specifico, le attribuzioni e la responsabilità del consiglio direttivo (in relazione alla sua incapacità di assicurare una gestione dell’ente ordinata e conforme ai parametri di legalità).
Né, comunque, parte ricorrente ha offerto indicazione delle ragioni di responsabilità del Collegio dei revisori, onde comprovare quell’identità di posizioni richiesta per la coltivazione della censura in esame.
Peraltro, è univoco l’orientamento giurisprudenziale secondo il vizio di eccesso di potere nella forma della disparità di trattamento non è utilmente invocabile nei casi in cui la doglianza formulata prescinde del tutto dalla correttezza della posizione della parte ricorrente (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 27/3/2012, n. 18;T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 18/09/2012, n. 76;TA.R. Lazio, Roma, sez. I, 7/5/2012, n. 4087). Ciò in quanto, tale vizio è necessariamente funzionale a ricondurre situazioni di ingiustizia entro i canoni di legittimità e non viceversa, nel qual caso comporterebbe, come in specie, la perpetuazione di una situazione di acclarata illegittimità.
5. All’infondatezza della domanda di annullamento consegue il rigetto della connessa domanda risarcitoria, fondata sul presupposto - non inveratosi - dell’illegittimità del commissariamento.
6. Per ragioni esposte, il ricorso - unitamente ai motivi aggiunti, deducenti l’illegittimità derivata dei decreti di nomina degli organi straordinari - va respinto.
7. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.