TAR Genova, sez. I, sentenza 2013-10-30, n. 201301256
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N. 01256/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00756/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 756 del 2012, proposto da:
A L, rappresentato e difeso dall'avv. G G, con domicilio eletto presso G G in Genova, via Roma 11/1;
contro
Comune Di Cogorno in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. D G, con domicilio eletto presso D G in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;Ministero Per I Beni E Le Attivita' Culturali, Soprintendenza Per I Beni Architettonici E Per Il Paesaggio Della Liguria, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'annullamento
diniego di autorizzazione paesaggistica n. 5028 del 27/06/2012 e del parere vincolante contrario, reso dalla soprintendenza ligure con atto n. 12581 del 24/04/2012 su istanza di autorizzazione paesaggistica
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune Di Cogorno in Persona del Sindaco P.T. e di Ministero Per I Beni E Le Attivita' Culturali e di Soprintendenza Per I Beni Architettonici E Per Il Paesaggio Della Liguria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2013 il dott. Davide Ponte e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame l’odierno ricorrente, quale proprietario dell’immobile interessato, impugnava gli atti in epigrafe, recanti diniego comunale di autorizzazione paesaggistica e parere vincolante contrario reso dalla Soprintendenza rispetto all’istanza presentata per la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia con recupero a fini abitativi del sottotetto esistente. Nel ricostruire la vicenda in fatto e nella documentazione, si evidenziava come il diniego si sia basato proprio sul previo parere negativo della Soprintendenza datato 24\4\2012 a mente del quale “…l’intervento non pare aderire ai disposti della l.r. 24\2001 e s.m. sul recupero dei sottotetti, in quanto stante l’altezza, che non consente di omologare come praticabile il sottotetto esistente in esame, lo stesso non è sopraelevabile”.
Avverso tali atti venivano dedotti i seguenti motivi:
- in relazione al parere della Soprintendenza, violazione degli artt. 146 d.lgs. 42\2004, 1 s. l.r. 24\2001, 10 bis l. 241\1990, eccesso di potere per travisamento, difetto di presupposto e motivazione, avendo erroneamente valutato il profilo edilizio in luogo di quello paesaggistico, nonché per mancata valutazione delle memorie prodotte in sede procedimentale e dei relativi elementi;
- in relazione al diniego comunale, illegittimità derivata nonché, nel caso il parere del 24\4\2012 non fosse definitivo, per violazione dell’obbligo di rilasciare, scaduto il termine di sessanta giorni, l’autorizzazione.
Le amministrazioni intimate si costituivano in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 333\2012 veniva fissata udienza di merito ai sensi dell’art. 55 comma 10 cod proc amm..
Alla pubblica udienza del 10\10\2013 la causa passava in decisione.
Preliminarmente occorre esaminare il contenuto e gli effetti del parere reso in data 24\4\2012 dalla Soprintendenza in quanto, se per un verso il Comune lo ha considerato come parere vincolante sulla base del quale - ai sensi della disciplina vigente - emettere il diniego definitivo, per un altro verso la difesa erariale lo considera avente meri effetti endoprocedimentali, quale elemento concorrente sulla base del quale il Comune avrebbe dovuto autonomamente valutare.
Incidentalmente va evidenziato il dato formale criptico del parere stesso e delle relative conclusioni (o pseudo tali) ivi rese dagli organi statali, nonché la difficoltà per il privato istante di trarre da tale atto elementi adeguati di valutazione, specie a fronte della totale mancata considerazione degli elementi forniti in sede di partecipazione procedimentale, nell’esercizio delle facoltà garantite dalla norma di principio di cui all’art. 10 bis l. 241\1990, correttamente invocata da parte ricorrente.
Orbene, l’analisi del parere ne conferma la natura sostanziale di valutazione negativa, fatta propria a valle dal comune. In tale contesto, il dato letterale appare carente e non dotato di sufficiente chiarezza, oltre che basato su considerazioni sulla normativa edilizia e non – come avrebbe dovuto – su elementi concernenti il vincolo paesaggistico, non essendo quindi sufficiente a mutare quanto emerge dagli effetti del parere e dal dato procedimentale: infatti, nella specie il parere della Soprintendenza si è posto al termine della fase avviata dinanzi agli organi statali e prodromica al provvedimento finale comunale che, come noto, è vincolato dalla statuizione consultiva;nel caso di inutile decorrenza il Comune provvede sulla domanda in termini autonomi. Pertanto la qualificazione ipotizzata dalla difesa erariale non appare rispettosa della sistematica normativa: delle due l’una, o la soprintendenza rende il parere vincolante, ovvero in mancanza di tale statuizione il Comune provvede autonomamente. Nel caso di specie il parere è stato reso ed è stato reputato come statuizione vincolante, a termini di art. 146 cit., dal Comune.
Nel merito poi il parere appare viziato nei termini dedotti, come già evidenziato, in specie sotto due profili. In primo luogo, l’organo statale ha svolto unicamente considerazioni ermeneutiche sul dato normativo edilizio, quindi estraneo all’ambito di propria competenza, senza approfondire la valutazione spettante, cioè quella relativa al rapporto fra l’intervento proposto ed il vincolo paesaggistico. Come noto, sia l'atto di autorizzazione paesaggistica che il diniego devono fornire la piena ricostruzione dell'itinerario seguito in ordine alle ragioni di compatibilità / incompatibilità effettiva che, in riferimento agli specifici valori paesistici del luogo, possano, ove sussistenti, consentire o meno i progettati lavori.
In secondo luogo, rispetto alla comunicazione dei motivi ostativi, le integrazioni ed osservazioni svolte in sede procedimentale da parte ricorrente sono state del tutto ignorate, con violazione del principio di cui all’invocato art. 10 bis cit.. In proposito, nel caso di specie il parere conclusivo appare più scarno della comunicazione, oltre che scollegato dalle osservazioni svolte;così facendo, a tacer d’altro, si è finito col sottrarre al contraddittorio la sopravvenuta motivazione, impedendo alla parte interessata di far valere al riguardo le proprie ragioni, senza che possa soccorrere l'art. 21 octies comma 2, legge stessa, stante la natura discrezionale del giudizio di compatibilità paesaggistica degli interventi edilizi (cfr. ad es. Tar Toscana n. 715\2013). Né, a contrario, è possibile integrare la motivazione finale con le considerazioni svolte in sede di comunicazione ostativa, in specie per il rilievo insuperabile della mancata valutazione degli elementi forniti in sede partecipativa da parte odierna ricorrente;analogamente, anche sotto questo angolo visuale la natura discrezionale del potere esclude la possibilità di applicare la sanatoria processuale.
Le considerazioni sin qui svolte si ripercuotono sul diniego finale adottato dal Comune, il quale ha agito come vincolato dalla (illegittima) statuizione dell’organo statale.
L’accoglimento del gravame comporta l’annullamento degli atti impugnati.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti della difesa erariale. Sussistono giusti motivi, a fronte del vincolo derivante dal parere della Soprintendenza, per compensare le spese rispetto alle difese comunali.