TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2019-01-23, n. 201900866

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2019-01-23, n. 201900866
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201900866
Data del deposito : 23 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/01/2019

N. 00866/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02273/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2273 del 2010, proposto dai signori R F, P Z, N G, R A, rappresentati e difesi dagli avvocati D M, F P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Angelico, 34;

contro

Ministero dell'Interno, Ministero della Giustizia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’accertamento

del diritto dei ricorrenti a percepire l’indennità giudiziaria, ora di amministrazione, di cui alla legge 22 giugno 1988 n.221, dalla data di maturazione dei rispettivi crediti,

con conseguente condanna

delle Amministrazioni intimate al pagamento della suddetta indennità, oltre interessi e rivalutazione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2018 il Cons.M C e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Gli Ufficiali e Agenti di Polizia giudiziaria - Ispettore Capo della Polizia di Stato R F, l’Assistente Capo della Polizia di Stato P Z, l’Agente Scelto della Polizia di Stato N G, l’Appuntato Scelto dei Carabinieri A Riccardo, indicati in epigrafe - riferiscono di essere in servizio presso le sezioni di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica del Tribunale Ordinario di Brescia;
i primi tre hanno fatto parte della Segreteria personale del Procuratore Capo della Repubblica attuale e precedente, invece l’Appuntato Scelto A Riccardo è in servizio presso la segreteria del Procuratore Generale di Brescia dal 1993.

In particolare il Procuratore della Repubblica p.t. con provvedimento prot. n. 104/2002 del 15.2.2002 (doc. all.1) ha disposto l’inserimento dal 1.3.2002 dell’Ispettore Capo Foresti nel Gruppo di lavoro operante in collegamento con il medesimo fino al 9.11.2009 (doc. all.2);
il Procuratore Capo della Repubblica p.t. con provvedimento prot. n. 20/2005 (doc. all.3) ha affiancato a sé l’Assistente Capo Z al 24.1.2005 sino al 25.2.2005 e successive proroghe fino al 30.9.2005 (doc. All. 4 e 5), per poi assegnarlo al Gruppo di lavoro Notizie di reato, per periodo oggetto di altro ricorso RG 2275/2010, all’esame dell’odierna udienza;
il Procuratore della Repubblica p.t. con provvedimento pro.n. 427/05 del 3.10.2005 ha affiancato l’Agente di P.S. Guarente alla Segreteria personale del Procuratore dal 10.10.2005 (doc. all.5) fino al 10.11.2009 (doc. all.6).

Le mansioni e i compiti dei ricorrenti operanti in stretto contatto con il Procuratore Capo della Repubblica e con la sua Segreteria sono quelle tipiche di cancelleria e di segreteria e descritte nei richiamati provvedimenti.

In particolare per l’Appuntato Scelto A, il Procuratore Generale della Repubblica p.t. (dott.A L) ha dichiarato l’affiancamento allo stesso nel periodo 27.6.2002 – 2.2.2008, come da dichiarazione pur in mancanza di provvedimento di assegnazione (doc. all.7) e affiancato al Proc. Generale p.t. per periodo successivo (doc. all.8).

Riferiscono gli interessati che tali mansioni attribuite ai medesimi consistenti in attività materiale di supporto amministrativo all’Ufficio del Procuratore Capo della Repubblica sarebbero nella sostanza analoghe a quelle svolte dal personale di cancelleria e segreteria (non quelle proprie attribuite istituzionalmente alle sezioni di Polizia giudiziaria).

La fattispecie in questione, secondo gli interessati, sarebbe diversa da altre tipologie di richiesta di riconoscimento di indennità giudiziaria al personale delle sezioni di Polizia giudiziaria presso gli Uffici giudiziari (che sarebbe negata), e ciò sul presupposto invece rilevato nella specie della diversità dei compiti e delle funzioni svolte, non di polizia giudiziaria, ma di attività materiale amministrativa di supporto agli uffici dei magistrati, con mansioni affidate analoghe a quelle del personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie, ordinariamente svolte da detto personale.

1.1.Pertanto hanno proposto ricorso con domanda di accertamento del diritto dei medesimi interessati a percepire l’indennità giudiziaria, ora di amministrazione, di cui alla legge 22 giugno 1988, n.221, dalla data di maturazione dei rispettivi crediti, con conseguente condanna delle amministrazioni intimate al pagamento della suddetta indennità, oltre interessi e rivalutazione.

Al riguardo riferiscono i ricorrenti che la legge 22 giugno 1988, n. 221 ha esteso a decorrere dal 1° gennaio 1988 al personale dirigente e alle qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie giudiziarie e al personale delle qualifiche funzionali dei ruoli di detti uffici, l’indennità che l’art. 3 della legge n. 27 del 1981 aveva istituito per i soli magistrati ordinari. Tale estensione sarebbe riconosciuta per i gravosi oneri incombenti sul personale addetto allo svolgimento delle relative attività e quindi anche al personale comandato, distaccato o comunque fuori ruolo, purché effettivamente addetto ai servizi amministrativi. L’estensione applicativa della norma troverebbe applicazione anche dopo l' entrata in vigore della norma interpretativa contenuta nell’art. 3, comma 60 della legge n. 537 del 1993, secondo cui le disposizioni di cui alla legge 22 giugno 1988, n.221 si interpretano nel senso che le stesse si applicano al personale in esse espressamente previsto purché in servizio presso le amministrazioni contemplate dalle norme stesse (l’unico requisito necessario per la spettanza dell’indennità in parola sarebbe esclusivamente lo svolgimento della prestazione lavorativa presso gli uffici delle varie magistrature). Si tratterebbe infatti di una indennità speciale dovuta se e nella misura del concreto esercizio dell’attività di specie e non di una voce ordinaria della retribuzione personale. Secondo i ricorrenti non sussisterebbe il divieto di cumulo in quanto le indennità percepite dai ricorrenti ed erogate dalle rispettive amministrazioni di appartenenza svolgerebbero una funzione di integrazione stipendiale, invece l’indennità giudiziaria sarebbe da porre al di fuori della retribuzione personale.

I ricorrenti allegano al ricorso per comprovare la chiesta domanda di accertamento copia dei provvedimenti adottati dal Procuratore della Repubblica p.t. riguardo le attribuzioni e competenze attribuite con riferimento all’attività di affiancamento in questione e altri atti riconducibili all’attività svolta dai ricorrenti medesimi.

I Ministeri intimati si sono costituiti in giudizio in resistenza con mero atto di stile.

A seguito di comunicazione della Segreteria alle parti in data 25.11.2005 di perenzione del giudizio i ricorrenti hanno presentato domanda di fissazione di udienza a firma congiunta con il difensore e successiva istanza di prelievo.

In prossimità della odierna udienza i ricorrenti hanno presentato documentazione e memoria difensiva con la quale hanno insistito sulla domanda di accoglimento del ricorso alla luce anche della posizione della giurisprudenza sulla qualificazione della indennità in questione e del riconoscimento della stessa a soggetti appartenenti ad altra amministrazione purché impiegati in attività tipiche di supporto della funzione giurisdizionale.

Alla udienza pubblica del 10 dicembre 2018 presente solo il difensore dei ricorrenti, come risulta in verbale, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Preliminarmente il Collegio rileva che il ricorso è stato notificato in data 17.2.2010 e depositato il 12.3.2010, in epoca anteriore alla entrata in vigore del cpa, senza che possa trovare applicazione quindi la questione della rilevabilità d’ufficio della eventuale incompetenza territoriale e del criterio regolatore della competenza territoriale;
e pertanto in relazione a tali circostanze e in considerazione quindi dell’epoca dell’introduzione del giudizio e della non doverosità del rilievo d’ufficio, il Collegio ritiene la propria competenza riguardo il giudizio introdotto all’epoca, in assenza, tra l’altro, di tempestive e rituali eccezioni da parte delle Amministrazioni resistenti.

A tale proposito va richiamata la giurisprudenza in materia secondo cui la nuova disciplina della competenza territoriale prevista dal cpa, ivi compresi i modi di rilevabilità dell'incompetenza di cui all'art. 15 dello stesso codice, è applicabile solo ai processi instaurati sotto la vigenza del nuovo codice, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (16 settembre 2010), dovendosi intendere "instaurati" i ricorsi per i quali a tale data sia intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la proposizione del ricorso (cfr. Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 4 luglio 2012, n.678;
Tar Lazio, Roma , sez. II , 7 maggio 2012 , n. 4101).

2.2. Nel merito il ricorso è fondato per le seguenti considerazioni.

2.3. Sulla questione della natura della indennità giudiziaria di cui all’art. 2 della legge 22 giugno 1988, n. 221, la giurisprudenza amministrativa ha più volte espresso l’orientamento secondo cui detta indennità non è diretta a compensare le prestazioni svolte nella struttura dell’organizzazione giudiziaria, ma solo ad indennizzare il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie per i compiti intensi e delicati di natura burocratico-amministrativa svolti presso tali specifici uffici, e ciò indipendentemente dall’appartenenza ai ruoli dell’Amministrazione giudiziaria e purché il personale sia effettivamente addetto ai servizi amministrativi (cfr. ex multis , Cons.Stato, sez. IV , nn. 9169/2003, 8617/2003, 5402/2003, 6884/2007, 8641/2009;
Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 25 giugno 2010, n.21372;
id., sez. I, 3 settembre 2013, n. 8067;
Tar Marche, 17 aprile 2015, n. 313).

Secondo la predetta giurisprudenza predominante, in particolare, la indennità giudiziaria di cui alla citata legge n. 221/1988 spetta al personale, sia esso di ruolo delle segreterie giudiziarie e delle cancellerie, sia esso in posizione di comando, distacco, assegnazione o utilizzo comunque denominato presso gli uffici suddetti, che svolga attività amministrative proprie e caratteristiche dei servizi di cancelleria e segreteria: l’indennità in questione compete in sostanza a tutto il personale che assicuri in concreto la suindicata funzione, indipendentemente dalla sua appartenenza formale ai ruoli dell'Amministrazione giudiziaria.

L'indennità trova il suo fondamento logico - giuridico nell'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (come testualmente si ricava dalla lettura dell'art. 1 della legge n. 221/1988), che aveva istituito in favore dei magistrati ordinari una speciale indennità non pensionabile in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività. Alla luce della sopra delineata normativa la giurisprudenza ha apprezzato la natura giuridica e la “ratio” giustificativa della indennità giudiziaria in esame che, pur trovando la sua fonte diretta e immediata nel rapporto di lavoro che lega il dipendente alla struttura amministrativa dell'organizzazione giudiziaria, non è finalizzata a compensare direttamente ed esclusivamente tale prestazione, ma intende in modo speciale indennizzare solo il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie del particolarmente intenso, delicato ed ininterrotto servizio prestato per l'esatto e ordinato funzionamento degli uffici giudiziari, condizione indispensabile per la corretta ed ordinata amministrazione della giustizia.

È proprio in questa prospettiva e per questa finalità che l’emolumento anzidetto è stato riconosciuto a tutto il personale - sia esso di ruolo delle segreterie giudiziarie e delle cancellerie, sia esso in posizione di comando, distacco, assegnazione o utilizzo comunque denominato presso gli uffici suddetti - che assicuri in concreto l'indicata funzione - attività amministrative proprie e caratteristiche dei servizi di cancelleria e segreteria - indipendentemente dalla sua appartenenza ai ruoli dell'Amministrazione giudiziaria, in virtù del suindicato, predominante, indirizzo giurisprudenziale amministrativo (cfr. cit. sent. Cons.Stato, sez. IV, n. 8641 del 2009;
Tar Lazio, Roma, sez. II quater, 12 ottobre 2010, n.32761;
C.G.A.Regione Siciliana, 20 gennaio 2014, n. 16;
Tar Campania, Napoli, sez. IV, 4 luglio 2018, n. 4443).

Tra l’altro il Collegio, dando continuità alla predetta giurisprudenza in evidente assenza di ragioni che inducano a discostarsene, rileva che tali considerazioni non contrastano con quanto stabilito dall’art. 3, comma 60, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, secondo cui “le disposizioni di cui all’art. 168 della legge 11 luglio 1980, n. 312 e alle leggi 22 giugno 1988, n. 221 e 15 febbraio 1989, n. 51, si interpretano nel senso che si applicano al personale in esse espressamente previsto purché in servizio presso le amministrazioni contemplate dalle norme stesse”, in quanto detta previsione non implica affatto che l’indennità in argomento spetti solo al personale organicamente inquadrato nei ruoli a servizio delle magistrature, ma si limita soltanto a sancire la inapplicabilità in via analogica del beneficio in esame a personale diverso da quello espressamente contemplato, valorizzando, pertanto, proprio il legame funzionale in luogo del rapporto formale di dipendenza organica del dipendente ed ammettendo, quindi, che l’unico requisito necessario per la spettanza dell’indennità in parola è lo svolgimento della prestazione lavorativa presso gli uffici delle varie magistrature (cfr. Cons.Stato, sez. IV, n. 42/2001 e n.5402/2003;
C.G.A Reg.Sic., n. 16 del 2004, cit.).

2.4. Sulla base di tali prospettive e finalità l’indennità in questione va riconosciuta ai ricorrenti che hanno depositato in atti i provvedimenti del Procuratore Capo della Repubblica del Tribunale di Brescia p.t., relativi alla attribuita attività di affiancamento al medesimo Procuratore, consistente in attività materiale e di supporto alle segreterie o cancelleria degli uffici giudiziari del Tribunale (doc. all.ti da 1 a 7), riguardo ai quali sono individuati i periodi interessati, come sopra specificati, allo stato attuale, salvo altro, tenendo conto anche dell’azione giudiziaria attivata dal ricorrente Z per altro periodo in causa, riguardo l’assegnazione al Gruppo di lavoro, di cui ad analogo ricorso RG n.2275/2010, anche esso all’esame dell’odierna udienza pubblica.

Per quanto riguarda la posizione del ricorrente A, ferma restando riconosciuta l’attestata attività dal 27.6.2002-2.2.2008, come da dichiarazione del Proc. Gen. Repubblica p.t. (doc. all.7), non risulta invece adeguatamente provata con formale assegnazione ed espressa indicazione della durata l’attività asseritamente svolta dal 3.2.2008 allo stato (vedi doc. 8, non adeguato nelle indicazioni attributive e della durata del periodo di attività).

Pertanto l’indennità giudiziaria (di amministrazione) in oggetto deve essere riconosciuta ai ricorrenti in relazione ai periodi lavorativi sopra riferiti ed effettivamente riscontrati, allo stato, salvo eventuale pensionamento e trasferimento (e comunque nei limiti della eventuale prescrizione), e con le specifiche indicazioni riguardo la posizione del ricorrente A come sopra indicata, rispetto la avanzata richiesta, in assenza tra l’altro di opposizione da parte delle Amministrazioni resistenti.

2.4. Ciò posto, occorre però evidenziare che, ai sensi dell’art. 3, comma 63, della predetta legge n.537 del 1993 “i dipendenti pubblici in posizione di comando, di fuori ruolo o in altre analoghe posizioni non possono cumulare indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall’Amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell’Amministrazione presso la quale i predetti pubblici dipendenti prestano servizio”;
tale norma ha introdotto il divieto di cumulo delle indennità riconosciute ai pubblici dipendenti a decorrere dal 1°gennaio del 1994, con la conseguenza che, anche sotto questo profilo, da tale data l’attribuzione del beneficio reclamato dai ricorrenti, quand’anche spettante, va necessariamente valutata tenendo conto di altre indennità eventualmente già percepite dai medesimi, in ossequio alla “ratio” della norma che è quella di non effettuare ingiustificati pagamenti di indennità non dovute per effetto di cumuli che la sopra citata normativa intende appunto evitare;
ciò nel rispetto del principio della effettività della prestazione lavorativa alla quale è direttamente collegato l'obbligo di retribuzione a ogni dipendente spettando nella specie soltanto l'indennità accessoria legata alla specifica prestazione di lavoro svolta, salva la facoltà di optare per l'indennità economicamente più vantaggiosa. La facoltà in parola, sebbene non espressamente prevista, deve considerarsi ammissibile in base al canone fondamentale del divieto di “ reformatio in peius ” del trattamento economico del pubblico dipendente (sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. IV, nn. 6884/2007, 42/2001 e 1971/00;
C.G.A Reg. Sic. n.16 del 2004 cit.;
Tar Campania, Napoli, sez. IV n. 4443 del 2018 cit). A questo fine le Amministrazioni interessate dovranno attivarsi per evitare ingiustificati pagamenti di indennità non dovute per effetto della sopra illustrata normativa.

3. Deve, perciò, concludersi che la domanda merita favorevole apprezzamento, sia pure con i limiti sopra specificati, e, per l’effetto, ai ricorrenti deve essere corrisposta l’indennità de qua, maggiorata degli accessori, calcolati, secondo i criteri fissati per i crediti da lavoro, dalla spettanza al soddisfo.

Sussistono, tuttavia, eccezionali ragioni, tenuto conto anche della natura della controversia, per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

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