TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2020-01-16, n. 202000490

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2020-01-16, n. 202000490
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202000490
Data del deposito : 16 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/01/2020

N. 00490/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02954/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2954 del 2010, proposto da
R C, rappresentata e difesa dall'avvocato M D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Conca D'Oro n.184/190 - Pal. D;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

del provvedimento con il quale il Ministero dell'Interno ha escluso parte ricorrente dall'accesso al concorso interno per titoli di servizio ed esami a n. 266 posti per l'accesso al corso di formazione tecnico-professionale per la nomina alla qualifica di vice perito tecnico dei ruoli dei periti tecnici della Polizia di Stato di cui il 30% riservato agli appartenenti al ruolo dei revisori tecnici indetto con D.M. 24.9.2008.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 15 novembre 2019 la dott.ssa D C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con il presente ricorso R C ha impugnato il provvedimento adottato dal Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale del Personale, in data 2.10.09, pubblicato sul supplemento straordinario n. 1/27 del Bollettino Ufficiale del Personale del Ministero dell’Interno, nella parte in cui la stessa è stata esclusa dal concorso interno per titoli di servizio ed esami a n. 266 posti per l’accesso al corso di formazione tecnico – professionale per la nomina alla qualifica di vice perito tecnico dei ruoli dei periti tecnici della Polizia di Stato, perché ritenuta non in possesso del titolo di studio specifico in relazione al profilo professionale al quale aveva richiesto di concorrere e dell’anzianità di servizio richiesta dal bando di concorso, nonché ogni altro atto presupposto, inerente, connesso e consequenziale.

Ha altresì richiesto il risarcimento del danno in ipotesi di rigetto dell’istanza cautelare.

2. Tale provvedimento era stato impugnato innanzi al TAR Marche con ricorso n. 1101/2009 R.G.;
a seguito di adesione a regolamento di competenza, il giudizio è stato riassunto innanzi a questo T.A.R. con il presente ricorso.

3. La ricorrente assume l’illegittimità del provvedimento gravato poiché a suo dire si baserebbe su di un errato apprezzamento dei presupposti, nonché dei principi generali delle disposizioni di cui alla l. 121/1981 ed al DPR 337/1982, nonché del decreto del Ministero dell’Interno 28.4.2005 n. 129.

La ricorrente infatti era stata esclusa, come detto, sull’ asserito doppio presupposto per cui non sarebbe in possesso del titolo di studio specifico richiesto dal bando di concorso, e non avrebbe maturato un’anzianità di servizio di almeno sette anni nella qualifica di operatore tecnico.

3.1. Il provvedimento di esclusione sarebbe illegittimo, nella prospettazione attorea perché, in primo luogo, sarebbe stato valutato erroneamente come non idoneo il titolo di studio posseduto dalla ricorrente rispetto a quello richiesto dal bando.

La ricorrente infatti assume di essere in possesso del diploma di laurea in scienze biologiche, avendo superato presso l’Università degli studi della Tuscia l’esame di Stato nella seconda sessione relativa all’anno 2003 e di essere stata abilitata all’esercizio della professione di Biologo, nonché di avere inoltre conseguito il Dottorato di ricerca in “Ecologia e Gestione delle risorse Biologiche”, partecipando nell’ambito di studio del suddetto corso di dottorato, a numerosi seminari aventi ad oggetto di discussione tematiche scientifiche diverse.

I titoli di studio specifici richiesti dal bando per la qualifica di vice perito tecnico biologo sono il diploma di qualifica professionale di operatore chimico – biologico o il diploma di istruzione secondaria superiore ad indirizzo professionale di tecnico chimico e biologico o il diploma di istruzione secondaria superiore ad indirizzo tecnico di perito industriale capotecnico – specializzazione chimico.

La ricorrente sarebbe pertanto in possesso di un titolo di studio che presupporrebbe un livello di approfondimento superiore rispetto a quelli richiesti nell’allegato A del bando di concorso per il profilo professionale al quale aveva concorso, essendo il diploma di laurea in scienze biologiche conseguito all’ esito in un corso di studi quinquennale.

L’amministrazione inoltre non aveva fornito una ragionevole motivazione giustificativa dell’opposta opinione secondo la quale il titolo di studio posseduto dalla ricorrente non sarebbe compatibile con il titolo richiesto dal bando, considerate le funzioni e le competenze proprie del posto da ricoprire. Per questo motivo, non si comprenderebbe, a dire della ricorrente, la ragione per la quale l’amministrazione aveva ritenuto non conforme il titolo da Lei posseduto rispetto a quelli previsti nella lex specialis.

3.2. Nella prospettazione attorea inoltre il provvedimento sarebbe altresì illegittimo perché l’amministrazione aveva erroneamente ritenuto che la ricorrente non fosse in possesso del requisito dell’anzianità minima richiesta dal bando di concorso.

La ricorrente assume al riguardo di essere stata inquadrata nel ruolo degli operatori e collaboratori tecnici dal 29.5.2001, e che dal 29.5.2006 aveva conseguito la qualifica di operatore tecnico scelto. Ella quindi alla data del 24.9.2008 (data di adozione del decreto di indizione della procedura concorsuale) avrebbe maturato ben oltre sette anni di anzianità nel ruolo degli operatori tecnici.

Ha quindi ipotizzato che nel computo della anzianità di servizio maturata l’amministrazione potrebbe non avere, senza alcuna motivazione, incluso il periodo relativo al corso di formazione tecnico professionale, svolto successivamente al superamento delle prove di concorso in forza del quale, nel 2001, aveva ottenuto la nomina nella qualifica.

Tale decisione tuttavia non sarebbe condivisibile secondo la ricorrente perché la disposizione del bando di concorso sarebbe inequivoca, laddove all’art. 3 co. 1 afferma che “è ammesso a partecipare il personale del ruolo dei revisori tecnici della Polizia di Stato con un’anzianità di servizio, alla data del presente decreto, non inferiore a tre anni, ovvero il personale del ruolo degli operatori e collaboratori tecnici con un’anzianità di servizio, alla stessa data, non inferiore a sette anni, purché nel biennio precedente non abbiano riportato la sanzione disciplinare della deplorazione od altra più grave”. Tale disposizione non prevedeva dunque, secondo parte ricorrente, alcuna possibilità di opinare circa l’applicabilità del diverso criterio affermato dall’ amministrazione.

Senonché l’amministrazione aveva affermato nel decreto di esclusione dal concorso che tra i requisiti richiesti per la partecipazione al concorso vi sarebbe la “anzianità di effettivo servizio”.

Ad avviso della ricorrente un’ ulteriore conferma dell’irrazionalità della determinazione ingiustamente restrittiva della facoltà per alcuni candidati di partecipare al concorso adottata dall’amministrazione con il decreto de quo starebbe nel fatto che al successivo capoverso del provvedimento di esclusione viene dichiarato che il momento rilevante al fine della verifica del possesso del requisito in questione sarebbe quello della “nomina in prova di candidati”, e non già la data di acquisizione dell’anzianità giuridica nella qualifica;
da ciò, ad avviso della ricorrente, la discrasia rispetto alla disposizione dettata al riguardo dal bando di concorso, che non faceva alcun cenno né all’ “effettivo servizio” né tanto meno alla nomina prova.

Deduce infine che l’art. 24 quater del D.P.R. 335/1982, relativo all’immissione in ruolo dei sovrintendenti, che costituisce la qualifica omologa nel ruolo ordinario rispetto a quella messa a concorso nel ruolo tecnico, prevede espressamente che i frequentatori che al termine dei corsi abbiano superato l’esame finale conseguono la nomina “con decorrenza giuridica dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello nel quale si sono verificate le vacanze...”.

Il successivo art. 24 quinquies del medesimo decreto sancisce poi che “il personale che non supera il corso permane nella qualifica rivestita senza detrazione d’anzianità...”.

Da ciò si evincerebbe, secondo la ricorrente, come l’anzianità nella qualifica messa a concorso decorra dall’inizio della frequenza del corso di formazione e non dalla fine del medesimo.

Questo stesso principio sarebbe inoltre secondo parte ricorrente chiaramente affermato anche dall’art. 6 del D.P.R. 337/1982 in relazione all’avanzamento del grado di operatore tecnico a quello di operatore tecnico scelto laddove prescrive che “la promozione ad operatore tecnico scelto si consegue, a ruolo aperto, mediante scrutinio per merito assoluto al quale sono ammessi gli operatori tecnici che alla data di scadenza dello scrutinio abbiano compiuto cinque anni di servizio effettivo, ivi compreso il periodo di frequenza del corso di formazione”.

Pertanto, secondo la ricorrente, se tale periodo doveva essere espressamente computato nell’anzianità utile all’ammissione all’avanzamento nel grado di operatore tecnico scelto, non si comprende per quale ragione esso debba ritenersi escluso dal computo dell’anzianità minima utile ai fini dell’ammissione alla qualifica di vice perito tecnico.

4. Si è costituito il Ministero resistente, instando per il rigetto del ricorso.

5. L’istanza di sospensiva è stata rigettata, con ordinanza n. 3944 del 2010, sulla base dei seguenti rilievi “ Considerato che il ricorso non si presenta assistito da sufficienti elementi di “fumus”, atteso che non vi sono elementi per ritenere che il servizio, al quale il bando si riferisce, attenga anche al periodo del corso di formazione propedeutico all’attribuzione della qualifica attualmente rivestita (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 3385/2005) ”.

6. In vista dell’udienza di discussione del ricorso la ricorrente ha prodotto, in data, 14 ottobre 2019, memoria difensiva ex art. 73 comma 1 c.p.a. con cui ha insistito nei propri assunti, rappresentando che l’equiparazione del periodo formativo al servizio effettivo sarebbe perfettamente coerente con il principio generale di equiparazione fra periodo di formazione e quello di lavoro ordinario, che esprime un generale canone che si sovrapporrebbe, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale potrebbe disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione.

Assume inoltre che ad avviso delle Sezioni Unite, per la contrattazione collettiva non sarebbe possibile “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga: il legislatore avrebbe infatti considerato che la formazione al lavoro sia ex lege equiparabile al lavoro prestato” (in tal senso Cass. Sez. Lavoro, n. 18045 del 14.9.201).

Deduce inoltre l’irrilevanza del richiamo alla sentenza del TAR Lazio n. 3385/2005 in quanto relativa a diversa fattispecie, essendo il bando di concorso de quo del 2008.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza, fissata per lo smaltimento dell’arretrato, del 15 novembre 2019.

8. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.

9. Ed invero l’atto oggetto di impugnativa, in quanto atto plurimotivato, è stato legittimamente adottato sulla base del rilievo dell’assenza dell’anzianità minima di servizio per accedere al concorso de quo.

10. Deve pertanto al riguardo farsi applicazione del costante orientamento giurisprudenziale, costituente ius receptum , secondo il quale “Allorché sia controversa la legittimità di un provvedimento che si fondi su più ragioni di diritto tra loro indipendenti, l'accertamento dell'inattaccabilità anche di una sola di essa vale a sorreggere il provvedimento stesso, sì che diventano, in sede processuale, inammissibili per carenza di interesse le doglianze fatte valere avverso le restanti ragioni, soccorrendo, infatti, al riguardo il consolidato principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall'annullamento” (ex multis T.A.R. Napoli, (Campania) sez. III, 02/07/2019, n.3644;
in senso analogo T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 05/08/2019, n.353;
T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 05/06/2019, n.7298;
T.A.R. Napoli, (Campania) sez. V, 13/04/2018, n.2447;
T.A.R. Milano, (Lombardia) sez. II, 05/04/2017, n.795).

11. Quanto alla legittimità dell’indicata ragione ostativa il collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale già espresso con la sentenza TAR Lazio, sez. I ter, n. 3385/2005, richiamata nell’istanza di sospensiva, a nulla valendo la circostanza, addotta da parte ricorrente nella memoria finale, che la sentenza de qua non sia relativa al concorso oggetto dell’odierno contenzioso, in considerazione del rilievo che detta sentenza è del pari relativa a concorso interno per l’accesso al concorso di vice perito tecnico della Polizia di Stato, in cui viene in rilievo l’applicazione del combinato disposto dell’art. 25 ter del D.P.R. 24/04/1982, n. 337 (relativa al concorso interno per l’accesso alla qualifica di vice ispettore tecnico) e dell’art. 20 quater del medesimo D.P.R..

Infatti ai sensi dell’art. 25 ter comma 1 “Il concorso interno per titoli di servizio ed esami, di cui all'articolo 25, comma 1, lettera b), consiste in una prova scritta teorico-pratica e in un colloquio tendenti ad accertare il grado di preparazione tecnico professionale ed è riservato al personale del ruolo degli operatori e dei collaboratori tecnici in possesso, alla data del bando che indìce il concorso, di un'anzianità di servizio non inferiore a sette anni ed a quello del ruolo dei revisori tecnici proveniente da profili professionali omogenei a quello per il quale concorre, in possesso alla data del bando che indìce il concorso dell'abilitazione professionale eventualmente prevista dalla legge per l'esercizio dell'attività propria del profilo professionale per il quale si concorre, di un'anzianità di servizio non inferiore a tre anni, dello specifico titolo di studio di istruzione secondaria di secondo grado e che nell'ultimo biennio non abbia conseguito un giudizio complessivo inferiore a «buono». Il trenta per cento dei posti è riservato agli appartenenti al ruolo dei revisori tecnici”.

Nell’ipotesi di specie peraltro, intendendo la ricorrente accedere al concorso de quo dal ruolo di operatore tecnico, deve aversi riguardo non al disposto dell’art. 20 quater citato nell’indicata sentenza n. 3385 del 2005, ma al disposto dell’art. 5 del medesimo D.P.R. 24/04/1982, n. 337, vigente ratione temporis , che analogamente prescrive al comma 3 che “ I vincitori del concorso sono nominati allievi operatori tecnici e sono destinati a frequentare un corso di formazione a carattere teorico-pratico della durata di quattro mesi, finalizzato all'inserimento dei candidati in ciascuno dei settori tecnici di cui all'articolo 1, secondo le esigenze dell'Amministrazione ” e al comma 6 che “ Gli allievi operatori tecnici che abbiano superato gli esami di fine corso e abbiano ottenuto il giudizio di idoneità sono nominati operatori tecnici in prova, secondo l'ordine di graduatoria. Superato il periodo di prova, vengono nominati operatori tecnici ”.

Può pertanto farsi applicazione del medesimo principio stabilito nella citata sentenza di questo T.A.R., sez. I ter n. 3385 del 2005 - nella quale peraltro veniva in rilievo l’applicazione del disposto dell’art. 20 quater comma 1 lett. b) del medesimo D.P.R. nella parte in cui dispone che “ I vincitori del concorso sono nominati allievi vice revisori tecnici con il trattamento economico di cui all'articolo 59 della legge 1° aprile 1981, n. 121, e destinati a frequentare un corso di formazione tecnico professionale di durata non inferiore a sei mesi. Al termine del corso gli allievi che abbiano superato le prove teorico-pratiche conclusive e ottenuto il giudizio di idoneità sono nominati vice revisori tecnici in prova ” - secondo la quale, ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio, non può essere computato il periodo di frequenza del corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei revisori;
ciò in quanto tale disposto normativo, al pari di quello che viene in rilievo nell’ipotesi di cui è causa, ovvero l’art. 5 del D.P.R. 24/04/1982, n. 337, dispone che la nomina in prova e la successiva conferma in ruolo avvengano solo al compimento, con esito favorevole, del corso di formazione.

Pertanto, secondo l’indicata sentenza, solo a seguito di un tale esito favorevole si instaura il rapporto di impiego e conseguentemente quello di servizio.

Nella medesima sentenza si afferma del pari che non può essere posto in dubbio che l’attività svolta dagli allievi (seppure funzionale ad una futura presa di servizio) è meramente formativa e che solo all’atto della nomina in prova sono attribuite le qualifiche di agente di p.s. e di ufficiale di p.g. che costituiscono i connotati tipici del servizio prestato nei ruoli della Polizia di Stato, nonché che lo stesso trattamento economico corrisposto agli allievi non rappresenta il corrispettivo di un servizio reso nell’ambito di un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente, come risulta tra l’altro dalla circostanza che le relative somme di denaro non sono soggette a ritenute previdenziali.

Infine si evidenzia che quando il legislatore ha inteso equiparare al servizio prestato nella Polizia di Stato la semplice frequenza di un corso di formazione lo ha detto espressamente: con disposizioni (quale quella di cui all’art. 6 del D.P.R. 337/82 citata da parte ricorrente) che per il loro carattere eccezionale sono ovviamente insuscettibili di applicazione analogica.

12. Peraltro l’orientamento espresso da questo T.A.R. con l’indicata sentenza è stato confermato con la sentenza di questo T.A.R. sezione I ter n. 33650/2010, resa proprio con riferimento al concorso di cui è causa, in cui si è affermato che il mancato computo del “ periodo di tempo di frequentazione da parte degli operatori del relativo corso di formazione” risponde ad un principio di carattere generale – derogabile esclusivamente in presenza di disposizioni esplicite – secondo cui l’anzianità di carriera decorre dalla “nomina” nella qualifica” .

13. Stante l’infondatezza del ricorso, alla luce di tali dirimenti rilievi, va del pari rigettata anche la domanda risarcitoria.

13.1. Le questioni esaminate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati presi in considerazione tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ. sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ, sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

14. Sussistono peraltro, avuto riguardo ai scarsi precedenti giurisprudenziali in materia, e alla risalenza della causa, eccezionali e gravi ragioni per compensare le spese di lite.

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