TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-03-11, n. 201603094

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2016-03-11, n. 201603094
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201603094
Data del deposito : 11 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 14538/2015 REG.RIC.

N. 03094/2016 REG.PROV.COLL.

N. 14538/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14538 del 2015, proposto da:
S R, L D N, P M, I M, V C, B E nonché da B L, B S, B T e C P, gli ultimi quattro nella loro qualità di eredi del signor B L, rappresentati e difesi dall'avv. P C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico, 7;

contro

INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), quale successore ex lege dell’INPDAP, in proprio e quale procuratore speciale di SCIP – Società di cartolarizzazione degli immobili pubblici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Fiorentino, con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Cesare Beccaria, 29;
Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Agenzia del Demanio, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Cerilli Maria Teresa, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Marascio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via G.B. Martini, 2;
Soc New Euroart Srl, Soc Fabrica Immobiliare Sgr Spa;

per l’esecuzione

della sentenza n. 6848/2013 del TAR Lazio, Sezione Seconda, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quarta, n. 1417/2015.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’INPS, dell’Avvocatura Generale dello Stato e di Cerilli Maria Teresa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2016 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti espongono che, nella loro qualità di conduttori o aventi causa di immobili siti in Roma, via dei Laterani n. 28, di proprietà dell’INPDAP (ora INPS), avevano impugnato innanzi al TAR Lazio il decreto dell’Agenzia del Demanio del 30 novembre 2001, con il quale erano stati individuati ed elencati i beni immobili di proprietà dell’INPDAP ai quali era stata applicata la nuova procedura di vendita disciplinata dal decreto legge n. 351 del 2001, nella parte in cui aveva inserito nel predetto elenco il fabbricato con gli immobili di via dei Laterani, 28 in Roma.

Con sentenza n. 6848 del 2013, questa Sezione ha accolto il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti (il ricorrente N D D agisce nella presente sede quale usufruttuario vitalizio dell’immobile già di proprietà della signora M D G ricorrente presso il TAR nel giudizio concluso con la richiamata sentenza) e, per l’effetto, ha annullato in parte qua e secondo quanto indicato in motivazione, i provvedimenti impugnati (decreto dell’Agenzia del Demanio del 30 novembre 2001 di individuazione dei beni immobili di proprietà dell’INPDAP ai quali va applicata la nuova procedura di vendita disciplinata dal d.l. n. 351 del 2001, nella parte in cui ha inserito nell’elenco gli immobili di via dei Laterani 28, e decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, emanato di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 30 novembre 2001, nella parte in cui ha disposto il trasferimento degli immobili alla Società di cartolarizzazione SCIP).

La sentenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. 1417 del 2015 ha respinto i relativi appelli.

In particolare, sull’interesse al ricorso, il giudice di appello ha evidenziato che: “deve però, per completezza, osservarsi che – prescindendo dallo sconto effettivamente praticato - in ogni caso, per il resto, anche sulla base di ciò che sostengono e deducono gli appellati, mentre talune condizioni o clausole contrattuali sono certamente ed indiscutibilmente di maggior vantaggio per gli acquirenti (la possibilità di rivendita dopo soli cinque anni in luogo di dieci) configurandosi come un maggior o miglior diritto, altre condizioni contrattuali, come l’obbligo e diritto di acquistare l’invenduto (che l’ente previdenziale ritiene essere condizione peggiorativa, mentre gli appellati sostengono essere allo stesso tempo, com’è in effetti, una situazione soggettiva anche attiva), consentendo acquisti a condizioni estremamente vantaggiose, di locali pertinenziali e altro, inducono a ritenere persistente l’interesse ad agire” e che “quanto poi alla osservazione che nei fatti l’acquisto in blocco dell’ “invenduto” potrebbe risultare non eccessivamente conveniente, perché avverrebbe “in blocco” non essendo consentita la scelta di singoli immobili invenduti, si tratta di valutazioni che non impingono sulla persistenza dell’interesse per come rappresentato. Un diritto nel patrimonio di un soggetto costituisce una situazione soggettiva attiva;
altra cosa è che potrebbe essere non eccessivamente conveniente l’esercitarlo o mantenere un bene”.

I ricorrenti - nel premettere che il mancato passaggio in giudicato della decisione per effetto della proposizione del ricorso per revocazione e del ricorso per Cassazione non precluderebbe l’ottemperanza della sentenza ai sensi dell’art. 112, co. 2, lett. b), c.p.a. – hanno rilevato che sussisterebbe l’inottemperanza dell’amministrazione in quanto l’INPS avrebbe espressamente manifestato la volontà di non adempiere adducendo l’ineseguibilità del precetto contenuto nella regola juris in forza della quale i ricorrenti avrebbero dovuto acquistare al prezzo ed alle condizioni indicate nell’offerta con applicazione dell’art. 3, comma 20, d.l. n. 351 del 2001, convertito in l. n. 410 del 2001.

La dedotta ineseguibilità non sussisterebbe né con riguardo alla “insussistenza dell’invenduto”, atteso che l’attuale destinazione degli immobili invenduti dello stabile di via dei Laterani n. 28 sarebbe ad uso residenziale, né con riferimento alla invocata “verifica dell’applicabilità del D.L. n. 133/2014” che consentirebbe la riapertura dei termini della sanatoria degli occupanti senza titolo, atteso che sarebbero irrilevanti le sopravvenienze successive alla notifica della decisione che impone l’obbligo di ripristino della situazione quo ante.

L’effetto ripristinatorio del giudicato di annullamento, insomma, imporrebbe l’obbligo per l’amministrazione di attivare, ora per allora, il procedimento amministrativo sull’invenduto previsto dalla norma transitoria di cui all’art. 3, co. 20, d.l. n. 351 del 2001, convertito in l. n. 410 del 2001.

Pertanto, i ricorrenti hanno chiesto l’ottemperanza della sentenza in epigrafe, con determinazione delle modalità esecutive, e con dichiarazione di inefficacia degli atti emessi in violazione o elusione della regola juris ivi affermata.

Hanno chiesto altresì la nomina di un Commissario ad acta per l’ipotesi di perdurante inottemperanza delle amministrazioni nonché, ai sensi dell’art. 114, co. 2, lett. e), del c.p.a., la determinazione della somma di denaro dovuta dalle amministrazioni resistenti per ogni inosservanza successiva o ritardo nella esecuzione della sentenza.

L’INPS - nell’evidenziare di avere proposto ricorso per cassazione per difetto di giurisdizione tramite superamento dei limiti esterni della giurisdizione del Consiglio di Stato ed eccesso di potere giurisdizionale nonché ricorso per revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. - ha ribadito come l’interesse concreto dei ricorrenti a ricorrente in primo grado fosse quello di poter procedere all’acquisto delle unità invendute nel palazzo usufruendo del c.d. “acquisto in blocco” previsto dall’art. 6 l. n. 104 del 1996 e dall’art. 7 l. n. 140 del 1997.

Nel merito, ha sostenuto, da un lato, che le unità immobiliari cui attiene l’interesse dei ricorrenti non sono considerabili ai fini del giudizio in quanto all’epoca locati ad uso ufficio e, quindi, non previsti in ipotesi di vendita, dall’altro, che l’art. 20 del d.l. n. 133 del 2014 ha previsto, per i soli immobili INPS, la riapertura dei termini per la sanatoria degli occupanti senza titolo già prevista dall’art. 7 bis del d.l. n. 203 del 2005.

Di talché, ha concluso per il rigetto del ricorso e, in via subordinata, ha chiesto che siano determinate le modalità esecutive della sentenza non passata in giudicato ex art. 114, co. 4, lett. c), c.p.a.

L’Avvocatura Generale dello Stato si è costituita in giudizio per chiedere che sia dichiarata la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Agenzia del Demanio.

La signora Maria Teresa Cerilli è intervenuta ad adiuvandum dei ricorrenti.

I ricorrenti hanno depositato altre memorie a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni.

Alla camera di consiglio del 10 febbraio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’esatto perimetro del thema decidendum della complessa vicenda può essere individuato dalla richiesta formulata dai ricorrenti nel presente giudizio di esecuzione.

I ricorrenti chiedono: “la nomina di un commissario ad acta per l’ipotesi di perdurante inottemperanza delle amministrazioni oltre il termine che il giudicante vorrà assegnare per porre in essere, secondo i criteri, modalità e limiti stabiliti nella parte motiva della predetta sentenza del TAR Lazio II n. 6848/2013 ed in conseguenza dell’effetto ripristinatorio del giudicato di annullamento, l’attivazione, ora per allora, del procedimento amministrativo sull’invenduto, previsto dalla norma transitoria di cui all’art. 3, comma 20, del DL n. 351/2001 convertito in legge n. 410/2001, correlato ad una situazione giuridica risalente nel tempo di epoca di gran lunga anteriore allo eccepito jus superveniens e necessariamente pregiudiziale rispetto al procedimento di sanatoria degli occupanti abusivi: sanatoria la quale, se realizzata prima dell’ottemperanza attivata in questa sede, avrebbe l’intento di sottrarre dal patrimonio dell’invenduto beni occupati da soggetti sine titulo privilegiandoli rispetto agli attuali ricorrenti che, invece, legittimamente vantano precedenti e riconosciuti diritti sull’invenduto e sui beni pertinenziali secondo la regola juris affermata nella sentenza oggetto di esecuzione”.

I ricorrenti, pertanto, sostengono che, in esecuzione della sentenza, l’amministrazione dovrebbe attivare, ora per allora, il procedimento sull’invenduto previsto dalla norma transitoria di cui all’art. 3, comma 20, d.l. n. 351 del 2001.

Tale norma stabilisce che “le unità immobiliari definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 sono vendute, anche successivamente al 31 ottobre 2001, al prezzo e alle altre condizioni indicati nell'offerta. Le unità immobiliari, escluse quelle considerate di pregio ai sensi del comma 13, per le quali i conduttori, in assenza della citata offerta in opzione, abbiano manifestato volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, sono vendute al prezzo e alle condizioni determinati in base alla normativa vigente alla data della predetta manifestazione di volontà di acquisto. Per gli acquisti in forma non individuale, l'ulteriore abbattimento di prezzo di cui al secondo periodo del comma 8 è confermato limitatamente ad acquisti di sole unità immobiliari optate e purché le stesse rappresentino almeno l'80 per cento delle unità residenziali complessive dell'immobile, al netto di quelle libere”.

La domanda, così come formulata dai ricorrenti, non è eseguibile e deve essere respinta.

La sentenza di questa Sezione di cui è chiesta l’esecuzione, come detto, ha annullato in parte qua e secondo quanto indicato in motivazione i provvedimenti impugnati (decreto dell’Agenzia del Demanio del 30 novembre 2001 di individuazione dei beni immobili di proprietà dell’INPDAP ai quali va applicata la nuova procedura di vendita disciplinata dal d.l. n. 351 del 2001, nella parte in cui ha inserito nell’elenco gli immobili di via dei Laterani 28, e decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, emanato di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 30 novembre 2001, nella parte in cui ha disposto il trasferimento degli immobili alla Società di cartolarizzazione SCIP).

Ne consegue che, avendo rimosso dal mondo giuridico provvedimenti lesivi di interessi legittimi oppositivi dei ricorrenti, la sentenza in discorso è autoesecutiva, essendo il “bene della vita” tutelato in tale sede costituito dall’evitare che gli immobili contesi siano attribuiti ad altri soggetti giuridici, mentre, ove gli interessati intendano conseguire l’acquisizione in proprietà di tali beni sono tenuti a sollecitare l’azione dell’amministrazione ed eventualmente ad attivare un’azione di accertamento del diritto presso il competente giudice ordinario.

Ad ogni buon conto, anche ove volesse ritenersi che la sentenza resa nel giudizio di cognizione debba essere eseguita dall’amministrazione in quanto non è di per sé in grado di adeguare la realtà giuridica e materiale alle statuizioni del giudice, il ricorso non potrebbe comunque essere accolto.

In primo luogo, deve essere disposta l’estromissione dal giudizio dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze e del Lavoro e delle Politiche Sociali nonché dell’Agenzia del Demanio in quanto, una volta annullati gli atti da tali amministrazioni emanate, nessun ulteriore adempimento dalle stesse è dovuto, per cui sono carenti di legittimazione passiva.

Il Collegio rileva che l’azione è stata proposta ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. b), per conseguire l’attuazione di una sentenza esecutiva, non ancora passata in giudicato attesa la pendenza di un ricorso per revocazione per errore di fatto innanzi al Consiglio di Stato e di un ricorso innanzi alla Corte di Cassazione per motivi inerenti la giurisdizione, ricorsi proposti dall’amministrazione resistente.

In linea di principio è indubbio che l’amministrazione soccombente, a seguito di sentenza di annullamento esecutiva, ancorché non passata in giudicato, abbia comunque l’obbligo di ripristinare la situazione controversa a favore della parte vittoriosa in giudizio.

La retroattività dell’esecuzione trova un limite, al contempo logico e giuridico, nella sopravvenienza di mutamenti della realtà, fattuale e giuridica, tali da non consentire l’integrale ripristino dello status quo ante.

La responsabilità dell’obbligato ad adempiere, infatti, viene meno di fronte all’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

Nel caso di specie, l’amministrazione ha rappresentato che l’INPDAP già in una relazione del 1° dicembre 2011 aveva specificato la situazione delle unità ad uso residenziale dell’immobile, tutte cedute, con la precisazione che le altre unità dell’immobile sono indicate come unità ad uso diverso.

Di talché, l’amministrazione ne ha dedotto l’insussistenza del c.d. invenduto.

L’INPS, inoltre, ha posto in rilievo che, il 13 settembre 2010, sono stati restituiti da parte del Ministero dei Beni Culturali svariate unità organizzative ad uso ufficio nell’ambito del contratto di locazione del 30 settembre 1972 tra CPDEL e Ministero del Turismo relativo anche allo stabile di via dei Laterani n. 28, sicché da tale data risultano ulteriori unità libere nello stabile che, però, non sono considerabili ai fini del presente giudizio e non possono considerarsi utili al “blocco” ex l. n. 104 del 1996 in quanto all’epoca locate ad uso ufficio e, quindi, non previste in ipotesi di vendita.

In proposito, i ricorrenti, nella propria memoria di replica, hanno sostenuto che la destinazione urbanistica degli immobili invenduti di via dei Laterani n. 28 è sempre stata ad uso residenziale e che tale profilo era stato esaminato nel corso del giudizio conclusosi con la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza.

Tuttavia, a prescindere dall’essere stato o meno esaminato nel giudizio di cognizione, tale profilo non è contenuto nella statuizioni giurisdizionali di cui è chiesta l’esecuzione, per cui non vi è ragione di porre in discussione quanto affermato nella nota dell’INPDAP del 1° dicembre 2011 secondo cui “restano nella piena proprietà dell’Inpdap tutte le rimanenti unità immobiliari ad uso Ufficio presenti nell’immobile”.

Per altro verso, l’amministrazione ha sottolineato come, con la conversione in legge del d.l. n. 133 del 2014, all’art. 20, è stato previsto per i soli immobili INPS la riapertura dei termini per la sanatoria degli occupanti senza titolo già prevista dall’art. 7 bis del d.l. n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005.

La giurisprudenza consolidata ritiene che l’esecuzione del giudicato da parte della pubblica amministrazione può trovare ostacoli e limiti nelle sole sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla notificazione della sentenza.

Viceversa, nel caso di specie, come sottolineato, la sentenza di cui è chiesta l’esecuzione non è ancora passata in giudicato, sicché l’accertamento giurisdizionale in essa contenuto non può dirsi assistito dal crisma dell’intangibilità, con la conseguente applicabilità dello jus superveniens.

In definitiva, la sentenza di cui è chiesta l’ottemperanza è autoesecutiva, ma, anche volendo ritenere sussistente l’esigenza di un’ulteriore attività amministrativa, in ragione della situazione di fatto e di diritto rappresentata dall’INPS in corso di giudizio, l’esecuzione della sentenza con le modalità richieste dagli interessati risulta comunque impossibile.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.

3. Le spese del giudizio, in ragione della complessità fattuale e giuridica della vicenda, sono da compensare integralmente tra le parti.

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