TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2018-02-19, n. 201801908

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2018-02-19, n. 201801908
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201801908
Data del deposito : 19 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/02/2018

N. 01908/2018 REG.PROV.COLL.

N. 09448/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9448 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Società Emi Holding Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati P T, G D S, con domicilio eletto presso lo studio P T in Roma, l.go Messico, 7;

contro

Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Floatel Gmbh, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Mauro Vallerga, Filippo Scorcucchi, con domicilio eletto presso lo studio Ugo De Luca in Roma, via Federico Rosazza, 32;

per l'annullamento

del verbale di gara del 15/2016 di aggiudicazione provvisoria della concessione di valorizzazione del lotto 7 -Faro di San domino alle isole Tremiti

nonché

della nota prot. 2016/16066/DPS del 24.11.2016 , con la quale è stata comunicata l’aggiudicazione definitiva della concessione di valorizzazione del lotto 7 -Faro di San domino alle isole Tremiti;

della determinazione di aggiudicazione definitiva n. 75 prot. 2016/1650.

(impugnata con il ricorso per motivi aggiunti)


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia del Demanio e di Floatel Gmbh;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2017 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, la società ricorrente, in qualità di seconda classificata, impugna il provvedimento di aggiudicazione provvisoria del lotto 7 (concessione demaniale del Faro di San Domino alle isole Tremiti) in favore della Floatel Gmbh.

Espone la ricorrente che detta aggiudicazione è stata disposta nell’ambito di una procedura per la concessione di valorizzazione ex art. 3 bis DL 351/2001, convertito dalla l. 410/2001, di fari di proprietà dello Stato gestiti dall’Agenzia del demanio.

Dopo aver premesso che la procedura in esame, bandita in data 12.10.2015, costituisce un “contratto attivo” e che pertanto ad essa non si applica il d.lgs. n. 163/2006 se non nei limiti dell’auto vincolo da parte delle stazioni appaltanti, la ricorrente deduce le seguenti doglianze:

1) violazione degli artt. 4 e 6 dell’Avviso di gara nonché dei principi di parità di trattamento, non discriminazione e tutela della concorrenza, eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento dal fine , perché illegittimamente, in sede di soccorso istruttorio, sono stati richiesti documenti nuovi e previsti a pena di esclusione (traduzioni in italiano dei documenti già prodotti in lingua straniera, la documentazione ulteriore concernente le referenze bancarie, ecc.);

2) violazione dell’art. 4 dell’Avviso di gara nonché dei principi di parità di trattamento, non discriminazione e tutela della concorrenza, eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento dal fine , in quanto è stata illegittimamente consentita la produzione (dopo il soccorso istruttorio) di documenti in lingua straniera privi di traduzione giurata in italiano (ci si riferisce alla cauzione e alla prima referenza bancaria) e pertanto inidonei a dare sicurezza sull’esatto contenuto degli stessi;

3) violazione dell’art. 4, punto A.

6. dell’avviso di gara
per la non conformità della cauzione provvisoria alle prescrizioni del bando, mancando della clausola a prima richiesta e mancando i richiami agli artt. 1944 e 1957 c.c. o di contenuto analogo;

4) violazione dell’art. 4, punto A.

4. dell’avviso di gara
, in quanto la Floatel avrebbe dovuto essere esclusa per aver prodotto una sola referenza bancaria, in tedesco;
l’altra referenza tardivamente prodotta riguarda infatti unicamente un rapporto di conto corrente dell’amministratore delegato della società;
inoltre, la lettera del commercialista, pure prodotta, non è affatto rassicurante sulla solidità della società;
da essa infatti emergerebbe che la società è stata costituita nel 2013, il bilancio del 2014 non è stato ancora depositato e la dichiarazione dei redditi del 2014 è ancora da fare;

5) violazione dell’art. 4, punto C.

2. dell’Avviso di gara e del d.lgs. n. 39 del 2010 nonché del decreto del MEF 20 giugno 2012 n. 145,
in quanto l’asseverazione del Piano economico finanziario non è stata resa da una società di revisione ai sensi dell’art. 1 della l. n. 1966 del 1939 ma da una società di diritto tedesco, non abilitata ad operare in Italia perché non iscritta nell’elenco tenuto dal MEF né soggetta al controllo CONSOB;

6) in subordine, violazione dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, concorrenza e parità di trattamento per la mancata specificazione nel bando dei criteri di valutazione delle offerte economiche . Secondo la ricorrente, infatti, solo dopo l’apertura delle buste la Commissione avrebbe integrato il criterio di valutazione delle offerte economiche indicando il “tasso r”.

Tanto la controinteressata che l’Agenzia del demanio si sono costituite per resistere al presente ricorso, e hanno entrambe depositato memoria chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.

La controinteressata ha inoltre notificato in data 30 settembre 2016, un ricorso incidentale, recante un unico motivo di ricorso, avente ad oggetto la violazione della l. n. 1966 del 1939 e del principio dell’autovincolo, in quanto la ricorrente ha presentato un piano economico-finanziario asseverato da una società di revisione che non è iscritta all’albo delle società di revisione ai sensi della l. 1966/1939. Essa pertanto avrebbe dovuto essere esclusa.

La società ricorrente ha quindi notificato, in data 15 dicembre 2016, un ricorso per motivi aggiunti per impugnare la determinazione di aggiudicazione definitiva n. 75 prot. 2016/1650, deducendo in via derivata gli stessi vizi che affliggono l’aggiudicazione provvisoria.

La controinteressata ha a sua volta notificato, in data 29.12.2016, un altro ricorso incidentale, riproponendo la medesima censura già contenuta nel primo ricorso incidentale.

A causa della presentazione del secondo ricorso incidentale, la trattazione dell’istanza cautelare è stata rinviata all’udienza del 21.4.2017.

Parte ricorrente ha depositato una memoria difensiva in vista dell’udienza camerale del 21.4.2017, sottolineando come i bilanci nel frattempo presentati dalla società controinteressata, e relativi agli esercizi 2014 e 2015, confermerebbero un disavanzo eccessivo della società, con ulteriore riprova dell’inaffidabilità economico-finanziaria della aggiudicataria.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. 2033 del 2017 e si è fissata con la medesima ordinanza la data del 17 ottobre 2017 per l’udienza pubblica di trattazione della causa.

Tutte le parti hanno depositato memorie in vista dell’odierna udienza, illustrando e ulteriormente argomentando le proprie precedenti difese.

La causa è quindi stata trattenuta in decisione.

Occorre premettere che la controversia in esame attiene all’aggiudicazione di una concessione di valorizzazione di beni pubblici. Trattandosi di un contratto attivo della pubblica amministrazione, non trovano diretta applicazione le norme del codice degli appalti pubblici né quelle del codice del processo amministrativo concernenti i riti speciali previsti per gli appalti pubblici.

La disciplina applicabile ai contratti attivi conclusi dalla Pubblica amministrazione è infatti il Regio Decreto n. 2440/1923, il quale prevede come modalità di affidamento il pubblico incanto.

Ciò nonostante, la giurisprudenza della Corte di giustizia UE e quella nazionale ritengono che, anche in materia di contratti attivi, debba essere fatta applicazione dei principi discendenti dall'art. 81 del Trattato UE e delle Direttive comunitarie in materia di appalti, quali quelli della loro attribuzione mediante procedure concorsuali, trasparenti, non discriminatorie, nonché tali da assicurare la parità di trattamento ai partecipanti (cfr. ex multis T.A.R. Salerno, (Campania), sez. II, 10.3.2014, n. 553;
T.A.R. Salerno, (Campania), sez. II, 13.6.2013, n. 1275;
Tar Lombardia, sez. IV, sent. 26.1.2014, n. 2401).

Tanto premesso, venendo al merito della controversia, il Collegio ritiene che i due ricorsi incidentali, proposti dalla controinteressata, devono essere respinti in quanto infondati, mentre il ricorso originario nonché quello per motivi aggiunti sono fondati e pertanto devono essere accolti.

Tali esiti consentono al Collegio di non affrontare l’annosa questione circa l’ordine di esame del ricorso incidentale escludente rispetto al ricorso principale nel caso in cui i concorrenti ammessi siano più di due, questione della quale peraltro è stata recentemente investita l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. Cons. St., sez. V, ordinanza 6 novembre 2017, n. 5103).

Pertanto, unicamente al fine di garantire un ordine espositivo, si procederà in primo luogo all’esame dei ricorsi incidentali, con i quali la controinteressata contesta la mancata esclusione dalla gara della ricorrente in quanto il piano economico finanziario dalla stessa presentato è stato asseverato da una società non iscritta all’albo delle società di revisione di cui all’art. 1 della l. 1966 del 1939, albo tenuto dal Ministero dello sviluppo economico. Essa invece risulta iscritta nel registro delle società di revisione contabile legale, istituito dal d.lgs. n. 58 del 1998, e tenuto dal Ministero dell’economia e delle finanze.

Sostiene la controinteressata che il rinvio contenuto prima nella l. Merloni ter (1998) e poi recepito nel codice degli appalti pubblici del 2006 (e ora anche nel codice del 2016) alle società di revisione di cui all’articolo 1 della l. n. 1966/1939 debba ritenersi indicativo di una chiara e reiterata volontà del legislatore di affidare il compito della asseverazione dei piani economico-finanziari unicamente alle società di revisione iscritte nell’albo tenuto dal MISE e non anche alle società di revisione legale iscritte nell’albo tenuto dal Ministero dell’economia e finanze.

Di contro la stazione appaltante, seguendo i pareri resi dal Ministero dell’economia e finanze e dall’ANAC, ha ritenuto di interpretare, in sede di FAQ, il bando rinviando all’art. 153 comma 9 d. lgs. N. 163/2006 e di ritenere incluse tra le società di revisione abilitate all’attività di asseverazione del piano economico e finanziario anche a quelle autorizzate dalla CONSOB ai sensi del d.lgs. 58/1998 ed iscritte nell’Albo tenuto dal MEF.

Ai fini della risoluzione della presente questione, che a quanto consta non è ancora mai stata affrontata dalla giurisprudenza, appare opportuna, in via preliminare, una breve ricostruzione del quadro normativo di interesse.

L’asseverazione del piano economico e finanziario (PEF), introdotta in relazione alle ipotesi di project financing , attesta la correttezza e la congruità delle poste utilizzate per la sua elaborazione e fornisce una positiva valutazione sugli elementi economici (costi e ricavi del progetto) e finanziari (composizione delle fonti di finanziamento), verificandone l’equilibrio in relazione ai flussi di cassa generati dal progetto, esclusivamente sulla base dei dati forniti dall’impresa (cfr. Atto di regolazione AVCP n. 14 del 5 luglio 2001).

La legge Merloni (L. 11 febbraio 1994, n. 109), all’art. 37 bis, a seguito della modifica introdotta con l’art. 7, comma 2, lett. aa) della L. 1 agosto 2002, n. 166, attribuì la competenza ad asseverare il piano economico finanziario, oltreché agli istituti di credito e alle società di servizi costituite dall’istituto di credito stesso ed iscritte nell’elenco generale degli intermediari finanziari anche “ alle società di revisione ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966 ”.

Tale disposizione è stata successivamente riversata, senza modifiche, nell’art. 153, comma 9, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (il Codice dei contratti pubblici previgente) ed è ora contenuta all’art. 183, comma 9, del nuovo Codice (D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

Le società fiduciarie e di revisione di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966 (disciplinate anche dal relativo regolamento di attuazione, recato dal Regio Decreto 22 aprile 1940, n. 531) sono definite, all’articolo 1 della citata legge, come imprese che “ comunque denominate, si propongono … di assumere l'amministrazione dei beni per conto di terzi, l'organizzazione e la revisione contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni ”.

L’evoluzione normativa (a partire dal D.P.R. 31.3.1975, n. 136 istitutivo dell’Albo speciale delle società di revisione abilitate alla certificazione dei bilanci delle società quotate in borsa, tenuto dalla Consob) e la prassi conseguente hanno condotto a distinguere come soggetti diversi le società fiduciarie da un lato e quelle di revisione dall’altro.

Vengono pertanto attualmente costituite – da parte degli operatori del settore – e autorizzate – da parte del Ministero (originariamente era il Ministero delle corporazioni, poi il Ministero dell’industria commercio e artigianato e attualmente il Ministero dello Sviluppo economico) - società con ambiti operativi limitati al solo settore fiduciario, ovvero comprendenti sia l’attività fiduciaria che quella di organizzazione e revisione contabile di aziende, od, infine, limitati alla sola organizzazione e revisione contabile di aziende.

Le società fiduciarie e di revisione, oggi autorizzate dal MISE, non risultano iscritte in alcun “Albo” o “registro ufficiale” tenuto dallo stesso ministero, come sostenuto la ricorrente incidentale, ma sono unicamente inserite in due elenchi pubblicati sul sito internet del MISE, e dallo stesso ministero tenuti, uno dedicato alle società fiduciarie e di revisione e un altro unicamente alle società di revisione.

Come già anticipato sopra, il D.P.R. 31 marzo 1975, n. 136 (oggi quasi integralmente abrogato dal d.lgs. n. 58 del 1998), all’art.1 c.1, demandò “ le funzioni di controllo della regolare tenuta della contabilità sociale, della corrispondenza del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite alle risultanze delle scritture contabili e dell’osservanza delle norme stabilite dall’art. 2425 del codice civile per la valutazione del patrimonio sociale” e di “certificazione del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite ” delle società quotate in borsa esclusivamente alle società di revisione iscritte nell’Albo speciale (di contestuale istituzione ex art.8) tenuto dalla Commissione nazionale per le società e la borsa. A detto Albo potevano essere iscritte anche le “ le società autorizzate ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966 ” purché in possesso di determinati requisiti, fra cui la perimetrazione dell’oggetto sociale con esclusivo riferimento alla “ organizzazione e revisione contabile di aziende ”, con preclusione all’esercizio di qualsiasi altra attività.

Con il d.lgs. n. 88/1992 (oggi abrogato dall’art. 43 del d.lgs n.39 del 2010 con la decorrenza e i limiti ivi previsti), in attuazione della direttiva n. 84/253/CEE relativa all’abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili, fu istituito inoltre il Registro dei revisori contabili tenuto dal Ministero della giustizia. Ad esso si potevano iscrivere anche le società già autorizzate ai sensi della l. 1966 del 1939, purché presentassero apposita domanda e dimostrassero il possesso dei prescritti requisiti tra cui oggetto sociale limitato alla revisione e alla organizzazione contabile di aziende (cfr. art. 12 d.lgs. n. 88/1992).

Il D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, abrogò il D.P.R. n. 136/1975 (Articolo 214, comma 1, lett. t), ma mantenne comunque l’Albo speciale delle società di revisione abilitate all'esercizio delle attività previste dagli 155 (Attività di revisione contabile) e 158 (aumento capitale) e ne confermò la vigilanza in capo alla CONSOB (art. 161).

Con il decreto legislativo n. 39 del 2010, di attuazione della direttiva 2006/43/CE, è stata nuovamente disciplinata l’attività di revisione legale dei conti delle società quotate in borsa. E’ stato soppresso il registro dei revisori tenuto dal Ministero della giustizia ed è stato trasferito al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) il compito di tenere il registro dei revisori legali e delle società di revisione legale, autorizzate cioè allo svolgimento dell’attività di revisione obbligatoria, nel quale è confluito, nel 2012, anche l’Albo speciale delle società di revisione tenuto dalla Consob.

E’ rimasto fermo il potere di vigilanza della CONSOB sui revisori e sulle società di revisione che hanno incarichi relativi a società quotate in borsa. (art. 22 d.lgs. 39/2010).

Lo stesso decreto legislativo n. 39 del 2010, inoltre, reca all’art. 1 lett. q) una definizione di “ societa' di revisione legale: una società abilitata a esercitare la revisione legale ai sensi delle disposizioni del presente decreto e iscritta nel Registro ovvero un'impresa abilitata a esercitare la revisione legale in un altro Stato membro dell'Unione europea ai sensi delle disposizioni di attuazione della direttiva 2006/43/CE, come modificata dalla direttiva 2014/56/UE, vigenti in tale Stato membro ;”

Tale evoluzione normativa spiega come mai vi siano oggi un Registro dei revisori e delle società di revisione legale tenuto dal MEF e un elenco tenuto dal MISE, relativo alle società di revisione autorizzate ai sensi della l. 1966/1939.

Essendo la revisione legale e obbligatoria dei conti riservata alle società iscritte al registro tenuto dal MEF, le società di revisione presenti nell’elenco tenuto dal MISE possono attualmente svolgere unicamente l’attività di revisione “non obbligatoria” (ossia per i soggetti non obbligati alla revisione legale dei conti), con effetti di tipo privatistico e senza il valore legale dell’attività esercitata ex D.Lgs. n. 39/2010. (es. valutazione di aziende e patrimoni;
all’assistenza nella ristrutturazione della contabilità e dell’amministrazione di aziende in crisi o in fase di rilancio;
ecc.).

Alla luce del quadro normativo sopra delineato, appare chiaro che vi sia stata negli anni una significativa evoluzione delle funzioni e del ruolo delle società di revisione.

Molte delle società di revisione originariamente autorizzate secondo il regime della l. 1966/1939 sono transitate nei nuovi Albi o Registri e sono divenute quindi – successivamente – società di revisione autorizzate al controllo legale e obbligatorio dei conti. Altre, invece, sono rimaste invece nell’elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo economico.

Tenendo conto di questo complesso contesto normativo, deve essere letto, ad avviso del Collegio, il rinvio operato, a partire dalla modifica alla legge Merloni del 2002, dalla disciplina dei contratti pubblici alle “ società di revisione ai sensi dell’art. 1 della l. 23 novembre 1939, n. 1966 ”, quali soggetti legittimati ad effettuare l’asseverazione del piano economico e finanziario.

Di tale normativa inoltre il Collegio tenterà di dare una lettura costituzionalmente orientata, ai sensi dell’art. 3 Cost, idonea a superare opzioni interpretative che condurrebbero ad irragionevoli disparità di trattamento, e che tenga conto dell’evoluzione e successione delle varie fonti che – come si è visto sopra – sono su questo tema intervenute.

Va in primo luogo sottolineato che la normativa sugli appalti pubblici più volte citata (art. 153 comma 9 d. lgs. n. 163/2006) alla quale l’amministrazione ha fatto espresso rinvio, non fa riferimento ad alcun Registro o Albo in cui dette società di revisione debbano essere iscritte, ma menziona unicamente la fonte normativa che ha originariamente disciplinato tali tipologie di società, limitando peraltro il rinvio al solo art. 1 della legge 1966 del 1939, il quale contiene unicamente la definizione delle società di revisione (e fiduciarie). La disciplina del procedimento di autorizzazione da parte oggi del MISE è invece contenuta nei successivi articoli della legge, che non sono stati richiamati.

Va in secondo luogo rilevato che la l. n. 1966 del 1939 era l’unica fonte normativa che all’epoca di emanazione della norma in esame (2002) contenesse una definizione di società di revisione.

Solo l’evoluzione normativa successiva infatti, con il d.lgs. n. 39/2010, ha consentito di enucleare una ulteriore definizione di “società di revisione legale” (art. 1, lett. q).

Si tratta tuttavia, come si è visto sopra, di una tipologia di società di revisione che ha un ambito di competenze riservato, potendo essa solo svolgere l’attività di revisione legale, preclusa invece alle società di revisione autorizzate ai sensi della l. 1966/1039, alle quali, sono rimaste – come si è detto - solo le attività di revisione contabile di aziende non obbligatorie e di rilievo privatistico. Ma non è vero il contrario. Ed infatti alle società di revisione legale iscritte ora nel registro del MEF non è certo precluso di svolgere anche attività di revisione aziendale di rilievo privatistico, al pari di quelle autorizzate dal MISE.

Va inoltre rilevato, come si è detto sopra, che molte delle società di revisione originariamente autorizzate ai sensi della l. 1966/1939 sono negli anni transitate nell’Albo speciale tenuto dalla Consob o nel Registro dei revisori legali tenuto dal Ministero della giustizia, entrambi confluiti, da ultimo, del Registro attualmente tenuto dal MEF, qualora potessero vantare i requisiti richiesti dalle successive leggi.

Infine, non va sottovalutato che la disciplina dettata dalla l. n.1966 del 1939 è, data la sua epoca di adozione, meno attenta ad aspetti di indipendenza e professionalità degli operatori, profili poi valorizzati nelle normative successive, le quali hanno anche dovuto, negli anni, attuare i principi del diritto comunitario sul tema.

Tutte queste considerazioni inducono il Collegio a ritenere che l’unica interpretazione coerente con il quadro normativo sopra delineato e con i principi di ragionevolezza e parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. è quella di intendere il rinvio operato dalla legge Merloni nel 2002 alle società di revisione di cui all’art. 1 della l. n. 1966 del 1939 come riferito a tutte le società che, comunque denominate, si propongano sotto forma di impresa di assumere la “ revisione contabile di aziende ”, e dunque, se il più contiene il meno, non solo le società di revisione inscritte nell’elenco tenuto dal MISE ma anche le società di revisione legale, le quali non solo possono svolgere le stesse funzioni consulenziali privatistiche delle società autorizzate dal MISE ma anche la ben più rilevante funzione di revisione legale dei conti.

A riprova di ciò milita la circostanza sopra richiamata che molte società di revisione sono nel tempo transitate nel registro del MEF, in presenza di ulteriori presupposti e requisiti soggettivi.

Appare dunque evidente che vi sia stata una chiara linea di continuità tra le società di revisione autorizzate ai sensi della l. 1966 del 1939 e le società di revisione che sono risultate iscritte all’Albo speciale di cui al DPR del 1975 e poi al registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia dal d.lgs. n. 88 del 1992, successivamente sostituito da quello istituito presso il MEF e disciplinato dal d.lgs. n. 39 del 2010.

Pertanto, sarebbe in contrasto con tale linea di continuità, oltre che assolutamente illogico, ritenere che una funzione come l’asseverazione del PEF sia riservata alle sole società di revisione rimaste negli elenchi tenuti dal MISE e non anche per quelle transitate nei registri MEF, pur potendo queste ultime vantare requisiti ulteriori.

Deve dunque affermarsi che nel novero delle società di revisione autorizzate alla asseverazione dei Piani economici e finanziari rientrano sia quelle ancora autorizzate dal MISE che le società di revisione legale di cui al registro tenuto dal MEF.

La tesi del ricorrente incidentale, fatta propria anche dal MISE, nel parere reso in occasione della procedura di gara in esame (doc. n. 10 della produzione di Floatel GmbH), secondo la quale la volontà del legislatore sarebbe stata quella di consentire l’attività di asseverazione del piano economico finanziario alle sole società di revisione iscritte nell’elenco tenuto dal MISE, con esclusione delle società di revisione legale iscritte al registro MEF si base essenzialmente sull’argomento della ripetizione della formulazione contenuta nella legge Merloni, avente ad oggetto il rinvio all’art. 1 della legge n. 1966 del 1939, nei testi di codificazione che si sono nel tempo succeduti.

Si tratta tuttavia di un argomento che non appare decisivo.

La circostanza della ripetizione nei vari testi normativi che si sono succeduti nel tempo della formulazione originaria contenuta nella legge Merloni (risalente alle modifiche apportate nel 2002) non appare di per sé significativo di una consapevole voluntas legis – come sostiene invece il MISE nel citato parere – di voler attribuire soltanto alle pochissime società di revisione ancora iscritte nel registro del MISE la facoltà di asseverare il PEF, escludendo da tale attività le ben più numerose società di revisione iscritte nel registro detenuto dal MEF, tanto più che queste ultime risultano incaricate di compiti assai più delicati e di rilievo pubblicistico e sono inoltre assoggettate a prescrizioni più stringenti e controlli più intensi. Nessuna indicazione in tal senso infatti si rinviene negli atti parlamentari né risulta che il profilo sia stato oggetto di particolari approfondimenti prima di essere recepito nella codificazione in materia di contratti pubblici del 2006 e poi in quella del 2016.

Va inoltre ricordato che una compiuta e organica disciplina delle società di revisione legale è intervenuta solo nel 2010, dunque dopo codificazione del 2006, la cui normativa è applicabile, in ragione del rinvio operato dalla stazione appaltante, al caso in esame.

Appare invece molto più convincente invece la tesi che il rinvio operato dal legislatore, nel 2002, all’art. 1 della l. n. 1966/1939 abbia inteso unicamente far riferimento alla fonte normativa che per prima ha disciplinato le società di revisione e che all’epoca conteneva l’unica definizione di società di revisione, senza tuttavia voler dare rilevanza alcuna alla questione del registro o Albo cui esse fossero iscritte.

Non va peraltro dimenticato che quando il legislatore ha per la prima volta introdotto la formula normativa di cui si discute (nel 2002), ancora non era stato approvato il d.lgs. n. 39 del 2010, il quale in effetti soltanto contiene una definizione normativa di società di revisione legale.

Tale dato depone anch’esso per la riferibilità della espressione: “ società di revisione contabile ai sensi dell’art. 1 della l. 23 novembre 1939, n. 1966 ” anche alle società di revisione legale inscritte nel registro tenuto dal MEF, quale è quella di cui si è avvalsa la ricorrente per l’asseverazione del Piano economico e finanziario.

D’altro canto, anche l’ANAC si è espressa secondo questa linea interpretativa, sottolineando – nel proprio parere (doc. 8 della produzione della controinteressata) - come la volontà del legislatore deve intendersi quella di indicare soggetti che per requisiti oggettivi e soggettivi e tipologia di controlli cui sono assoggettati sono professionalmente idonei ad asseverare un piano economico finanziario. Pertanto, appare condivisibile la tesi che il rinvio operato dal legislatore, alla luce della complessa evoluzione normativa nel frattempo intervenuta, vada inteso con riferimento alle società di revisione tout court , a prescindere dalla iscrizione all’uno o all’altro registro. Si tratta inoltre di una soluzione conforme al principio del favor partecipationis e rispondente alle esigenze di tutela degli interessi pubblici cui l’asseverazione è preposta, attesa l’elevata qualificazione professionale delle società di revisione iscritte nel registro del MEF.

Una diversa opzione interpretativa (ovvero quella voluta dalla ricorrente incidentale), di contro, presterebbe il fianco a critiche di palese irragionevolezza e ingiustificata disparità di trattamento, finendo per limitare le attività consulenziali delle società di revisione legale (sottoposte a più stringenti controlli e requisiti rispetto alle società di revisione autorizzate dal MISE), non consentendo loro una specifica attività quale quella di asseverazione dei piani economici e finanziari.

Verrebbe in tal modo ad essere sancita una sorta di vantaggio anticoncorrenziale a favore di un numero assai limitato di società di revisione di cui all’elenco MISE, mentre le ben più numerose società di revisione legale, iscritte al registro del MEF, sarebbero irragionevolmente estromesse da tale attività.

In conclusione, per tutte queste ragioni, i ricorsi incidentali proposti dalla ricorrente vanno entrambi respinti.

Per quanto riguarda il ricorso principale, nonché quello per motivi aggiunti, in linea con quanto già statuito in sede cautelare, il Collegio ritiene fondato il quarto motivo di ricorso con il quale parte ricorrente sostiene che vi sia stata la violazione dell’art. 4, punto A.

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