TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2024-01-09, n. 202400233
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Testo completo
Pubblicato il 09/01/2024
N. 00233/2024 REG.PROV.COLL.
N. 03912/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3912 del 2020, proposto da
A A, rappresentata e difesa dall'avvocato A I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Lacco Ameno, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione n.4/2020 del Comune di Lacco Ameno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lacco Ameno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 26 ottobre 2023 la dott.ssa M A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente è proprietaria di un appartamento al secondo piano del fabbricato sito in corso Angelo Rizzoli n. 8, del Comune di Lacco Ameno, riportato in catasto al foglio 5, p.lla n.515, sub. 9, che ha formato oggetto di un intervento di ristrutturazione realizzato in forza della concessione edilizia n. 28 del 19.6.1973.
La ricorrente ha presentato in data 2.2.2018 una C.I.L.A. per l’esecuzione di lavori volti ad una diversa distribuzione degli spazi interni.
A seguito di sopralluogo, veniva contestato alla ricorrente la realizzazione in assenza di titolo edilizio di “una finestra di piccole dimensioni nell’attuale ambiente adibito a servizio igienico, adiacente al soggiorno-cucina”, nonché l’ampliamento dell’attuale finestra (avente una larghezza di metri lineari 2,68), rispetto alle dimensioni di metri 1,20, rappresentata graficamente nella pianta di cui alla licenza edilizia n. 28/73.
Con l’ordinanza n. 4/2020 del 18 giugno 2020 il Comune ha ingiunto alla ricorrente il ripristino dello stato autorizzato, preannunciando l’esecuzione d’ufficio con addebito delle spese al destinatario in caso di inadempimento.
Con il ricorso in trattazione la ricorrente ha impugnato il provvedimento per i seguenti motivi.
1) difetto di istruttoria, genericità, astrattezza, carenza di motivazione, violazione del giusto procedimento, violazione dell’art. 44 della l. 47/85: il finestrino del servizio igienico è stato realizzato in virtù della licenza edilizia n. 28/73. L’ampliamento dell’altra finestra era stato fatto oggetto di istanza di condono in data 1.10.86 da parte della dante causa della ricorrente, come dimostrato dalla relazione tecnica del 4.8.2020 prodotta in atti e dalla documentazione allegata, che l’Amministrazione non ha mai esaminato.
2) violazione art. 7 legge n. 241/90: violazione del principio del giusto procedimento, eccesso di potere: il provvedimento impugnato non è stato preceduto da una valida comunicazione di avvio del procedimento.
3) incompetenza sotto altro profilo. violazione art. 51 legge n.142/90: il provvedimento è affetto da incompetenza, poiché ai sensi dell'art. 51, comma 3, della legge n. 142 del 1990, nel testo successivo alle modifiche apportate dalla L. 127/97, l’assetto di competenze stabilito dalle suddette disposizioni era subordinato all’emanazione di atti organizzativi e normativi di livello sub primario che nel provvedimento impugnato non sono richiamati.
4) violazione dell'art.164 D.Lgs 490/99, violazione della legge regionale n.10/1982, violazione dell'art. 167 del D.Lgs. 41/04, violazione del D.P.R. 616/1977 (art.82 lett. b, d ed e), violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto, incompetenza, difetto di motivazione: il provvedimento impugnato, che richiama anche il d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e il D.Lgs 42/04 è illegittimo anche perchè, non essendo stato accertato alcun danno ambientale, avrebbe dovuto disporsi l'applicazione dell’“ indennità ” prevista dall'art.167 e non il ripristino dello stato dei luoghi.
5) eccesso di potere per difetto di motivazione in relazione al pubblico interesse al ripristino e al presunto contrasto dell'intervento con la normativa urbanistica vigente, violazione dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria: il provvedimento dispone il ripristino senza dare contezza né dell'interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, né del contrasto delle opere eseguite con la normativa urbanistica vigente, che non è ipotizzabile stante la natura e le caratteristiche, delle violazioni contestate;la relazione tecnica in atti dimostra che le opere sono conformi agli strumenti urbanistici vigenti, per essere il finestrino indicato nei grafici allegati alla licenza edilizia n. 28/73 e l’ampliamento legittimabile all’esito dell’istruttoria della domanda di condono.
6) difetto di motivazione: il responsabile dell'U.T.C., pur avendo fondato l'applicazione della sanzione sugli accertamenti tecnici redatti dal proprio ufficio, ha, poi, omesso di renderli noti e disponibili al destinatario;il provvedimento non reca alcuna motivazione in ordine all’interesse attuale alla demolizione.
Si è costituito il Comune di Lacco Ameno chiedendo il rigetto del ricorso ed evidenziando che il finestrino del bagno pur risultando dalla licenza del 1973 non è presente nello stato di fatto allegato alla SCIA del 2018 e non è possibile affermare che l’ampliamento dell’altra finestra (posta sul lato nord) fosse oggetto di condono per mancanza della documentazione grafica a corredo dell’istanza.
La domanda cautelare proposta in seno al ricorso è stata respinta.
All’udienza di smaltimento dell’arretrato del 26 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. E’ in parte fondato il primo motivo di ricorso. Dalla relazione del funzionario che ha curato l’istruttoria (prot. n. 5676 del 12.6.2020) e dalle stesse difese del Comune, emerge che la “finestra di piccole dimensioni nell’attuale ambiente adibito a servizio igienico, adiacente al soggiorno-cucina” era presente nei grafici allegati alla licenza edilizia n. 28/1973. Il Comune ha ritenuto che essa fosse stata realizzata sine titulo soltanto perché il tecnico incaricato di redigere gli elaborati della C.I.L.A. presentata nel 2018 non l’ha riportato nel rilievo planimetrico dello stato di fatto allegato alla suddetta pratica. La circostanza, tuttavia, non consente di affermare che l’apertura in questione sia priva di titolo edilizio. La C.I.L.A. del 2018, infatti, è stata presentata per la realizzazione di opere modificative del distributivo interno e, dunque, non assumeva alcuna efficacia modificativa dei precedenti titoli edilizi che avevano autorizzato la conformazione dei prospetti e, in particolare, della licenza edilizia n. 28/1973 nel cui rilievo planimetrico la finestra in questione è presente.
Le ragioni richiamate dal Comune per affermare che la finestra in questione fosse stata abusivamente realizzata non sono, dunque, sufficienti a sostenere la sanzione irrogata e, pertanto, l’ordinanza di demolizione va annullata in parte qua.
Lo stesso non può affermarsi con riguardo l’ampliamento della finestra prospettante sul lato nord che è incontestatamente difforme dalla licenza edilizia n. 28/1973. La ricorrente afferma che tale ampliamento rientra tra le opere per le quali la sua dante causa aveva presentato istanza di condono (prot. 9069/1986), essendo presenti tra gli abusi da sanare anche opere di tipologia 4 ( “opere realizzate in difformità dalla licenza o dalla concessione edilizia e che non comportino aumento di superficie utile o di volume assentito, opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’art. 31 lettera d della legge 457/78, realizzate senza licenza edilizia o concessione, o in difformità da essa;opere che abbiano determinato un mutamento di destinazione d’uso ”). Il Comune ha replicato evidenziando che non v’è prova della riconducibilità dell’ampliamento della finestra prospettante sul lato nord alla suddetta istanza, poiché questa risulta priva di documentazione tecnico-amministrativa atta a rappresentare le opere da sanare.
La tesi del Comune appare fondata. L’istanza di condono depositata in atti non presenta né la documentazione planimetrica rappresentativa degli abusi, né documentazione fotografica, né, tantomeno, una relazione tecnica descrittiva delle opere da sanare. Neppure la ricorrente – oltre alla generica indicazione dell’astratta riconducibilità dell’ampliamento alle opere di tipologia 4 - ha fornito elementi che consentano, anche in via induttiva, di ricondurre l’ampliamento in questione alla suddetta istanza.
In mancanza di elementi in tal senso, non può, dunque, ritenersi provato il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria dell’ordinanza di demolizione impugnata, essendo la giurisprudenza granitica nell'affermare, che l'onere della prova in merito alla consistenza ed all’epoca di realizzazione degli abusi oggetto di un’istanza di sanatoria ordinaria o di condono grava sul richiedente, “dal momento che solo l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto (cfr. ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2022, n. 1956;Cons. Stato, Sez. VI. 9 luglio 2018, n. 4168, 9 luglio 2018, n. 4168, 20 dicembre 2013, n. 6159 e 1 febbraio 2013, n. 631;Sez. V, 20 agosto 2013, n. 4182 e 15 luglio 2013 n. 3834)” (da ultimo, ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 17/02/2023, (ud. 16/02/2023, dep. 17/02/2023), n.1672).
Dunque, non essendovi elementi sufficienti per poter ritenere che l’istanza di sanatoria comprendesse anche il suddetto ampliamento l’ordinanza di demolizione è, in parte quale, esente dal vizio dedotto.
2. Gli altri motivi non sono fondati.
3. Per costante orientamento l'ordine di demolizione, conseguente alla realizzazione di opere eseguite in assenza o in difformità del titolo edilizio, ha carattere doveroso e vincolato e, pertanto, di regola, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento (cfr. da ultimo, Consiglio di Stato sez. VI, 12/05/2023, n.4794).
4. È infondata anche la censura concernente il difetto di competenza del dirigente dell’ufficio tecnico comunale all’adozione dell’ordinanza di demolizione, atteso che in base all’art. 107 D.Lgs. 267/2000, applicabile all’ordinanza di demolizione impugnata in base al principio del t empus regit actum , tra le prerogative della dirigenza vi è anche (cfr. lett. g) quella all’adozione di “tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale”.
5. È infondato anche il quarto motivo, atteso che, ai sensi dell’art. 167 D.Lgs. 42/2004 la sanzione prevista per l’ipotesi di opere realizzate in assenza di autorizzazione paesaggistica è la rimessione in pristino, con salvezza del rilascio di un’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, nelle ipotesi previste dal comma 4 (“ 1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4 ”). Il suddetto comma prevede tra i casi in cui l’autorizzazione paesaggistica può essere rilasciata in sanatoria anche “a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati” , quali sono quelli che hanno dato origine agli abusi in contestazione.
Non risulta, tuttavia, che la ricorrente abbia presentato una siffatta istanza e, dunque, la sanzione, allo stato, non può che essere quella reale.
6. Neppure le censure articolate nel quinto motivo di ricorso sono fondate. L’ordine di demolizione, infatti, è frutto dell’esercizio di poteri interamente vincolati, e, nel caso di opere realizzate in assenza del prescritto titolo edilizio, essa costituisce esito doveroso del procedimento sanzionatorio, non necessitando dunque di ulteriori motivazioni riguardo al pubblico interesse all’adozione della misura. L’accertamento della conformità sostanziale delle opere rispetto alla normativa urbanistico-edilizia vigente, non costituisce oggetto di esame nell’esercizio del potere sanzionatorio relativo ad opere realizzate in assenza di titolo edilizio, presupponendo esso la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità, che, nella specie, non risulta presentato.
7. Neanche l’ultimo motivo è fondato, atteso che per costante indirizzo “L'ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, conseguentemente essa è già dotata di un'adeguata e sufficiente motivazione, che consiste nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione dell'abusività .” (Consiglio di Stato sez. VI, 27/02/2023, n.2005).
8. In conclusione, il ricorso è parzialmente fondato.
9. La soccombenza reciproca giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.