TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2023-07-10, n. 202311504

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2023-07-10, n. 202311504
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202311504
Data del deposito : 10 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/07/2023

N. 11504/2023 REG.PROV.COLL.

N. 12639/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12639 del 2018, proposto da
R S, rappresentato e difeso dagli avvocati V I e G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato V I in Roma, Via Giovanni Vitelleschi, 26;

contro

Ministero della difesa – Comando Aeronautica militare, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento o la declaratoria di nullità o di inefficacia

dell’atto di ingiunzione del Comando Aeronautica militare – Ufficio amministrazione prot. M_D ARM024.102619 del 12 dicembre 2016.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa – Comando Aeronautica militare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2023 la dott.ssa F V D M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Viene alla decisione del Collegio il ricorso del sig. R S, tenente colonnello dell’Aeronautica militare in congedo, avverso l’ingiunzione di pagamento per l’importo complessivo di euro 135.479,15, emessa nei confronti del ricorrente dal Comando Aeronautica militare di Roma con atto del 7 dicembre 2016, trasmesso al destinatario con nota del successivo 12 dicembre.

2. Secondo quanto risulta agli atti di causa, il sig. S ha fruito di un periodo di aspettativa per dottorato di ricerca dal 21 febbraio 2011 fino al 14 novembre 2015 ed è stato poi collocato in congedo, a domanda, a decorrere dal 15 novembre 2015.

L’aspettativa è stata concessa all’ufficiale ai sensi dell’articolo 2 della legge 13 agosto 1984, n. 476, al fine di frequentare un dottorato di ricerca in “ Engineering Surveying and Space Geodesy ” (Ingegneria del posizionamento e geodesia spaziale) presso l’Università di Nottingham (UK), e per tutto il periodo di durata dell’aspettativa il militare ha percepito il trattamento retributivo, a carico dell’Amministrazione della difesa.

Il collocamento in congedo è stato poi disposto, a domanda, senza che il percorso di studi fosse stato completato.

3. Con l’atto di ingiunzione contestato in questa sede, emesso ai sensi dell’articolo 2 del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, l’Aeronautica militare ha disposto il recupero, a carico del sig. S, delle competenze corrisposte e non dovute per il periodo dal 21 febbraio 2011 al 14 novembre 2015 (euro 135.456,14), maggiorato degli interessi dal 16 ottobre 2016 al 18 novembre 2016 (euro 23,01).

In sostanza, l’Amministrazione ha ritenuto di dover recuperare, in quanto indebitamente corrisposta, la retribuzione netta versata al ricorrente durante il periodo di frequenza del dottorato di ricerca, in applicazione di quanto stabilito dall’articolo 2, terzo periodo, della legge n. 476 del 1984, ove si prevede che, qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica cessi, per volontà del dipendente, nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti dall’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro durante il periodo di aspettativa per dottorato di ricerca.

4. Nell’impugnare l’atto di ingiunzione, il ricorrente ha articolato i seguenti motivi:

I) nullità o illegittimità per assenza dei presupposti previsti dal regio decreto n. 639 del 1910, nonché violazione del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43 e del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
ciò in quanto: (i) il ricorso alla procedura di cui al regio decreto n. 639 del 1910 sarebbe precluso nel caso in esame, perché il predetto decreto sarebbe stato espressamente abrogato dal d.P.R. n. 43 del 1988 e la procedura di recupero continuerebbe a essere eccezionalmente utilizzabile, in forza di espressi rinvii di legge, esclusivamente da parte di alcune amministrazioni pubbliche, quali gli enti locali, e soltanto per determinate tipologie di crediti, ossia tributi o sanzioni amministrative;
(ii) ove tale disciplina fosse ad oggi vigente, occorrerebbe dubitare della compatibilità con gli articoli 3 e 97 della Costituzione e con il principio di legalità dell’azione amministrativa della previsione del recupero coattivo di somme discrezionalmente determinate dall’Amministrazione, mediante un provvedimento immediatamente esecutivo adottato unilateralmente dall’Amministrazione stessa;
(iii) contrariamente a quanto affermato nell’ingiunzione di pagamento contestata, il credito non sarebbe certo, liquido ed esigibile, in quanto la pretesa avanzata dal Comando Aeronautica militare non si fonderebbe su chiare emergenze contabili o documentali, che comunque non sarebbero annesse all’atto di ingiunzione, con conseguente impossibilità per il ricorrente di compiere qualsivoglia verifica al riguardo;

II) insussistenza del credito vantato dal Comando Aeronautica militare di Roma;
violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione;
violazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
violazione della legge n. 476 del 1984, con particolare riferimento all’articolo 2;
violazione della legge 28 dicembre 2001, n. 448, con particolare riferimento all’articolo 57;
violazione del principio del legittimo affidamento, carenza di motivazione e di istruttoria, percezione delle somme in buona fede;
ciò in quanto: (i) non ricorrerebbe, nel caso in esame, la fattispecie dell’obbligo di restituzione delle somme prevista dall’articolo 2 della legge n. 476 del 1984, atteso che il sig. S non ha conseguito il dottorato di ricerca e ha comunque proseguito il rapporto con l’Amministrazione per un periodo di tempo superiore a due anni dopo l’avvio del dottorato stesso;
(ii) l’onere di dimostrare la sussistenza del credito vantato ricadrebbe sull’Amministrazione, la quale, tuttavia, avrebbe adottato l’ingiunzione di pagamento senza effettuare una completa attività istruttoria;
ove tale istruttoria fosse stata condotta, sarebbe stato accertato che il sig. S non ha concluso il dottorato di ricerca presso l’Università di Nottingham e che, comunque, il termine biennale fissato dall’articolo 2 della legge n. 476 del 1984 è ormai ampiamente spirato;
(iii) il sig. S non si troverebbe nella situazione di essersi rifiutato di porre al servizio dell’Amministrazione le competenze acquisite con il dottorato per un tempo congruo dopo la fine del corso di studi, atteso che il rapporto di lavoro del dipendente è proseguito fino al 2015 e il periodo di aspettativa per dottorato di ricerca è equiparato per legge a quello in cui vi è attività lavorativa per l’Amministrazione, con la conseguenza che le retribuzioni sono state legittimamente percepite dal ricorrente quale unico mezzo di sostentamento durante il dottorato;
(iv) la previsione, contenuta all’articolo 2 della legge n. 476 del 1984, relativa al recupero delle somme corrisposte a titolo di retribuzione durante l’aspettativa per dottorato di ricerca avrebbe carattere eccezionale e, pertanto, non sarebbe suscettibile di applicazione analogica al caso in cui il dottorato non venga completato;
(v) le somme sarebbero state percepite dal sig. S in buona fede e ciò avrebbe ingenerato nel ricorrente un legittimo affidamento, che non potrebbe essere posto nel nulla a distanza di oltre cinque anni;

III) insussistenza del riconoscimento di debito da parte del sig. S, in quanto non sarebbe comprovato che il militare abbia mai dichiarato di essere disponibile alla restituzione delle somme, come invece affermato nelle premesse dell’ingiunzione di pagamento;
in ogni caso, una tale dichiarazione, ove esistente, sarebbe stata ottenuta dall’Amministrazione militare facendo uso improprio del metus esercitato sul proprio dipendente e non potrebbe avere alcun valore, perché confliggente con la disciplina di cui all’articolo 2 della legge n. 476 del 1984.

5. Il giudizio di opposizione all’ingiunzione di pagamento è stato inizialmente instaurato dal sig. S innanzi al Tribunale Ordinario di Roma, che lo ha definito con la sentenza della Sezione Seconda Civile n. 14194 del 10 luglio 2018, mediante la quale è stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo.

6. Con ricorso notificato il 31 ottobre 2018 e depositato l’8 novembre 2018, la causa è stata quindi riproposta innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale.

7. L’Avvocatura generale dello Stato si è costituita in giudizio per l’Amministrazione e ha depositato una memoria.

8. In prossimità dell’udienza pubblica, il ricorrente ha depositato una memoria e una replica.

9. All’udienza pubblica fissata la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

10. Il ricorso è infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.

11. Con il primo motivo, il ricorrente contesta diffusamente la possibilità, per l’Amministrazione, di avvalersi dello strumento dell’ingiunzione di pagamento al fine della ripetizione di somme indebitamente erogate.

11.1. Sotto un primo profilo, non può essere condivisa la tesi di parte ricorrente, secondo la quale il ricorso alla procedura di cui al regio decreto n. 639 del 1910 sarebbe precluso nel caso in esame, in quanto il predetto decreto sarebbe stato espressamente abrogato dal d.P.R. n. 43 del 1988 e la procedura di recupero continuerebbe a essere eccezionalmente utilizzabile, in forza di espressi rinvii di legge, esclusivamente da parte di alcune amministrazioni pubbliche, quali gli enti locali, e soltanto per determinate tipologie di crediti, ossia tributi o sanzioni amministrative.

11.1.1. Occorre ricordare, al riguardo, che l’articolo 130, comma 2, primo periodo, del d.P.R. n. 43 del 1988 ha previsto l’abrogazione di “ (...) tutte le disposizioni che regolano, mediante rinvio al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, la riscossione coattiva delle imposte, dei diritti doganali, delle tasse sulle concessioni governative e di ogni altra entrata, diritto o accessorio di cui agli articoli 67, comma 1, 68, comma 1, e 69, commi 1 e 2, ed ogni altra norma incompatibile con la riscossione disciplinata dal presente decreto ”.

Come correttamente evidenziato dall’Avvocatura dello Stato, ad essere abrogato non è stato il regio decreto n. 639 del 1910, bensì le sole norme, vigenti alla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 43 del 1988, che rinviavano al predetto decreto ai fini della riscossione coattiva delle entrate specificamente richiamate dalla disposizione sopra riportata.

In questa prospettiva, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha da tempo chiarito la portata della predetta abrogazione, affermando che “ È costante il principio secondo il quale l’ingiunzione emessa ai sensi del R.D. n. 639 del 1910 deve ritenersi "sopravvissuta" nella sua componente di atto di accertamento della pretesa erariale, idoneo a dar vita ad un giudizio di legittimità della pretesa, al disposto di cui al D.P.R. n. 43 del 1988, art. 130, comma 2 del che ha disposto l’abrogazione delle sole previgenti disposizioni in materia di riscossione e non anche quelle in materia di accertamento ” (così, ex multis, Cass. civ., Sez. I, 3 novembre 2011, n. 22792).

11.1.2. La Corte di Cassazione ha, inoltre, avuto modo di rimarcare l’ampiezza dell’ambito applicativo dell’istituto, affermando, in particolare, che “ lo speciale procedimento disciplinato dal regio decreto citato è utilizzabile non solo per le entrate di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, trovando il suo fondamento nel potere di autoaccertamento della medesima pubblica amministrazione, a condizione che il credito in base al quale viene emesso l’ordine di pagare la somma dovuta sia certo, liquido ed esigibile, senza alcun potere di determinazione unilaterale dell’Amministrazione, dovendo la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le sue condizioni di esigibilità derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati (v. Cass., sez. un., n. 11992/2009) ” (Cass. civ., Sez. I, 11 aprile 2016, n. 7076).

Non è dubbio, poi, che tale procedura possa essere utilizzata anche per il recupero di somme indebitamente erogate, atteso che, secondo quanto pure chiarito dalla giurisprudenza, “ (...) l’azione di ripetizione d’indebito oggettivo, ove esperita dall’Amministrazione, può essere esercitata con il procedimento d’ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 2, applicabile non solo alle entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, senza che occorra la preventiva adozione di un autonomo provvedimento che accerti e quantifichi il debito restitutorio (Cass., n. 13139 del 2006) ” (Cass. civ., Sez. lav., 27 dicembre 2019, n. 34552).

11.1.3. Deve, pertanto, concludersi nel senso della legittimità, in astratto, del ricorso, da parte dell’Amministrazione, alla procedura di cui all’articolo 2 del regio decreto n. 639 del 1910 al fine di recuperare le somme indebitamente erogate al dipendente.

11.2. Il ricorrente prospetta, poi, un dubbio di legittimità costituzionale della disciplina dell’ingiunzione di pagamento, atteso che tale disciplina consentirebbe il recupero coattivo di somme discrezionalmente determinate dall’Amministrazione, mediante un provvedimento immediatamente esecutivo adottato unilateralmente dall’Amministrazione stessa, ponendosi così in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione e con il principio di legalità dell’azione amministrativa.

11.2.1. Il dubbio non può essere condiviso, in quanto la Corte costituzionale è già stata investita della questione e l’ha risolta nel senso della manifesta infondatezza, alla luce della corretta interpretazione del quadro normativo vigente.

La Corte ha, infatti, affermato che “ il presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo , benché si richiami ad un orientamento risalente, appare tutt’altro che univoco nella giurisprudenza di legittimità, risultando disatteso da un nutrito gruppo di pronunce che si rifanno, invece, all’opposto indirizzo, secondo il quale, nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale, il cui oggetto è la domanda diretta all’accertamento dell’illegittimità della pretesa fatta valere con l’ingiunzione, l’opponente assume la veste di attore in senso formale, con la conseguenza che tutti gli elementi dell’obbligazione, anche nell’ipotesi in cui questa abbia natura tributaria, vanno allegati e provati dall’amministrazione ingiungente, mentre all’opponente medesimo spetta l’onere di allegazione e prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi di detta obbligazione, secondo il criterio generale dell’art. 2697 del codice civile ” (Corte cost., ord. n. 277 del 2000).

11.2.2. L’interpretazione indicata dalla Corte costituzionale è ormai da ritenere ius receptum , alla luce della successiva giurisprudenza (cfr. Cass. civ., Sez. lav., 27 dicembre 2019, n. 34552;
Id., Sez. I, 16 maggio 2016, n. 9989).

In particolare, la ricostruzione indicata dalla Corte costituzionale è stata seguita anche per le ingiunzioni riconducibili all’ambito dei rapporti obbligatori di diritto privato e, al riguardo, si è evidenziato che “ la funzione di accertamento, riconosciuta all’ingiunzione fiscale (in assenza di un precedente atto di accertamento non impugnato), significa solo che la mancanza di opposizione alla stessa comporta la definitività di quanto in essa dichiarato come accertato e posto a base della pretesa (cfr. Cass. n. 4394 del 2004). La posizione di vantaggio riconosciuta alla P.A. deve, dunque, ritenersi limitata al momento della formazione unilaterale del titolo esecutivo, dovendo, tuttavia, escludersi, perché del tutto ingiustificata in riferimento a dati testuali ed in un’esegesi costituzionalmente orientata in relazione all’art. 111 Cost., che essa possa valere nell’ambito del giudizio d’opposizione, in seno al quale il rapporto dedotto deve essere provato dall’amministrazione che vanta la pretesa, secondo le regole ordinarie ” (Cass. civ., Sez. I, 16 maggio 2016, n. 9989).

11.2.3. Posto, quindi, che la disciplina dell’ingiunzione deve essere interpretata nel senso ora illustrato, la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente si rivela manifestamente infondata.

11.3. Il sig. S afferma, ancora, che il credito azionato dall’Amministrazione non sarebbe certo, liquido ed esigibile, in quanto la pretesa avanzata dal Comando Aeronautica militare non si fonderebbe su chiare emergenze contabili o documentali, che comunque non sarebbero annesse all’atto di ingiunzione, con conseguente impossibilità per il ricorrente di compiere qualsivoglia verifica al riguardo.

11.3.1. Sul punto, va rilevato anzitutto che, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, “ l’ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 2, è sufficientemente motivata se contiene gli elementi necessari per porre l’ingiunto in grado di conoscere la somma richiesta e la relativa causale, e per consentirgli così di opporre adeguate contestazioni ” (Cass. civ, Sez. lav., 27 dicembre 2019, n. 34552;
nello stesso senso: Id., SS.UU., 17 marzo 1998, n. 2874).

L’Amministrazione non era quindi tenuta a unire documenti o evidenze contabili all’atto di ingiunzione, la quale è stata emessa in relazione a una precedente richiesta, richiamata nelle premesse dell’atto. Il ricorrente ha, peraltro, dimostrato di essere pienamente a conoscenza dell’oggetto della pretesa dell’Amministrazione.

11.3.2. Ciò posto, deve ancora osservarsi che l’atto di ingiunzione presenta i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità in tutti i casi in cui la sussistenza del credito, la sua determinazione quantitativa e le relative condizioni di esigibilità derivano da fonti, dati e parametri oggettivi e predeterminati, rispetto ai quali l’Amministrazione dispone di un mero potere di autoaccertamento (Cass. civ., Sez. I, 11 aprile 2016, n. 7076;
Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2019, n. 2494).

Nel caso in esame – rinviando a quanto si dirà più oltre con riguardo al merito della pretesa – tali requisiti sono effettivamente riscontrabili, atteso che il credito restitutorio del Comando Aeronautica militare di Roma trova la propria fonte in una norma di legge e la relativa quantificazione è stata operata secondo un criterio oggettivo e predeterminato, costituito dall’entità delle retribuzioni nette versate al dipendente nel periodo di fruizione dell’aspettativa per dottorato di ricerca.

11.3.3. La censura va, perciò, rigettata.

11.4. Deve, infine, rilevarsi che, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, il ricorrente ha arricchito le doglianze di carattere formale prospettate con il primo motivo di ricorso, deducendo anche la mancanza, nell’atto di ingiunzione, del visto di esecutorietà, che – secondo l’avviso della parte – sarebbe necessario al fine di garantire la regolarità del provvedimento e della sottesa richiesta di pagamento.

11.4.1. Al riguardo, va richiamato il principio consolidato secondo il quale “ nel processo amministrativo sono inammissibili le censure dedotte in memoria non notificata alla controparte sia nell’ipotesi in cui risultino completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo sia quando, pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto, introducano elementi sostanzialmente nuovi o in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio, essendo affidato alla memoria difensiva il solo compito di una mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame senza possibilità di ampliare il thema decidendum” (Cons. Stato, Sez. III, 4 gennaio 2021, n. 68;
Id., 9 luglio 2014, n. 3493).

11.4.2. La censura, contenuta soltanto in una memoria non notificata, è pertanto inammissibile.

12. Con il secondo motivo il ricorrente contesta diffusamente la sussistenza del credito vantato dal Comando Aeronautica militare di Roma, sostenendo che non ricorrerebbe la fattispecie dell’obbligo restitutorio di cui all’articolo 2 della legge n. 476 del 1984.

12.1. Al riguardo, occorre rilevare che il predetto articolo 2, stabilisce – per quanto qui rileva – che “ In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia a questa, l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro ” (secondo periodo) e che “ Qualora, dopo il conseguimento del dottorato di ricerca, cessi il rapporto di lavoro o di impiego con qualsiasi amministrazione pubblica per volontà del dipendente nei due anni successivi, è dovuta la ripetizione degli importi corrisposti ai sensi del secondo periodo ” (terzo periodo).

12.2. Secondo la tesi del ricorrente, la disposizione del terzo periodo, recante l’obbligo di restituzione delle somme, avrebbe carattere eccezionale e, pertanto, sarebbe applicabile soltanto nel caso, strettamente contemplato dalla formulazione letterale della previsione, in cui il dipendente consegua il dottorato di ricerca e si dimetta prima del decorso di due anni da tale data. La previsione non opererebbe, invece, nel caso del sig. S, il quale, non avendo mai conseguito il dottorato di ricerca, non potrebbe essere chiamato a restituire le somme che gli sono state corrisposte a titolo di trattamento retributivo durante l’aspettativa fruita.

12.3. La tesi non può essere condivisa.

Come evidenziato dalla giurisprudenza, la ratio delle previsioni normative sopra richiamate “ (...) è quella di consentire all’Amministrazione, che eroga una retribuzione pur in assenza della controprestazione lavorativa, di poter avvantaggiarsi dell’opera del dipendente, il quale, maggiormente qualificato dall’ottenimento del titolo di studio accademico, rientra a prestare servizio presso la stessa ” (

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