TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-05-22, n. 202410277

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2024-05-22, n. 202410277
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202410277
Data del deposito : 22 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/05/2024

N. 10277/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00968/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 968 del 2017, proposto da:
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Cerveteri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie n. 1;

per l’annullamento

dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie eseguite in assenza di permesso a costruire, in totale difformità del medesimo o con variazioni essenziali, ex art. 31 DPR 380/2001, del 9/11/2016, n. 20, notificata a -OMISSIS-il 15/11/2016 ed a -OMISSIS-il 16/11/20016 e d’ogni altro atto presupposto e/o conseguente;

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cerveteri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore, all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 17 maggio 2024, il dott. P S;

Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;


FATTO

I ricorrenti, premesso che:

dall’ordinanza impugnata emergeva che, a seguito di un sopralluogo effettuato dal personale dell’Ufficio Tecnico del Comune di Cerveteri, unitamente a personale del Corpo della Polizia Locale, in data 21/07/2016, era riscontrata una presunta violazione urbanistico-edilizia in Cerveteri, -OMISSIS- snc, su area distinta al -OMISSIS-, riportata sulla relazione tecnica del 12/08/2016 prot. -OMISSIS- da cui si evincerebbe la avvenuta realizzazione di un complesso edilizio composto da una pluralità di edifici e manufatti indicati sotto le lettere A, B, C, D, E e quant’altro, di cui era riportata integralmente la descrizione:

“EDIFICIO A -OMISSIS-: Edificio dalla conformazione molto articolata e variegata composto da una pluralità di corpi di fabbrica collegati e interconnessi tra loro a formare, di fatto, un unico edificio. L’edificio risulta sostanzialmente formato da: Una parte coperta inclinata a con travi a vista con altezza utile dal piano di calpestio alla copertura, con altezza minima pari a circa 2,40 m e massima pari a circa 3,10 m, con presenza anche di un vano adibito a wc. Mediante una copertura con altra falda inclinata tale parte era un unicum con una parte del corpo di fabbrica coperta in muratura con soffitto piano intonacato, suddiviso internamente in due vani principali adibiti a cucina (completo di attrezzature, impianti e mobilio da cucina) e camera da letto, e collegata ad un’ulteriore parte con copertura a unica falda inclinata, costituita da due vani, uno adibito a camera da letto e uno a wc, il tutto con una superficie coperta pari all’incirca a 131,00 mq.

Spazio chiuso con una superficie coperta pari all’incirca a 40,00 mq con copertura inclinata sostenuta da struttura a travi di legno a costituire una veranda perimetralmente chiusa in muratura e a vetri ed avente altezza utile interna da un minimo di circa 2,80 m ad un massimo pari a circa 3,80 m.;
Portico di circa mq 93,00 costituito da muri perimetrali in muratura a forma semisferica, atto a collegare i corpi di fabbrica anzidescritti con la restante parte dell’edificio. Tale portico presentava una copertura a unica falda inclinata e sovrastanti tegole posta ad un’altezza minima pari a circa 2,20 m e massima pari a circa 2,70 m ed era intermezzato da alcuni tramezzi a formare alcuni spazi, di cui uno adibito a forno in muratura per cottura di alimenti. Una parte costituita da due vani (uno al piano terreno e uno al piano primo raggiungibili mediante scala interna) in muratura e visibile sulla facciata dell’edificio con superficie coperta pari a circa 12,00 mq per un totale di superficie di pavimento pari a circa 24,00 mq (piano terra + piano primo). Parte costituita da portico in muratura e copertura a falde a forma rettangolare, di dimensioni pari a circa 20 mq, che copriva la darsena del laghetto esistente. Parte in muratura costituita da alcuni vani (di cui uno adibito a wc) e circondata da portico chiuso per una superficie coperta pari a circa 79 mq, con le stesse finiture e caratteristiche delle parti di edificio prima descritte. Nel complesso pertanto l’edificio sviluppava una superficie calpestabile pari all’incirca a 400 mq. e una altezza media pari a circa 2,55 m. Riguardo invece all’altezza dell’unica parte dell’edificio con presenza di un piano primo l’altezza stimata è pari a circa 4,80/5,00 m.

EDIFICIO B -OMISSIS-: Edificio a pianta pressoché trapezoidale con base minore pari a circa 4,00 m e base maggiore pari a circa 5,00 m e lunghezza pari a circa 10,50 (per una superficie coperta pari a circa 47 mq) costruito in muratura e con copertura di tegole, suddiviso

internamente in quattro vani di cui uno adibito a cucina, uno a camera da letto e uno a wc e con antistante tettoia/portico addossata all’edificio, avente una profondità pari a circa 1,40 m per una superficie coperta pari a circa 17,0 mq. L’altezza della copertura dell’edificio, misurata dal piano di calpestio esterno, era pari a circa 2,30 m nel punto minimo e pari a circa 2,50 nel punto massimo. L’altezza utile della tettoia era pari a circa 2,15 m.

EDIFICIO C (edificio non accatastato): Edificio in muratura, completo di intonacatura esterna, con copertura con tegole in parte a doppia falda inclinata e in parte con copertura piana, avente forma a “L”, adibito a civile abitazione, avente una superficie coperta pari a circa 72,50 mq. L’altezza esterna della copertura alla gronda era pari a circa 2,30 m. e l’altezza al colmo era pari a circa 2.63 m. per la prima falda di copertura e circa 3,18 m. per la seconda falda di copertura.

MANUFATTO D -OMISSIS-: Tettoia aperta con dimensione in pianta pari a circa 8,00 m x 3,50 m realizzata con pilastri in muratura e con struttura di sostegno della copertura realizzata con capriata in travi di legno. L’altezza al colmo era pari a circa 3,00 m ed alla gronda

pari a circa 2,20 m.

EDIFICIO E (in corso di costruzione e sottoposto a sequestro dagli agenti di Polizia Locale intervenuti sul posto): Edificio in muratura, in corso di costruzione, costituito da struttura portante in cemento armato e tamponature perimetrali realizzate parte in blocchetti di tufo e parte in laterizio. L’edificio presentava una parte coperta (per una superficie pari a circa 45,20 mq) con tetto a due falde inclinate posto ad un’altezza pari a circa 2,90 m alla gronda e un’altezza al colmo della copertura pari a circa 3,55 m misurata dal piano di calpestio (pavimento) dell’edificio costituito da una piastra in cemento. Antistante alla parte coperta del manufatto, sul prolungamento della piastra cementizia prima citata, vi era la presenza di due muri perimetrali in laterizio di altezza pari a 2,50 m e di un pilastro in CA e sovrastante trave in cemento armato. La parte scoperta anzi descritta aveva una superficie pari a circa a 34,23 mq.

PISCINA (non accatastata): Piscina interrata, realizzata come vasca in muratura circondata da una parte pavimentata in piastrellato di gres. La vasca, a forma di “L” aveva dimensione massima di 8,00 m per 17,80 m per una superficie pari a circa 115,90 mq e profondità minima pari a circa 1,10 m e massima pari a circa 2,05 m.

ALTRI MANUFATTI E ARREDI DA GIARDINO: Fontana ornamentale in muratura e una serie di allineamenti di muri di altezza variabile parte realizzati in cemento e parte in blocchetti di tufo e in parte con recinzione in ferro sovrastante, atti a delimitare i vari spazi del giardino (in parte sistemato a prato) e dei percorsi pedonali e carrabili (alcuni lastricati) all’interno della proprietà. Tra gli arredi va rilevato anche la presenza di un ponticello in muratura, in prossimità del manufatto D (tettoia), delle dimensioni di circa 1,70 m x 9,60 e con altezza massima dell’arco pari a circa 1,35 m.”;

rappresentavano che, a seguito di successive verifiche degli atti in possesso del Comune di Cerveteri (come riferito nell’ordinanza impugnata) sarebbe stata redatta, in data 12/10/2016, la relazione tecnica indicante la qualità e consistenza delle opere abusive “inutilmente richiesta dagli

istanti con apposita domanda, respinta da detto ente”, sulla base della quale veniva adottata l’ordinanza di demolizione de qua (-OMISSIS-), trovando applicazione l’art. 31 DPR 380/2001 e l’art. 15 della L.R. 15/08, stante la asserita natura abusiva delle opere in assenza/difformità di idoneo titolo abilitativo.

Tanto premesso, avverso detto provvedimento articolavano le seguenti censure in diritto:

VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 6, 10, 22, 23, 31, 32 DEL DPR 06/06/2001 N. 380, DELL’ART. 40 DELLA L. 28/02/1985 N. 47 E DELL’ART. 15 E 16

DELLA LEGGE REGIONE LAZIO

11/08/2008 N. 15 NONCHÉ DELL’ART. 3 L. 241/90 – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DEI PRESUPPOSTI, CARENZA ASSOLUTA DI ISTRUTTORIA, MANCANZA DI MOTIVAZIONE:

§ 1 - RILIEVI SUL CORRETTO ESERCIZIO DEL POTERE REPRESSIVO: il Comune di Cerveteri ha esercitato una attività vincolata come quella relativa alla repressione dell’asserito abuso edilizio “sulla base di un disattento, insufficiente e comunque non corretto accertamento delle emergenze fattuali sottese al provvedimento sanzionatorio, sostanziando, di conseguenza, i vizi denunciati”. Invero, dalla lettura del provvedimento impugnato, si evince come l’ente “abbia ritenuto tout court ed indiscriminatamente abusive le opere descritte nella ordinanza di cui qui si discute, adottando l’ordine di demolizione per tutte le stesse, ex art. 31 DPR 380/2001 e 15 Legge Regione Lazio 15/2008, sulla base della asserita mancanza del titolo abilitativo, conclusione che si appalesa del tutto riduttiva ed erronea laddove si ponga mente alle seguenti circostanze, che non potevano non essere a conoscenza dell’Ente, la cui considerazione avrebbe condotto ad un diverso provvedimento da quello adottato”;

§ 2 - ECCEZIONI SULLO STATO DELL’EDIFICIO SUB A DELLA ORDINANZA: come risulta dall’atto di compravendita per Notaio F C del 14/10/2003, allegato alla DIA del -OMISSIS- (di cui appresso si dirà), i ricorrenti acquistarono un manufatto/magazzino con circostante terreno agricolo, della superficie di ha 0.40.51 sul NCEU di Cerveteri -OMISSIS- per quanto riguarda il primo bene, e nel NCT di Cerveteri al -OMISSIS- per quanto riguarda il secondo. Nel contesto del suddetto atto di compravendita, risulta dichiarato, sulla base di quanto prescritto dagli artt. 46 e 47 DPR 445/2000 “che la costruzione dell’immobile è avvenuta in data anteriore al 01/09/1967” e che relativamente al fabbricato “non sono stati adottati provvedimenti sanzionatori e che non è stato oggetto di interventi edilizi o mutamenti di destinazione che avrebbero richiesto il rilascio di concessione o autorizzazione”. In data -OMISSIS- i ricorrenti presentavano al Comune di Cerveteri un progetto di ristrutturazione del suddetto fabbricato agricolo attraverso una DIA (Denuncia di Inizio Attività ai sensi degli artt. 22 e 23 del TU 380/2001) con cui ebbero a comunicare “di dare inizio, a partire dal 31° giorno successivo a quello della presente comunicazione, alla esecuzione di lavori edilizi di ristrutturazione per risanamento conservativo del manufatto agricolo citato, opere dettagliatamente descritte negli allegati elaborati grafici e relazioni tecniche a firma del Geom. Fabio Izzi, iscritto all’Albo professionale dei geometri della Provincia di Roma con n. 708”. Alla ricordata DIA del -OMISSIS- (che si deposita insieme ai documenti di cui è stata corredata) seguono le indicazioni richieste della legge sulla modalità di esecuzione delle opere, sulla assenza/presenza di vincoli sull’area interessata dalle stesse, nonché di provvedimenti sanzionatori emessi dal Comune di Cerveteri. Alla DIA veniva allegata la relazione tecnica asseverata dal suddetto professionista insieme agli altri documenti (elaborato grafico, documentazione fotografica, ricevuta pagamento diritti di segreteria) così come previsto dal TU 380/2001. Con riguardo, dunque, all’Edificio sub A (-OMISSIS- sub. -OMISSIS-) “trattasi di fabbricato sostanzialmente assentito per essersi maturato il silenzio assenso non essendo pervenuto ai ricorrenti alcuna provvedimento del Comune di Cerveteri. Il che, peraltro, considerato il lungo tempo trascorso (DIA 2004 – Ordine demolizione 2016 = 12 anni) avrebbe anche comportato in capo ai ricorrenti quel legittimo affidamento che secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato e dello stesso TAR Lazio (…) impone l’obbligo della motivazione del pubblico interesse alla demolizione nella specie del tutto mancante, anche con riguardo agli altri abusi contestati e di cui si tratterà nel prosieguo del presente ricorso”;

§ 3 - ECCEZIONI SULLA CONCRETA ATTIVITÀ CHE DOVEVA ESSERE SVOLTA DAL COMUNE DI CERVETERI CON RIGUARDO ALL’EDIFICIO A E SUI CONSEGUENTI VIZI DI VIOLAZIONE DI LEGGE AFFERENTI L’ATTO AMMINISTRATIVO IMPUGNATO: essendo l’edificio in questione “sostanzialmente assentito con la ricordata DIA, gli Uffici Comunali preposti alla vigilanza urbanistica non potevano eludere, in quanto senz’altro a conoscenza della suddetta pratica presentata il -OMISSIS-, di valutare la consistenza delle opere eseguite rappresentate con quelle indicate nel progetto di ristrutturazione allegato alla DIA stessa valutando, all’esito, la possibilità di emanare ordinanza di demolizione o in alternativa, laddove riscontrabile nello stato dei luoghi, le sanzioni pecuniarie alternative sulla base di quanto previsto dal combinato disposto dagli artt. 16 e 17 della Legge Regione Lazio 15/2008 e dell’art. 32 DPR 380/01”;
“il chiaro riferimento dell’ordinanza all’art. 31 DPR 380/01 e all’art. 15 L.R. Lazio 15/2008, come si ripete, esclude che detto doveroso accertamento sia stato fatto connotando l’ordinanza impugnata dei vizi denunciati in quanto assolutamente non calibrata sull’analisi corretta dello stato dei luoghi e dei requisiti maturati”;

§ 4 - ECCEZIONI SULL’ESERCIZIO DEL POTERE REPRESSIVO CON RIFERIMENTO AGLI ALTRI MANUFATTI DESCRITTI NELLA ORDINANZA -OMISSIS-: nell’ordinanza impugnata, vengono considerate abusive, e quindi da demolire, opere che possono essere realizzate senza titolo abilitativo, così come previsto dall’art. 6 lettera E ter DPR 380/2001 e, quindi, rientranti nella attività libera. Si tratta, in sostanza, di tutti quei manufatti quali tettoie, muri di recinzione, vasche idriche, pavimentazione e finanche un ponticello in muratura che costituiscono meri arredi e comunque non sono configurabili in volumi edilizi per cui debbono essere necessariamente assentiti. Ma, come già detto, l’ordinanza di demolizione indiscriminatamente considera “tutto abusivo” e “tutto da eliminare” sostanziando così il vizio denunciato. Per quanto riguarda l’edificio E, non ultimato, si sta procedendo alla demolizione su autorizzazione della Procura della Repubblica di Civitavecchia che ha aperto un fascicolo penale esclusivamente per la realizzazione di detto manufatto. Per gli altri fabbricati contrassegnati con la denominazione Edificio B, C, Piscina (per la tettoia si è già in precedenza detto), va considerato che la loro costruzione risale ad oltre 10 anni orsono e risulta che detti beni sono stati regolarmente accatastati, come peraltro emerge nella ordinanza gravata. Valgono qui le considerazioni sopra espresse in merito al c.d. principio dell’affidamento del privato, nel senso che esso ormai trova piena esplicazione nei rapporti fra privato e Amministrazione ancorché non possa, in ragione del tempo dal commesso abuso, legittimarne la insanzionabilità alla stregua di una sorta di sanatoria extra ordinem, incompatibile invero con il principio della inesauribilità del potere repressivo della P.A. Ma ciò non significa che un notevole lasso di tempo “trascorso tra la commissione dell’abuso e l’adozione dell’ordinanza di demolizione ed il protrarsi dell’inerzia della P.A. preposta alle attività di vigilanza, possono costituire indice sintomatico di un legittimo affidamento in capo al privato, a fronte del quale grava, quantomeno sul Comune, nell’esercizio del potere repressivo-sanzionatorio, un obbligo motivazionale rafforzato circa la individuazione di un interesse pubblico specifico alla emissione della sanzione demolitoria, diverso ed ulteriore a quello del mero ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato, in deroga al carattere strettamente dovuto dell’ingiunzione a demolire (in questo senso v. Consiglio di Stato VI Sez. 8/04/2016 n, 1313;
con ampi richiami, nella parte motiva, di una consistente conforme giurisprudenza dello stesso CdS, tra cui, ex multis, le pronunce 2512/2015, 3847/2013, 882/2008). (…) S’insiste nel rilevare come i manufatti de quibus - regolarmente accatastati e certamente visibili in quanto ultimati nel 2004, data in cui peraltro venne presentata al Comune di Cerveteri la DIA suddetta - potevano essere oggetto dell’attività repressiva del Comune di Cerveteri il quale, lasciando correre un così notevole lasso di tempo ha ingenerato nei ricorrenti quel rilevante affidamento idoneo a determinare la necessità della c.d. “motivazione rafforzata” dell’ordinanza impugnata, del tutto mancante e come tale, dunque, idonea a sostanziare il vizio denunciato. L’indicazione dell’interesse pubblico idoneo a giustificare la misura repressiva era quantomeno opportuna, considerato che il -OMISSIS- è imprenditore agricolo, talché può assumere rilievo la conformità di quanto realizzato con le disposizioni urbanistiche della Regione Lazio di cui agli artt. 54 – 55 - 57 della Legge Regionale 38/99 e successive modifiche ed integrazioni.

Si costituiva in giudizio il Comune di Cerveteri, resistendo al ricorso.

All’udienza di smaltimento del 17 maggio 2024, tenuta da remoto mediante l’utilizzo dell’applicativo TEAMS, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Come riferito, nelle sue difese, dal Comune di Cerveteri, la situazione del compendio immobiliare de quo (costituito, come detto sopra, da un insieme ampio ed articolato di opere di varia dimensione e fattura, per la cui descrizione si richiama quanto riferito in narrativa, sostanzialmente coincidente con le risultanze degli accertamenti tecnici svolti dall’ente) sotto il profilo urbanistico, edilizio e vincolistico, era la seguente:

“Riguardo ai titoli abilitativi urbanistico/edilizi legittimanti le opere rilevate, dalle ricerche esperite presso l'archivio dell'Ente, relativamente alla proprietà in oggetto e distinta catastalmente al -OMISSIS-, risulta, come anzidetto, soltanto la presenza di una DIA ai sensi dell'art. 3 comma 1 lettera c per risanamento conservativo di un magazzino agricolo (dichiarato di costruzione anteriore aIl'1/09/1967) presentata in data -OMISSIS- prot. -OMISSIS-. Da PRG vigente l'area distinta al catasto al -OMISSIS- risulta ricadente nella zona "R RURALE/Sottozona R1 – Ente Maremma". L'area, da P.A.I. (L. 18.05.1989 n. 183, art. 17 comma 6-Ter) - L.R. n. 39/96 art. 11, risulta confinante con un corso d'acqua principale classificato pubblico con D.G.R. 452 deIl'1/04/05 (artt. 9 e 27). Inoltre l'area risulta sottoposta a vincolo militare 5000 metri: fascia di servitù "G" (D.M. n. 227 del 29/11/1990 e s.m.i) ed a vincolo paesaggistico ex l. 431/85, parte: art. 1 lett. M (aree di interesse archeologico – Zona A/12) ora D. lgs n. 42/2004 e s.m.i. Sulla Tav. B (prescrittiva) del nuovo P.T.P.R. adottato dalla Giunta Regionale con atti n. 556 del 25/07/2007 e n. 1025 del 21/12/2007, ai sensi degli artt. 21, 22 e 23 della L.R. sul paesaggio n. 24/98, l'area in questione risulta interessata dai seguenti vincoli: "Aree di interesse archeologico già individuate" e "Corsi delle acque pubbliche". È fatto salvo, comunque, tutto il suddetto Piano”.

Ciò posto, può passarsi all’esame delle doglianze sollevate da parte ricorrente, come in narrativa riportate.

Le prime tre censure, che possono essere esaminate congiuntamente, presuppongono la validitù della tesi circa la legittimazione delle opere, attinte dalla gravata ordinanza di demolizione, segnatamente quelle relative al fabbricato A, per effetto della presentazione, in data -OMISSIS-, al Comune di Cerveteri, di un progetto di ristrutturazione dell’originario fabbricato agricolo attraverso una DIA (Denuncia di Inizio Attività ai sensi degli artt. 22 e 23 del TU 380/2001) con cui i ricorrenti comunicavano “di dare inizio, a partire dal 31° giorno successivo a quello della presente comunicazione, alla esecuzione di lavori edilizi di ristrutturazione per risanamento conservativo del manufatto agricolo” in questione. Al riguardo, la difesa dell’ente osservava: “La lunga e dettagliata rappresentazione degli illeciti edilizi ed urbanistici appare necessaria per una chiara comprensione di quanto realizzato dai ricorrenti i quali, sostanzialmente, contestano l’avvenuta applicazione degli artt. 31 del DPR 380/01 e dell’art. 15 della L. R. n. 15/08 in quanto asseritamente titolari di titolo edilizio, derivante dalla DIA del 10 gennaio 2004 per la realizzazione, limitatamente al corpo indicato dalla lett. A del verbale, di lavori edilizi di ristrutturazione per risanamento conservativo di un manufatto agricolo. Per tale motivo, a detta dei ricorrenti, il decorso del cd. silenzio assenso della cd. dia edilizia avrebbe determinato, in capo ai medesimi, la costituzione di un titolo edilizio non più contestabile dalla PA. In primo luogo, vi è il riconoscimento della totale illiceità delle opere di cui alle lett. b, c, e d e di tutte le altre realizzazioni sopra descritte. Tornando, invece, alle opere descritte con la lett. a, si evidenzia come la dia del 10 gennaio 2004 prot. -OMISSIS- avesse ad oggetto opere e realizzazioni ben diverse da quelle, poi accertate dal Comune di Cerveteri. La dia, per mezzo della quale si intende contestare l’attività repressiva della PA, riguardava solamente parte dell’attuale edificio A, che in origine era costituito da un semplice magazzino agricolo avente superficie coperta pari a circa 40 mq e antistante tettoia pari a 45,50 mq, il tutto con altezza da un minimo di 2,50 m ad un massimo di 4,45 m. La dichiarazione asseverata contenuta nella dia descrive le opere come esecuzione di lavori edilizi di risanamento conservativo di un fabbricato vetusto ante 1967;
l’intervento riguardava essenzialmente opere di manutenzione straordinaria e sostituzione delle parti deteriorate e del manto di copertura fatiscente. In realtà, nell’edificio A, ben altro di ulteriore risulta realizzato, in violazione ai divieti di maggiore cubatura, cambio di destinazione di uso, sagome e prospetti, modifica del piano di campagna e violazione di vincoli anche archeologici. Pertanto quanto dichiarato con la dia nulla ha a che vedere con quanto poi realizzato, in violazione di ogni norma urbanistica primaria e regolamentare”.

Ne discende l’infondatezza della doglianza, unitamente a quella – ad essa collegata – per cui il lungo tempo trascorso (tra la presentazione della DIA nel 2004 e l’ordine di demolizione nel 2016, vale a dire 12 anni) avrebbe anche comportato il sorgere in capo ai ricorrenti di un legittimo affidamento (sulla legittimità edilizia delle opere), che avrebbe imposto al Comune d’esplicitare una congrua motivazione circa il pubblico interesse alla demolizione (motivazione che sarebbe stata, invece, del tutto assente).

Si tratta di tesi, priva di pregio;
cfr., al riguardo, T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. II, 15/11/2023, n. 2659: “A fronte di opere oggettivamente abusive realizzate con d.i.a., nessun rilievo può avere l'utilizzo di un titolo edilizio completamente inadeguato e nessun effetto sanante può assumere il tempo trascorso dall'epoca di realizzazione delle stesse, dal momento che nessun affidamento “legittimo” può dirsi ingenerato nel privato, tenuto conto che l'ordinamento tutela l'affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore contra legem, di cui è chiamato a rispondere anche il proprietario incolpevole, atteso il carattere permanente dell'illecito e la natura reale dell'obbligo ripristinatorio”.

Del resto, “l'ordinanza di demolizione di opere abusive non richiede una motivazione basata su un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata. Il decorso del tempo non implica un affidamento legittimo da parte dei proprietari dell'abuso, poiché la tutela del legittimo affidamento si riferisce a provvedimenti amministrativi che generano aspettative stabilite e rapporti giuridici certi, cosa che non si verifica nel caso in cui le opere abusive non abbiano i titoli prescritti” (Consiglio di Stato sez. VII, 22/01/2024, n. 659).

Con la successiva censura, collegata ed in parte ripetitiva delle precedenti, si lamenta, inoltre, la mancata considerazione, da parte del Cerveteri, rispetto alle opere di cui alla mentovata d.i.a. edilizia, della possibilità di irrogare sanzioni, alternative alla demolizione: la stessa è altrettanto priva di pregio, atteso che: “In caso di opere edilizie abusive la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione è questione che esula dall'oggetto del giudizio avente ad oggetto la legittimità dell'ordine di demolizione” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 14/11/2023, n. 9750).

La successiva doglianza è poi imperniata sulla constatazione che “nell’ordinanza impugnata, vengono considerate abusive, e quindi da demolire, opere che possono essere realizzate senza titolo abilitativo, così come previsto dall’art. 6 lettera E ter DPR 380/2001 e, quindi, rientranti nella attività libera. Si tratta, in sostanza, di tutti quei manufatti quali tettoie, muri di recinzione, vasche idriche, pavimentazione e finanche un ponticello in muratura che costituiscono meri arredi e comunque non sono configurabili in volumi edilizi per cui debbono essere necessariamente assentiti”, lamentandosi che “l’ordinanza di demolizione indiscriminatamente considera “tutto abusivo” e “tutto da eliminare”, sostanziando così il vizio denunciato”.

La censura, di là dalla sua genericità (non indicandosi in essa, in maniera precisa, quali delle opere attinte da sanzione ripristinatoria sarebbero asseritamente rientranti nel regime dell’edilizia libera), è comunque smentita, in modo categorico, dal consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui: “La valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, dovendosi valutare l'insieme delle opere stesse e il loro contestuale impatto edilizio e non il singolo intervento. Non è dato, infatti, scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante, bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni. L'opera edilizia abusiva, va, dunque, identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. VI, 1/12/2023, n. 6622).

Del resto, non si vede davvero quale differenza, sul piano della loro accertata abusività, avrebbe potuto comportare la circostanza dell’accatastamento della maggior parte delle opere de quibus, come pure la qualifica d’imprenditore agricolo, propria del -OMISSIS-, circostanze del tutto irrilevanti, a fronte della natura vincolata dell’ordine di demolizione adottato, nei confronti del complessivo intervento edilizio di cui si discute, dal Comune di Cerveteri.

Quanto, poi, all’ulteriore sottolineatura dell’asserita rilevanza, nella specie, del principio dell’affidamento del privato nella legittimità di quanto realizzato e sul conseguente obbligo di motivazione rafforzata, che sorgerebbe pertanto in capo al Comune, nell’ordinare la demolizione delle opere in questione, basta richiamare quanto sopra osservato, circa l’insussistenza, nella specie, di entrambe tali condizioni (cfr. anche T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II, 10/09/2018, n. 9218: “La tutela del legittimo affidamento - qualificato come "principio fondamentale" dell'Unione Europea dalla stessa Corte di Giustizia UE - è quello ingenerato nel privato da provvedimenti amministrativi ed è correlato all'interesse pubblico alla certezza dei rapporti giuridici costituiti dall'atto amministrativo, nonché più in generale alla stabilità dei provvedimenti amministrativi;
ipotesi questa che non ricorre nelle ipotesi come quella di specie, in cui non sussiste alcun provvedimento favorevole sulla cui base siano state realizzate le opere in questione, che risultano, quindi, essere prive dei prescritti titoli ed insistenti in un'area già gravata da vincolo paesaggistico all'epoca di realizzazione degli abusi. Ne consegue che nessun onere di motivazione rafforzata in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico e attuale alla demolizione delle opere grava sull'Amministrazione procedente (nella fattispecie il collegio ha peraltro osservato che la descrizione delle opere contestate e i giustificativi sulla base dell'irrogazione della sanzione demolitoria emergono puntualmente e inequivocabilmente dal provvedimento impugnato)”.

Il ricorso va, quindi, respinto e i ricorrenti vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento, in favore del Comune di Cerveteri, di spese e compensi di lite, liquidati come da dispositivo.

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