TAR Roma, sez. III, sentenza 2020-01-10, n. 202000252

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2020-01-10, n. 202000252
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202000252
Data del deposito : 10 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2020

N. 00252/2020 REG.PROV.COLL.

N. 03218/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3218 del 2018, proposto da:
Nexive Commerce S.r.l., Nexive Scarl, Nexive Services S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati G L P, F C, D R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Vittoria Colonna, 32;

contro

Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni – Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento

per l’annullamento


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni – Roma e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Ministero dello Sviluppo Economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2019 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Le società Nexive Commerce S.r.l., Nexive S.c.a.r.l., Nexive Services S.r.l., tutte con sede legale a Milano, fanno parte, insieme a Nexive Spa, del Gruppo Nexive e sono controllate da PostNL N.V., società olandese nata dalla separazione societaria tra la divisione “express” e la divisione “mail” del Gruppo TNT, a capo di un gruppo che è tra i primi operatori postali a livello mondiale.

Le predette società sono rispettivamente dotate di licenze individuali ed autorizzazioni generali rilasciate ai sensi degli artt. 5 e 6 del d. lgs. n. 261/99 ed offrono un’ampia gamma di servizi postali (accettazione, trasporto, smistamento e recapito di pacchi ed invii di corrispondenza) e di servizi accessori, molti dei quali “a valore aggiunto”, nel senso che si tratta di prestazioni ulteriori nell’interesse dell’utente, ulteriori e diverse dal servizio postale tradizionale (c.d. “universale”) ma ad esso collegate (quali stampa e imbustamento della corrispondenza;
rendicontazione elettronica;
gestione ed archiviazione di documenti;
tracciablità degli invii ecc.). Secondo la Direttiva 97/67/CE (Considerando 21), la prassi della Commissione Europea (v. Decisione del 21.12.2000) e la stessa regolamentazione nazionale, questi ultimi servizi esulano dall’ambito del Servizio Universale e rientrano, perciò, tra i servizi offerti in regime di autorizzazione generale (quindi non sulla base di una licenza individuale).

Nel presente giudizio viene in esame il contributo che gli operatori attivi nel settore postale sono tenuti a versare annualmente per la copertura degli oneri di funzionamento dell’Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale (“ANR”). Quest’ultimo ruolo venne inizialmente attribuito al Ministero dello Sviluppo Economico (all’epoca Ministero delle Comunicazioni);
successivamente trasferito alla Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale (istituita con legge ma mai entrata in funzione) ed, infine, per effetto dell’1492314" data-article-version-id="f0dfea90-ba9d-558f-a826-99d9dec54b15::LR27CF942913A7C1492314::2019-12-30" href="/norms/laws/itatextiv6jc59orck4d4/articles/itaartm5k9vx1yf9t4d9?version=f0dfea90-ba9d-558f-a826-99d9dec54b15::LR27CF942913A7C1492314::2019-12-30">art. 21 del D.L. n. 201/2011 convertito con Legge n. 214/2011, attribuito all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, all’interno della quale le funzioni di ANR per il settore postale sono state assegnate all’apposita “Direzione Servizi Postali”, istituita con delibera

AGCOM

65/12/CONS.

La disciplina del contributo dovuto dagli operatori del settore postale all’organismo che, di volta in volta, ha assunto le funzioni di Autorità di regolazione del mercato postale, è stata in più occasioni variata dal Legislatore, dando luogo anche ad un articolato contenzioso in tema di debenza e entità delle somme richieste negli anni passati. Da ultimo, per quanto interessa nella presente controversia, la materia degli oneri di funzionamento dell’AGCOM è stata sottoposta a revisione significativa per effetto dell’art. 65 del D.L. n. 50/2017, convertito in legge n. 96/2017, il quale ha abrogato espressamente molte delle disposizioni che precedentemente disciplinavano il contributo dovuto dagli operatori postali - precisamente, l’art. 2, commi da 6 a 21 e l’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. decreto 261/99 - stabilendo che “a decorrere dall’anno 2017, alle spese di funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, si provvede esclusivamente con le modalità di cui ai commi 65 e 66, secondo periodo, dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale…”.

L’attuale assetto, valido a decorrere dal contributo AGCOM dovuto per l’anno 2017, è oggi incentrato sulle norme di seguito trascritte:

- art. 1, comma 65, della l. 266/2005 (cd. Finanziaria 2006): “A decorrere dall'anno 2007 le spese di funzionamento della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della Commissione di vigilanza sui fondi pensione sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna Autorità, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alle medesime Autorità. Le deliberazioni, con le quali sono fissati anche i termini e le modalità di versamento, sono sottoposte al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per l'approvazione con proprio decreto entro venti giorni dal ricevimento. Decorso il termine di venti giorni dal ricevimento senza che siano state formulate osservazioni, le deliberazioni adottate dagli organismi ai sensi del presente comma divengono esecutive”;

- art. 1, comma 66, della stessa Legge Finanziaria 2006: “In sede di prima applicazione, per l'anno 2006, l'entità della contribuzione a carico dei soggetti operanti nel settore delle comunicazioni di cui all'articolo 2, comma 38, letterab), della legge 14 novembre 1995, n. 481, è fissata in misura pari all'1,5 per mille dei ricavi risultanti dall'ultimo bilancio approvato prima della data di entrata in vigore della presente legge. Per gli anni successivi, eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione possono essere adottate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi del comma 65, nel limite massimo del 2 per mille dei ricavi risultanti dal bilancio approvato precedentemente alla adozione della delibera”.

A seguito delle modifiche legislative introdotte dal citato D.L. n. 50/2017 il Consiglio dell’AGCOM ha adottato la delibera n. 427/17/CONS che, in applicazione dell’art. 1, commi 65 e 66 della Legge n. 266 del 2005, dopo avere stimato in 9,3 milioni di euro le spese di funzionamento dell’Autorità onde far fronte ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale per l’anno 2018, ha statuito che:

- “Il fornitore del servizio universale postale e i soggetti in possesso di licenza o autorizzazione generale ai sensi degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, sono tenuti alla contribuzione prevista dall’articolo 1, commi 65 e 66,

della legge 23 dicembre 2005, n. 266, nei limiti e con le modalità disciplinate dalla presente delibera.

Nel caso di rapporti di controllo o collegamento di cui all’art. 2359 del Codice civile,

ovvero di società sottoposte ad attività di direzione e coordinamento di cui all’art.

2497 del Codice civile, anche mediante rapporti commerciali all’interno del medesimo gruppo, ciascuna società esercente le attività di cui al comma 1 è tenuta a

versare un autonomo contributo sulla base dei ricavi iscritti nel proprio bilancio nei

limiti e con le modalità disciplinate dalla presente delibera…” (art. 1, commi 1 e 2);

- “L’importo del contributo di cui al precedente art. 1, comma 1, è determinato applicando l’aliquota contributiva dell’1,4 per mille ai ricavi realizzati dalla vendita dei servizi postali la cui fornitura è subordinata al rilascio di licenza o autorizzazione generale ai sensi degli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, come risultanti dalla voce A1 del conto economico (ricavi delle vendite e delle prestazioni), o voce corrispondente per i bilanci redatti secondo i principi contabili internazionali, dell’esercizio finanziario 2016” (art. 2, comma 1);

- “Il versamento del contributo di cui all’art. 1 deve essere eseguito entro il 20 aprile 2018, sul conto corrente bancario intestato all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che è pubblicato sul sito istituzionale.

2. In caso di mancato o parziale pagamento del contributo, l’Autorità adotta le più opportune misure atte al recupero dell’importo non versato, anche attraverso la riscossione coattiva mediante ruolo, applicando, a decorrere dalla scadenza del termine per il pagamento, gli interessi legali e le maggiori somme dovute ai sensi della normativa vigente.” (art. 3);

- “Entro il 20 aprile 2018 i soggetti di cui all’articolo 1 che hanno conseguito, nell’esercizio finanziario 2015, ricavi dalle vendite e dalle prestazioni in misura superiore a euro 100.000,00, come risultante dalla voce A1 del conto economico o da equipollente voce di altra scrittura contabile equivalente, dichiarano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni i dati anagrafici ed economici richiesti utilizzando il modello telematico all’uopo predisposto e pubblicato sul sito web dell’Autorità, dando contestualmente notizia dell’avvenuto versamento.” (art. 4, comma 1);

- “La presente delibera, ai sensi dell’articolo 1, comma 65, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sottoposta, per l’approvazione, al Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, e successivamente pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel sito web dell’Autorità” (art. 5).

Avverso la suddetta delibera (e gli ulteriori atti in epigrafe indicati) hanno proposto ricorso - notificato il 15 marzo 2018 e depositato il successivo giorno 21 successivo - le tre società del gruppo Nexive, le quali ne chiedono l’annullamento per i seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione art. 1, comma 65, l. 266/2005, art. 65 d.l. n. 50/2017, art. 2 d.lgs. n. 261/99 e art. 21 d.l. 201/2011, nonché art. 1, comma 9, l. 249/1997. Violazione e falsa applicazione art. 23 e 97 Cost. Difetto di motivazione e violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed irragionevolezza. Ingiustizia manifesta. Difetto di competenza. Carenza di potere in concreto: la norma (art. 1, comma 65, d.lgs. n. 266 del 2005), secondo la società ricorrente, prevede una duplice forma di finanziamento dell’Autorità, costituita non solamente dai contributi degli operatori privati, ma anche da risorse statali (espressamente previste anche dall’art. 1, comma 9, Legge 249/1997, istitutiva dell’AGCOM);
al contrario, nella delibera impugnata, l’intero fabbisogno dell’Autorità riferito alle funzioni di regolazione sul settore dei servizi postali, viene finanziato soltanto dagli operatori del mercato di riferimento, senza alcuna forma di cofinanziamento statale (a carico della fiscalità generale);
la necessità di un concorso statale alle spese di funzionamento dell’Autorità trova conferma nella normativa anteriore, soltanto parzialmente abrogata dal D.L. n. 50 del 2017, la quale prevedeva che le risorse finanziarie del MISE destinate alle funzione di ANR dei servizi postali, fossero trasferite alla neoistituita Agenzia postale di regolamentazione dei servizi postali (v. D.L. n. 201/2011);
ad avviso di Nexive, infatti, l’entrata in vigore del d.l. n. 50 cit. non avrebbe né abrogato, né modificato, le norme che hanno attribuito all’AGCOM le funzioni della (mai istituita) Agenzia di regolamentazione e l’obbligo di trasferire alla nuova Autorità le risorse finanziarie degli enti soppressi (vale a dire l’art. 21, comma 13-14-15, del d.l. 201/2011 convertito in l. 214/2011);
un obbligo di finanziamento delle spese di funzionamento dell’AGCom a carico del bilancio dello Stato è comunque espressamente previsto dalla legge istitutiva della medesima Autorità (Legge n. 249/1997, art. 1 comma 9);

II. Violazione e falsa applicazione art. 1, comma 65, l. 266/2005 e art. 65 D.L. 50/2017. Difetto di motivazione e violazione e falsa applicazione artt. 1 e 3 l. 241/1990. Carenza di istruttoria. Eccesso di potere: il citato comma 65 prevede che le deliberazioni dell’AGCom con le quali sono fissati i contributi spettanti agli operatori privati siano sottoposte “al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze, per l’approvazione con proprio decreto entro 20 giorni dal ricevimento”;
le delibere impugnate danno conto dell’esistenza del d.P.C.M. del 14 dicembre 2017 ma, ad avviso della ricorrente, non esplicitano in alcun modo se sia stata condotta istruttoria sulla determinazione del contributo da parte dell’AGCOM e se la stessa sia stata adeguata;
l’Autorità avrebbe anche omesso di indicare le motivazioni sulla base delle quali il contributo è stato determinato nella misura dell’1,4 per mille, risultando quindi arbitrariamente imposto ai soggetti cui lo stesso è diretto;
sarebbe pertanto palese l’insufficienza, se non addirittura la mancanza, dell’istruttoria che ha condotto all’imposizione del contributo così come del tutto assenti sarebbero le ragioni che hanno portato l’AGCom ad fissare la contribuzione per l’anno 2018 nella misura dell’1,4 per mille;

III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della Direttiva, dell’art. 1, comma 65 e 66, Legge n. 266/2005 e dell’art. 1 l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione art. 23 Cost. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed irragionevolezza. Ingiustizia manifesta. Violazione del principio di proporzionalità e trasparenza. Carenza di potere in concreto: con il terzo motivo, parte ricorrente ripropone la tesi, già proposta in precedenti ricorsi attinenti ai contributi imposti dall’AGCOM in anni anteriori, secondo cui l’obbligo di contribuzione previsto dall’art. 9, par. 2, della direttiva si applicherebbe solo ai servizi che rientrano nell’ambito del Servizio Universale, vale a dire quelli offerti in regime di licenza individuale ai sensi dell’art. 5 del d. lgs. n. 261/99;
partendo da tale presupposto la società ricorrente sviluppa le seguenti distinte censure:

i. nella determinazione dell’ammontare del contributo l’Autorità avrebbe erroneamente considerato tutti gli oneri di funzionamento dell’ente e non i soli costi strettamente correlati alle attività relative ai servizi che rientrano nel Servizio Universale, così come sarebbe previsto dalla normativa di riferimento europea e nazionale (art. 9 della Direttiva, art. 1, comma 65, legge n. 266/2005);

ii. l’Autorità avrebbe ricompreso tra le spese finanziabili dagli operatori postali anche le “spese che esulano dall’attività di regolamentazione del settore postale e cioè dalla nozione di ‹costi operativi› di cui all’art. 9, par. 2, 4^ trattino, della Direttiva.”;
ciò sarebbe provato dall’evidente divario di importi registrato nei bilanci dell’Autorità, anche negli anni passati, tra le spese della Direzione Servizi Postali (le sole che sarebbero pertinenti ai fini del calcolo della contribuzione) e i ben più alti importi richiesti, di anno in anno, ai fini della determinazione del fabbisogno da coprire con il contributo annuale;

iii. i provvedimenti sarebbero stati adottati in violazione del principio di trasparenza di cui alla Direttiva 97/67/CE e dei principi posti a presidio dell’azione amministrativa;
in particolare l’Autorità non avrebbe fornito alcuna rendicontazione a dimostrazione del fabbisogno stimato (peraltro in continuo aumento nel corso degli ultimi anni);

iv. l’Autorità avrebbe erroneamente calcolato, quale base imponibile, tutti i ricavi conseguiti nel settore postale “senza alcuna distinzione tra i ricavi derivanti da attività che rientrano nel servizio universale (svolte in regime di “licenza individuale”) e ricavi derivanti da attività che esulano dal servizio universale (svolte in regime di ‘autorizzazione generale’) in contrasto con l’art. 9 della Direttiva;

v. la delibera impugnata, infine, violerebbe l’art. 9, par. 2, della direttiva, in quanto non sarebbe stata svolta alcuna valutazione in merito all’opportunità di imporre tale contribuzione (di misura così elevata come quella imposta nel caso di specie) ed in merito alle difficoltà in cui versano gli operatori privati;

IV. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 65 e 66, l. 266/2005. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà ed irragionevolezza. Violazione del principio di proporzionalità. Carenza di potere in concreto. Sviamento di potere:

la delibera 427/17/CONS prevede (art. 1, comma 2) che “nel caso di rapporti di controllo o collegamento di cui all’art. 2359 del codice civile, ovvero di società sottoposte ad attività di direzione e coordinamento di cui all’art. 2497 del codice civile, anche mediante rapporti commerciali all’interno del medesimo gruppo, ciascuna società esercente le attività di cui al comma 1 è tenuta a versare un autonomo contributo sulla base dei ricavi iscritti nel proprio bilancio nei limiti e con le modalità disciplinate nella presente delibera” (analoga disposizione è contenuta nelle Istruzioni allegate alla Delibera 61/18/CONS);
nel caso di società appartenenti ad un medesimo gruppo, il medesimo servizio può risultare imputato due (o più) volte alla voce A1 del conto economico – relativo ai ricavi – anche se esso rappresenta in realtà un costo;
il meccanismo imposto dalla delibere finirebbe per imporre a carico degli operatori appartenenti ad un gruppo una illegittima duplicazione dei contributi, con evidente disparità di trattamento a vantaggio degli operatori che non sono organizzati in gruppi societari.

Si è costituita in giudizio per resistere al ricorso l’AGCOM, patrocinata dell’Avvocatura Generale dello Stato che, con apposita “memoria di costituzione” ha specificamente contestato le censure articolate dalla ricorrente e concluso per il rigetto del ricorso.

All’esito della camera di consiglio svoltasi in data 11.4.2018 la Sezione ha accolto parzialmente la domanda di sospensiva cautelare della società ricorrente, sotto l’esclusivo profilo del danno prospettato, disponendo la sospensione della riscossione del contributo indicato dall’Autorità, nella misura del cinquanta per cento, avendo ritenuto che “…il ricorso necessiti dell’adeguato approfondimento proprio della sede di trattazione nel merito, anche per valutare eventuali riflessi delle pronunzie che saranno rese dalla Corte di Giustizia comunitaria nelle cause C-259\16 e C-260\16 su questioni pregiudiziali sollevate da questo TAR su tematiche analoghe a quelle all’odierno vaglio”.

Entrambe le parti in causa hanno prodotto ulteriore documentazione e, in vista dell’udienza di merito, le rispettive memorie conclusionali.

Parte ricorrente ha anche depositato note di replica.

Quindi, alla pubblica udienza del 23 ottobre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Viene all’esame del Collegio la delibera dell’AGCOM n. 427/17/CONS, dedicata a “Misura e modalità di versamento del contributo dovuto per l’anno 2018 dai soggetti che operano nel settore postale”. Le delibera si riferisce all’imposizione del contributo economico che annualmente grava sugli operatori del mercato dei servizi postali, sia titolari di autorizzazione generale che titolari di licenza individuale, nella misura calcolata dalla stessa Autorità, avente come base imponibile i ricavi derivanti dallo svolgimento di servizi postali (o ad essi collegati ed accessori).

Lo scopo del contributo è quello di finanziare le spese di funzionamento dell’AGCOM, afferenti ai compiti di Autorità di regolazione del mercato dei servizi postali alla stessa AGCOM attribuiti dal D.L. n. 201/2011.

Appare opportuna, al riguardo, una sintetica disamina dell’evoluzione del quadro normativo che, in ultimo, è stato notevolmente modificato rispetto alla disciplina precedente, per effetto dell’art. 65 del D.L. n. 50 del 2017.

Al riguardo si rammenta che (vedi, per una sintetica ricostruzione della vicenda normativa, Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2017, n. 245):

- le funzioni di Autorità nazionale di regolamentazione (ANR) per il settore postale, di cui all’art. 22 della Direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (come modificata dalle direttive 2002/39/CE e n. 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio), erano state originariamente attribuite al Ministero dello sviluppo economico (MISE);

- in attuazione della direttiva 2008/6/CE e per adeguarsi ai rilievi mossi all’Italia dalla Commissione Europea (la quale aveva ritenuto che il MISE non fosse dotato dei necessari requisiti di indipendenza rispetto al principale operatore del mercato, vale a dire Poste Italiane), il d.lgs. n. 58/2011 istituiva una autonoma “Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale”, chiamata a svolgere le funzioni di ANR del settore postale in luogo del MISE (v. art. 2, comma 12, d.lgs. n. 261/1999, come modificato dal d.lgs. n. 58/2011, secondo cui «Sono trasferite all'Agenzia le funzioni di cui al comma 4, attualmente svolte dal Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale per la regolamentazione del settore postale, di cui all'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, con le inerenti risorse umane, finanziarie e strumentali. […]»);

- la menzionata Agenzia, tuttavia, non è mai entrata in funzione e, nel 2011, le sue funzioni sono state trasferite all’AGCOM ai sensi dell’art. 21 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214;

- all’interno dell’AGCOM, i compiti di regolazione e vigilanza del settore postale sono stati attribuiti alla Direzione Servizi Postali, appositamente istituita con la delibera 731/11/CONS (modificata e integrata dalla delibera 65/12/CONS);

- prima delle recenti abrogazioni disposte dal D.L. n. 50 del 2017, l’obbligo di contribuzione degli operatori del settore postale agli oneri di funzionamento dell’Autorità di regolamentazione per tale settore (l’AGCom, v. sopra) trovava la sua principale fonte di disciplina nell’art. 15, comma 2-bis, d.lgs. n. 261/1999 (come modificato dal d.lgs. n. 384/2003 e dal d.lgs. n. 58/2011), che testualmente recitava: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 2, comma 18 (in realtà mai adottato, n.d.r.), il fornitore del servizio universale e i soggetti esercenti servizi postali di cui agli articoli 5 e 6 contribuiscono alle spese di funzionamento dell'autorità di regolamentazione mediante il contributo di cui all’articolo 2, comma 14, lettera b), del presente decreto”;

- il richiamato art. 2, comma 14, statuiva testualmente: «14. Agli oneri derivanti dal funzionamento dell’Agenzia si provvede:

a) mediante apposito Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, al quale confluiscono le risorse finanziarie di cui al comma 12;

b) mediante un contributo di importo non superiore all'uno per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio relativi al settore postale, versato da tutti gli operatori del settore medesimo, e al netto, per il fornitore del servizio universale, dell'onere relativo al servizio universale stesso e dei proventi per i servizi affidati in via esclusiva, di cui all'articolo 4. Il contributo è versato entro il 31 luglio di ogni anno e le relative somme affluiscono direttamente al bilancio dell'Agenzia….”.

- il comma 18 dell’art. 2 prevedeva che fosse il MEF, di concerto con il MISE, a determinare, con apposito decreto:

- l’ammontare delle risorse finanziarie di cui al comma 12 (già utilizzate dal MISE per lo svolgimento dei compiti di ANR per il settore postale) da trasferire all’Agenzia (oggi, AGCom);

- “in sede di prima applicazione”, la misura del contributo di cui al sopra citato comma 14, lettera b).

- l’art. 21, comma 14, d.l. n. 201/2011 ha poi previsto che le funzioni attribuite agli organismi soppressi (tra i quali l’Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale) e “le inerenti risorse finanziarie e strumentali compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, sono trasferiti, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale, alle amministrazioni subentranti indicate nell’allegato A del decreto legge” (per quanto qui interessa, all’AGCOM).

Da ultimo è intervenuto il D.L. 24/04/2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), il quale dedica l’art. 65 all’Autorità nazionale di regolazione del settore postale, disponendo che:

“1. A decorrere dall'anno 2017, alle spese di funzionamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in relazione ai compiti di autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, si provvede esclusivamente con le modalità di cui ai commi 65 e 66, secondo periodo, dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, facendo riferimento ai ricavi maturati dagli operatori nel settore postale. Sono abrogate le norme di cui all'articolo 2, commi da 6 a 21, e di cui all'articolo 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261.”.

Pertanto a decorrere dall’anno 2017 le disciplina di fonte primaria relativa al contributo economico annuale destinato a coprire i costi sostenuti dall’AGCOM per poter assolvere ai suoi compiti di Autorità Nazionale di Regolazione dei servizi postali non si rinviene più negli articoli sopra menzionati del d.lgs. n. 261/1999, bensì “esclusivamente” (secondo la dizione testuale dell’art. 65 cit.) nell’art. 1, commi 65 e 66, Legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), secondo cui (v. superiore narrativa “in fatto”):

- le spese di funzionamento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (e delle altre autorità indipendenti ivi menzionate) sono finanziate dal mercato di competenza (per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato), secondo le modalità previste dalla normativa vigente e la misura della contribuzione da determinare con propria deliberazione dall’AGCOM, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge;

- le deliberazioni in merito ai termini e alle modalità di versamento sono sottoposte al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, affinché siano approvate, con proprio decreto, entro venti giorni dal ricevimento (in assenza di osservazioni le deliberazioni adottate dall’Autorità divengono esecutive);

- eventuali variazioni della misura e delle modalità della contribuzione possono essere adottate dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi del comma 65 cit., nel limite massimo del 2 per mille dei ricavi risultanti dal bilancio approvato precedentemente alla adozione della delibera.

2. La questione, con riguardo agli anni pregressi, è stata affrontata in più occasioni dal Giudice di primo grado (v. ex multis TAR Lazio, sez. I, 10 febbraio 2016, n. 1931;
id., sez. III, 23 gennaio 2017 n. 1221, id. sez. III, 17 marzo 2017, n. 3626) e, con limitato riguardo ai contributi richiesti per gli anni 2012-2014, dal Consiglio di Stato (Sez. VI 19 gennaio 2017, n. 245), i quali sono entrambi pervenuti all’accoglimento delle ragioni degli operatori ricorrenti (tra i quali l’odierna ricorrente Nexive) sulla base degli argomenti così riassumibili:

- le diverse delibere AGCOM, succedutesi per la determinazione dell’entità del contributo relativo agli anni anteriori al 2017, prevedevano - quale unica fonte di finanziamento degli oneri di funzionamento dell’AGCOM quale ANR per il settore postale - il contributo obbligatorio a carico degli operatori del settore, senza contestualmente definire la quota a carico del Fondo statale di cui all’art. 2, comma 14, lettera a), d.lgs. n. 261/2011, (che avrebbe dovuto essere inizialmente alimentato con le risorse già di pertinenza del MISE);

- l’esclusione della quota di finanziamento a carico della fiscalità generale non rientrava però “nella sfera di disponibilità dei Ministeri coinvolti e dell’AGCom, attesi gli evidenti riflessi esterni sui soggetti passivi dell’obbligazione contributiva” (Cons. Stato, VI, n. 245/2017);

- inoltre non è stato emanato il decreto di cui all’art. 2, comma 18, d.lgs. n. 261/1999, da adottare da parte del MEF, di concerto con il MISE, avente ad oggetto sia la determinazione, «in sede di prima applicazione», della misura del contributo dovuto dagli operatori del settore postale e delle modalità di versamento, che l’individuazione delle risorse finanziarie, originariamente attribuite al MISE per lo svolgimento delle funzioni di autorità di regolamentazione, da trasferire alla nuova Autorità (nella specie, all’AGCom per i compiti svolti dalla neo-istituita Direzione Servizi Postali) (Cons. Stato cit.);

- in prima applicazione – peraltro solo nel 2015, e con efficacia retroattiva per gli anni 2012, 2013 e 2014 – è stato adottato il solo decreto ex art. 2, comma 14, lettera b), d.lgs. n. 261/1999 dal MISE, di concerto con il MEF “con il quale invece, per espressa previsione legislativa, avrebbero dovuto essere determinate la misura e le modalità di versamento del contributo relativo agli esercizi successivi a quello di prima applicazione, ed il quale, nella sequenza procedimentale delineata dal legislatore, presupponeva la previa emanazione del decreto di cui al comma 18, nella specie mai emanato”;

- la configurazione legislativa del contributo a carico del mercato di riferimento, come obbligazione contributiva funzionale al co-finanziamento degli oneri di funzionamento dell’ANR nel settore postale (e non come fonte di finanziamento unica di tali oneri) e la conformazione legislativa della procedura tipica di esercizio del potere impositivo, devono ritenersi attratte nell’orbita della riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost., “sicché le menzionate previsioni legislative non erano derogabili in sede di adozione del decreto ministeriale attuativo (rectius: dei decreti attuativi, di cui uno mai adottato), con conseguente corretto annullamento, da parte del T.a.r., degli atti gravati posti in essere in violazione di tale disciplina…” (Cons. Stato cit.);

- alla stessa tipologia viziante (violazione della disciplina legislativa sopra ricostruita) va ricondotto il dedotto vizio di contrasto con il principio di irretroattività, dovendosi affermare, nei casi già affrontati dal Giudice amministrativo, l’irretroattività del decreto ex art. 2, comma 14, lettera b), d.lgs. n. 261/1999, espressamente sancita dall’art. 15, comma 2-bis, dello stesso strumento legislativo.

3. Le argomentazioni che precedono sono state, come detto, in più occasioni condivise anche da questa Sezione che ha accolto i ricorsi proposti da diversi operatori (ivi compresa l’odierna ricorrente) annullando le delibere dell’AGCOM su misura e modalità della contribuzione per gli anni 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016 (vedi sentenze TAR Lazio, Sez. I, n. 1931del 2016;
id., sez. III, nn. 1221/2017 e 3626/2017).

Il Collegio, tuttavia, non può non rilevare che, con riguardo all’anno (2018) considerato dalla impugnata delibera n. 427/17/CONS , pubblicata il 15 gennaio 2018, è radicalmente mutato, rispetto alle richiamate pronunce giudiziali, il quadro normativo di riferimento. Ciò in conseguenza dell’avvenuta abrogazione, ad opera dell’art. 65 del D.L. n. 50 del 2017, delle precitate norme contenute nel d.lgs. n. 261 del 1999, che erano specificamente dedicate al contribuito e sull’interpretazione e applicazione delle quali si erano basate le sentenze del Giudice amministrativo favorevoli agli operatori. Tali pronunce, per gli anni pregressi (fino al 2016 compreso), avevano annullato gli atti impositivi adottati dall’AGCOM per violazione della riserva (relativa) di legge, dove per “legge” deve proprio intendersi il citato d.lgs. n. 261 del 1999, nella parte in cui:

a) configurava la prestazione imposta in discorso come fonte di finanziamento a carico degli operatori del mercato di riferimento ma non, tuttavia, quale fonte esclusiva, stante il contestuale onere gravante a carico dell’apposito Fondo statale di cui all’art. 2, comma 14, lettera a), d.lgs. n. 261/2011 (che avrebbe dovuto essere alimentato con le risorse già di pertinenza del MISE);

b) delineava una specifica procedura di determinazione del contributo nella quale si collocava, quale primo atto, il decreto di competenza del MEF (da adottare di intesa con il MISE), in realtà mai adottato, per la prima determinazione del contributo e per il trasferimento delle risorse già attribuite al MISE per lo svolgimento delle funzioni regolatorie.

Come si è già anticipato l’art. 65 del D.L. n. 50 del 2017, a decorrere dalla determinazione del contributo per l’anno 2017, ha espressamente abrogato le norme di cui all'articolo 2, commi da 6 a 21 e di cui all'articolo 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 22 luglio 1999 n. 261, prevedendo, con il significativo avverbio “esclusivamente”, che, per gli anni dal 2017 in poi, dovranno avere applicazione, da parte dell’AGCOM, le sole norme di cui all’art. 1, commi 65 e 66, della Legge n. 266/2005 (Finanziaria 2016). Ciò significa che, a partire dal contributo 2017, non opera più la previsione secondo cui alla copertura dei costi relativi al funzionamento dell'AGCOM come regolatrice del settore dei servizi postali, debba necessariamente concorrere, vicino al mercato di riferimento, anche l’apposito “Fondo iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico” di cui all’ormai abrogato art. 14, comma 1, lett. a). Del pari non possono più ritenersi vincolanti per l’Amministrazione (quindi MEF e MISE), perché abrogate (con effetto a partire dal contributo per l’anno 2017), le restanti norme di cui ai commi da 6 a 21 dell’art. 2 d.lgs. n. 261/99, tra le quali va evidenziato il comma 18, a mente del quale “con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro quindici giorni dalla data di adozione del decreto di cui al comma 17, è stabilito l'ammontare delle risorse finanziarie di cui al comma 12, entro il limite dell'80 per cento delle risorse disponibili a legislazione vigente per il Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale per la regolamentazione del settore postale” e sono, altresì, “determinate, in sede di prima applicazione, la misura del contributo, di cui alla lettera b) del comma 14, e le modalità di versamento al bilancio dell'Agenzia”. Il comma citato, come risulta da quanto sopra esposto, è stato ritenuto violato dall’Amministrazione nei diversi anni già esaminati, avendo costituito un argomento chiave nelle pronunce sopracitate ai fini del riconoscimento delle ragioni degli operatori postali avverso le determinazioni assunte dall’AGCOM in materia contributo annuo (v. la giurisprudenza di questo TAR sopra menzionata e Cons. Stato, VI, 19.1.2017, n. 245).

La vicenda per cui è causa deve dunque inquadrarsi nel nuovo sistema disciplinato dai soli commi 65 e 66 dell’art. 1 del d.lgs. n. 266/2005 ove non vige l’obbligatorietà del cofinanziamento statale delle attività della ANR, poiché è soltanto previsto che le spese delle autorità di regolazione sono finanziate dal mercato di competenza “per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato” (comma 65).

Ne consegue che, in base al dato normativo, la parte coperta dal finanziamento statale può anche essere, per ciascuna annualità considerata, pari a zero, secondo quanto previsto dalla Legge di bilancio annuale, senza che ciò possa determinare vizio dell’atto amministrativo adottato dall’Autorità, atteso che non vi era, per l’anno in esame, alcuna norma di legge che imponesse o autorizzasse l’Amministrazione a fissare una ipotetica quota a carico dello Stato e a quantificarne l’entità. In effetti il citato comma 65 si limita a parlare di un finanziamento a carico del mercato di competenza (c.d. auto-finanziamento) per la parte non coperta da fondi statali, ma, non fissa né percentuali di ammontare né criteri o procedure di quantificazione di quest’ultima fonte, sicché si deve anche ammettere la possibilità e la legittimità di un finanziamento pubblico (a carico della fiscalità generale) pari a 0. In ogni caso una diversa soluzione al riguardo non può certo collocarsi a livello dell’azione e delle scelte dell’Amministrazione (necessariamente sottoposta ai vincoli legislativi di spesa), dovendo, viceversa, essere rimessa a scelte politico-legislative.

La stessa direttiva europea in materia riconosce agli Stati membri il potere di coprire i costi delle ANR mediante l’autofinanziamento da parte del mercato di competenza, disponendo l’art. 9, comma 2, quarto “trattino” che la concessione di autorizzazioni (sia che si tratti di autorizzazioni generali, sia che si tratti di licenze individuali, cfr. CGUE sentenza C-2/2016) “se opportuno, può essere subordinata all’obbligo di contribuire finanziariamente ai costi operativi delle autorità nazionali di regolamentazione di cui all’articolo 22”.

Il sistema di “auto-finanziamento” integrale attuato dal legislatore italiano, peraltro, non costituisce una anomalia ma, al contrario, come osservato dalla difesa erariale, appare logicamente in linea con il normale evolversi delle attività di una ANR chiamata a regolare un mercato che deve aprirsi pienamente alla concorrenza. Invero, se in un primo momento l’intervento statale può essere necessario per l’organizzazione e l’avvio delle attività regolatorie (essendo il mercato ancora inesistente), in un momento successivo il finanziamento può essere ripartito tra i soggetti regolati secondo criteri obiettivi e proporzionali che garantiscano la compartecipazione di tutti alle spese di regolazione del settore in cui operano (beneficiando dell’attività regolatoria svolta dalla ANR).

Ciò è quanto si è verificato per gli altri mercati di competenza dell’AGCOM, per i quali dall’ormai lontano 2013 il contributo statale è pari a zero. Ragioni di coerenza inducono a ritenere che il settore in questione non sia disciplinato diversamente, in punto di contribuzione all’Autorità, dagli altri settori menzionati dal comma 65 cit. (dove non si ha contribuzione pubblica), dal momento in cui il Legislatore ha deciso di ricondurre ad unità nell’ambito delle medesime norme (commi 65 e 66 dell’art. 1 Legge n. 266 del 2005), la disciplina dei servizi postali e degli altri settori regolati di competenza dell’AGCOM.

E’ necessario, proprio al fine di garantire la concorrenzialità del mercato (alla cui attuazione sono finalizzate le attività del Regolatore) e la parità di opportunità tra tutti i “competitors” (il perimetro dei quali è stato ormai definito dalla CGUE con la sentenza C-2/2015, su cui “infra”) che tutti gli operatori del mercato partecipino nella misura dovuta al finanziamento delle attività della ANR, posto che l’inadempimento da parte di taluno inevitabilmente altera la proporzionalità della ripartizione delle spese di regolazione e, di conseguenza, la concorrenza del settore.

Può infine rilevarsi che la stessa lettura “evolutiva”, condivisa dal Collegio, delle norme di fonte primaria succedutesi nel corso degli anni induce a ritenere che, nel nuovo assetto fissato dall’art. 65 del D.L. n. 50 del 2017, sia stata ormai superata e abbia perduto ogni attualità la previsione originaria contenuta nell’art. 1, comma 9, della Legge n. 249 del 1997 (istitutiva dell’AGCOM) la quale, proprio perché riferita alla fase di avvio organizzativo di un’Autorità di regolazione settoriale prima inesistente, prevedeva che la sua intera attività gravasse su apposito “fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato ed iscritto in apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro”. Prima della nascita di un mercato concorrenziale siffatta scelta risultava obbligata, ma ciò non è più condivisibile nelle successive fasi evolutive del mercato in questione.

4. Per tutte le ragioni che precedono non può che essere respinto il primo motivo di gravame articolato da Nexive S.p.a..

5. Con il secondo motivo, come visto, le società ricorrenti lamentano la mancanza di una istruttoria verificabile nella determinazione del contributo;
l’Autorità, inoltre, avrebbe anche omesso di indicare le motivazioni sulla base delle quali il contributo è stato determinato nella misura dell’1,4 per mille.

Osserva il Collegio che l’AGCOM, nel costituirsi, ha documentato:

- la trasmissione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota del 24 novembre 2017, della delibera impugnata per l’approvazione richiesta dall’art. 1, comma 65, della legge n. 266/2005 (doc. 1 res. dep. 2.10.19);

- l’avvenuto riscontro da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con nota del 14 dicembre 2017 (doc. 2 res. dep. 2.10.2019), alla nota della Presidenza del Consiglio con cui era stata trasmessa la stessa delibera;

- gli esiti (favorevoli) della valutazione svolta dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (doc. 3) e dal Dipartimento del Tesoro (doc. 4);

- la successiva nota del 9 gennaio 2018, con cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri trasmetteva all’Autorità il D.P.C.M. 14 dicembre 2017 di esecutività della delibera n. 427/17/CONS (doc. 5).

Ciò dimostra come la delibera sia stata oggetto di vaglio favorevole e sostanziale - e non meramente formale - da parte dei competenti Dipartimenti tecnici del MEF e come, all’esito delle positive valutazioni degli stessi, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ne abbia ammesso l’esecutività.

La Ragioneria Generale, nella propria nota (doc. 3 dep. 2.10.19), dimostra di avere esaminato la relazione tecnico-finanziaria predisposta dall’AGCOM, senza svolgere alcuna osservazione critica, su nessuno dei contenuti sottoposti al suo vaglio, vale a dire:

1) spese di funzionamento che l’Autorità prevede di sostenere per lo svolgimento dei propri compiti regolatori nel settore dei servizi postali (anno 2018);

2) base imponibile e aliquota fissata;

3) platea dei contribuenti, modalità e termini di versamento del contributo.

Quanto al punto 1) la stessa Ragioneria ha osservato che la stima della spesa per il settore postale è stata elaborata sulla base dei costi diretti, relativi alle strutture operative (“core”), precipuamente dedicate allo svolgimento dei compiti (regolatori, di vigilanza e di controllo) afferenti al mercato dei servizi postali, quantificati in euro 5,6 milioni;
nonché sulla base dei “costi indiretti” sostenuti dalle “strutture trasversali”, amministrative e di indirizzo, la cui attività è funzionale allo svolgimento di tutte le competenze istituzionali, valutate in 3,7 milioni di euro (totale euro 9,3 milioni).

Le censure di cui al secondo motivo - afferenti al difetto di approfondimento istruttorio, anche da parte degli altri organi statali chiamati a concorrere nella procedura di approvazione della delibera - per tutto quanto precede, sono infondate e da respingere.

6. Sul terzo motivo, il quale si articola, come visto, in una pluralità di censure autonome, seppur collegate, il Collegio rileva quanto segue.

6.1. Deve premettersi che sui servizi degli operatori postali (e sui relativi ricavi) che possono essere assoggettati al contributo e sulle attività (e i corrispondenti costi) dell’AGCOM che debbono essere finanziati dalla contribuzione dei soggetti che erogano servizi postali nel mercato, la sentenza della CGUE del 16 novembre 2016 nella causa C-2/15, ha chiaramente affermato che i primi non attengono al solo servizio universale, mentre i costi-funzione finanziabili sono quelli concernenti l’intero settore dei servizi postali.

Nelle pronunce n. 1221/2017 del 23 gennaio 2017 (resa nei confronti di Nexive S.p.a.), n. 3626 del 17 marzo 2017 e n. 10264 del 12.10. 2017, questo Giudice ha già avuto modo di osservare che:

- la richiamata decisione della CGUE si innestava su controversia pendente dinnanzi al Giudice austriaco, nella quale erano contrapposti la DHL Express (Austria), corriere espresso, alla Post Control Kommission (Commissione di controllo dei servizi postali dell’Austria), vertente su una determinazione di quest’ultima che imponeva alla DHL di contribuire finanziariamente ai costi operativi della Rundfunk und Telekom Regulierungs GmbH (autorità nazionale austriaca di regolamentazione del settore postale).

- la Corte di Giustizia, con la citata sentenza 16 novembre 2016 - causa C-2/15, invece, ha osservato che: (par. 23) “Dall’analisi dell’impianto dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 97/67, emerge che, a seconda dell’obbligo di cui trattasi, gli obblighi previsti da tale disposizione possono essere imposti vuoi ai soli fornitori di servizio universale o di un servizio come tale considerato, vuoi a tutti i fornitori di servizi postali”;
successivamente la stessa Corte osserva inoltre che: (28) “Dall’analisi dell’impianto dell’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 97/67, emerge, quindi, che il termine «autorizzazioni» usato in tale disposizione designa tanto le autorizzazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, di tale articolo, quanto quelle di cui al paragrafo 1 dello stesso. (29) In terzo luogo, per quanto riguarda l’obbligo specifico di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione competente per il settore postale, di cui all’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67, che costituisce l’oggetto della prima questione pregiudiziale, va rilevato che le attività spettanti alle autorità nazionali di regolamentazione riguardano il settore postale nel suo complesso e non solo le forniture di servizi che rientrano nel servizio universale.

(30) Infatti, l’articolo 22, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che ciascuno Stato membro designi una o più autorità nazionali di regolamentazione per il settore postale. Il paragrafo 2 di tale articolo dispone, certo, che le suddette autorità hanno il compito di garantire l’osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, in particolare istituendo procedure di monitoraggio e regolamentazione per garantire la fornitura del servizio universale, tuttavia tale disposizione prevede anche che le medesime autorità possono essere incaricate di garantire il rispetto delle norme di concorrenza per tutto il settore postale”;

- l’organo di giustizia comunitario ha quindi concluso (v. punto 31) che “Del resto, come sottolinea l’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, posto che il ruolo e i compiti devoluti alle autorità nazionali di regolamentazione sono stati pensati dal legislatore dell’Unione come diretti ad avvantaggiare tutti gli operatori del settore postale, l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67, deve essere interpretato nel senso che tutti i fornitori di servizi postali possono, come contropartita, essere assoggettati all’obbligo di contribuire al finanziamento delle attività delle suddette autorità. (32) Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alla prima questione che l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67 deve essere interpretato nel senso che non osta a una legislazione nazionale, come quella in questione nel procedimento principale, che pone a carico di tutti i fornitori del settore postale, inclusi quelli che non forniscono servizi che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale, l’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione per il settore postale”.

Pertanto la CGUE, muovendo da una interpretazione non solo letterale della disposizione dell’art. 9 della direttiva, ma anche “del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte” (cfr. punto 19 della menzionata decisione), ritiene che tale disposizione non consenta, di per sé, di determinare se gli obblighi elencati nei vari trattini si riferiscano a tutti i servizi postali o solo a quelli che rientrano nell’ambito di applicazione del servizio universale.

Perciò, procedendo ad una “analisi dell’impianto” della norma medesima, giunge alla conclusione che il termine “autorizzazioni” impiegato nell’articolo 9, paragrafo, 2, secondo comma, della direttiva 97/67 “designa tanto le autorizzazioni di cui al paragrafo 2, primo comma, di tale articolo, quanto quelle di cui al paragrafo 1 dello stesso”.

In conclusione la Corte, alla luce del criterio interpretativo che tiene conto degli “scopi perseguiti dalla normativa di cui fa parte” e della sua “genesi”, in relazione all’obbligo di contribuire al finanziamento dell’autorità di regolamentazione competente per il settore postale, di cui al quarto trattino dell’art. 9, paragrafo, secondo comma, rileva che “le attività spettanti alle autorità nazionali di regolamentazione riguardano il settore postale nel suo complesso e non solo le forniture di servizi che rientrano nel servizio universale”.

La Corte motiva ulteriormente la propria interpretazione facendo riferimento a “ruolo e compiti” delle ANR (cfr. punto 31) che “sono stati pensati dal legislatore dell’Unione come diretti ad avvantaggiare tutti gli operatori del settore postale”, per cui conclude che “l’articolo 9, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino, della direttiva 97/67, deve essere interpretato nel senso che tutti i fornitori di servizi postali possono, come contropartita, essere assoggettati all’obbligo di contribuire al finanziamento delle attività delle suddette autorità” (sulla stessa linea interpretativa si colloca la più recente sentenza CGUE del 31 maggio 2018, cause riunite C-259/16 e C-260/16, che, assumendo come proprio presupposto quanto affermato dalla citata sentenza C-2/15, giunge alla conclusione che “l’articolo 2, punti 1, 1 bis e 6, della direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997 […..] deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella in discussione nei procedimenti principali, secondo cui le imprese di autotrasporto, di spedizione o di corriere espresso che forniscono servizi di raccolta, smistamento, trasporto e distribuzione degli invii postali costituiscono, salvo nel caso in cui la loro attività sia limitata al trasporto degli invii postali, fornitori di servizi postali, ai sensi dell’articolo 2, punto 1 bis, della menzionata direttiva.”).

6.2. Nella medesima decisione la Corte ha avuto anche modo di definire l’ambito oggettivo delle attività del settore i cui costi possono essere posti a carico dei fornitori di servizi postali.

Invero al punto 30 della sentenza la Corte di Giustizia, dopo aver richiamato l’art. 22 della direttiva 97/67, evidenzia come il secondo paragrafo di tale articolo disponga che “le suddette autorità (di regolazione) hanno il compito di garantire l’osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, in particolare istituendo procedure di monitoraggio e regolamentazione per garantire la fornitura del servizio universale” e che “tale disposizione prevede anche che le medesime autorità possono essere incaricate di garantire il rispetto delle norme di concorrenza per tutto il settore postale”.

Alla luce della interpretazione data dalla Corte di Giustizia all’art. 9 della direttiva, può concludersi quindi che tale norma - a seguito delle modifiche introdotte dalla direttiva 2008/6/CE alla direttiva 97/67/CE - attribuisca alle Autorità nazionali di regolamentazione il compito di disciplinare non solo i servizi che rientrano nell’ambito del servizio universale, ma anche le attività di tutti i fornitori di servizi postali.

I poteri di regolamentazione previsti dalla direttiva riguardano, pertanto, l’equità delle condizioni di mercato ai fini della realizzazione di una concorrenza effettiva (considerando n. 41), la protezione di tutti i consumatori, e non solo di quelli che fruiscono dei servizi universali (considerando n. 42), la cooperazione con le altre autorità di regolamentazione per promuovere lo sviluppo del mercato e l’applicazione coerente della direttiva (considerando n. 51). Finalità che sono sintetizzate (come già accennato) nella previsione dell’art. 22, paragrafo 2, della direttiva 97/67 secondo cui le ANR hanno non solo “il compito di garantire l’osservanza di tutti gli obblighi derivanti dalla direttiva”, ma altresì quello di assicurare “il rispetto delle norme in materia di concorrenza nel settore postale”.

In coerenza con le conclusioni raggiunte e con le motivazioni alla base della pronuncia della CGUE pubblicata il 16 novembre 2016 nella causa C-2/15, è anche significativo che la Corte abbia ritenuto di non dovere rispondere alla seconda questione, sollevata in detta sede dalle ricorrenti, se l’obbligo di rispettare i principi di non discriminazione e di proporzionalità ai sensi dell’art. 7, paragrafo 5, della Direttiva implichi che quote di fatturato ascrivibili a prestazioni con un valore aggiunto (dunque servizi postali non riconducibili al servizio universale), siano detratte dal calcolo delle quote dei contributi per il finanziamento dell’Autorità di regolazione (secondo la tesi che è sostenuta anche dalle ricorrenti nel quarto motivo di ricorso). La Corte europea, ritenendo di non dover rispondere a questa seconda questione, ha implicitamente ritenuto che essa sia assorbita dalla risoluzione della prima, nei termini dianzi esposti.

6.3. Gli argomenti sviluppati del Giudice europeo nella menzionata sentenza inducono il Collegio, senza necessità di ulteriori puntualizzazioni, alla reiezione di quelle censure articolate nel terzo motivo, che si pongono in aperto contrasto con le linee interpretative dettate dalla CGUE (recepite da questo TAR nelle sentenze n. 3626/2017 e n. 10264/2017) e, precisamente, delle censure di cui ai punti:

III.

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