TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-12-29, n. 202203466
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Pubblicato il 29/12/2022
N. 03466/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02086/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2086 del 2011, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dagli avvocati S C e G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G D S in Catania, via M.R. Imbriani, 228;
contro
Comune di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M I G, con domicilio eletto presso il suo studio in Messina, alla via S. Sebastiano, n.14;
Ufficio del Genio Civile di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, alla via vecchia Ognina, 149;
Dipartimento Attività Edilizie e Repressione Abusivismo - Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;
per l'annullamento
-dell’ordinanza n. -O- dell’8/03/2011, notificata il 14/04/2011;
-dell’accertamento del 16/01/2011 eseguito dal Dipartimento Attività Edilizie e Repressione Abusivismo;
-del processo verbale ex art. 21 L. 64/1974 per violazione della normativa sismica, indicato nella nota del Genio Civile di Messina U.O.C. 4-U.O.B. 5 prot. -O- del 28/02/2011, recapitata il 21/04/2011, verbale non comunicato né rilasciato nonostante la richiesta presso l’Ufficio e pertanto non conosciuto;
-di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Messina e dell’Ufficio del Genio Civile di Messina;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 26 settembre 2022 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso tempestivamente notificato e depositato, il signor -O- ha agito in giudizio per ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. -O- dell’8/03/2011, notificata il 14/04/2011 e del sottostante verbale di accertamento del 16/01/2011, in epigrafe meglio specificato.
Riferisce il ricorrente: a) di essere proprietario di un fondo sito in Messina, alla via -O-;b) che, con la gravata ordinanza “ visto l’accertamento eseguito da Dip.to Attività Edilizie e Repressione Abusivismo, in data 16.01.2011, dal quale risulta la realizzazione senza titolo abilitativo delle seguenti opere: Un fabbricato ad una elevazione f.t. di circa mq. 90, in muratura ordinaria e copertura in pannelli coibentati ”, il Comune resistente ha ingiunto la demolizione delle opere abusive;c) di aver ricevuto la nota prot. n. 6327 del 28/02/2011, notificata il 21/04/2011, con la quale l’Ufficio del Genio Civile di Messina ha comunicato che “ a seguito di verbale di accertamento del Comune di Messina, lo scrivente Ufficio ha emesso verbale ex art. 21 l. 64/74 per violazione alla normativa sismica, trasmettendolo alla Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Messina per le determinazioni di competenza ”;d) non avere avuto conoscenza del suddetto verbale, pur a seguito di richiesta presentata all’Ufficio del Genio Civile e da questo non esitata.
Con atto depositato in data 01/07/2011, si è costituito in giudizio l’Ufficio del Genio Civile di Messina e, in data 23/08/2011, il Comune di Messina. Parte ricorrente ha replicato con memoria prodotta in data 25/07/2022.
All’udienza straordinaria del 26 settembre 022, la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- Il gravame è affidato a sei motivi di censura.
Con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 7 e 8 della legge n.241/1990 nonché della legge 15/2005 e l.r. 10/1991: sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento, non consentendo la partecipazione del privato al procedimento.
Con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (e degli artt. 10, 22, 31 e 37 T.U. Edilizia) nonché l’eccesso di potere per contraddittorietà tra provvedimenti: viene, più precisamente, rilevata la contraddittorietà tra il verbale di accertamento presupposto e l’ordinanza di demolizione;nello specifico, nel verbale della Polizia Municipale del 16/01/2011 si farebbe riferimento ad opere realizzate “senza alcuna autorizzazione”, sicché sarebbe stato erroneamente applicato al caso di specie l’art. 7 L. n. 47/1985, in luogo dell’art. 10 della medesima legge.
Con il terzo motivo, poi, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (trasfuso nell’art. 27 D.P.R. 380/2001, T.U. Edilizia) nonché l’eccesso di potere per contraddittorietà del provvedimento e illogicità manifesta: a parere del ricorrente, il Comune resistente avrebbe dovuto adottare un ordine di sospensione dei lavori ai sensi dell’art. 4 della legge n. 47/1985, al fine di procedere – prima dell’ordinanza di demolizione – ad effettuare i necessari accertamenti in merito alla natura dei lavori e alla possibilità di presentare domanda di sanatoria.
Con il quarto motivo, si lamenta l’eccesso di potere per contraddittorietà sotto altro profilo, nonché lo sviamento e il travisamento dei fatti: secondo parte ricorrente, i provvedimenti adottati sarebbero sproporzionati rispetto alle peculiarità del caso di specie.
Con il quinto motivo si deduce l’eccesso di potere per carenza di motivazione e contraddittorietà nonché la presunta violazione dell’art. 96 D.P.R. 380/2001: nel verbale di accertamento del 16/01/2011 – non conosciuto dal ricorrente– si contesta la violazione degli artt. 44, 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001 ma tali disposizioni sarebbero state erroneamente applicate alla fattispecie in esame;il Comune resistente avrebbe dovuto adottare preliminarmente provvedimenti interinali anziché applicare la sanzione della demolizione, in modo tale da consentire al ricorrente di regolarizzare la situazione.
Con il sesto motivo, infine, si contesta la violazione dell’art. 5 della L.R. 47/1985, nonché degli artt. 7 e 10 della stessa legge, anche come trasposti negli artt. 31 e 37 T.U. Edilizia e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità: parte ricorrente sostiene, in buona sostanza, la natura pertinenziale dell’opera in oggetto facendone discendere l’esclusione dell’obbligo di richiedere concessione edilizia e della possibilità di applicare la sanzione demolitoria prevista in caso di inadempimento;prospetta, altresì, la possibilità di presentare domanda di sanatoria per le opere contestate.
Nessuno dei motivi può trovare accoglimento.
2.1.- In primo luogo, si rileva l’infondatezza del primo motivo di ricorso sulla scorta di consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha ragioni di discostarsi.
A fronte della realizzazione di opere abusive, l’ordine di demolizione è atto dovuto;non sussiste, pertanto, l’onere di comunicare l’avvio del procedimento.
La giurisprudenza si è espressa costantemente in questo senso. Si veda da ultimo una pronunzia di questa stessa Sezione: “ In materia edilizia, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi l'ordinanza di demolizione è un atto dovuto e va emanata senza indugio e, in quanto tale, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l'abuso di cui l'interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo” (cfr., ex plurimis , T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, 28/09/2022, n. 2561).
2.2.- Parimenti infondato il secondo motivo.
Non appare invero dirimente che laddove, nel verbale del 16 gennaio 2011, la Polizia Municipale contesta la violazione degli artt. 44, 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001 in relazione ad “ un fabbricato ad una elevazione f.t. di circa 90 mq. in muratura ordinaria e copertura in pannelli coibentati senza alcuna autorizzazione ”, l’ordinanza impugnata applichi la sanzione prevista per l’ipotesi di assenza di “concessione” nonostante richiami il suddetto verbale nella parte in cui individua le opere realizzate senza titolo abilitativo.
L’inserimento della generica locuzione “senza alcuna autorizzazione”, non prova nulla a fronte di una descrizione dell’immobile abusivo come realizzazione di volumetria non autorizzata.
In ogni caso, in merito alla possibile difformità tra quanto affermato nel provvedimento demolitorio e le dichiarazioni contenute nel precedente verbale di accertamento e contestazione dell’illecito edilizio, “ nessuna norma stabilisce che debba sussistere una perfetta coincidenza fra i rilievi svolti in occasione del verbale di accertamento e il provvedimento successivo, il quale ben può essere adottato dall’organo a ciò deputato sulla scorta di considerazioni differenti rispetto a quelle rese dai verbalizzanti ” (cfr. T.A.R. Catania, sez. III, 08/03/2022, n. 679).
Nel provvedimento, quindi, correttamente l’Amministrazione contesta la violazione dell’art. 7 della legge n. 47/1985.
2.3.- Parimenti infondato appare il terzo motivo di ricorso, con il quale viene invocata l’adozione dell’ordine di sospensione dei lavori ex art. 4 della legge n. 47/1985. Tale norma, infatti, non impone affatto l’adozione di un preliminare ordine di sospensione.
In tal senso una recente pronunzia della seconda Sezione di questo Tar: “ la censura è infondata anche nella parte in cui ritiene che l’ordine di demolizione debba essere necessariamente preceduto dall’ordine di sospensione dei lavori, non rivenendosi nella norma citata dal ricorrente (art. 4 legge n. 47/1985) alcun vincolo procedimentale in tal senso” (cfr. sentenza n. 599 del 23 marzo 2018).
2.4.- Né possono trovare accoglimento le censure contenute nei motivi sub 4 e 5, con cui –si ribadisce- il ricorrente lamenta la sproporzione della sanzione adottata e la carente motivazione sul punto.
Premesso che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale " il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso ” (cfr. T.A.R. Catania, sez. I, 16 settembre 2021, n. 2762), l’agire dell’Amministrazione resistente appare conforme alla disciplina applicabile al caso di specie.
2.5.- Da respingere, infine, anche il sesto motivo.
Il ricorrente, al fine di supportare l’erroneità dell’applicazione dell’art. 7 in luogo dell’art. 10 della legge n.47/85, invoca la natura pertinenziale delle opere ritenute abusive dall’Amministrazione, sia in ragione della loro collocazione nel medesimo fondo e in prossimità del fabbricato principale ove il ricorrente stesso ha la propria abitazione, sia in considerazione della destinazione delle opere suddette.
Ma la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia è applicabile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia ;non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e che non siano coessenziali alla stessa, di talché ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., Ad. Sez. Riun., 27 settembre 2021, n. 301).
La giurisprudenza ha altresì chiarito che il concetto di pertinenza implica che l’opera debba essere preordinata ad un'esigenza effettiva dell'edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via funzionale ed oggettiva (si tratta di un vincolo insieme soggettivo e oggettivo);l’opera non deve “aggiungere” un autonomo manufatto all’immobile principale e non deve ricadere su un'area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 26 gennaio 2021, n. 64)”.
Sul punto si veda da ultimo T.A.R. Catania, sez. III, 14 marzo 2022, n. 744: “ In ogni caso… la nozione di pertinenza edilizia differisce dalla nozione di pertinenza civilistica ed è più ristretta rispetto a questa, essendo riferibile ai soli manufatti di dimensioni tanto modeste e ridotte rispetto alla cosa cui ineriscono da potersi considerare sostanzialmente irrilevanti sotto il profilo edilizio. Infatti, la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzano per una propria autonomia rispetto all'opera principale. A differenza della nozione civilistica di pertinenza, ai fini edilizi, un manufatto può essere considerato una pertinenza quando è, non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma è anche sfornito di un autonomo valore di mercato e non incide sul "carico urbanistico" mediante la creazione di un nuovo volume.” (T.A.R. Brescia, sez. I, 01/10/2020, n.679;T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 16/01/2020, n. 91;T.A.R. Toscana, sez. III, 12 marzo 2020, n. 322;Consiglio di Stato, sez. VI , 04/10/2021 , n. 6613) ”.
Alla luce dei principi sin qui richiamati, non sembra che il fabbricato in esame presenti le caratteristiche della pertinenza.
Infine, non risulta documentata la presentazione di alcuna domanda di sanatoria riguardante le opere contestate con l’ordinanza impugnata.
3.- In conclusione, il ricorso va respinto. In considerazione tuttavia della natura della pretesa e del notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione dell’intervento, si dispone la compensazione tra le parti delle spese di causa.