TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-01-17, n. 202300806

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2023-01-17, n. 202300806
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300806
Data del deposito : 17 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/01/2023

N. 00806/2023 REG.PROV.COLL.

N. 11851/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11851 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da
P d G ” s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P C, P G, S G, e M P, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
Chimera Investimenti ” S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , M F e A F, rappresentati e difesi dagli avvocati P G e S G, con domicilio eletto presso lo studio P G in Roma, Piazzale Clodio, 12;
Del Mastro Eleonora, Carboni V e Carboni Umberto, rappresentati e difesi dagli avvocati P G, S G, P C e M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio P C in Roma, via Principessa Clotilde 2;

contro

Comune di Monte Compatri (RM), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Carola Chinappi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Carlo Felice, 63;
Regione Lazio, Ministero dello Sviluppo Economico, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Valle Romanella ” S.r.l. e “ Montefalcone ” S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato Marcello Cardi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi, 51;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della determinazione dirigenziale n. 16 del 18.4.2013 con la quale il Comune di Monte Compatri rilasciava alla società Valle Romanella s.r.l. una “ autorizzazione per l'ampliamento del piano di coltivazione e recupero ambientale della attività estrattiva […] sull'area identificata in catasto al Foglio n° 12 partt. 5-6-7-8- art. ”, unitamente al provvedimento di compatibilità ambientale reso con prescrizioni dalla Regione Lazio con note prot. 027504 del 03/02/2010 e prot. 226662 del 13/10/2010;

quanto ai motivi aggiunti, depositati il 21 febbraio 2020

della nota prot. G17138 del 10.12.2019, con la quale la Regione Lazio ha rilasciato la “Pronuncia di Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi dell'art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. sul progetto di "Coltivazione e recupero ambientale di una cava di basalto", nel Comune di Monte Compatri (RM), in località Laghetto Proponente: Società VALLE ROMANELLA srl Registro elenco progetti n. 31/2018”, nonché della relazione “istruttoria tecnico-amministrativa” allegata alla medesima e di tutti i verbali delle conferenze di servizi ivi richiamati;

- della nota prot. G18129 del 19.12.2019 con la quale la Regione Lazio ha rilasciato il “ Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (P.A.U.R.) ai sensi dell'art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. sul progetto di "Coltivazione e recupero ambientale relativo alla cava di basalto", nel Comune di Monte Compatri (RM) - Proponente Società VALLE ROMANELLA srl - Registro elenco progetti n. 31/2018 ”;

di qualsiasi ulteriore atto connesso, presupposto e/o conseguenziale.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 6/10/2021:

- della Determinazione n. 137 del 5.7.2021, con la quale il Comune di Monte Compatri ha disposto la “ Proroga all'esercizio dell'attività estrattiva ai sensi della L.R. n. 17 del 06/12/2004 – Valle Romanella S.r.l. ”;

- di qualsiasi ulteriore atto connesso, presupposto e/o conseguenziale.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Monte Compatri e delle società “ Valle Romanella ” S.r.l. e “ Montefalcone ” S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2022 il dott. G L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Capo dello Stato – e successivamente riassunto dinanzi a questo Collegio, in seguito ad opposizione dell’amministrazione resistente – gli originari ricorrenti impugnavano i provvedimenti e le convenzioni, meglio specificate in premessa, con cui il comune di Monte Compatri rendeva, infine, il proprio assenso all’ampliamento del piano di coltivazione e recupero ambientale dell’attività estrattiva condotta dalle controinteressate.

Premettevano le società ricorrenti di essere proprietarie di distinti appezzamenti di terreno siti in Monte Compatri, alla località “ Laghetto ”, con soprastanti impianti e fabbricati, adiacenti all’area oggetto dei provvedimenti impugnati, mentre le persone fisiche ricorrenti affermavano essere residenti nella medesima zona del comune in questione, dove sarebbe stata localizzata anche la cava di basalto il cui ampliamento sarebbe stato autorizzato, con gli atti gravati, in favore delle controinteressate.

In particolare, a giudizio dei ricorrenti, l’attività estrattiva in questione avrebbe costituito elemento negativamente impattante sulla vita della contrada ove essi risiedevano e svolgevano le proprie attività e che, in virtù delle previsioni urbanistiche precedenti all’adozione degli atti gravati – e degli intendimenti asseritamente manifestati dalle autorità comunali – avrebbe dovuto considerarsi in via di esaurimento, con esclusione di nuovi ampliamenti e ripristino della destinazione agricola dell’area.

Peraltro, affermavano le ricorrenti, l’attività estrattiva si sarebbe, nel corso degli anni, estesa in forza di proroghe ormai scadute e, pertanto, oltre i limiti autorizzati ed il tempo consentito.

Con le determinazioni assunte il comune di Monte Compatri, in contraddizione con gli indirizzi precedentemente manifestati, avrebbe – ad avviso dei ricorrenti, illegittimamente – autorizzato in variante al PRG un consistente ampliamento dell’attività su are ritenute altrimenti incompatibili, con conseguente impossibilità di diversa pianificazione delle aree adiacenti.

Inoltre, il quantitativo di basalto la cui estrazione risulterebbe autorizzata nei 5 anni previsti e l’estensione dell’area interessata celerebbero, ad avviso dei ricorrenti, non una semplice estensione di una cava già autorizzata, ma una vera e propria nuova cava.

Contro di esse spiegavano gravame i ricorrenti, articolando i seguenti mezzi di censura.

Con il primo deducevano la violazione degli artt. 30, comma 5, 31, comma 3, 34, comma 2 della L.R. Lazio n. 17/2004 e degli artt. 2, comma 1 e 8, commi 1 e 2 del d.P.R. n. 160/2010.

A parere dei ricorrenti, la normativa regionale citata – alla quale farebbero riferimento i provvedimenti comunali impugnati – autorizzerebbe ampliamenti dell’attività di coltivazione di cave e torbiere autorizzate prima dell’approvazione di piani territoriali adeguati al PRAE per un massimo di 5 anni prorogabili per una pari durata solo un’altra volta.

Gli atti impugnati invece, autorizzando l’ampliamento in variante al PRG in asserita applicazione della procedura di cui al d.P.R. n. 160/2010, non avrebbero rispettato la disciplina regionale in questione in quanto l’ampliamento assentito avrebbe dimensioni tali da risultare incompatibile con uno sfruttamento del sito minerario circoscritto al periodo di tempo decennale consentito dalle prescrizioni di fonte regionale sopra citate.

Quanto dedotto avrebbe inficiato, ad avviso dei ricorrenti, l’intero iter autorizzatorio dell’ampliamento in questione e, in particolare, la valutazione di impatto ambientale (VIA) rilasciata a seguito di pareri favorevoli espressi dal comune di Monte Compatri nel corso dell’anno 2010 – la quale si riferirebbe ad un’attività mineraria di durata decennale ritenuta dai ricorrenti incompatibile con le dimensioni del sito e della quantità che si prevede di estrarre da esso – nonché il parere espresso dalla Regione Lazio in sede di conferenza di servizi il 21.6.2012 – il quale, oltre a risultare confermativo di un precedente parere asseritamente espresso in precedenza ma non risultante dagli atti, non recherebbe alcuna esplicita valutazione tecnica in ordine al progetto esaminando.

Con il secondo motivo, veniva contestata l’ulteriore violazione dell’art. 31 della L.R. Lazio n. 17/2004, per essersi la Commissione Regionale Consultiva (CRC) asseritamente espressasi il 22.2.2007 su un progetto differente da quello poi oggetto di autorizzazione (progetto quest’ultimo presentato nel 2010), risultando detto parere della CRC avere ad oggetto un precedente progetto avanzato dalle controinteressate e, peraltro, già respinto dal comune di Monte Compatri con provvedimento divenuto definitivo.

Con il terzo motivo, i ricorrenti contestavano nuovamente la violazione degli artt. 31, comma 3, 34, 35, 24 e 25 della L.R. Lazio n. 17/2004, nonché l’eccesso di potere per sviamento di tutti i provvedimenti impugnati con i quali, ad avviso degli stessi, le autorità resistenti avrebbero consentito l’estensione della cava in violazione dei limiti previsti nelle autorizzazioni originarie e nel parere espresso dalla CRC sull’istanza del 1980.

Il tutto, peraltro, in violazione altresì di una decisione giurisdizionale definitiva (sent. n. 620/2007 del Consiglio di Stato) che avrebbe acclarato l’indebita estensione dell’attività estrattiva oltre l’area originariamente consentita.

Si sarebbe determinata in tal modo, a parere dei ricorrenti, un’illegittima “sanatoria” di un’estensione di fatto irregolarmente posta in essere dalle controinteressate.

Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010, nonché della normativa urbanistica in materia di varianti al PRG e, inoltre, l’eccesso di potere contraddittorietà, perplessità, difetto di istruttoria e di motivazione.

Sostenevano che attraverso gli atti impugnati – e, in speciale modo, la delibera di C.C. n. 53 del 29.11.2012 – sarebbe stata approvata una variante al PRG recante variazione della destinazione urbanistica delle aree in questione da agricola ad estrattiva attraverso un procedimento di modifica delle NTA al PRG in violazione delle disposizioni indicate le quali ammetterebbero, per destinare ad attività estrattiva aree quali quelle in argomento, l’approvazione di singoli progetti in variante con procedura ordinaria.

Inoltre, le zone in questione sarebbero state anche interessate da vincoli a salvaguardia di impianti di captazione di acque, con conseguente violazione dell’ iter procedimentale occorrente per consentirne il mutamento della destinazione e la rimozione dei vincoli.

Con il quinto motivo, i ricorrenti censuravano l’eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti che avrebbero viziato l’intera procedura.

Infine, con il sesto motivo, i ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 12 della L.R. Lazio n. 17/2004, per non essere la società controinteressata “Valle Romanella” s.r.l. – beneficiaria dell’autorizzazione – il soggetto nella cui reale disponibilità si sarebbero trovate le aree in questione di proprietà, invece, della “Montefalcone” s.r.l. la quale, peraltro, neppure ne avrebbe la effettiva disponibilità essendo le aree in questione oggetto di vertenze per il riconoscimento dell’usucapione da parte di alcuni cittadini che le coltiverebbero da decenni e tale circostanza non sarebbe stata oggetto di adeguati accertamenti da parte dell’autorità comunale.

Si costituiva in giudizio il comune di Monte Compatri, controdeducendo nel dettaglio in ordine a tutti i motivi di ricorso sollevati.

Si costituivano in giudizio per resistere al ricorso introduttivo anche le controinteressate “Valle Romanella” e “Montefalcone” s.r.l.

Con atto di motivi aggiunti notificati il 10 febbraio e depositati il 21 febbraio 2020, taluni degli originari ricorrenti impugnavano la nota prot. G17138 del 10.12.2019 – con la quale la Regione Lazio aveva rilasciato la “ Pronuncia di Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi dell'art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. sul progetto di "Coltivazione e recupero ambientale di una cava di basalto", nel Comune di Monte Compatri (RM), in località Laghetto Proponente: Società VALLE ROMANELLA srl Registro elenco progetti n. 31/2018 ” – nonché la relazione “istruttoria tecnico-amministrativa” allegata alla medesima e di tutti i verbali delle conferenze di servizi ivi richiamati – e la nota prot. G18129 del 19.12.2019 con la quale la Regione Lazio aveva rilasciato il “ Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (P.A.U.R.) ai sensi dell'art. 27-bis del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. sul progetto di "Coltivazione e recupero ambientale relativo alla cava di basalto", nel Comune di MonteCompatri (RM) - Proponente Società VALLE ROMANELLA srl - Registro elenco progetti n. 31/2018 ”.

In fatto, esponevano i ricorrenti che con istanza del 18.6.2018, la controinteressata avrebbe presentato alla Regione Lazio istanza di VIA ai sensi dell’art. 27-bis del d.lgs. n. 152/06 mentre, in data 28.11.2018, una delle ricorrenti – la “ Chimera investimenti ” s.r.l. – esercitava istanza di accesso dinanzi al comune di Monte Compatri per conoscere tutti i titoli autorizzativi rilasciati alla “ Valle Romanella ” s.r.l. successivamente alla determinazione dirigenziale n. 16/2013 – impugnata con ricorso principale – ed in base ai quali la medesima avrebbe attualmente esercitato la cava.

L’istanza di accesso agli atti non riceveva riscontro costringendo, così, la “ Chimera investimenti ” s.r.l. ad avviare diversi contenziosi all’esito dei quali questo Tribunale (con sentenza n. 14162 del 10.12.2019) imponeva al comune di Monte Compatri di rilasciare, tra le altre, copia dell’istanza registrata al numero di protocollo n. 2498 del 30.1.2018.

Tuttavia, neppure tale accesso veniva consentito mentre, seppur per via telefonica, la ricorrente avrebbe appreso dagli uffici comunali che non sarebbe sussistita altra documentazione inerente l’esercizio dell’attività estrattiva oltre a quella già esibita.

Ciò testimonierebbe, a giudizio dei ricorrenti, l’inesistenza della previa presentazione, alla data del 30.1.2018, di alcuna istanza di proroga dell’esercizio della cava autorizzata con la d.d. n. 16/2013, in contrasto con quanto asseritamente dichiarato dalla controinteressata nella propria istanza di VIA del 18.6.2018.

Tale circostanza, a parere dei ricorrenti, avrebbe viziato la VIA ed il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) rilasciati dall’amministrazione regionale e gravati con motivi aggiunti, avverso i quali venivano sollevati i mezzi che seguono.

Con il primo, i ricorrenti censurano la violazione degli artt. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006, art. 75, d.P.R. n. 445/2000, art. 34, comma 3, L.R. Lazio n. 17/2004, art. 16 del reg. reg.le del 14.5.2005, violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione.

A loro parere, gli atti autorizzatori gravati sarebbero illegittimi poiché, in violazione di tutte le disposizioni invocate, i medesimi sarebbero stati emessi in assenza di previa presentazione dell’istanza di proroga prot. n. 2498 del 30.1.2018 la quale, viceversa, non sarebbe mai stata presentata, così difettando un presupposto essenziale per il corretto esercizio del potere.

Con il secondo, veniva contestata la violazione delle norme invocate sotto un altro profilo.

Infatti, quand’anche l’istanza per esercire la cava fosse stata presentata il 30.1.2018, per i ricorrenti l’attività comunque non avrebbe potuto proseguire in quanto, essendo scaduta l’autorizzazione rilasciata il 18.4.2013, la relativa richiesta di proroga avrebbe dovuto essere avanzata non oltre il 18.1.2018, stante la perentorietà del termine che, ai sensi dell’art. 34 della L.R. Lazio n. 17/2004, andrebbe osservato per consentire al titolare dell’autorizzazione scaduta di continuare nell’esercizio dell’attività nelle more dell’approvazione dell’atto di proroga.

Con il terzo motivo di censura venivano riproposti, in via derivata, tutti i vizi di legittimità già dedotti con il ricorso principale.

Il gravame accessorio si concludeva, infine, con la richiesta di sospensione cautelare dei provvedimenti gravati.

Resistevano ai motivi aggiunti tanto il comune di Monte Compatri quanto le controinteressate “Valle Romanella” e “ Montefalcone ” s.r.l., sostenendone l’infondatezza e l’insussistenza delle ragioni cautelari.

Replicavano invece, a sostegno dell’impugnazione, i ricorrenti.

Con ordinanza n. 3547 del 4.5.2020, questo Tribunale respingeva la richiesta di sospensione dei provvedimenti impugnati.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, la “ Chimera investimenti ” s.r.l. ed i sigg.ri V e U C impugnavano la determinazione n. 137 del 5.7.2021 con la quale il comune di Monte Compatri disponeva la proroga all’esercizio dell’attività estrattiva in favore della “ Valle Romanella ” s.r.l.

Il gravame – avanzato in ragione della natura consequenziale del provvedimento in questione rispetto a quelli precedentemente impugnati – si articolava in quattro motivi di ricorso, i primi due dei quali recanti la riproposizione, nella sostanza, di mezzi di censura già sollevati in relazione al primo atto di motivi aggiunti mentre, con il terzo motivo, veniva dedotta, ancora una volta, la violazione dell’art. 34, comma 3, della L.R. Lazio n. 17/2004 e l’eccesso di potere sub specie di sviamento, errore nei presupposti e travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e motivazione, contraddittorietà e illogicità manifeste, nonché violazione del giusto procedimento.

In particolare, ad avviso dei ricorrenti, il comune, nell’emanazione del provvedimento di autorizzazione alla proroga dell’attività estrattiva in località “ Laghetto ”, avrebbe frettolosamente e superficialmente condotto l’istruttoria preliminare all’adozione dell’atto in questione in quanto – per come traspariva dalle premesse del medesimo – se da un lato appariva urgente provvedere al fine di prestare ottemperanza alla sentenza n. 5461/2021 di questa Sezione – che imponeva al comune di esprimersi sull’istanza di proroga dell’autorizzazione avanzata dalla controinteressate – dall’altro ciò non lo esimeva dal verificare compiutamente il puntuale adempimento della convenzione sottoscritta con la “ Valle Romanella ” s.r.l. in data 29.4.2013.

Diversamente invece il comune, anziché procedere con solerzia a tale accertamento, decideva di postergare tale verifica ad un momento successivo, con conseguente asserita illegittimità, in parte qua, del relativo provvedimento.

Ancora, con il quarto ed il quinto motivo di ricorso, i ricorrenti deducevano violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, oltre ché eccesso di potere nelle figure già sopra individuate e violazione del principio del giusto procedimento.

Infine, seguiva la riproposizione, per invalidità derivata, dei motivi già spiegati con i precedenti ricorsi.

Anche il secondo ricorso per motivi aggiunti veniva corredato di istanza cautelare.

Resistevano, replicando, tanto il comune di Monte Compatri quanto le controinteressate.

Con ordinanza n. 6317 del 12.11.2021 la Sezione respingeva la richiesta di sospensione dell’istanza cautelare avanzata in ordine ai secondi motivi aggiunti di gravame.

In vista dell’udienza di discussione nel merito del ricorso, le parti scambiavano memorie ai sensi dell’art. 73 c.p.a., insistendo nelle conclusioni già avanzate nei precedenti scritti difensivi.

All’udienza pubblica del 25.11.2022, previo avviso sulla sussistenza di possibili profili di inammissibilità del ricorso ufficiosamente rilevabili, dopo ampia discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Tanto il ricorso introduttivo, quanto i gravami accessori si palesano inammissibili e, comunque, infondati.

Preliminarmente, vanno esaminate partitamente le posizioni degli originari ricorrenti onde verificarne l’attuale permanenza delle condizioni dell’azione.

In riferimento alla “ P d G ” s.r.l. la medesima, che risulta tra le proponenti il ricorso introduttivo, con atto depositato in giudizio il 6.2.2020 – e non notificato alle controparti – dichiarava il proprio intendimento a rinunciare al ricorso.

Ne consegue che, nei confronti di essa, va dichiarata l’improcedibilità del gravame, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a., per sopravvenuta carenza di interesse, in applicazione del noto insegnamento giurisprudenziale secondo il quale “ Nell'ambito di un giudizio amministrativo, anche in assenza delle formalità di cui all'art. 84 del D.Lgs. n. 104 del 2010, il Giudice può desumere dall'intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d'interesse alla decisione della causa ” (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. VI, n. 9946/2022).

Ancora i sigg.ri M F e A F – figuranti anch’essi tra gli originari proponenti del ricorso introduttivo – non sottoscrivevano l’istanza di fissazione udienza prevista ai sensi dell’art. 82 c.p.a. e depositata in atti l’8.3.2019, sicché nei loro confronti il presente giudizio va dichiarato perento in applicazione della norma da ultimo richiamata.

Il ricorso, dunque, prosegue esclusivamente per la “ Chimera investimenti ” s.r.l. e per i sigg.ri V e U C e la sig.ra E D M.

In relazione ad essi, quindi, va prioritariamente esaminata l’eccezione di carenza delle condizioni dell’azione sollevata dalle controinteressate con le difese dispiegate in occasione del primo gravame per motivi aggiunti.

Trattandosi, poi, di impugnazione rivolta avverso un atto autorizzatorio all’esercizio di attività estrattiva, le condizioni dell’azione andranno valutate alla stregua del ben noto orientamento pretorio secondo il quale “ la mera vicinitas non è sufficiente a radicare la legittimazione a ricorrere, occorrendo la dimostrazione circa i danni patrimoniali subiti e, in generale, circa il deterioramento delle condizioni di vita che ne risulta ” (così TAR Toscana – sez. I, n. 675/2019).

Insegnamento questo non derogato ma, semmai, vieppiù rafforzato dal recente pronunciamento dell’Adunanza Plenaria del 9.12.2021, n. 22, a tenore del quale “ Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione e l'interesse al ricorso quali condizioni dell'azione, è necessario che il giudice accerti, anche d'ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell'interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato ”.

Pertanto, ed atteso che grava su chi intenda contestare il titolo abilitativo in questione l’onere di allegare e provare – giusta applicazione del principio dispositivo ex art. 2697 c.c. – i concreti pregiudizi subiti in ordine al presunto decremento del valore di mercato o dell’utilità dei propri immobili o alla salubrità dell’ambiente (in tal senso TAR Lombardia – Brescia, sez. II, n. 446/2020), alla stregua di tale criterio andrà valutata la legittimazione e l’interesse ad impugnare vantato dai sopra menzionati ricorrenti.

Con riferimento alla sig.ra Del Mastro – proponente l’originario gravame ed il primo ricorso per motivi aggiunti – va rilevato come difetti non solamente la prova concreta dei pregiudizi asseritamente patiti, ma finanche il rapporto di vicinitas che dovrebbe caratterizzare la relazione tra il luogo di residenza o, comunque, di dimora del ricorrente e il fondo ove si intende intraprendere una determinata attività posto che, come allegato dalle controinteressate, la medesima neppure risiede nel territorio comunale di Monte Compatri, circostanza quest’ultima alla quale i ricorrenti non hanno neppure replicato in sede di memorie limitandosi ad addurre (senza comprovare) che la sig.ra Del Mastro sarebbe domiciliata “ a meno di un chilometro di distanza dalla cava ”, così dovendosi concludere per la sostanziale conferma di quanto dedotto dalla “ Valle Romanella ” s.r.l. in base al principio di non contestazione desumibile dall’art. 64, comma 2, c.p.a.

Ad analoga conclusione si deve pervenire anche con riferimento ai sigg.ri V ed U C i quali, stando alla documentazione allegata da parte controinteressata, risiedono sì in Monte Compatri, ma ad oltre quattro chilometri di distanza dall’impianto oggetto di ricorso, sicché neanche nei loro confronti può dirsi sussistente il requisito della vicinitas che costituisce condizione necessaria (ma, invero, secondo le più recenti acquisizioni interpretative) neppure sufficiente per ritenere possedute le condizioni dell’azione da parte di chi intende sottoporre a gravame atti del genere di quelli fatti oggetto con il presente contenzioso.

Sicché deve affermarsi, in accoglimento di specifica eccezione formulata in tal senso dalla parte controinteressata, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse in capo alla sig.ra Eleonora del Mastro ed ai sigg.ri V ed U C.

Quanto alla “ Chimera investimenti ” s.r.l., proprietaria di terreni adiacenti a quelli oggetto della cava in questione, se in capo ad essa non sembrano residuare dubbi in ordine alla sussistenza di una relazione di prossimità di carattere topografico tra i fondi interessati, non lo stesso può dirsi quanto alla sussistenza della specifica prova occorrente per attestare il verificarsi, in capo ad essa, di pregiudizi di qualsivoglia carattere derivanti dall’ampliamento e dalla prosecuzione dell’attività estrattiva svolta sul sito interessato dal gravame.

Ed infatti, quanto ai pregiudizi di carattere patrimoniale asseritamente subiti – e consistenti, stando alla ricostruzione di parte ricorrente, nella diminuzione di valore dei propri fondi imputabile all’attività della cava oggetto dei provvedimenti impugnati – essi rivestono carattere ipotetico e del tutto indimostrato, non avendo la parte prodotto alcuna documentazione che attesti e comprovi il decremento di valore patito dai propri immobili e, per contro, l’aumento che i medesimi conoscerebbero ove venisse dismessa l’attività delle controinteressate.

Ancora, non è dato sapere se l’attività della cava preesistesse o fosse successiva all’acquisto dei terreni da parte della società ricorrente, solo in questo caso potendosi, del tutto eventualmente, apprezzare la sussistenza di un interesse qualificato della medesima ad impedire l’avvio di un’attività industriale per essa pregiudizievole ed in precedenza insussistente, in applicazione del principio, contenuto nell’art. 844 c.c., di priorità delle esigenze proprietarie su un determinato uso produttivo.

La ricorrente, poi, adduce ad indice del rischio di pregiudizi – questa volta di carattere non patrimoniale – provocati dallo svolgimento dell’attività estrattiva nella vicina cava, la presenza, nei propri terreni, dell’abitazione del custode, della cui integrità e salute essa sarebbe garante ai sensi dell’art. 2087 c.c.

L’argomento, in realtà, si risolve nel proprio contrario: proprio l’asserita presenza di un custode sui terreni di proprietà della ricorrente attesta, al contrario di quanto sostenuto dalla “ Chimera investimenti ”, la vocazione produttiva delle aree in questione e, quindi, non può condurre ad avvalorare la tesi del pregiudizio che la presenza della cava sui fondi vicini determinerebbe alla salubrità e alla vivibilità dei propri immobili i quali, anzi, condividerebbero la destinazione industriale o, comunque, produttiva che con gli impugnati atti hanno ricevuto anche i fondi di proprietà della controinteressata.

A tacere del fatto che, anche in questo caso, l’asserzione riguardante la presenza sul sito dell’abitazione di un custode si risolve in una mera petizione di principio – non avendo la ricorrente allegato alcuna indicazione riguardo il numero dei dipendenti che operano sull’area di sua proprietà – andando, poi, all’esame dei pregiudizi di carattere non patrimoniale che la ricorrente ritiene di subire dallo svolgimento dell’attività estrattiva sui fondi delle controinteressate, va innanzitutto rilevato che l’istruttoria propedeutica all’emanazione dei provvedimenti impugnati ha dato conto, con motivazione non illogica né irrazionale e, pertanto, insindacabile da parte di questo Collegio (vedasi, in proposito, Cons. St, sez. II, n. 2248/2020), del rispetto di tutti i limiti in materia di emissioni sonore previsti dalla legislazione vigente.

Inoltre, l’interesse a ricorrere è escluso anche dalla disamina di quanto affermato dalla stessa ricorrente nel proprio ricorso straordinario al Capo dello Stato (successivamente riassunto in questa sede), sede nel quale essa sostiene l’attività estrattiva nell’area del “ Laghetto ” si svolgerebbe da decenni, impegnando numerose cave di basalto le quali avrebbero continuato la propria attività sino ad essere autorizzate, negli anni tra il 2003 ed il 2005, con proroghe tutte ormai venute a definitiva scadenza, tra le quali anche quella delle controinteressate.

In altre parole, sembrerebbe che la ricorrente assuma che, oltre all’attività della “ Valle Romanella ” s.r.l., vi siano altre attività cavatorie che, sebbene titolari di autorizzazioni ormai scadute, di fatto abbiano proseguito la propria attività.

Così stando le cose, ancor più si manifesta il difetto di interesse alla presente impugnativa, posto che, quand’anche la medesima venisse accolta, per ciò stesso i pregiudizi lamentati dalla ricorrente non verrebbero a cessare posto che, per sua stessa ammissione, tutta l’area viciniore è interessata da attività cavatorie analoghe a quelle svolte dalla controinteressata e che non cesserebbero per effetto dell’accoglimento del presente gravame.

In definitiva, quindi, anche la posizione processuale della “ Chimera investimenti ” s.r.l. manifesta un difetto di interesse ed una carenza di legittimazione all’impugnativa che rendono inammissibile il ricorso principale ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b ), c.p.a.

Il gravame introduttivo presenta, oltre al difetto di ammissibilità sopra illustrato e dedotto in via d’eccezione dalla parte controinteressata, anche un profilo di irricevibilità per tardività dell’impugnazione – profilo rilevato d’ufficio e partecipato alle parti con avviso in udienza ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. – per meglio comprendere il quale occorre premettere una sintetica ricostruzione in fatto della vicenda controversa.

In data 28.1.2021 la società “ Valle Romanella ” – una delle odierne controinteressate – avanzava al comune di Monte Compatri istanza volta ad ampliare la propria attività estrattiva anche in zona a destinazione agricola sicché, non prevedendo lo strumento urbanistico l’apertura di cave in detta zona, il 7.9.2010 la controinteressata chiedeva il ricorso alla procedura semplificata prevista dall’art. 8 del d.P.R. n. 160/2010 per ottenere una variante di piano regolatore che le consentisse di ampliare l’attività estrattiva nel sito individuato.

Prendeva così le mosse una nutrita attività procedimentale che vedeva svolgersi ben due conferenze di servizi, all’esito delle quali si raccoglieva l’assenso delle amministrazioni interpellate, inclusa la valutazione ambientale strategica regionale, quindi, con determinazione dirigenziale n. 91 del 18.7.2012 (atto pubblicato all’albo pretorio del comune di Monte Compatri sino al 14.8.2012), veniva adottato il provvedimento finale di conclusione del procedimento inerente l’approvazione del progetto, in variante al PRG, per l’ampliamento della cava di basalto gestita dalla “ Valle Romanella ” s.r.l.

Di seguito, con deliberazioni di Consiglio nn. 53 e 54 del 29.11.2012 (pubblicate all’albo pretorio comunale sino al 25.12.2012), si approvava: il piano di coltivazione e recupero ambientale proposto dalla ricorrente nonché la variante allo strumento urbanistico della particella interessata che mutava la destinazione da zona agricola E a zona industriale D2 con previsione che, una volta esaurita l’attività estrattiva, la destinazione dell’area sarebbe tornata ad essere quel agricola (del. C.C. n. 53/2012);
lo schema di convenzione relativo al progetto di ampliamento per il quale era stata disposta la variante urbanistica (del. C.C. n. 54/2012).

Entrambi tali atti richiamano, nel proprio preambolo, sia alcuni dei pareri all’uopo adottati dagli uffici competenti, sia la d.d. n. 91/2012, nella quale sono richiamati in sequenza tutti i pareri e le manifestazioni di assenso rese da tutti gli uffici competenti con riguardo alla prosecuzione dell’attività estrattiva.

Infine, con determinazione dirigenziale n. 16 del 18.04.2013, veniva rilasciata l’autorizzazione per 5 anni all'ampliamento del “ piano di coltivazione e recupero ambientale della attività estrattiva sull'area identificata in catasto al Foglio n° 12, partt. 5-6-7-8- ” (determinazione pubblicata all’albo pretorio dell’ente il 18.4.2013).

O, poiché il gravame straordinario è stato notificato l’11.9.2013 e, pertanto, esso è rispettoso dei termini di rito solo con riguardo alla ultima d.d. n. 16 del 18.04.2013, e poiché quest’ultima è atto conseguenziale rispetto agli atti presupposti, parimenti gravati, ne deriva che la natura autonoma di questi ultimi ne imponeva la relativa impugnativa nei termini di rito.

E tanto principalmente con riferimento alle delibere consiliari nn. 53 e 54 del 29.11.2012, con le quali veniva integralmente approvato il progetto di ampliamento e prosecuzione dell’attività estrattiva e disposta la variante, attraverso la procedura sopra richiamata, del PRG.

Tali atti, nei quali è richiamata la precedente d.d. n. 91/2012 - che aveva dichiarato conclusa la conferenza di servizi dando conto della sequela di pareri favorevoli resi dai vari uffici interpellati, sono stati pubblicati all’albo pretorio dell’ente fino al 25.12.2012.

Ed è chiaro che essi cagionavano una lesione diretta ed immediata ai ricorrenti, in quanto costituivano il presupposto per il rilascio di una consequenziale autorizzazione che aveva visto in dette deliberazioni riconosciuta la legittimità del progetto presentato dalla controinteressata e della convenzione da siglare con il Comune.

Dunque, giacché nessuno di detti atti è stato impugnato neanche entro i 120 giorni previsti per la tutela straordinaria, ne segue che la tardività di detta impugnativa può essere rilevata dal giudice d’ufficio, traendone le dovute conseguenze. E ciò in quanto nel caso di trasposizione di ricorso straordinario, il codice prevede che il giudizio prosegue innanzi al g.a., al quale non è preclusa la possibilità di rilevare d’ufficio tutte le eccezioni incidenti sulla definizione del contenzioso.

Né potrebbe essere eccepito che dette contestazioni avrebbero dovuto essere rilevate in sede straordinaria ove il ricorso è divenuto, una volta trasposto, improcedibile.

E ciò in quanto, in quella sede, l’opposizione fatta valere dall’amministrazione resistente o da uno dei controinteressati priva l’altro controinteressato (come la società in questa sede intimata) della possibilità di contestare tale opposizione, potendosi costui solamente adeguarsi alla scelta fatta da qualunque altra parte del giudizio straordinario e, se lo ritenga, costituirsi innanzi al giudice ove il processo prosegue.

Pertanto, l’ineluttabile tardività dell’impugnativa di tutti gli atti presupposti all’autorizzazione rilasciata – contenuti nella delibera di variante del PRG e di approvazione della proposta progettuale della contro interessata, in esito alla conclusione della conferenza di servizi nella quale sono indicati tutti pareri resi da tutti gli uffici computati – viene ad incidere significativamente sul ricorso introduttivo, le cui censure sono inevitabilmente collegate non all’autorizzazione finale ma alla varia illegittimità degli atti e pareri presupposti.

Di talché, si deve concludere per la irricevibilità – oltre che inammissibilità – di tutti i motivi di ricorso principale ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. a ), c.p.a.

Con riguardo ai gravami accessori, entrambi sono infondati.

Con il primo ricorso per motivi aggiunti (notificato il 10 febbraio 2020 e depositato il successivo 21 febbraio), alcuni degli originari ricorrenti si dolevano della pronuncia di VIA favorevole resa dalla Regione Lazio e del PAUR – rilasciato dalla medesima amministrazione – per consentire la prosecuzione dell’attività estrattiva svolta sul sito dalle società controinteressate.

Val la pena rammentare che l’autorizzazione all’ampliamento rilasciata con la d.d. n. 16 del 18.4.2013 del comune di Monte Compatri (oggetto dell’ìmpugnativa principale) veniva a scadenza il 18.4.2018, avendo essa durata quinquennale.

In data 20.6.2018 la “ Valle Romanella ” s.r.l. – essendo scaduta la precedente VIA – chiedeva una nuova VIA ai sensi dell’art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006, specificando la propria intenzione di avvalersi della facoltà di acquisire, successivamente al rilascio dell’autorizzazione unica regionale, la proroga dell’attività estrattiva dal comune di Monte Compatri.

Il 10.12.2019 veniva rilasciata la VIA, nella quale si dava atto che il progetto esaminato – finalizzato al solo completamento del piano di coltivazione e recupero ambientale della cava autorizzata – era lo stesso progetto già scrutinato nel corso della precedente valutazione ambientale, della quale non era stata richiesta la proroga per intervenuta scadenza dei termini.

Nella valutazione in questione, inoltre, si dava atto: che, rispetto all’area di intervento di 41 ettari, l’attività estrattiva aveva interessato solo 18,4 ettari;
che non vi erano interferenze con le aree di salvaguardia idrica “colli Albani”;
che dallo studio d’impatto acustico effettuato risultava che l’attività estrattiva non influenza il clima acustico dell’area e che comunque, in ogni caso, i livelli sono al di sotto dei limiti previsti dalla zonizzazione acustica del Comune;
che le emissioni delle polveri danno luogo a valori che sono ampiamente inferiori a quello indicato dalla norma di riferimento.

Alla VIA faceva seguito il provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR) in seno al quale si dava atto: che, nel rispetto dell’art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006, era stato dato avviso al pubblico della richiesta di VIA e di PAUR e che, in tale contesto l’odierna ricorrente presentava delle osservazioni alle quali la società richiedente rispondeva trasmettendo apposita nota;
quindi, si dava atto delle conferenze di servizi svolte, della rinnovata VIA (specificando che costituisce una mera reiterazione di quella attivata dalla stessa società nel 2007 e poi conclusa con i provvedimenti rilasciati nel 2010);
ancora, si dava atto che il proponente si era avvalso della facoltà di chiedere la proroga successivamente all’adozione del PAUR;
si richiamano i numerosi pareri favorevoli intervenuti, incluso quello della Soprintendenza archeologica;
quindi, si mette il provvedimento autorizzatorio unico comprendente tanto la Via quanto i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione dell’esecuzione del progetto, ad esclusione della sola proroga che la società richiedente si era riservata riservata di chiedere all’amministrazione comunale in esito al rilascio del PAUR.

Con il gravame accessorio la ricorrente denuncia che l’istanza di proroga dell’autorizzazione all’attività estrattiva asseritamente presentata dalla “ Valle Romanella ” s.r.l. al comune di Monte Compatri il 30.1.2018 – e che, in base all’art. 34, comma 3, della L.R. Lazio n. 17/2004 dev’essere presentata dal titolare dell’autorizzazione “ almeno tre mesi prima della scadenza dell'autorizzazione stessa ”, per consentire la prosecuzione dell’attività estrattiva fino alla definizione del procedimento da parte del comune – in realtà non sia presente in atti e che, comunque, quand’anche pervenuta in quella data, essa sarebbe tardiva, con conseguente abusività del perdurante esercizio dell’attività estrattiva ed impossibilità di rilascio del conseguente provvedimento autorizzatorio unico.

Entrambe le censure non colgono nel segno.

Destituita di fondamento, in fatto, è la prima.

Come dedotto dalle controinteressate nelle proprie difese, fra i vari contenziosi promossi nell’ambito della vicenda in questione, ve n’è uno (allibrato al RG n. 10241/2019) nell’ambito del quale sarebbe stata depositata l’istanza di proroga avanzata il 30.1.2018 e acquisita al protocollo dell’Ente al numero progressivo 2498.

Ma, ed è quanto di più conta, è la stessa amministrazione resistente a produrre nel presente giudizio copia del documento in questione, accompagnata da un’attestazione rilasciata dal competente ufficio con la quale si assevera che “dal registro di protocollo informatico generale del comune di Monte Compatri risulta acquisito in entrata, (…), al n, 2498 del 30.01.2018 alle ore 15:35:11 il documento avente ad oggetto “Domanda di proroga dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività estrattiva”, assegnato in unico originale al competente Servizio ”.

Pertanto, in presenza di tale attestazione, proveniente da un pubblico ufficiale ed avente carattere di atto pubblico – come tale facente piena prova sino a querela di falso a mente dell’art. 2700 c.c. – nessuna discussione può più svolgersi in ordine all’esistenza, o meno, della richiesta di proroga prot. n. 2498 del 30.1.2018 presentata al comune di Monte Compatri dalla “ Valle Romanella ” s.r.l.

Ad ogni modo, anche il secondo motivo di gravame aggiunto è infondato.

Giova riportare testualmente l’art. 34, comma 3, della L.R. Lazio n. 17/2004 nella parte qui in contestazione: “ 1. Al solo fine di completare il piano di coltivazione e di recupero ambientale, il comune competente, proroga, per un periodo di cinque anni, prorogabile, nel rispetto delle medesime procedure previste dal presente articolo, di ulteriori cinque anni, l'autorizzazione per l'attività di coltivazione in scadenza in data antecedente alla data di approvazione dei PTPG adeguati ai sensi dell'articolo 10. 2. Al solo fine di completare il piano di coltivazione e di recupero ambientale, il comune competente, proroga, per un periodo di cinque anni, prorogabile, nel rispetto delle medesime procedure previste dal presente articolo, di ulteriori cinque anni, l'autorizzazione per l'ampliamento dell'attività di coltivazione di cava e torbiera in scadenza in data antecedente alla data di approvazione dei PTPG adeguati ai sensi dell'articolo 10. 3. Le proroghe di cui ai commi 1 e 2 sono richieste dal titolare dell'autorizzazione almeno tre mesi prima della scadenza dell'autorizzazione stessa, presentando la documentazione appositamente disciplinata dal regolamento regionale di cui all'articolo 7. Nel caso di regolare presentazione delle suddette richieste i titolari dell'autorizzazione possono, in attesa dell'atto di proroga, proseguire l'attività estrattiva fino alla definizione del procedimento da parte del comune ”.

Appare evidente che, da nessuna parte, la norma invocata rechi con sé consumazione del potere dell’amministrazione comunale di prorogare le autorizzazioni già rilasciate ove il titolare non ne abbia chiesto la proroga entro tre mesi dalla scadenza, riconnettendosi ad essa la sola, eventuale, conseguenza dell’impossibilità di proseguire l’attività estrattiva nelle more del rilascio, da parte del comune, del provvedimento autorizzatorio.

Depone nel senso della natura non perentoria di detto termine anche l’ordinanza del TAR Lazio, sezione di Latina, n. 92/2016 depositata in giudizio dal comune resistente che avvalora, vieppiù, l’interpretazione sopra fornita in ordine al carattere non perentorio del termine di tre mesi, anteriore alla scadenza, entro cui i titolari di autorizzazioni all’attività estrattiva debbono presentare le richieste di proroga, potendosi al più discutere – ma non è oggetto del presente ricorso – se il mancato rispetto di detto termine precluda la prosecuzione dell’attività cavatoria nel periodo di tempo necessario al completamento del procedimento di rilascio della proroga.

Pertanto, anche il secondo motivo aggiunto di ricorso – e, con esso, l’intero gravame accessorio – è infondato e va respinto.

A conclusioni non dissimili deve giungersi, infine, anche con riferimento al secondo ricorso per motivi aggiunti, presentato il 6.10.2021 e con cui la “ Chimera investimenti ” e i sigg.ri Carboni contestano il provvedimento di proroga dell’attività estrattiva infine rilasciato in favore della “ Valle Romanella ” s.r.l.

I primi due mezzi di censura ripropongono le doglianze, sopra già esaminate, avanzate con il primo ricorso per motivi aggiunti.

Valgono quindi, in riferimento ad essi, le considerazioni già svolte riguardo il primo gravame accessorio.

I restanti mezzi, invece, sono infondati.

In particolare, il terzo mezzo si sofferma sulle riserve apportate all’atto impugnato.

Senonché le ragioni che hanno indotto l’amministrazione comunale a non verificare il corretto adempimento delle obbligazioni assunte dalla controinteressata con l’atto di convenzione accessorio all’autorizzazione all’ampliamento rilasciata il 18.4.2013, sono tutte puntualmente esposte nelle premesse del provvedimento gravato, e trovano fondamento nella ristrettezza dei tempi concessi da questo Tribunale per prestare ottemperanza alla sentenza n. 5461/2021 con la quale veniva ordinato all’amministrazione comunale di provvedere in modo esplicito, entro sessanta giorni dalla notifica del titolo giudiziale, sull’istanza di proroga dell’autorizzazione presentata dalla “ Valle Romanella ” s.r.l., nonché nella richiesta di parere avanzata dall’Ente al competente ufficio della Regione Lazio in ordine all’interpretazione da attribuire all’art. 34, comma 3, della L.R. n. 17/2004, richiesta mai evasa dall’amministrazione regionale.

Ad avviso del Collegio, costituiscono queste ragioni più che sufficienti per soprassedere, al momento del rilascio del provvedimento di proroga, dalla verifica dell’adempimento degli obblighi convenzionalmente assunti dal concessionario, fatta sempre salva, naturalmente, la doverosità della verifica anche successiva, in ordine alla quale i ricorrenti avrebbero anche potuto compulsare l’amministrazione comunale avvalendosi, se del caso, anche dei rimedi che l’ordinamento appronta nei confronti dell’inerzia antigiuridica della p.a.

Occasione questa che però, non risulta essere stata attivata nel presente contenzioso.

Conclusivamente, pertanto, anche il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato e va respinto.

In definitiva, quindi, il ricorso principale va dichiarato estinto per perenzione ex art. 82 c.p.a nei confronti dei sigg.ri M F e A F.

E’ improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c ) nei confronti della “ P d G ” s.r.l.

Va dichiarato inammissibile per difetto delle condizioni dell’azione, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b ) – oltre che irricevibile per tardività ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a ) – nei confronti della “ Chimera investimenti ” s.r.l. e dei sigg.ri E D M e V e U C.

Parimenti inammissibili sono anche i ricorsi accessori i quali, comunque, sono anche infondati e vanno entrambi respinti.

Le spese di lite seguono la soccombenza nei confronti di tutte le parti ricorrenti, comprese le rinunciatarie e coloro nei cui confronti opera la perenzione ultraquinquennale di cui all’art. 82 c.p.a. e sono liquidate, in favore del comune resistente e delle società controinteressate, nella misura indicata in dispositivo.

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