TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-08-20, n. 201510900

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-08-20, n. 201510900
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201510900
Data del deposito : 20 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03052/2014 REG.RIC.

N. 10900/2015 REG.PROV.COLL.

N. 03052/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3052 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avv. L R, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Caccese in Roma, Via Golametto, 2;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

-OMISSIS-, in persona del presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. R D T, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Via S. Nicola Da Tolentino, 50;

per l'annullamento

del provvedimento emesso dall’ Autorità Nazionale Anticorruzione prot. 12193 del 19.12.2013, trasmesso via PEC, con cui è stato reso il parere ex art. 1, comma 82, della l. 190/2013 sul provvedimento di revoca del Segretario ex art. 100, comma 1, del d.lgs. 267/2000, nonché dei provvedimenti presupposti, conseguenti e comunque connessi al predetto atto, anche se non conosciuti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e della -OMISSIS-, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del 17 giugno 2015 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In seguito all’intervenuta revoca, ex art. 100 TUEL, della dr.ssa -OMISSIS- dalla carica di Segretario Generale della -OMISSIS- e alla comunicazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), era avviato il collegato procedimento che portava alla pronuncia di tale Autorità ai sensi dell’art. 1, comma 82, l. n. 190/2012.

Svoltosi il contraddittorio procedimentale, con deposito di documentazione e audizione del suddetto Segretario Generale e del vice presidente dall’amministrazione provinciale, l’Autorità concludeva nel senso che non ricorrevano le condizioni previste dall’art. 1 cit., in quanto: “…il provvedimento di revoca non può ricollegarsi con nesso di causalità ed immediatezza ad alcuna iniziativa intrapresa dal segretario provinciale nella detta materia e che le vicende contestate al Segretario attengono a profili di responsabilità che esulano dalla competenza di quest’Autorità, sulla base della documentazione trasmessa e all’esito delle audizioni delle parti…”

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, la dr.ssa -OMISSIS- chiedeva l’annullamento di tale provvedimento, lamentando, in sintesi, quanto segue.

Violazione di legge – erronea applicazione dell’art. 1 comma 82 della L. 190/2012 – violazione art. 3 L. 241/90 – difetto di motivazione – manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione – Eccesso di potere per inadeguatezza dell’istruttoria – irragionevolezza ed incongruità della valutazione” .

L’Autorità non aveva tenuto conto che l’intervento operato dalla ricorrente aveva riguardato proprio un ambito di attività già “tipizzato” dal legislatore nell’ambito della prevenzione alla corruzione di cui alla l. n. 190/2012, quale quello relativo ai concorsi e prove selettive per l’assunzione di personale e progressioni di carriera di cui all’art. 24 d.lgs. n. 150/09.

Sulla base della documentazione depositata dall’interessata, l’Autorità avrebbe dovuto enucleare lo specifico intervento posto in essere dalla ricorrente, accertare se lo stesso rientrava nella materie “a rischio corruzione” e infine accertare se la revoca dell’incarico fosse stata correlata a tale attività.

Invece era mancato tale necessario approfondimento e l’Autorità aveva oltre tutto preteso di verificare un nesso di “causalità e immediatezza” tra tale attività e la disposta revoca che la legge non prevede, richiedendo invece una mera “correlazione”. La ricorrente, in realtà, era intervenuta più volte per evitare l’effettuazione di procedure concorsuali in costanza di divieto normativo e osservando che molti dirigenti erano più interessati a tale argomento che all’adempimento dei doveri d’ufficio in materia di anticorruzione. Inoltre si era trovata nell’impossibilità di ottenere le risorse necessarie per effettuare i suoi compiti di prevenzione in tale campo.

Violazione della legge 190/2012 – Omessa istruttoria procedimentale – Eccesso di potere per travisamento dei fatti – contraddittorietà ed illogicità della motivazione” .

L’Autorità aveva travisato i fatti a fondamento della fattispecie e non aveva considerato le incongruenze dei quattro punti richiamati a sostegno della revoca da parte dell’amministrazione provinciale, che la stessa ricorrente evidenziava e confutava in dettaglio.

Disparità di trattamento” .

In altra deliberazione, l’Autorità, affrontando un caso molto simile, aveva assunto una decisione diametralmente opposta, ritenendo sussistente la correlazione tra attività svolta in materia di concorsi e la revoca, considerando il “contesto ambientale” in cui si era svolta la vicenda.

Si costituiva in giudizio l’Autorità intimata, chiedendo la reiezione del ricorso.

Analogamente faceva la -OMISSIS-, evidenziando in specifica memoria l’infondatezza del ricorso e la circostanza che, nelle more, vi erano state pronunce del giudice del Lavoro competente che non avevano riscontrato illegittimità del provvedimento di revoca, che era comunque fondato su circostanze ulteriori e diverse da quelle richiamate nel suo ricorso dalla dr.ssa -OMISSIS-.

Quest’ultima, in prossimità della pubblica udienza, depositava una memoria integrativa, in cui ribadiva le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 17 giugno 2015 la causa era trattenuta in decisione

DIRITTO

Il Collegio rileva che il ricorso non può trovare accoglimento.

L’art. 1, comma 82, l. n. 190/12 che qui rileva dispone: “ Il provvedimento di revoca di cui all'articolo 100, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è comunicato dal prefetto all'Autorità nazionale anticorruzione, di cui al comma 1 del presente articolo, che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l'Autorità rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione ”.

Dal’esame del testo legislativo, la pronuncia dell’Autorità assume in realtà una valenza di mera validazione in relazione all’operato dell’amministrazione locale, intervenendo tale Autorità solo nell’ipotesi di rilevata correlazione tra attività svolta e prevenzione delle corruzione. Ne consegue, ad opinione del Collegio, che un’articolata motivazione è richiesta solo nell’ipotesi di provvedimento “positivo”, in cui è effettivamente riscontrata la correlazione richiesta dalla legge e la pronuncia dell’Autorità va ad incidere sull’efficacia della revoca stessa. Ciò è confermato dalla stessa costruzione letterale della norma, che lega l’efficacia automatica della revoca al semplice trascorrere del termine di trenta giorni dalla comunicazione all’Autorità in assenza di pronuncia contraria di quest’ultima, secondo quanto anche a sua volta confermato dall’art. 15, comma 3, d.lgs. n. 39/2013, secondo il quale: “ Il provvedimento di revoca dell'incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni di responsabile, comunque motivato, è comunicato all'Autorità nazionale anticorruzione che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace.”

Sotto tale profilo, quindi, non si concorda con la tesi della ricorrente, per la quale l’Autorità avrebbe dovuto approfondire la motivazione, in quanto la lesione della sua sfera giuridica è avvenuta con il provvedimento di revoca e l’Autorità, con la pronuncia in questa sede impugnata, ha soltanto ritenuto insussistenti i presupposti che ne avrebbero bloccato l’efficacia.

Appare sufficiente, quindi, l’impianto motivazionale adottato dall’Autorità, che si è limitata ad escludere un nesso di causalità e immediatezza tra le iniziative intraprese dalla ricorrente e la disposta revoca.

Sostiene la dr.ssa -OMISSIS- che in realtà la norma in esame fa riferimento alla semplice “correlazione” tra tali elementi e non alla loro “causalità e immediatezza” ma il Collegio rileva che comunque tale rapporto – indipendentemente dalla fraseologia adottata - deve sussistere in concreto, non essendo sufficiente una mera “correlazione” in astratto.

Ebbene, nel caso di specie, dagli elementi forniti in giudizio e nella fase procedimentale, si rileva che la revoca è stata disposta per specifici addebiti, che riguardano la condotta personale della ricorrente e non appaiono legati tutti in concreto a sue attività nel campo della prevenzione alla corruzione.

E’ la revoca in se stessa a dover essere valutata e se risulta adottata soltanto in virtù di attività in tal campo intrapresa dall’interessato, per cui, se sussistono altri elementi che, da soli, potrebbero legittimarla ben l’Autorità può limitarsi a generico richiamo all’insussistenza dei presupposti, come avvenuto nel caso di specie, ove è stato correttamente chiarito che essa non poteva entrare nella valutazione di legittimità della revoca – che infatti risulta “sub iudice” avanti all’a.g.o. - e che gli elementi forniti escludevano il collegamento richiesto dalla legge.

Se pure la ricorrente abbia dato luogo ad iniziative tendenti a contrastare l’adozione di delibere che indicevano pubblici concorsi per l’assunzione di personale, questo risulta l’unico elemento concreto che può ricondursi alla “tipizzazione” della legge invocata dall’interessata, palesandosi alquanto generiche le doglianze in ordine all’impedimento che sarebbe stato a lei arrecato nel non porle a disposizione risorse proprio nel campo della prevenzione alla corruzione.

Risulta invece che la revoca sia stata disposta per molte ragioni meramente personali, quali scarsa presenza in servizio, mancata adozione di sistemi di verbalizzazione e regolamentazione di delibera di giunta, tardività in adempimenti sulla pubblicazione di atti, grave violazione in una seduta di Giunta, mancata attivazione regolamento controlli, mancata adozione Piano anticorruzione e di attività propedeutiche, mancata adozione Piano della trasparenza, mancata assistenza giuridico-amministrativa agli organi. Se tali presupposti siano effettivi lo valuterà il giudice competente ma l’Autorità legittimamente ha evidenziato che la revoca non risultava collegata all’attività di prevenzione della corruzione instaurata dall’interessata.

Alla luce di tali presupposti, infondati quindi appaiono il primo e il secondo motivo di ricorso, in quanto emergeva con sufficiente chiarezza, mediante il richiamo dell’Autorità alla “documentazione trasmessa” e all’”audizione delle parti”, che la revoca non si era incentrata su specifica attività inerente il profilo “tipizzato” richiamato dalla ricorrente ma su comportamenti specifici (astrattamente, fino a pronuncia dell’a.g.o.) contrari ai doveri di ufficio.

Ne consegue che non rilevano le deduzioni di cui al secondo motivo di ricorso, in quanto la revoca si è fondata su motivi ulteriori e diversi da quelli richiamati dalla ricorrente, che non potevano comunque essere criticamente e singolarmente valutati dall’Autorità né lo possono essere in questa sede.

Da ultimo, in relazione al terzo motivo di ricorso, mancano elementi idonei a configurare una assoluta identità di situazioni tra quella della ricorrente e quella oggetto della richiamata delibera di raffronto, per cui non è possibile riscontrare alcuna disparità di trattamento, in quanto, secondo conclusione giurisprudenziale pacifica, tale vizio del provvedimento richiede l'identità assoluta o la totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto (TAR Tn, 11.11.13, n. 306 e Cons. Stato, Sez. VI, 30.9.05, n. 5218).

Per quanto illustrato, quindi, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di lite possono però eccezionalmente compensarsi per la novità della fattispecie al momento della proposizione del gravame.

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