TAR Catania, sez. III, sentenza 2015-12-31, n. 201503015
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N. 03015/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00645/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 645 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M S S, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti C A e C S C, con domicilio eletto presso quest’ultima in Catania, Via Milano, 25;
contro
Comune di Acicastello, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Catania, in via Milano 42/a;Assessorato Territorio ed Ambiente, Soprintendenza di Bb.Cc.Aa, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Capitaneria di Porto di Catania, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
- dell'ordinanza n. 14 del 22 gennaio 2014 del Comune di Acicastello, notificata il 27 gennaio2014;
- del provvedimento autorizzativo n. 41 del 23 giugno 2011;
- dell'autorizzazione paesaggistica n. 3647 del 10 giugno 2009;
- della nota n. 4193 del 5 dicembre 2013 della Regione;
quanto al ricorso per motivi aggiunti :
- dell’ordinanza n. 65 del 29 aprile 2014 del Comune di Acicastello;
- della nota n. 1381 del 12 marzo 2014 dell’ufficio del demanio marittimo di Catania;
- del vigente P.R.G. del Comune di Acicastello e delle n.t.a.;
- della nota n. 0010271 del 30 maggio 2014 del Comune di Acicastello.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Acicastello, dell’Assessorato Territorio ed Ambiente, della Soprintendenza di Bb.Cc.Aa, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Capitaneria di Porto di Catania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2015 la dott.ssa A A B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso introduttivo, la società Mama Sea s.r.l. - premesso di essere titolare di concessione demaniale marittima per l’esercizio dello stabilimento balneare denominato Lido La Posada nel Comune di Aci Castello - ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva, dei provvedimenti in epigrafe ed in particolare dell’ordinanza n. 14 del 22 gennaio 2014, con cui il predetto Comune di Aci Castello ha ingiunto la rimozione delle strutture ricadenti sull’area costiera demaniale e il ripristino dei luoghi.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1) violazione ed erronea applicazione dell’art. 2, comma 1, della l.r. 29 novembre 2005 n.15 - violazione dei principi fondamentali di coerenza, correttezza e buona fede cui devono ispirarsi le azioni della pubblica amministrazione;eccesso di potere;
2) difetto di motivazione e omessa indicazione delle strutture precarie asseritamente rimaste installate e non rimosse;eccesso di potere e indeterminatezza del presunto abuso;
3) violazione ed erronea applicazione dell’art. 24 del regolamento di esecuzione cod. nav. (D.P.R. 15/02/1952 n. 328).
In particolare la società ricorrente assume di aver manifestato per iscritto (in data 5 novembre 200913) la propria volontà di continuare nell’attività (cd. “comunicazione di destagionalizzazione”) in virtù dell’art. 2, comma 1°, della l.r. 29 novembre 2015, n. 15, in tal modo ritenendo di superare ogni limite temporale e/o clausole limitative enunciate nel titolo concessorio demaniale.
Oltre all’annullamento degli atti impugnati, parte ricorrente ha altresì proposto domanda di risarcimento dei danni conseguenti all’interruzione dell’attività di programmazione della gestione dell’attività di impresa.
Per resistere al ricorso si è costituito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti chiedendo che sia dichiarata la sua estraneità in relazione al presente giudizio.
Si sono altresì costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, gli Assessorati regionali Territorio e Ambiente e dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
Si è costituito anche il Comune di Aci Castello rilevando che:
a) la società ricorrente è titolare di un’autorizzazione edilizia per il montaggio dello stabilimento balneare di che trattasi “con validità subordinata a quella della relativa concessione demaniale marittima e per il periodo stagionale estivo anni 2011-2014”;
b) il ricorrente ha ottenuto l’autorizzazione paesaggistica n. 3647 del 10 giugno 2009 rilasciata dalla Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania “per il solo periodo stagionale previsto nella concessione demaniale esaurito il quale tutte le strutture dovranno essere rimosse ”;
c) il Comune di Aci Castello, in data 13 dicembre 2013, effettuava un sopralluogo presso la struttura balneare in questione al fine di verificare l’avvenuto montaggio delle strutture precarie stagionali in esito al quale veniva constatato il mancato rispetto “delle condizioni previste dal provvedimento autorizzativo (…) inerenti l’obbligo di smontaggio delle strutture a fine stagione balneare” ;
d) l’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione siciliana, con nota del 17 gennaio 2014 n. 223 - nel riscontrare una successiva comunicazione di destagionalizzazione del 31 dicembre 2013 “al fine di poter verificare il rispetto delle condizioni e dei requisiti recati dall’art. 2 della L.r. n. 15/2005” - chiedeva alla società ricorrente di presentare un elaborato grafico, accompagnato da relazione tecnica (riguardante opere ed impianti da mantenere installati e le attività collaterali da continuare a svolgere), rammentando che “ le parti strutturali dedicate alle attività di balneazione debbono essere immediatamente smontate” ;
e)il Comune, avendo constatato che le parti strutturali dedicate all’attività di balneazione risultavano montate ingiungeva, con l’ordinanza impugnata, la rimozione delle “ strutture precarie di cui al provvedimento autorizzativo n. 41 del 23 giugno 2011 …. a meno delle cabine che in atto erano già state rimosse ”.
Con ordinanza n. 299 del 24 aprile 2014, la domanda cautelare di parte ricorrente è stata accolta con la seguente motivazione: “Considerato che non può, allo stato, escludersi la possibile fondatezza del ricorso in epigrafe;
- che, come riconosciuto dalle parti in causa all’odierna Camera di Consiglio, nei primi giorni del prossimo mese di maggio avrà inizio la nuova stagione balneare, sicché il ricorrente potrebbe reinstallare le strutture oggetto dell’impugnato provvedimento comunale di sgombero;
Ritenuto, pertanto, che sussiste la particolare gravità del sacrificio cui sarebbe esposto il ricorrente ove dovesse procedere all’attuazione dell’impugnata ordinanza di sgombero, rimuovendo opere precarie che avrebbe il pieno diritto di reimpiantare nuovamente a distanza, ormai, di pochi giorni;
- che ricorrono validi presupposti per accordare la chiesta misura cautelare (…)”.
Il Comune di Acicastello ha, quindi, adottato l’ordinanza n. 65 del 29 aprile 2014 con la quale -prendendo atto, tra l’altro, dell’approssimarsi della stagione estiva e delle esigenze di (ri)montaggio delle strutture - ha applicato la sanzione pecuniaria in sostituzione al ripristino dello stato dei luoghi disposto con la precedente ordinanza n. 14/2014.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 27 giugno 2014, la società ricorrente ha esteso l’impugnativa a tale ultimo provvedimento formulando censure di elusione del provvedimento cautelare e di illegittimità derivata dai vizi già dedotti con il ricorso introduttivo.
In vista della discussione nel merito del ricorso in esame, fissata per l’11 febbraio 2015 e poi rinviata al 2 dicembre 2015, la società ricorrente e il comune di Acicastello hanno scambiato ulteriori memorie con le quali hanno insistito nelle rispettive difese.
DIRITTO
Il ricorso concerne la legittimità delle ordinanze con le quali il Comune ha dapprima ingiunto alla ricorrente di provvedere alla rimozione delle strutture ricadenti su area demaniale e al ripristino dello stato dei luoghi e, in sostituzione della precedente ingiunzione di sgombero ha applicato la sanzione pecuniaria. Si tratta, in particolare di controversia identica ad altre già definite da questa Sezione (v. sentenze n. 1601 e n. 1605 del 10 giugno 2015) in senso favorevole alla parte ricorrente sulla base della ritenuta violazione ed erronea applicazione dell’art. 2, comma 1, della l.r. 29 novembre 2005 n.15.
In via preliminare, il Collegio esamina l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Infrastrutture formulata dalla difesa erariale sul presupposto che l’ordinanza impugnata, ritenuta lesiva degli interessi del ricorrente, è stata adottata dal Comune intimato.
L’eccezione è fondata.
In proposito si osserva che sulla base di quanto disposto dall’art. 6, comma 7 della legge 8 luglio 2003 numero 175 - secondo cui “a decorrere dal 1 luglio 2004 le attribuzioni relative ai beni del demanio marittimo già trasferite alla Regione siciliana ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 1 luglio 1977 n. 684 sono esercitate direttamente dall’Amministrazione regionale ” – è venuto meno il cd. avvalimento delle Autorità marittime da parte dell’Amministrazione regionale.
Tale norma ha sancito la definitiva cessazione dell’anzidetto avvalimento funzionale e il conseguente passaggio delle funzioni di gestione dei beni demaniali marittimi in capo alla Regione Sicilia a partire dal 1° luglio 2004, facendo, di conseguenza, venir meno la relazione funzionale tra Regione Sicilia ed Autorità marittime ed apportando, quindi, una radicale modifica sul piano giuridico (modifica finalizzata al completo trasferimento alla Regione Sicilia dei poteri di gestione ed utilizzazione dei beni appartenenti al demanio marittimo e ad essa già trasferiti). Pertanto, a partire da tale data, le attribuzioni inerenti la gestione dei beni del demanio marittimo, comprese quelle concernenti il rilascio dei titoli concessori, sono esercitate direttamente ed esclusivamente dall’Amministrazione regionale, facendo venir meno in tal modo ogni residua competenza in capo allo Stato e per esso ai suoi organi periferici (Direzioni marittime e Capitanerie di porto).
Da quanto sopra esposto consegue che non è ravvisabile alcuna attività imputabile all’Amministrazione statale intimata (Ministero delle Infrastrutture e Capitaneria di Porto) che, pertanto, deve considerarsi priva di legittimazione a resistere al ricorso in epigrafe (Cfr. in termini C.G.A., sent. 7/9/2012 n. 753).
Nel merito è fondato il primo motivo di ricorso concernente la violazione ed erronea applicazione dell’art. 2, comma 1, della L.r. 29 novembre 2005 n.15 La citata disposizione prevede che “La gestione di stabilimenti balneari è consentita per tutto il periodo dell'anno, al fine di svolgere le attività collaterali alla balneazione avvalendosi della concessione demaniale in corso di validità, delle licenze e delle autorizzazioni di cui sono già in possesso per le attività stagionali estive, previa comunicazione di prosecuzione dell'attività all'autorità concedente competente per territorio con l'indicazione delle opere e degli impianti da mantenere installati” .
Come è stato osservato in sede interpretativa di tale disposizione si tratta di una norma che, nell’evidente intento di favorire lo sviluppo delle attività turistiche anche oltre il consueto orizzonte temporale estivo, ha operato una estensione ex lege dei relativi titoli abilitativi (non solo demaniali), privando l’autorità preposta al rilascio di tali concessioni del potere di subordinare la stessa ad una valutazione discrezionale propriamente intesa: dal momento che i concessionari possono avvalersi “ della concessione demaniale in corso di validità, delle licenze e delle autorizzazioni di cui sono già in possesso per le attività stagionali estive” (cfr. T.A.R. Palermo, sentenza n. 209/2014).
La difesa del Comune, a sostegno della legittimità del proprio operato, ha citato la sentenza del T.A.R. Palermo, sez. I, n. 1543/2013 secondo cui “il concessionario che decida di proseguire nelle attività oltre il termine della stagione estiva, è titolare di una facoltà riconosciuta direttamente dalla legge, cosicché inoltrata la comunicazione e perfezionata la fattispecie si ha una modifica successiva – per effetto della fattispecie complessa costituita dalla previsione legale, e dalla comunicazione del concessionario che manifesta la volontà di avvalersene - del titolo in punto di durata. In tale evenienza l’amministrazione mantiene il potere-dovere di verificare, come già chiarito, l’ascrivibilità delle attività collaterali che il concessionario intende svolgere al novero delle ipotesi di cui all’art. 1 della stessa legge n. 15/2005”.
Tuttavia, in riforma della citata sentenza, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, nella sentenza del 10/7/2014, n. 408/2014, oltre a richiamare la propria giurisprudenza (ed in particolare la sentenza n. 782/12) ha affermato i seguenti principi:
1) non si tratta di stabilire se il concessionario sia tenuto a smontare le strutture per il puro e semplice fatto che così sia previsto nella concessione demaniale, ma di stabilire se il concessionario goda di un diritto vero e proprio a mantenere gli impianti senza che all’amministrazione competano a riguardo poteri autoritativi di natura discrezionale;problema che deve essere risolto nel senso di riconoscere all’Amministrazione poteri valutativi delle intenzioni del concessionario, alla luce di apprezzabili interessi pubblici, con esclusione quindi di un rifiuto dell’Amministrazione che si fondi unicamente sul mero rispetto del termine (stagionale), di mantenimento degli impianti, apposto nell’atto di concessione;
2) l’attività del privato si svolge, in forza di un provvedimento di concessione, su un bene pubblico, qual è il lido del mare, che per sua natura, appartenendo al c.d. demanio necessario, è destinato a soddisfare esigenze pubbliche: non possono quindi essere accostate (come invece ritenuto da TAR Palermo sez. I, n. 1543/2013) la situazione del proprietario, che chiede la concessione edilizia o comunica l’inizio di attività su un terreno di sua proprietà, e quella del concessionario che intenda continuare a svolgere attività imprenditoriali su un terreno che non è di sua proprietà, ma appartiene necessariamente alla collettività, di cui l’Amministrazione può in questo caso qualificarsi come ente esponenziale;
3) per quanto, quindi, il concessionario possa godere di tutele della sua attività, soprattutto in termini di durata della medesima, non può ritenersi che egli sia sottratto ad ogni potere di intervento della P.A. “ nel caso in cui i modi di conduzione dell’attività arrechino evidente danno agli interessi tutelati dall’Amministrazione e quindi arrechino danno alla collettività ”;
4) detti principi, se da un lato non confliggono con la possibilità riconosciuta al concessionario di mantenere intatte le strutture realizzate in forza della concessione oltre il termine stagionale, portano a ritenere che l’Amministrazione possa intervenire quando, in maniera documentata, constati il prodursi di conseguenze nocive per la collettività per negligenze del concessionario stesso.
Sulla scorta dei suesposti principi è stata affermata la legittimità di un decreto assessoriale con cui una società era stata dichiarata decaduta (ai sensi dell’art. 47, lett. c) ed f) del codice della navigazione e dell’art. 26 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione) da una concessione demaniale marittima per realizzare uno stabilimento balneare ad uso pubblico, essendo stato riscontrato, in concreto, che le ragioni ultime e decisive del provvedimento di decadenza dell’amministrazione andavano individuate “ nella volontà d’impedire che si riproducano, a causa del permanere nel periodo invernale delle strutture a pochi metri dalla battigia, i danni ambientali già verificatisi in passato” (cfr. C.G.A., sent. n. 408/2014 cit.)
Nel caso di specie, invece, il provvedimento lesivo degli interessi del ricorrente è costituito da un provvedimento emesso non dall’Autorità pubblica competente alla gestione del demanio marittimo, bensì dalla diversa autorità (il Comune) che, quale ente esponenziale di una collettività locale, cura tra l’altro il generale ed armonico assetto urbanistico di tutto il territorio.
Come chiarito dalla sopra riportata giurisprudenza, la disposizione di cui all’art. 2 della l.r. 15/2005 opera una “destagionalizzazione” (peraltro, ad avviso di C.G.A. 18 settembre 2012, n. 782, tutt’altro che radicale ed assoluta) limitatamente a quanto di competenza dell’autorità preposta alla tutela, gestione e valorizzazione del demanio marittimo (in Sicilia la Regione), impregiudicate le attribuzioni riservate ad altre autorità da norme statali per la tutela di altri e diversi interessi pubblici. Astrattamente, quindi, il Comune aveva il potere di provvedere.
Ma, nel caso in esame, ciò che appare decisivo è il fatto che:
- l’Amministrazione regionale non abbia operato alcuna valutazione o rilievo circa le modalità di conduzione dell’attività del ricorrente sotto il profilo della idoneità di detta conduzione ad arrecare un danno agli interessi dalla stessa curati vale a dire la tutela, gestione e valorizzazione del demanio marittimo, di guisa che nulla prova che la destagionalizzazione richiesta dal ricorrente possa essere in contrasto con tali interessi;
- a tale assenza di valutazione non poteva certo supplirsi con l’esercizio dei poteri autoritativi spettanti all’Ente locale che, del resto, si è limitato a riscontrare il mancato rispetto delle condizioni originariamente previste dal provvedimento autorizzativo, inerenti l’obbligo di smontaggio delle strutture alla fine della stagione balneare;così prescindendo, immotivatamente, epperò illegittimamente, dall’amplissima previsione contenuta nell’art. 2, comma 1, L.r. 15/2005 (come reintrodotto dall’art.12, L.r. n. 47/2012), secondo cui “ La gestione di stabilimenti balneari È CONSENTITA PER TUTTO IL PERIODO DELL'ANNO ”;disposizione, questa, che, ove intesa nel senso prospettato dal Comune resistente, finirebbe con l'essere sostanzialmente inapplicabile a qualsivoglia concessione demaniale stagionale (cfr. in termini la recentissima sentenza del C.G.A. n. 267/2015).
Non appare poi superfluo precisare che - anche a voler ritenere che la “destagionalizzazione” della concessione demaniale marittima “prosciuga (…) lo spatium deliberandi dell’autorità demaniale, ma non determina anche la parallela evaporazione degli altri e diversi presidi autorizzativi (urbanistici, sanitari, ambiental-paesistici) previsti dalla legge ed esclusi dalla “liberalizzazione” proprio perché afferenti (quanto meno anche) ad altri interessi pubblici e (non a caso) attribuiti alla cura di diverse autorità” (cfr. TAR Palermo, sez. I, n. 1015/2015) -, dal tenore dell’ordinanza comunale di sgombero e remissione in pristino non pare sia stata accertata alcuna lesione o messa in pericolo di interessi diversi (ed ulteriori rispetto a quelli squisitamente demaniali) alla cui cura è istituzionalmente preposta l’Amministrazione comunale.
Per le considerazioni che precedono in accoglimento del primo motivo di ricorso e assorbite le ulteriori censure, il ricorso va accolto con conseguente annullamento dell’ordinanza n. 14/2014 e, per invalidità derivata, dell’ordinanza n. 65/2014.
Va, invece, respinta, la domanda risarcitoria, formulata in termini estremamente generici e priva delle allegazioni degli elementi costitutivi del danno.
In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi e nei termini di cui in motivazione con conseguente annullamento delle ordinanze comunali impugnate.
Sussistono le condizioni di legge, alla luce della non univocità del delineato panorama giurisprudenziale, per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.