TAR Genova, sez. II, sentenza 2023-06-16, n. 202300583
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 16/06/2023
N. 00583/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00539/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 539 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato E I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Imperia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Atradius Credit Insurance Nv, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
A) degli atti dirigenziali del Comune di Imperia Settore Urbanistica Servizio Edilizia Pubblica e Privata inviati alla ricorrente a mezzo raccomandate datate 14/2/2022 e 16/6/2022 contenenti rispettivamente, la quantificazione unilaterale del credito complessivo, per capitale ed interessi, riferito ad oneri di urbanizzazione non pagati dall'impresa attuatrice, poi diviso pro quota millesimale per ciascun titolare degli immobili del Complesso immobiliare, e l'intimazione di pagamento della somma ritenuta dal Comune come dovuta;
B) nonché in via principale per l'accertamento:
dell'illegittimità ed infondatezza della pretesa economica del Comune di Imperia, dovuta alla prescrizione del credito espresso nelle Convenzioni edilizie 30/12/2005 (contratto n. 2132) e 20/10/2009 (contratto n. 2726) stipulate dalla società attuatrice con il Comune di Imperia in relazione all’operazione urbanistica di recupero del Complesso Immobiliare Miradore del Ponente ex Colonie Biellesi sito ad Imperia, località Porto San Maurizio;
C) nonché, in via subordinata per il caso di mancata prescrizione delle pretese comunali, per l’accertamento:
che la somma complessiva per capitale ed interessi € 407.539,46 (di cui € 383.910,51 in linea capitale ed € 23.619,95 per interessi), ivi compresa richiesta pro quota millesimale all’attuale Parte ricorrente, non è corretta in quanto:
i) in linea capitale il Comune non ha detratto i reali apporti dell'Impresa attuatrice, come richiesto nella sentenza del TAR n. 1021/2021 passata in giudicato, con l'effetto che il credito sarebbe stato di € 98.694,10 o, comunque, pari ad altra somma determinanda in corso di causa;
ii) con riferimento agli interessi il Comune non ha considerato che all’attuale Parte ricorrente il Comune ha richiesto il pagamento solo dopo il 2020 e con atti non corretti che hanno reso impossibile l'adempimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Imperia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1) Parte ricorrente è proprietaria di alcune unità immobiliari all’interno del Complesso immobiliare Miradore del ponente - ex Colonie biellesi (d’ora in poi Complesso immobiliare) sito a Imperia, realizzato dal soggetto attuatore Soc. Mare Chiaro S.r.l., poi fallita.
2) Tale società in data 30/12/2005 sottoscrisse con il Comune di Imperia la Convenzione edilizia, poi integrata con ulteriore Atto convenzionale del 20/10/2009, con previsione di realizzare alcune opere di urbanizzazione e di versare gli oneri urbanizzativi.
3) Nell’ambito del complesso immobiliare in parola, i Signori -OMISSIS- e -OMISSIS- acquistarono il 19/10/2011 un alloggio e due box siti tutti a Imperia, Via Gabriele D’Annunzio ai civici n.14/3 e 14/1 censiti come segue (doc.7): alloggio A2 Sezione Urbana PM foglio 5 particella 2091 subalterno 21;box C6 Sezione Urbana PM foglio 5 particella 2091 subalterno 40;box C6 Sezione Urbana PM foglio 5 particella 2090/2095 subalterno 150 e 13.
4) L’attuatore, dopo avere venduto tutte le unità immobiliari a molteplici acquirenti tra cui la Parte ricorrente, è fallita,
5) Il Comune con plurimi atti inviati tra il 2012 e il 2013 ha sollecitato la Soc. Mare Chiaro ad adempiere integralmente agli obblighi convenzionali di pagamento degli oneri e di realizzazione delle opere di urbanizzazione che il Comune ha ritenuto non integralmente realizzate.
6) Dell’adempimento di tali obbligazioni convenzionali il Comune ha ritenuto responsabili i soggetti che, come Parte ricorrente, hanno acquistato i singoli appartamenti dall’attuatore Mare Chiaro.
7) La civica amministrazione, pertanto, pur non avendo posto in essere atti interruttivi direttamente nei confronti di Parte ricorrente, ma solo nei confronti del soggetto attuatore, nell’agosto 2020 ha notificato a singoli proprietari la richiesta di pagamento della quota d’oneri a ciascuno riferita, poi reiterata con intimazione del 15.2.2021 che ha fatto riferimento alla precedente comunicazione.
8) Parte ricorrente (unitamente agli altri acquirenti degli immobili) ha impugnato con ricorso collettivo a questo Tribunale tali intimazioni e il giudizio è stato definito con sentenza n. 1021 del 2021, passata in giudicato.
9) La citata sentenza, per quanto ora rileva, ha annullato gli atti impugnati contenenti la determinazione del debito e l’intimazione di pagamento, con le seguenti statuizioni.
a) la domanda di accertamento dell’intervenuta prescrizione del debito è stata ritenuta:
- inammissibile perché formulata con motivi aggiunti e, quindi, tardivamente rispetto alla preclusione processuale di cui all’art. 167, comma 3, del CPC;
- comunque infondata perché non è stato “compiutamente specificato” il momento in cui il Comune ha assentito i lavori (quale dies a quo della prescrizione), con conseguente reiezione nel merito dei motivi aggiunti mediante l’inciso “cosa che comporta la reiezione dei motivi aggiunti” (punto 5).
b) Sull’”an debeatur” ha ritenuto dovuta la somma da parte degli acquirenti dall’attuatore perché l’art. 9 della Convenzione del 2005 prevede il trasferimento agli aventi causa della società attuatrice di tutte le obbligazioni residuate in caso di inadempimento di quest’ultima ed inoltre “risulta dalle note di trascrizione prodotte per tutti i ricorrenti che le convenzioni urbanistiche vennero menzionate nei singoli rogiti, e quindi ogni acquirente accettò di soggiacere alle possibili pretese derivanti dalle eventuali inadempienze della dante causa Mare Chiaro S.r.l.”, sicché negli atti della p.a. sono stati correttamente individuati i debitori del Comune di Imperia (punto 6).
c) Sul “quantum debeatur” (e sul criterio di ripartizione tra gli acquirenti) la sentenza ha invece annullato gli atti gravati imponendo al Comune di ricalcolare la somma dovuta:
- in “modo analitico” e prendendo in “considerazione le somme già percepite o le opere regolarmente eseguite” specie quelle risultanti dai “documenti 4 e 5 depositati dai ricorrenti … dai quali si ricava che, almeno per un certo numero di opere, venne regolarmente certificata l’avvenuta esecuzione e regolarità delle opere”.
- “tenendo conto degli apporti che le controparti potranno allegare in sede procedimentale” e segnatamente;
- ripartendo il debito sui proprietari degli immobili sulla base dei millesimi di proprietà.
10) Il Comune ha quindi iniziato un nuovo procedimento di quantificazione del debito anche nei confronti dei soggetti alieni al giudizio definito con la citata sentenza di questo T.A.R. n. 1021/21 e, con atto del 14/2/2022 ha nuovamente quantificato il credito complessivo, maggiorato con gli interessi legali (non quelli di mora), ripartendo la somma complessiva su tutti i soggetti acquirenti dei singoli immobili sulla base dei millesimi di proprietà e, con l’ulteriore comunicazione di cui in epigrafe, ha intimato il pagamento della somma suddetta.
11) In particolare l’atto del 14.2.2022 ha quantificato il debito affermando che l’obbligazione pecuniaria ammonta “complessivamente ad euro 511.880 di cui euro 314.782,68 per l’ampliamento della strada Monte Calvario ed euro 197.098 per l’ampliamento della piazzetta di parcheggio che di tale somma è stata soluta la sola somma di euro 127.970,17 e quindi la somma residua è di auro 383.910,51”.
12) Il Comune peraltro:
- non ha proceduto previa partecipazione procedimentale dei debitori;
- né ha illustrato i conteggi effettuati in “modo analitico”;
- né ha dato conto delle somme già percepite o delle opere di urbanizzazione regolarmente eseguite.
13) Con il ricorso di cui in epigrafe la Parte ricorrente ha impugnato, con richiesta di misura cautelare, anche le suddette note di cui in epigrafe portanti richiesta e intimazione di pagamento del debito in questione chiedendo:
a) in via principale:
- l’annullamento di tali atti;
- l’accertamento dell’intervenuta prescrizione del debito;
b) in subordine l’accertamento:
- che l’importo complessivo in linea capitale del debito calcolato dal Comune è errato perché non ha detratto i reali apporti dell’imprese costruttrice;
- che la quantificazione degli interessi è errata perché ai ricorrenti prima del 2020 non fu mai chiesto il pagamento di alcuna somma.
14) Con memoria difensiva il Comune ha chiesto il rigetto del ricorso e dell’istanza cautelare.
15) Alla camera di consiglio del 12.10.2022 Parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare e alla successiva udienza pubblica del 10.5.2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1) Con la PRIMA DOMANDA è stato chiesto l’accertamento dell’intervenuta prescrizione del credito vantato dal Comune con la nota del 14.2.2022 atteso che il titolo edilizio originario, che costituirebbe il “dies a quo” della prescrizione del debito, è stato rilasciato nel 2006, mentre la prima richiesta di pagamento è stata inviata dal Comune nell’agosto 2020, ossia oltre il termine prescrizionale decennale.
La domanda è inammissibile per violazione del principio del “ne bis in idem” secondo cui non è proponibile la domanda giudiziale relativa ad una questione o di un rapporto giuridico già definiti con pronuncia passata in giudicato tra le medesime parti. Nel caso di specie la medesima domanda processuale, relativa al medesimo rapporto giuridico intercorrente tra gli stessi soggetti, è già stata formulata con il ricorso del 2021 e respinta (oltre che in rito anche) nel merito con la sentenza n. 1021/2021, passata in giudicato.
Tale pronuncia ha rilevato in particolare che i ricorrenti non avevano precisato il momento in cui il Comune aveva rilasciato il titolo edilizio da cui sarebbe decorsa la prescrizione, con conseguente reiezione nel merito dei motivi aggiunti con i quali la domanda in esame era stata proposta (“cosa che comporta la reiezione dei motivi aggiunti” punto 5 della citata sentenza).
In virtù del citato principio del “ne bis in idem” e di quello per cui, in materia di diritti, il giudicato copre il “dedotto e il deducibile”, risulta inammissibile la riproposizione dell’azione già respinta nel merito tra le stesse parti.
2) Con la SECONDA DOMANDA è stato chiesto l’accertamento della corretta quantificazione della somma lamentando che quella pretesa dal Comune sarebbe errata perché:
a) contrasta con il principio di proporzionalità delle prestazioni delle due parti contraenti e dell’equilibrio negoziale in quanto l’impresa attuatrice, anche se risultasse che effettivamente ha realizzato solo una parte di opere di urbanizzazione convenzionalmente previste, ha comunque speso una somma maggiore di quella preventivata in Convenzione per l’esecuzione della totalità delle opere;
b) è stata determinata senza tenere conto delle “opere regolarmente eseguite” dall’impresa costruttrice;
c) ha previsto l’addebito degli interessi di “mora” che non potrebbero essere calcolati a partire dal 2012 ma, a tutto concedere, potrebbero decorrere dalla data della prima richiesta di pagamento inviata ai ricorrenti nell’agosto 2020 (oltre a dover essere calcolati sulla somma inferiore a quella indicata dal Comune in virtù della detrazione delle somme relative alle opere eseguite).
2.1) La domanda merita accoglimento nei limiti di cui appresso.
2.2) Preliminarmente si precisa che la sentenza n. 1021/2021, sotto il profilo dell’”an debeatur”, ha statuito che la somma richiesta dal Comune è effettivamente dovuta dal ricorrente in forza dell’art. 9 della Convenzione del 2005 che ha previsto il trasferimento agli aventi causa della società attuatrice di tutte le obbligazioni residue per il caso di inadempimento di quest’ultima ed inoltre “risulta dalle note di trascrizione prodotte per tutti i ricorrenti che le convenzioni urbanistiche vennero menzionate nei singoli rogiti, e quindi ogni acquirente accettò di soggiacere alle possibili pretese derivanti dalle eventuali inadempienze della soc Mare Chiaro S.r.l.”.
Pertanto la citata sentenza ha accertato che i ricorrenti sono tenuti al pagamento delle somme richieste dal Comune a titolo di oneri di urbanizzazione non pagati dall’impresa costruttrice (punto 6 della sentenza), e tra detti ricorrenti figura anche l’odierna Parte deducente.
In effetti anche Parte ricorrente ammette l’esistenza di un debito che ammonterebbe ad € 98.694,10 o, comunque, ad altra somma determinanda in corso di causa.
2.3) Invece in ordine al “quantum debeatur” la domanda deve essere accolta nei limiti di cui infra.
2.3.a) Con riguardo al profilo a) esso risulta inammissibile e, comunque infondato.
E’ inammissibile (come eccepito dal Comune) perché non sono state gravate le delibere comunali di approvazione dei criteri di determinazione degli oneri di urbanizzazione.
L’argomentazione è, comunque, infondata perché il fatto che il soggetto attuatore abbia speso somme maggiori rispetto a quelle previste in Convenzione attiene al momento dell’esecuzione del contratto e riguarda il normale rischio contrattuale che non intacca la quantificazione dell’obbligazione convenzionale di realizzare tutte le opere di urbanizzazione, né comporta un’alterazione giuridicamente rilevante del sinallagma contrattuale, trattandosi come si è detto di fattori attinenti alla fisiologica alea contrattuale.
2.3.b) E’ invece fondato il profilo b).
Il Comune, con l’atto del 14.2.2022, ha nuovamente quantificato il debito precisando che l’obbligazione pecuniaria ammonta “complessivamente ad euro 511.880 di cui euro 314.782,68 per l’ampliamento della strada Monte Calvario ed euro 197.098 per l’ampliamento della piazzetta di parcheggio che di tale somma è stata soluta la sola somma di euro 127.970,17 e quindi la somma residua è di auro 383.910,51”.
Senonché la sentenza n. 1021/2021, debitamente richiamata in ricorso, nell’annullare la precedente richiesta di pagamento del 2021, ha rilevato che la quantificazione della somma dovuta avrebbe imposto di tenere conto delle opere regolarmente eseguite risultanti dai “documenti 4 e 5 depositati dai ricorrenti … dai quali si ricava che, almeno per un certo numero di opere, venne regolarmente certificata l’avvenuta esecuzione e regolarità delle opere”.
Ebbene i citati documenti 4 e 5 - prodotti anche nel presente giudizio (rispettivamente con i numeri 10 e 11) - attestano che le opere di cui è stata contestata l’esecuzione sarebbero state, almeno in parte, eseguite.
In particolare il documento n. 10 costituisce il “certificato di regolare esecuzione e collaudo” delle opere in questione (non contestato dal Comune), redatto dall’ing. Somà in data 27.2.2013, ed attesta (a pagina 25) che “I lavori sono stati eseguiti secondo la Convenzione originaria (contratto n. 2132 del 30/12/2005) e Integrazione della Convenzione (contratto n. 2726 del 20/10/2009), i progetti e le variazioni approvate dagli enti superiori, salvo modifiche nei limiti dei poteri discrezionali della direzione lavori …” ed inoltre che “i lavori stessi sono stati eseguiti a regola d'arte, con buoni materiali e magisteri;l'impresa ha adempiuto agli obblighi derivanti dal contratto e ha ottemperato agli ordini e alle disposizioni date dalla direzione lavori durante il corso di essi”.
Il documento n. 11 costituisce la “Verifica della realizzazione delle opere previste nella Convenzione” redatta dall’arch. C D su incarico del medesimo Comune resistente ed attesta nelle “Conclusioni” che “Si considerano realizzate le opere previste dalla Convenzione e dall’Atto integrativo come sopra descritte”.
In tale situazione il Comune avrebbe dovuto determinare le somme in questione tenendo conto delle risultanze di tali atti e, comunque, motivando la determinazione dell’importo risultante dalla nota del 14.2.2022. Senonché la civica amministrazione non ha neppure menzionato i documenti sopra indicati né ha dato conto dello stato di realizzazione delle opere suddette, con conseguente inattendibilità del calcolo delle somme dovute dalla Parte ricorrente, perché effettuato omettendo la valutazione di documenti decisivi (puntualmente indicati come tali anche dalla citata sentenza n. 1021/21).
2.4) La domanda relativa agli interessi di “mora” deve essere respinta in quanto gli atti comunali impugnati menzionano unicamente e chiaramente gli interessi “legali” sia nell’atto propriamente considerato, che nella tabella allegata che si riferisce unicamente al calcolo degli interessi “legali”.
Questi ultimi, atteso il loro carattere accessorio al credito e alla loro natura corrispettiva, sono dovuti sulla somma capitale che il Comune dovrà correttamente ricalcolare.
3) In definitiva il Collegio:
- accoglie la domanda accertamento del quantum debeatur sia fondata nei limiti di quanto precisato sopra al punto 2.3.b) in quanto il metodo di calcolo di cui agli atti impugnati non è attendibile avendo il Comune omesso di dare conto dei criteri seguiti e di valutare se le opere di urbanizzazione siano state eseguite o non, o eseguite solo in parte;
- respinge le ulteriori domande in quanto inammissibili o infondate.
Ne consegue che il ricorso va accolto, ai sensi e con i limiti di cui in motivazione, con annullamento degli atti impugnati.
Resta ferma la possibilità del Comune di effettuare nuovamente i calcoli tenendo conto dello stato di effettiva esecuzione delle opere di urbanizzazione contestate, anche in relazione a quanto affermato negli atti redatti dall’ing. Somà in data 27.2.2013 (collaudo) e dalla dall’arch. C D (“Verifica della realizzazione delle opere previste nella Convenzione”) depositati in atti da Parte ricorrente.
4) L’accoglimento parziale del ricorso giustifica la compensazione delle spese del giudizio.