TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-11-04, n. 202202876

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2022-11-04, n. 202202876
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202202876
Data del deposito : 4 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/11/2022

N. 02876/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00280/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 280 del 2012, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato B C, con domicilio eletto presso lo studio Bernardo Frosina in Catania, via F.Sco Crispi, 247;

contro

Comune di Torrenova, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dell'ordinanza di sospensione dei lavori edilizi ed ingiunzione a demolire e ripristino dello stato dei luoghi n. 09 del 31 ottobre 2011, a firma del Responsabile del Settore Gestione del territorio del Comune di Torrenova;

ove occorra, del processo verbale di sopralluogo e constatazione redatto in data 27 ottobre 2011;

di ogni altro atto connesso, consequenziale e/o presupposto con quelli impugnati, ancorché non conosciuto, che possa frapporsi al diritto fatto valere dai ricorrenti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 ottobre 2022 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. I ricorrenti deducono di essere proprietari, pro quota indivisa, di un appezzamento di terreno sito in Torrenova, c.da -OMISSIS-, riportato in catasto al foglio di -OMISSIS-, particelle nn. 256, 257 e 46, della superficie di circa 4.014 mq, ricadente in zona E del PRG del Comune.

In data 2 ottobre 2006, i deducenti hanno richiesto il rilascio della concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato da destinare a deposito agricolo con annessa abitazione.

L’Amministrazione resistente, esaminati gli atti progettuali e l’ulteriore documentazione prodotta, ha assentito la costruzione del suddetto fabbricato con permesso di costruire n. 14 dell’8 marzo 2007.

I ricorrenti, iniziati i lavori in data 26 marzo 2007, li hanno ultimati nel successivo mese di ottobre.

In data 27 ottobre 2010, a seguito di esposto anonimo, è stato effettuato un sopralluogo in occasione del quale sono state riscontrate, presso l’immobile, alcune difformità rispetto alla concessione edilizia rilasciata, consistenti nella chiusura del portico a piano terra, per una superficie di mq. 32,40 circa, e del terrazzo posto al primo piano, per una superficie di mq. 16,20.

Conseguentemente, è stata adottata l’ordinanza n. 9 del 31 ottobre 2011, notificata il 10/11/2011, con cui il Comune di Torrenova ha ordinato la sospensione dei lavori e ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate.

I ricorrenti, con ricorso notificato il 9.1.2012 e depositato 7.2.2012, hanno impugnato siffatto provvedimento, affidandosi alle seguenti censure:

1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della L.R.S. n. 10/91, dell’art. 7 della L. 241/90. Mancato avvio del procedimento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della L. 10/91. Mancata e/o insufficiente motivazione. Eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà. Travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria” per omessa comunicazione di avvio del procedimento.

2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 L. 17 agosto 1942 n. 1150. Eccesso di potere. Violazione delle regole procedimentali. Difetto assoluto di motivazione. Travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria”, per omessa notifica della diffida a demolire prevista dalla disposizione calendata.

3) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 20 L.R. n. 4/2003. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria. Travisamento dei fatti. Mancata e/o insufficiente motivazione”, poiché le opere realizzate, in quanto precarie, secondo la previsione della detta normativa, non abbisognano di alcun provvedimento concessorio.

4) “Eccesso di potere. Difetto assoluto di motivazione. Carenza di istruttoria”, per carenza di motivazione in ordine all’interesse pubblico sotteso all’adozione dei provvedimenti impugnati, stante il decorso di un lungo lasso di tempo tra la realizzazione delle opere e l’adozione della misura repressiva.

5) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 32 D.P.R. 380/2001. Eccesso di potere. Travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria. Insussistenza delle paventate violazioni di legge e regolamento. Carenza dei presupposti. Difetto assoluto di motivazione”, poiché non si è verificata alcuna modifica della destinazione d’uso del portico e del terrazzino chiusi, adibiti a deposito agricolo e, ad ogni modo, le difformità risultano di modesta entità.

Stante l’avviso di perenzione inviato in data 10 agosto 2018, con atto del 30 gennaio 2019 i ricorrenti hanno domandato la fissazione dell’udienza per la trattazione del ricorso nel merito.

In vista dell’odierna udienza, i deducenti hanno versato in atti memoria difensiva.

Il Comune di Torrenova, seppur regolarmente intimato, non si è costituito in giudizio.

All’udienza straordinaria dedicata allo smaltimento dell’arretrato del 10 ottobre 2022, celebrata da remoto, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

II. La vicenda contenziosa in esame ha ad oggetto il provvedimento con cui il Comune resistente ha ordinato la sospensione dei lavori e la demolizione delle opere abusivamente realizzate presso l’immobile di proprietà dei ricorrenti, in difformità alla concessione edilizia ottenuta.

Si contesta, in specie, il cambio di destinazione d’uso e l’ampliamento (per un volume complessivo di mc. 100,44) del portico sito al piano terra, nonché l’aumento di estensione (per un volume complessivo di mc. 52,60) del terrazzo posto al primo piano.

Va precisato, preliminarmente, che gli abusi contestato riguardano comunque volume eccedenti rispetto a quelli consentiti, così come è evincibile dallo stesso progetto approvato in sede di rilascio dell’originaria concessione edilizia, di poi disattesa.

Ciò premesso, nel merito il ricorso, così come proposto, non può trovare accoglimento.

Il primo motivo di gravame, con cui i ricorrenti lamentano l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo destinato a concludersi con ordinanza di ingiunzione alla demolizione delle opere edili abusive, è infondato.

L’ordine di demolizione è un provvedimento vincolato per il quale non occorre la previa comunicazione di avvio del procedimento, non potendo avere un contenuto diverso (cfr., fra le più recenti, Cons. Stato, sez. II, 24 marzo 2020, n. 2051;
Cons. Stato, sez. II, 23 gennaio 2020, n. 561;
Cons. Stato, sez. II, 11 dicembre 2019, n. 8422;
T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 3 giugno 2020, n. 1259).

Come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, l’ordinanza di demolizione è un atto dovuto e va emanata senza indugio e in quanto tale non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento trattandosi di una misura sanzionatoria per l'accertamento dell'inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento vincolato e tipizzato e rigidamente disciplinato (arg. ex T.A.R. Catania, sez. I, 16 settembre 2021, n. 2762;
T.A.R. Catania, sez. II, 1 febbraio 2022, n. 311;
T.A.R. Catania, sez. III, 28 gennaio 2022, n. 258;
C.G.A.R.S., sez. giur., 26 maggio 2021, n. 476;
T.A.R. Catania, sez. I, 07 luglio 2022, n.1809;
sez. II, 11 luglio 2022, n. 1841;
sez. II, 1 febbraio 2022, n. 311;
sez. III, 28 gennaio 2022, n. 258;
sez. I, 16 settembre 2021, n. 2762;
C.G.A.R.S., sez. giur., 26 maggio 2021, n. 476;
T.A.R., Napoli, sez. VI, 01/09/2021, n. 5680).

Con il secondo motivo si sostiene che, a mente dell’art. 32 legge 17 agosto 1942 n. 1150, l’ordinanza impugnata avrebbe dovuto essere preceduta da diffida a demolire.

Il motivo non è condivisibile.

Il penultimo comma dell’art. 32 cit. dispone che “nel caso di lavori iniziati senza licenza o proseguiti dopo l’ordinanza di sospensione il podestà (successivamente il sindaco e ora il dirigente responsabile) può, previa diffida e sentito il parere della sezione urbanistica compartimentale ordinarne le demolizioni a spese del contravventore senza pregiudizio delle sanzioni penali”.

Tale disposizione è da ritenersi abrogata dalla sopravvenuta L. 28 gennaio 1977, n. 10, che ha regolamentato ex novo la materia, sicché è da ritenersi legittimo l’ordine di demolizione che sia stato adottato senza la previa notificazione della detta diffida.

Va, poi, osservato che, ai sensi dell’art. 2, legge 28 febbraio 1985, n. 47, le disposizioni di cui al capo I della stessa legge “sostituiscono quelle di cui all’art. 32, L. 17 agosto 1942, n. 1150, ed agli artt. 15 e 17, L. 28 gennaio 1977, n. 10”. In particolare, il nuovo assetto sanzionatorio-procedimentale è nel senso che “il sindaco, accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione” (art. 7, comma 2, legge n. 47/1985).

E proprio in relazione al nuovo quadro normativo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare costantemente che l’ingiunzione a demolire è atto dovuto sol che si sia in presenza dei presupposti indicati dalla legge.

Con il terzo motivo, i ricorrenti si dolgono che il Comune abbia ingiunto la demolizione di opere che – rientrando nell’ambito della disciplina dettata dall’art. 20 della legge regionale n. 4/2003 – non abbisognavano di alcun provvedimento concessorio, incorrendo in eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Premette, intanto, il Collegio, che non è in atti alcuna richiesta di regolarizzazione al Comune ai sensi dell’invocato art. 20 della Legge Regionale della Sicilia n. 4/2003, così come necessario, ai sensi sia del comma 1 che del comma 5.

Va, poi, precisato che la norma dispone che “In deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggetti a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerati aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento oppure di terrazze non superiori a metri quadrati 50 e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla-osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo”.

Orbene, in termini generali, costituisce dato inveterato del diritto vivente quello in forza del quale l’onere della prova circa la effettiva natura ed entità dei lavori – e, dunque, la precarietà e la facile rimovibilità delle strutture realizzate (ex art. 20 della legge reg. Sic. 16 aprile 2003, n. 4) – grava, ai sensi dell’art. 2967 cod. civ., in capo al soggetto che allega di avere realizzato essi lavori, nella cui sfera di signoria, quale responsabile dell’abuso o proprietario, ricade la condotta.

Principio, questo, riaffermato all' art. 64 c.p.a., secondo il quale la parte ricorrente è tenuta a dimostrare i fatti rientranti nella propria sfera di controllo e a fornire almeno un inizio di prova con riferimento a quelli che sono nell'esclusiva disponibilità dell'Amministrazione” (T.A.R., Napoli, sez. III, 01.04.2019, n. 1781. Cfr. anche Cons. St., Sez. V, 27.12.2017, n. 6082).

D’altronde, i requisiti della precarietà, intesa come facile rimovibilità delle opere eseguite, integrano il presupposto costitutivo di quella “deroga ad ogni altra disposizione di legge” su cui si fonda, ai sensi dell’art. 20, L.R. n. 4/2003, l’interesse fatto valere dalla stessa parte (cfr. T.A.R. Catania, sez. I, 14/07/2022, n. 1889;
sez. I, 21/12/2021, n. 3857)

Nel caso in esame, invece, i ricorrenti si sono limitati ad allegare, senza dimostrazione, la precarietà delle opere per cui è giudizio, sottraendosi all’onere probatorio di cui si è detto.

Analogamente, anche il quinto motivo di ricorso, con cui gli esponenti censurano la contestata modifica della destinazione d’uso del portico e del terrazzino chiusi, appare destituito di fondamento

Difatti, le allegazioni dei ricorrenti risultano, anche in questo caso, del tutto sfornite di prova in parte qua.

Infine, con il quarto motivo di ricorso, anch’esso infondato, i ricorrenti lamentano che l’ordine di demolizione è stato adottato a distanza di molti anni dalla commissione dell’abuso, sicché il decorso di un notevole lasso di tempo avrebbe determinato, in capo al destinatario del provvedimento, il consolidamento di un ragionevole affidamento nel mantenimento dei manufatti realizzati tale da rendere necessaria una motivazione rafforzata in ordine alla persistenza di un interesse pubblico alla loro rimozione.

Deve rilevarsi preliminarmente che, secondo granitico indirizzo giurisprudenziale, l’ordinanza di demolizione, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita di particolare motivazione, potendosi ritenere adeguata e autosufficiente la motivazione quando già solo siano rinvenibili la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza o difformità dal permesso di costruire e l’individuazione della norma applicata, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento (recentemente cfr. T.A.R., Napoli, sez. III, 04 aprile 2022, n. 2241).

In altri termini, “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017, n.

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