TAR Roma, sez. I, sentenza 2013-04-11, n. 201303704

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2013-04-11, n. 201303704
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201303704
Data del deposito : 11 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07705/2012 REG.RIC.

N. 03704/2013 REG.PROV.COLL.

N. 07705/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7705 del 2012, proposto da:
D B, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio D'Aloia, F C, con domicilio eletto presso Antonio D'Aloia in Roma, via Gramsci, 54 - Studio Graziadei;

contro

Ministero della Giustizia, Ministero della Giustizia Dipartimento Commissione Esaminatrice, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

C C, G B G, F Z;

per l'annullamento

- del provvedimento con cui il ricorrente, a seguito dell’espletamento delle prove scritte del concorso per la nomina a 200 posti di Notaio, indetto con Decreto dirigenziale del 28 Dicembre 2009, è stato giudicato non idoneo, e conseguentemente non è stato ammesso allo svolgimento delle prove orali, provvedimento noto a seguito della pubblicazione della graduatoria dei candidati ammessi alle prove orali, avvenuta in data 8 giugno 2012;

- del verbale della Commissione esaminatrice del concorso del 14 marzo 2012 n. 351, nella parte in cui la Commissione, dopo aver esaminato gli elaborati estratti dalle buste contraddistinte con i nn. Da 1652 a 1653, ha ritenuto l’ elaborato contraddistinto con il n. 1652 “ atto di diritto civile “ non idoneo;

- nonché di ogni altro atto a questi antecedente, collegato, annesso, connesso, presupposto e consequenziale, ivi incluse le delibere ed i verbali della Commissione, nei limiti dei motivi di ricorso


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Ministero della Giustizia Dipartimento Commissione Esaminatrice;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2013 il dott. A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con decreto del Ministero della Giustizia del 28 dicembre 2009, pubblicato in G.U. il 12 gennaio 2010 – IV° Serie speciale, è stato indetto un concorso per l’assegnazione di 200 posti di notaio, le cui prove scritte sono state previste, con avviso pubblicato il 14 dicembre 2010, per le date del 23, 24 e 25 febbraio 2011.

Per tale concorso presentava domanda di partecipazione anche l’odierno ricorrente, il Dott. D B, che in seguito sosteneva le suddette prove scritte. Quest’ultime, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del D.lgs. n. 166/2006, consistevano nell’ elaborazione di tre distinte prove teorico-pratiche di diversa natura: un atto “ mortis causa” e due atti “ inter vivos” di cui uno di diritto commerciale e l’altro di diritto civile.

Espletate da parte dei candidati le predette prove, la Commissione si riuniva il 14 marzo 2011 per stabilire i criteri di correzione degli elaborati così come previsto agli artt. 10 e 11 del D.lgs. de quo.

Concluse le operazioni di correzione degli elaborati, in data 7 giugno 2012 veniva affisso, nei locali del Ministero della Giustizia, l’ elenco dei candidati dichiarati idonei a sostenere le prove orali, tra i quali, tuttavia, non figurava il nome del ricorrente.

Risultava, inoltre che, sebbene il concorso avesse ad oggetto l’ assegnazione di n. 200 posti di notaio, gli ammessi a sostenere prove orali risultavano essere solo 189, rimanendo scoperti 11 dei posti messi a disposizione.

A seguito dell’accesso agli atti, ex art. 22 e ss. Della legge n. 241/1990, il Dott. B ( contraddistinto con la busta 1652), apprendeva che la Commissione valutatrice, nella seduta del 14 marzo 2012, al termine della valutazione del primo atto decideva di passare alla lettura del secondo elaborato e, altrettanto all’unanimità, alla lettura della terza prova, salvo poi valutare il candidato come non idoneo ad essere ammesso alla successiva prova orale.

In particolare, per ognuno degli atti redatti dal ricorrente, la Commissione individuava talune criticità.

Per il primo elaborato veniva riportato che “ la tecnica redazionale è inadeguata, essendo l’ atto costruito in maniera prolissa e confusa”.

Rispetto, poi, all’ atto di diritto commerciale la Commissione rilevava che “ la tecnica redazionale è inadeguata, avendo il candidato inserito in atto clausole inutili e proprie delle società di persone”.

Infine, rispetto all’ atto di diritto civile veniva rilevato che “ il candidato ha travisato la traccia predisponendo un atto che non realizza le finalità richieste. Infatti, ha fatto ricorso alla vendita con riserva di proprietà che, per come costruita, non consente di far funzionare il meccanismo della prelazione legale previsto dal sistema, che presuppone, perché l’ ente pubblico possa esercitare il diritto, l’ effetto traslativo che nella fattispecie manca. Né il candidato spiega in motivazione e parte teorica le ragioni di tale scelta, evidenziando di non aver compreso le criticità poste dalla traccia”.

Ciò premesso, il Dott. B, provvedeva ad impugnare i suddetti atti perchè ritenuti illegittimi, chiedendone l’ annullamento, previa sospensione della loro efficacia e previa concessione della più idonea misura cautelare.

DIRITTO

La compiuta delibazione in ordine alle censure proposte con il gravame in esame suggerisce di procedere, in via preliminare, alla illustrazione del quadro normativo di riferimento, da cui trarre le necessarie coordinate di giudizio ai fini del decidere sulla controversia di cui è causa.

In tale direzione va rilevato che il concorso in esame soggiace alla disciplina dettata dal D.Lgs. 24 aprile 2006 n. 166 avente ad oggetto “ norme in materia di concorso notarile, pratica e tirocinio professionale, nonché in materia di coadiutori notarili ”.

In particolare, vengono in rilievo in questa sede:

- l’art. 8 che disciplina le operazioni di svolgimento delle prove scritte;

- l’art. 9 che regola le operazioni di raggruppamento delle buste;

- l’art. 10 che detta le modalità di funzionamento della Commissione;

- l’art. 11 che disciplina le modalità di correzione degli elaborati.

Quest’ultimo prevede in particolare che ciascuna sottocommissione proceda, collegialmente e nella medesima seduta, alla lettura dei temi di ciascun candidato, al fine di esprimere un giudizio complessivo di idoneità per l’ammissione alla prova orale. Prosegue poi il comma 2 stabilendo che “ salvo il caso di cui al comma 7, ultimata la lettura dei tre elaborati, la sottocommissione delibera a maggioranza se il candidato merita l’idoneità ”.

La previsione normativa di cui al richiamato comma 7 invece, stabilisce che “ nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergono nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla commissione, ai sensi dell’art. 10, comma 2, la sottocommissione dichiara non idoneo il candidato senza procedere alla lettura degli elaborati successivi ”.

Emerge, alla luce delle riferite disposizioni normative, la sussistenza di un preciso e puntuale onere per la Commissione di procedere alla predeterminazione dei criteri di valutazione degli elaborati, ai sensi dell’art. 10, comma 2, del D.Lgs. n. 166 del 2006, ed alla individuazione dei criteri sulla cui base individuare le ipotesi di nullità o di grave insufficienza che consentano, secondo quanto previsto dal comma 7 dell’art. 11 del citato decreto – ed in deroga all’obbligo di procedere alla valutazione complessiva del candidato in esito alla lettura dei tre elaborati, previsto dal precedente comma 2 del medesimo articolo – di addivenire ad un giudizio di non idoneità senza procedere alla lettura degli elaborati successivi.

Tale adempimento riceve, invero, accentuata rilevanza alla luce della doverosa lettura congiunta della disposizione di cui al comma 2 dell’art. 11 – con la quale viene radicalmente innovato il meccanismo di valutazione degli elaborati nell’ambito del concorso notarile, prevedendosi la regola della valutazione globale e complessiva degli stessi al fine di addivenire ad un giudizio di idoneità o meno del candidato – con la previsione di cui al successivo comma 7.

Difatti, se è vero che è rimessa all’organo concorsuale la generale fissazione dei “criteri che regolano la valutazione degli elaborati”, la pur consentita possibilità di escludere un candidato dalla partecipazione alle prove orali, nel caso in cui dal primo o dal secondo elaborato emergano “nullità” o “gravi insufficienze”, postula, con ogni evidenza, che siffatte categorie vengano adeguatamente precisate mediante l’individuazione delle tipologie di carenze suscettibili di essere ricondotte nell’ambito della generica declaratoria di legge.

In altri termini, alla declaratoria generale dei criteri di valutazione accede l’ulteriore onere della specificazione contenutistica delle fattispecie della “nullità” e della “grave insufficienza” che, ai sensi del comma 7 dell’art. 11, consentono di non procedere alla lettura dei successivi elaborati, ovvero di quegli elementi che, in ragione della insuperabile, ovvero accentuatamente grave, presenza di errori o incompletezze, consentano di disporre senz’altro l’esclusione del candidato dalla procedura selettiva senza dover procedere alla valutazione complessiva degli elaborati.

Nella specie, il modus procedendi al riguardo seguito dalla Commissione è esplicitato nel verbale n. 7 della seduta del 14 marzo 2011, nell’ambito della quale il predetto organismo ha stabilito, ai sensi del comma 2 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 166 del 2006, i seguenti criteri generali di correzione cui attenersi nella valutazione degli elaborati:

a) la rispondenza dell’elaborato al contenuto della traccia;

b) l’aderenza delle soluzioni adottate alle norme ed ai principi dell’ordinamento giuridico;

c) la corrispondenza delle soluzioni all’interesse delle parti, quale manifestato al notaio dai contraenti e disponesti;

d) l’adeguatezza delle tecniche redazionali, anche nella prospettiva della chiarezza espositiva dell’atto.

La Commissione ha, inoltre, evidenziato, ai sensi della art. 11, comma 7, del decreto, che non avrebbe proceduto alla lettura del secondo o del terzo elaborato – e che comunque avrebbe dato luogo a giudizio negativo – nel riscontro di una delle seguenti circostanze:

1) errata interpretazione, ovvero comunque travisamento della traccia, tali da far pervenire il candidato alla formulazione di un atto che non realizza le finalità pratiche indicate dalle parti;

2) contraddittorietà tra le soluzioni adottate, ovvero tra esse ed una di esse, e le relative ragioni giustificative;

3) omessa trattazione di argomenti richiesti in parte teorica ovvero gravi carenze emergenti nella trattazione degli stessi;

4) gravi, non occasionali, errori di grammatica o di sintassi.

Alla luce di detti criteri è dato argomentare che, laddove le nullità o le gravi insufficienze fossero emerse dalla lettura del primo o del secondo elaborato, la Commissione, coerentemente con la presupposta previsione di legge, non avrebbe proceduto all’esame – rispettivamente – della seconda o terza prova sostenuta dal candidato e, analogamente, laddove tali tipologie inficianti - evidentemente non riscontrate all’interno delle prime due prove – si fossero presentate nel terzo elaborato, si sarebbe proceduto alla declaratoria di non idoneità.

Un giudizio di idoneità complessiva sarebbe, dunque, stato possibile soltanto laddove in nessuna delle tre prove si fossero riscontrate nullità formali o sostanziali previste per legge o gravi insufficienze, nei termini e contenuti in precedenza indicati nella elaborazione dei criteri.

Diversamente, i criteri generali di correzione avrebbero trovato operatività nel caso in cui tutti e tre gli elaborati non avessero presentato le illustrate “nullità” o “gravi insufficienze”;
solo allora sarebbe venuta in considerazione la rispondenza contenutistica dell’elaborato alla traccia fornita, l’aderenza delle soluzioni prospettate ai principi e alle norme dell’ordinamento giuridico vigente nonché il rispetto delle tecniche redazionali che assistono la formazione degli atti notarili.

Va d’altronde considerato che la Commissione ha deciso all’unanimità di proporre temi che non prevedessero soluzioni predeterminate in astratto, ma che consentissero, dal punto di vista concreto, più soluzioni possibili (purché, beninteso, correttamente costruite sul piano giuridico e adeguatamente motivate).

Fatte le dovute premesse circa il quadro normativo su cui si fonda la procedura concorsuale de qua , il Collegio ritiene di dover affrontare un altro aspetto di carattere generale, determinante circa l’esito del ricorso ivi prospettato, ovvero quello concernente la sindacabilità o meno, nel merito, del giudizio espresso dalla Commissione valutatrice.

A tal proposito, come questa stessa Sezione ha avuto modo di affermare, occorre rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.

Invero, come più volte affermato in giurisprudenza, il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile - unicamente sul piano della legittimità - per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 17 gennaio 2006 n. 172).

Ed ancora, pur in presenza del superamento dell'equazione concettuale tra discrezionalità tecnica e merito - quest'ultimo riservato all'Amministrazione nella determinazione del regolamento di interessi più opportuno, e dunque insindacabile - nondimeno il limite del controllo giurisdizionale è dato dal fatto che l'applicazione della norma tecnica non sempre si traduce in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza;
ed anzi, quando contiene concetti giuridici indeterminati, dà luogo ad apprezzamenti tecnici ad elevato grado di opinabilità.

Deve inoltre ricordarsi che, in base ad un consolidato orientamento del Consiglio di Stato, l'opinabilità delle questioni giuridiche sottese ai quesiti, spesso articolati e complessi, che connotano le prove d'esame del concorso notarile, impedisce di esaminarle come se si trattasse di “quiz” rispetto ai quali la Commissione è chiamata soltanto a verificare l'esattezza o meno delle risposte fornite. Nel concorso in esame, infatti, il giudizio sulle soluzioni offerte dal candidato è spesso condizionato in modo determinante dal percorso logico e dalle argomentazioni che le sostengono, nell'ambito di una più generale valutazione sulla completezza e logica interna dell'elaborato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1350).

In estrema sintesi, si può dunque affermare che nella valutazione degli elaborati dei candidati al concorso per posti di notaio, la Commissione di concorso formuli un giudizio tecnico-discrezionale espressione di puro merito, come tale di norma non sindacabile in sede di legittimità, salvo che esso risulti viziato ictu oculi da macroscopica illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento del fatto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2008, n. 5862;
Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2007 n. 1188;
Cass., Sez. Un., 21 giugno 2010, n. 14893).

Sotto tale profilo, del resto, nell’ambito del consentito sindacato di legittimità, non possono trovare ingresso censure volte a proporre diversi giudizi di valore della prova, anche ove supportate dall'allegazione di pareri “ pro veritate ”, attenendo esse a profili inerenti il merito dell’attività valutativa, rimesso esclusivamente alla Commissione.

Né l’apprezzamento espresso dalla Commissione in ordine agli elaborati può essere infirmato attraverso la critica ai convincimenti dal medesimo organismo espressi in relazione alla correttezza delle soluzioni prospettate dal candidato o ai profili qualitativi dell’elaborato, quand’anche la relativa prospettazione fosse corroborata dall’allegazione di un parere “ pro veritate ”, il quale reca un’opinione soggettiva, tendenzialmente a favore della parte nel cui interesse è redatto, inidonea ad inficiare un giudizio collegiale, espressione di varie e diverse professionalità, di tipo tecnico discrezionale cui non può essere contrapposto un parere reso da soggetto di fiducia del ricorrente.

È infatti consolidato – e merita, in questa sede, convinta conferma – l’indirizzo giurisprudenziale circa la sostanziale irrilevanza dei pareri “ pro veritate ” al fine di confutare il giudizio della commissione (Cons. Stato, sez. IV, 11 gennaio 2008, n. 71), atteso che spetta in via esclusiva a quest’ultima la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi e che, a meno che non ricorra l'ipotesi residuale del macroscopico errore logico - nella fattispecie non rilevabile - non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni da essa adottate il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale ed il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia de qua (Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 aprile 2009 n. 1853;
27 gennaio 2009 n. 431;
30 maggio 2007 n. 2781).

Fatte tali premesse occorre analizzare le varie censure sollevate nel ricorso in esame.

Con le prime quattro censure si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 166, errata applicazione e/o falsa rappresentazione dei criteri di correzione di cui al verbale della Commissione n. 7 del 14.03.2011 e del bando di concorso indetto con D.D. del 28.12.2009. Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di buon andamento dell’ amministrazione e violazione degli artt. 3 e 97, comma 1, della Costituzione. Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche;
in particolare per illogicità grave e manifesta, irragionevolezza, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e dei presupposti, contraddittorietà, carenza di motivazione, confusione e perplessità, disparità di trattamento, disomogeneità di valutazione, illogicità nelle operazioni di correzione. Eccesso di potere per disparità di trattamento e arbitrarietà della motivazione.

Il ricorrente lamenta, in particolare, l’erroneità dei rilievi negativi formulati dalla Commissione in ordine a al terzo elaborato.

Oltre alla correttezza giuridica delle soluzioni date ai diversi quesiti concorsuali, si pone all’attenzione del Collegio giudicante anche una inescusabile disparità di trattamento avvenuta nella correzione degli atti in ragione della constatazione che, a fronte di una medesima scelta fatta propria anche da altri candidati, la valutazione è stata diametralmente opposta a quella riservata al Dott. B.

Le censure sono infondate.

Preliminarmente occorre ribadire che nel concorso in oggetto, il giudizio sulle soluzioni offerte dal candidato risulta condizionato in modo determinante dal percorso logico e dalle argomentazioni sostenute nell'ambito di una più generale valutazione sulla completezza e logica interna dell'elaborato (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1350).

Ciò che assume rilievo, infatti, non è solamente l’esattezza delle soluzioni giuridiche prescelte, ma anche la modalità espositiva, la capacità argomentativa e quell’insieme di qualità intellettive che l’esercizio di una professione legale altamente specializzata richiede.

Ove così non fosse, dovrebbe ammettersi che tutti i candidati estensori di elaborati recanti soluzioni in qualche modo corrette debbano necessariamente superare la prova concorsuale, il che non può sicuramente avvenire, posto che le finalità del concorso risiedono nella selezione dei migliori e non già di tutti coloro che dimostrino di saper comunque giungere a conclusioni esatte.

D’altra parte, il mero richiamo, nell’ambito della predisposizione della clausola, all’istituto previsto dalla norma non appare di per sé idoneo a dimostrare il corretto utilizzo dello strumento giuridico ed a ritenere che il candidato abbia consapevolmente valutato i profili di compatibilità e correttezza degli strumenti in astratto utilizzabili.

In tale prospettiva deve ritenersi corretta la valutazione operata dalla Commissione nel caso in esame.

Osserva il Collegio come il giudizio della Commissione sia stato correttamente formulato in relazione sia alla inidoneità dello strumento giuridico utilizzato sia alla carenza di adeguata motivazione in ordine alle prospettate soluzione rispetto alla realizzazione delle finalità richieste dalla traccia.

Lo schema negoziale adottato dall’odierna candidata, per come congegnato, non è stato, infatti, ritenuto idoneo alla realizzazione dello scopo avuto di mira dalla traccia anche in considerazione della assenza di alcuna motivazione in grado di supportare le scelte compiute dal ricorrente.

Sotto tale profilo occorre ribadire come i casi sottoposti ai candidati fossero suscettibili di diverse soluzioni operative, alternativamente praticabili ed accettabili, purché intrinsecamente coerenti ed adeguatamente motivati.

In tale contesto, dunque, appare evidente come la astratta correttezza della soluzione prospettata non possa assurgere ad unico parametro valutativo del giudizio della Commissione, dovendo, piuttosto, valutarsi la complessiva giustificazione delle clausole utilizzate e la motivazione ad esse sottesa.

D’altra parte, occorre anche rilevare che le censure prospettate dalla parte ricorrente si sostanziano all’evidenza nell'inammissibile tentativo di sindacare nel merito gli effetti delle scelte in materia compiute dall'organismo concorsuale.

Invero, contrariamente a quanto esposto dal ricorrente, la valutazione di non idoneità degli elaborati è supportata da un'analitica motivazione, la quale, raffrontata con i criteri predeterminati dalla Commissione quali parametri di riferimento della valutazione della non idoneità del candidato all'esito della lettura degli elaborati, dà ampia motivazione della rilevata inidoneità.

Né il ricorrente può essere seguito laddove provvede alla analitica confutazione di tutte le motivazioni addotte dalla Commissione a sostegno del giudizio negativo reso sugli elaborati, al fine di pervenire alla conclusione che lo stesso non sarebbe affetto dalle riscontrate carenze.

Non possono, infatti, trovare favorevole considerazione in questa sede quelle censure che mirino a contestare le valutazioni della Commissione proponendo una diversa lettura delle modalità di soluzione delle varie questioni poste dalla traccia oggetto di concorso: è evidente, invero, che in tal modo si chiede alla sede giurisdizionale di sovrapporsi alla valutazione di merito resa dalla Commissione.

L'elaborazione giurisprudenziale in tema di discrezionalità tecnica che ha precisato che, nel controllo giurisdizionale sull'esercizio del potere che ha quale presupposto la valutazione di un fatto, in base a conoscenze scientifiche (nella fattispecie derivanti dalla scienza giuridica), la cognizione del giudice amministrativo è comunque piena e non solo estrinseca, investendo, quindi, non solo le modalità del procedimento valutativo ma anche l'attendibilità del giudizio espresso dall'organo amministrativo, rinviene un limite oggettivo a tale apprezzamento, costituito “ dalla opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica e dalla impossibilità per il giudice di sostituirsi all'amministrazione, in quanto il potere di valutazione sia stato attribuito dall'ordinamento all'amministrazione stessa e non si verta in tema di giurisdizione di merito ” (Cons. Stato, IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).

La più recente giurisprudenza in materia (Cons. Stato, IV, 2 marzo 2011, n. 1350) ha ribadito i limiti che incontra il sindacato giurisdizionale in subiecta materia .

In particolare, è stato precisato che le valutazioni espresse dalla Commissione in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e culturale, ovvero attitudinale dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto o, ancora, una contraddittorietà ictu oculi rilevabile (vedi anche C. Stato, IV, 3 dicembre 2010, n. 8504;
29 febbraio 2008, n. 774;
22 gennaio 2007, n. 179).

Applicando tali consolidati canoni ermeneutici, il Collegio non rinviene nella fattispecie la possibilità di procedere ad uno scrutinio delle singole valutazioni espresse dalla Commissione in relazione ai vari aspetti della prova del ricorrente fatte oggetto di negativo apprezzamento, come sostanzialmente dal medesimo suggerito con il filone argomentativo all'esame.

Ciò in quanto l'opinabilità delle questioni giuridiche sottese ai quesiti, spesso articolati e complessi, che connotano le prove d'esame del concorso notarile impedisce di esaminarle in un'ottica rigidamente meccanicistica, tale da imporre alla Commissione la mera verifica in ordine all'esattezza - o meno - delle risposte fornite: laddove, diversamente, il giudizio sulle soluzioni offerte dal candidato è spesso condizionato in modo determinante dal percorso logico e dalle argomentazioni che le sostengono, nell'ambito di una più generale valutazione sulla completezza e la logica interna dell'elaborato.

Con ogni evidenza, tali profili attengono infatti alla sfera di giudizio riservata alla piena discrezionalità della Commissione, rispetto alla quale non è in alcun modo ammissibile la "sostituzione" dell'organo giurisdizionale, sostanzialmente invocata dalla parte ricorrente.

Quanto, poi, al profilo di censura relativo alla disparità di trattamento del ricorrente rispetto ad altri candidati valutati positivamente dalla Commissione, osserva il Collegio che dalla opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica deriva il limite per il Giudice di operare un sindacato del tipo di quello richiesto dal ricorrente: occorre ripetere che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa.

Un tale sindacato giurisdizionale sui singoli elaborati comporterebbe infatti anche un problema di tutela della par condicio in quanto le tracce assegnate non presuppongono la mera dimostrazione della conoscenza degli istituti giuridici, ma impongono la valutazione, e la scelta motivata, anche tra più possibili soluzioni coerenti con i paradigma legali;
oltre l'esattezza delle soluzioni giuridiche prescelte è, dunque, fondamentale la modalità espositiva e la capacità argomentativa.

Da tali considerazioni, dunque, deriva la inammissibilità di un puro e semplice confronto tra elaborati di diversi candidati, dovendo ritenersi che il vizio di disparità di trattamento postuli l’indimostrata identità o totale assimilabilità delle situazioni di base poste a raffronto (Consiglio di Stato – Sez. IV – 12 febbraio 2010 n. 805;
Cons. Stato 2007/1390).

Coordinando le suesposte considerazioni con il meccanismo della procedura concorsuale delineato dalla disciplina normativa cui sopra si è fatto cenno ed alla circostanza che, nella fattispecie in esame, il giudizio di non idoneità è stato formulato in esito alla lettura di tutti gli elaborati del ricorrente - sulla base quindi di quella valutazione contestuale e complessiva che, ai sensi dell’art. 11, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 166 del 2006, costituisce la regola della procedura valutativa, sulla cui base esprimere un giudizio globale che agganci la ritenuta idoneità o meno del candidato al risultato delle prove nel loro complesso – la natura della censura proposta non consente al giudice di ravvisare nel gravato giudizio profili, anche solo sintomatici, di illegittimità, tenuto conto della natura del giudizio tecnico discrezionale espresso dalla Commissione di concorso, che investe vari profili attestanti le necessarie capacità richieste dalla specifica selezione, in ordine al quale il sindacato è consentito solo in presenza di vizi manifesti, che rendano non plausibile l’attività valutativa compiuta.

Con la quinta ed ultima censura si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 166, errata applicazione e/o falsa rappresentazione dei criteri di correzione di cui al verbale della Commissione n. 7 del 14.03.2011;
del bando di concorso indetto con D.D. del 28.12.2009;
della legge 241 del 1990;
violazione e falsa applicazione dei principi in materia di diritto di difesa.;
Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di buon andamento ed efficacia dell’ azione amministrativa e l’eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche;
in particolare per illogicità grave e manifesta, irragionevolezza, difetto di istruttoria, confusione e perplessità, disparità di trattamento, disomogeneità di valutazione, illogicità nelle operazioni di correzione, per contraddittorietà, carenza e insufficienza della motivazione, irragionevolezza e palese arbitrarietà della stessa, travisamento dei fatti e dei presupposti, illogicità e ingiustizia manifesta.

In sostanza il ricorrente lamenta, da un lato, una contraddizione interna al giudizio della Commissione che approva i primi due elaborati pur lasciandosi andare a valutazioni critiche e, dall’altro, la genericità di queste ultime, considerate quindi inadeguate a fornire una compiuta spiegazione della valutazione offerta, con conseguente elusione dell’obbligo specifico di motivazione del giudizio di non idoneità previsto all’ art. 11, commi 5 e 6 del D.lgs n. 166/2006 e all’ art. 3 della legge 241/1990.

La censura è infondata.

Dalla lettura del disposto di cui all’art. 11, D.Lgs. n. 166/2006, si evince, infatti, che la Commissione di concorso debba operare secondo uno schema motivazionale sintetizzabile nei seguenti itinerari alternativi:

- ipotesi di sufficienza conseguita in ciascuna delle tre prove: situazione che impone alla Commissione la semplice deliberazione di procedere, progressivamente, alla valutazione dell’elaborato ulteriore, fino alla declaratoria di idoneità;

- ipotesi di sufficienza nella prima o anche nelle prime due prove, con insufficienza della terza: situazione che impone alla Commissione la semplice deliberazione di procedere, progressivamente, alla valutazione dell’elaborato ulteriore che non impedisce il rilievo della inidoneità;

- ipotesi di prove affette da errori od omissioni, di grado tale da non essere ostativi alla lettura dei successivi elaborati, e suscettibili di confluire in una unitaria valutazione di merito conclusiva (di inidoneità o anche di idoneità);
situazione che impone alla Commissione la deliberazione di procedere oltre, pur esprimendo le riserve via via rilevate nella prospettiva che il complessivo e globale apprezzamento possa comportare soluzioni aperte (di idoneità o di inidoneità);

- ipotesi di errore cd. ostativo che si concreta in quel vizio (dell’atto, della motivazione e/o della parte teorica), che preclude ex se la valutazione complessiva di idoneità, perciò legittimando la deroga al principio generale della lettura analitica di tutte le prove svolte dal candidato.

Non v’è dubbio, dunque, che la ritenuta non ostatività della valutazione della prova concorsuale non implichi necessariamente ed automaticamente la idoneità del candidato, ben potendo sussistere – come sopra rilevato – l’ipotesi di prove affette da errori od omissioni di grado tale da non essere ostativi alla lettura dei successivi elaborati e suscettibili, quindi, di confluire in una unitaria valutazione di merito di inidoneità o anche di idoneità.

Nella fattispecie in esame, in particolare, la Commissione ha ritenuto di procedere alla lettura di tutti gli elaborati – secondo il modulo procedimentale descritto – in considerazione della assenza di errori cd. ostativi e, tuttavia, di ritenere il candidato inidoneo in considerazione della valutazione complessiva delle prove concorsuali.

Né, del resto, la motivazione posta a base della ritenuta inidoneità degli elaborati appare insufficiente e tale da non evidenziare le lacune nella redazione delle diverse prove concorsuali ma, al contrario, risulta pienamente congrua rispetto alle esigenze di sinteticità proprie della espressione del giudizio valutativo di un concorso specialistico quale quello in oggetto

Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

Le spese, in considerazione della sussistenza di giusti motivi, possono essere compensate per intero tra le parti.

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