TAR Milano, sez. IV, sentenza 2024-03-09, n. 202400681

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. IV, sentenza 2024-03-09, n. 202400681
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202400681
Data del deposito : 9 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/03/2024

N. 00681/2024 REG.PROV.COLL.

N. 03119/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3119 del 2022, proposto da
A P, P P, E C, S C, Società Albergo della Posta Scarì Società in Accomandita Semplice di Pruneri Achille e C., rappresentati e difesi dall'avvocato A D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sondalo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati U P, C F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Umberto Maria Armando Pillitteri in Milano, via Podgora n. 3;

per l'annullamento

- del provvedimento di diniego di rilascio di permesso di costruire del 26.8.2022 notificato in pari data;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sondalo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2024 la dott.ssa Silvia Cattaneo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Con sentenza della Sezione II n. 2310 del 7.4.2020, il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza del TAR Lombardia, Milano, sez. II n. 540/2008, ha annullato la deliberazione del Consiglio Comunale di Sondalo n. 4/2003, con la quale l’amministrazione aveva negato il rilascio di una di concessione edilizia in deroga richiesta, in data 6 agosto 2002, ai sensi dell’art. 41 quater, l. n. 1150/1942 dalla signora Palmina Sassella, per la realizzazione di un intervento di ampliamento dell’Albergo della Posta, con annessa discoteca, pub e parcheggio interrato.



2. A seguito di tale pronuncia, il sig. A P – avente causa della sig.ra Sassella – ha chiesto al Consiglio Comunale di provvedere “ora per allora” sulla richiesta del 6.8.2002 ed al conseguente rilascio del titolo edilizio.



3. Con provvedimento del 26.8.2022 il responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Sondalo ha respinto l’istanza per la mancata integrazione della documentazione richiesta: il Comune non ha condiviso le argomentazioni del proprietario, volte ad affermare la completezza della pratica presentata nell’anno 2002, e ha concluso ritenendo che, anche ove l’istruttoria fosse stata completata prima dell’inoltro al Consiglio comunale avvenuto con nota prot. n. 765 del 16/1/2003, “la pratica avrebbe comunque richiesto, alla data odierna, le integrazioni e gli aggiornamenti tecnico/progettuali imposti dal rispetto delle norme, aventi incidenza sull’attività edilizia, subentrate a far tempo dal 6/8/2002 e sino alla data di notifica della sentenza del Consiglio di Stato n. 2310/2020 (23/6/2020), fatta eccezione per l’obbligo di pianificazione attuativa e di cessione/monetizzazione delle aree di standard imposto dal PGT vigente sin dal 2013 […]”.



4. L’atto è stato impugnato dai sig.ri A P, P P, E C e S C, in proprio e in qualità di soci della società Albergo della Posta Scarì Società in Accomandita Semplice di Pruneri Achille e C., per i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione dell’articolo 97 della Costituzione, violazione e falsa applicazione dei principi costituzionali di correttezza e buon andamento della p.a., violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 3 della legge 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta e violazione del principio di divieto di aggravamento del procedimento amministrativo e per difetto di istruttoria.



5. Si è costituito in giudizio il Comune di Sondalo, chiedendo il rigetto nel merito del ricorso.



6. All’udienza del 14 febbraio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.



7. Preliminarmente deve rilevarsi che – come eccepito dai ricorrenti - il documento inserito nella memoria depositata dal Comune in data 12 gennaio 2024 è tardivo in quanto depositato successivamente allo scadere del termine di quaranta giorni liberi prima dell’udienza, previsto dall’art. 73, cod.proc.amm.

Di tale atto non si terrà, pertanto, conto ai fini della decisione.



8. Va invece eccezionalmente accolta la richiesta di deposito tardivo del documento n. 85, ritenendo il Collegio sussistente l’estrema difficoltà di produrre l’atto nei termini di legge – uno stralcio del piano regolatore del 1975 - ed essendo stato comunque assicurato il diritto al contraddittorio dei ricorrenti, i quali nulla hanno eccepito al riguardo.



9. Con un unico, articolato, motivo viene sostenuta l’illegittimità del provvedimento impugnato affermando che:

i ricorrenti avrebbero già fornito, al momento della presentazione dell’istanza, tutta la documentazione necessaria richiesta dalla legge e che non sarebbe, pertanto, necessaria alcuna integrazione;

il Comune avrebbe errato nel considerare l’istanza presentata nell’ottobre 2020 quale domanda di rilascio di permesso di costruire, in quanto l’istanza da prendere in considerazione, con il relativo progetto, sarebbe quella presentata il 6.8.2002;

sarebbe erronea la pretesa del Comune di esaminare la pratica edilizia alla luce della normativa sopravvenuta al 6.8.2002 e sino alla data di notifica della sentenza del Consiglio di Stato n. 2310/2020 poiché con la valutazione espressa dall’ufficio tecnico prima della trasmissione del progetto al Consiglio Comunale si sarebbe conclusa una fase procedimentale: ciò si evincerebbe dal fatto che erano stati acquisiti i pareri dell’ASL e dei vigili del fuoco e soprattutto dal fatto che con la nota del 16.1.2003 il responsabile dell’UTC aveva trasmesso l’intero progetto al Consiglio comunale ai fini dell’assunzione delle determinazioni di legge, esprimendo quindi parere tecnico favorevole;
l’amministrazione avrebbe pertanto esaurito il proprio potere: dovrebbe, quindi, trovare applicazione la normativa vigente al momento della presentazione dell’istanza, e dunque al 6.8.2002 o al più al marzo 2003, data di adozione della delibera del Consiglio comunale annullata;

in ogni caso, la produzione della documentazione richiesta non sarebbe necessaria: 1) quanto alla individuazione dello stato di fatto e consistenza del fabbricato e dei terreni di pertinenza attuali, la situazione sarebbe sostanzialmente identica a quella del 2003, essendo irrilevanti il riferimento al marciapiede già esistente, al cappotto ed al rifacimento del tetto;
anche la diminuzione della superficie di progetto a seguito dell’acquisto di aree da parte dell’Anas sarebbe irrilevante poiché il volume di progetto sarebbe comunque inferiore al volume realizzabile sull’area di proprietà anche tenendo conto della minor superficie di 920 mq;
2) la perizia geologica non sarebbe obbligatoria ai sensi di quanto previsto dal regolamento edilizio comunale vigente all’epoca della presentazione dell’istanza;
3) la valutazione della invarianza idraulica non sarebbe stata prevista nel 2003 e una verifica in merito sarebbe già stata effettuata con esito positivo dal CTU nominato nel giudizio avanti al Tar Milano;
4) il progetto impianti e dell’impianto di riscaldamento non sarebbero necessari per le strutture alberghiere;
5) quanto alla relazione paesaggistica, il progetto avrebbe già ricevuto il parere favorevole della commissione urbanistica ed ambientale del Comune e, in ogni caso, l’intervento non sarebbe soggetto ad autorizzazione paesaggistica ai sensi della L. Galasso e dell’articolo 142 del D.Lgs. 42/2004 stante l’inserimento in zona B delle aree di progetto e in ogni caso non sarebbe prevista dal regolamento edilizio;
6) il progetto aveva ottenuto il parere favorevole dei vigili del fuoco secondo la normativa all’epoca vigente;
7) la zonizzazione acustica non rileverebbe in quanto successiva alla presentazione della domanda;
8) una autorizzazione per i nuovi passi carrai non sarebbe dovuta poiché il progetto non prevedrebbe alcun accesso dalla S.S dello Stelvio e, comunque, nell’accordo stipulato con l’Anas per la cessione di un’area di 920 mq., sarebbe stato concordato che l’Anas non si opporrà alla eventuale realizzazione di opere di progetto e di parcheggi che non arrechino pregiudizio con la funzionalità della statale. Per quanto riguarda invece l'accesso previsto dalla strada provinciale, vi sarebbe una convenzione stipulata con la Provincia che autorizza i Signori Pruneri ad avere un accesso carraio dalla provinciale sul fronte di tutta l'area interessata dal progetto;
7) l’autorizzazione preventiva Secam per nuovi allacciamenti non sarebbe necessaria poiché non sarebbero previsti nuovi allacciamenti;

quanto affermato nel provvedimento con riferimento al fatto che l’intervento non rientra tra i casi di esenzione dal pagamento del contributo di costruzione previsti dall’art. 17 del d.P.R. n. 380/2001 sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 10 bis, l. n. 241/1990: ove il Comune avesse voluto contestare la richiesta di esenzione avrebbe dovuto farlo già nella delibera poi annullata dal Consiglio di Stato, non limitandosi a contestare unicamente la prevista mancata cessione degli standard;
inoltre, per giurisprudenza consolidata, le strutture alberghiere in generale sarebbero annoverate tra gli edifici ed impianti di interesse pubblico.

10. La tesi sostenuta nel ricorso secondo cui, successivamente alla pronuncia del Consiglio di Stato n. 2310/2020, l’amministrazione comunale dovrebbe pronunciarsi nuovamente sull’istanza presentata il 6 agosto 2002, senza dare applicazione alla normativa sopravvenuta, è infondata sia in fatto che in diritto.

10.1 I ricorrenti hanno contestato che il Comune di Sondalo non avrebbe applicato correttamente il principio, affermato dall’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 11 del 9.6.2016, in forza del quale l’obbligo di dare esecuzione del giudicato è pieno laddove l’azione amministrativa non abbia più tratti liberi, lasciati impregiudicati dallo stesso giudicato.

A loro avviso l’amministrazione avrebbe esaurito il proprio potere, poiché erano stati resi i pareri dell’Asl e dei Vigli del Fuoco e poiché l’ufficio tecnico comunale aveva trasmesso al Consiglio Comunale un progetto ormai istruito e, dunque, l’amministrazione dovrebbe concludere il procedimento applicando la normativa vigente al 6.8.2002, senza considerare le sopravvenienze.

10.2 Il Collegio non condivide questa conclusione: ove il Comune, in ipotesi, avesse effettivamente esaurito il proprio potere, avrebbe piuttosto posto in essere un atto nullo per violazione o l’elusione del giudicato, da impugnare mediante giudizio di ottemperanza.

10.3 Non è, comunque, veritiera l’affermazione secondo cui il responsabile dell’UTC del Comune, con nota del 16.01.2003 avrebbe espresso un parere tecnico favorevole sull’istanza e avrebbe concluso un’autonoma fase procedimentale.

10.4 Il Collegio condivide, al riguardo, le valutazioni espresse da questo Tribunale con la sentenza n. 2569/2022 che ha respinto la domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni che sarebbero stati loro causati dalla deliberazione consiliare annullata dal Consiglio di Stato, proposta dagli stessi ricorrenti con il giudizio rg. 267/2021.

Come rilevato nella sentenza, nella nota – e, in particolare nel secondo periodo (doc. 10 dei ricorrenti) - il responsabile si è riservato, “ in caso di positiva valutazione da parte del Consiglio Comunale, di sottoporre il progetto alla commissione edilizia per quanto di competenza […].

Infatti, la deliberazione consiliare concerneva soltanto il profilo della deroga all’approvazione di un piano attuativo, ferme restando le altre condizioni per l’avvio dell’attività edilizia il cui accertamento era riservato non all’organo consiliare ma agli uffici interni dell’Amministrazione.

Anche il parere positivo dei Vigili del Fuoco di Sondrio del 10.7.2002 non era risolutivo, giacché lo stesso era subordinato a due condizioni da verificarsi successivamente […]”.

Invero, nel parere dei vigili del fuoco vengono espressamente precisate, oltre alla condizione di realizzare una superficie di aerazione a servizio dell’autorimessa, nella zona a ridosso del locale discoteca, l’obbligo di acquisire “il parere preventivo sul progetto esecutivo della discoteca” (doc. 12 del Comune).

Pertanto, come ritenuto con la sentenza n. 2569/2022, “ l’eventuale deliberazione consiliare favorevole al progetto in deroga non avrebbe concluso l’iter procedimentale, in quanto sarebbero stati necessari gli interventi di altre autorità amministrative, prima fra tutte la Regione Lombardia.

All’epoca della presentazione dell’istanza (6.8.2002) infatti, il rilascio di una concessione edilizia in deroga al PRG seguiva il procedimento di cui al combinato disposto dell’art. 41-quater della legge n. 1150/1942 e dell’art. 3 della legge n. 1357/1955, norma che imponeva l’assenso della “sezione urbanistica regionale” e della “Soprintendenza ai monumenti” (così l’art. 3 citato;
si evidenzia per completezza espositiva che le norme citate sono state in seguito abrogate e che oggi la disciplina dei permessi di costruire in deroga si rinviene nell’art. 14 del DPR n. 380/2001, Testo Unico dell’edilizia, in vigore dal 30 giugno 2003).

Inoltre, come già sopra evidenziato, l’ufficio tecnico comunale avrebbe dovuto verificare i presupposti per l’edificazione diversi dalla deroga alla pianificazione attuativa, senza contare che l’ambito era soggetto in parte a vincolo paesaggistico per la vicinanza al fiume Adda, per cui sarebbe stata necessaria la relativa autorizzazione […]".

10.5 Non può dunque affermarsi che fosse stato concluso un autonomo sub procedimento che si sia tradotto in atti che possano avere conservato la propria validità.

10.6 Il procedimento, prima regolato dall’art. 41-quater, l. n. 1150/1942 e dall’art. 3, l. n. 1357/1955 e oggi dall’art. 14, d.P.R. n. 380/2001, in forza del principio tempus regit actum, deve necessariamente tenere conto delle sopravvenienze intervenute sino a oggi.

A partire dalla fondamentale pronuncia dell'Adunanza plenaria 8 gennaio 1986 n. 1, è, invero, pacifico in giurisprudenza il principio secondo il quale la P.A., in sede di rinnovazione di qualunque atto amministrativo annullato in via giurisdizionale, è chiamata ad effettuare un nuovo apprezzamento delle esigenze da soddisfare, prendendo in debita considerazione anche i nuovi elementi di fatto e di diritto eventualmente sopravvenuti al provvedimento impugnato nelle more del giudizio;
unico sbarramento temporale al potere - dovere delle amministrazioni di prendere in conto le sopravvenienze normative consiste, sempre la giurisprudenza ormai pacifica - nella notificazione della sentenza di accoglimento del ricorso passata in giudicato e della quale si deve dare esecuzione cristallizzando al momento della notificazione la regola del caso concreto, pur in presenza di nuove norme contrastanti, le quali restano inopponibili al vincitore in giudizio che chiede l'ottemperanza al giudicato.

10.7 Legittimamente quindi l’amministrazione ha dato applicazione alle sopravvenienze antecedenti alla notificazione della sentenza – con la sola eccezione dell’obbligo di pianificazione attuativa e di cessione o monetizzazione delle aree di standard imposto dal PGT vigente dal 2013, proprio per ottemperare al giudicato di cui alla sentenza n. 2310/2020 - e ha negato il rilascio del titolo per la mancata ottemperanza alle richieste di integrazioni documentali.

10.8 Quanto contestato nel ricorso circa la non necessità della produzione della documentazione richiesta (in particolare, la perizia geologica, la verifica dell’invarianza idraulica, gli adempimenti richiesti dalla zonizzazione acustica) poiché non prevista dalle disposizioni vigenti nell’anno 2003 è, dunque, privo di ogni fondamento.

10.9 Non possono poi, certo ritenersi irrilevanti le modifiche dello stato dei luoghi intervenute nel corso degli anni per effetto dell’acquisto di aree ricomprese nel progetto, per una superficie pari a 920 mq, da parte dell’Anas, le quali impongono comunque un adeguamento del progetto, a prescindere da quale sia la volumetria realizzabile.

10.10 Che il progetto interessi un ambito soggetto a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, d.lgs. n. 42/2004 e della l. n. 431/1985 è già stato affermato con la sentenza n. 2569/2022 e risulta dalla documentazione depositata in giudizio dall’amministrazione resistente (doc. 85): un’autorizzazione paesaggistica non è mai stata rilasciata, in quanto tale non è il “parere esperti ambientali” del 15.11.2002 (doc. 40 dei ricorrenti).

10.11 Prive di fondamento sono poi la censura di violazione dell’art. 10 bis, l. n. 241/1990 e la pretesa all’esenzione dal contributo di costruzione: la delibera annullata dal Consiglio di Stato si è limitata a pronunciarsi sulla deroga all’approvazione di un piano attuativo e non sulle altre condizioni cui è subordinata l’attività edilizia;
infine, la pretesa della ricorrente si scontra con la lettera dell’art. 17, c. 3, lett. d, d.P.R. n. 380/2001 secondo cui il contributo non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale solo se “ realizzate dagli enti istituzionalmente competenti ”.

11. Queste ragioni sono sufficienti a giustificare il rigetto dell’istanza e privano i ricorrenti di interesse all’esame delle ulteriori doglianze le quali non vanno a incidere sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato.

12. Per le ragioni esposte il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

13. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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