TAR Bologna, sez. I, sentenza 2013-06-18, n. 201300477

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2013-06-18, n. 201300477
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201300477
Data del deposito : 18 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01136/2012 REG.RIC.

N. 00477/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01136/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 1136 del 2012 proposto dal Comune di Vignola, in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall’avv. B G e dall’avv. G G, e presso gli stessi elettivamente domiciliato in Bologna, via dei Mille n. 7/2;

contro

la Provincia di Modena, in persona del Presidente p.t. rappresentata e difesa dall’avv. B B e dall’avv. R Z, ed elettivamente domiciliata in Bologna, via Murri n. 9, presso lo studio dell’avv. S T;

Commissione provinciale di cui alla legge reg. n. 37 del 2002;

nei confronti di

Parrocchia di San Giuseppe Artigiano - Brodano, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della delibera della Commissione provinciale per la determinazione valori agricoli medi, indennità definitive esproprio e valori costruzioni abusive di Modena n. 154 del 26 settembre 2012, relativa alla pratica di abuso edilizio compiuto dalla Parrocchia di San Giuseppe Artigiano - Brodano;

delle “ indicazioni relativamente alla funzione estimativa degli abusi edilizi di competenza della Commissione ” di cui alla nota del Presidente della Commissione provinciale in data 19 ottobre 2012.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Modena;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. I C;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 6 giugno 2013 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Vignola chiedeva alla Commissione provinciale per la determinazione valori agricoli medi, indennità definitive esproprio e valori costruzioni abusive di Modena di voler provvedere all’individuazione dell’aumento del valore venale di un immobile di proprietà della Parrocchia di San Giuseppe Artigiano - Brodano interessato da opere abusive, in vista dell’irrogazione di una sanzione pecuniaria ex art. 16 della legge reg. n. 23 del 2004. Ma, nell’assunto che la “… mancata conformità alle norme igienico sanitarie (distanza fra pareti finestrate inferiore a ml. 10) del fabbricato pertinenziale abusivamente realizzato, ne pregiudica l’appetibilità sul mercato immobiliare causando altresì un decremento del valore intrinseco del fabbricato prospiciente …”, la Commissione provinciale interpellata deliberava di “… non poter pervenire alla stima dell’aumento del valore venale dell’immobile …” (delib. n. 154 del 26 settembre 2012).

Avverso tale provvedimento e avverso una successiva nota in data 19 ottobre 2012 del Presidente della Commissione (recante “ indicazioni relativamente alla funzione estimativa degli abusi edilizi di competenza della Commissione ”) ha proposto impugnativa l’Amministrazione comunale. Assume erronea la considerazione fondata sull’insussistenza di un incremento di valore allorquando il bene non sia commerciabile perché contrastante con la disciplina urbanistico-edilizia, dovendosi in realtà tenere conto del maggior valore derivante dalle utilità che le opere abusive hanno generato e il cui godimento non viene dall’Amministrazione precluso, con la conseguenza che, negando un simile beneficio economico, l’autore dell’abuso verrebbe paradossalmente ammesso a lucrare il frutto di un illecito e il sistema sanzionatorio stesso risulterebbe nel suo complesso vanificato;
imputa, inoltre, alla Commissione provinciale di non avere preso atto della circostanza che gli abusi interessati dalle sanzioni pecuniarie sono solo quelli “minori”, per i quali non vale il divieto assoluto di vendita, sicché sarebbe assurdo parlare di inappetibilità commerciale così come del resto sarebbe assurdo trasformare queste tipologie di irregolarità edilizie, in quanto sottratte alla demolizione, in irregolarità di fatto immuni da sanzioni perché correlate sempre all’insussistente aumento di valore del bene. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Modena, resistendo al gravame.

In sede di esame dell’istanza cautelare dell’Amministrazione ricorrente, alla Camera di Consiglio del 20 dicembre 2012, la Sezione fissava immediatamente l’udienza di merito, ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod.proc.amm. (ord. n. 757/2012).

All’udienza del 6 giugno 2013, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il Collegio è innanzi tutto chiamato a vagliare le eccezioni processuali sollevate dall’Amministrazione provinciale, eccezioni da ritenere però infondate. Non può, infatti, negarsi al Comune di Vignola la titolarità di un interesse giuridicamente tutelato a conseguire l’annullamento del diniego di determinazione dell’aumento di valore venale dell’immobile interessato dall’abuso edilizio, perché atto collegato all’esercizio delle sue funzioni di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e di repressione degli abusi, avvenga ciò a mezzo di provvedimenti di tipo ripristinatorio o a mezzo di misure sanzionatorie di tipo pecuniario;
né, poi, risulta carente l’effettività della lesione, in quanto l’art. 16 della legge reg. n. 23 del 2004 rinvia per la determinazione della sanzione pecuniaria al successivo art. 21, comma 2, disposizione che a sua volta richiama l’art. 25, comma 2, lett. e), della legge reg. n. 37 del 2002, inerente la competenza delle “Commissioni provinciali per la determinazione del valore agricolo medio” in ordine all’accertamento del valore venale degli immobili abusivi. Va disattesa anche l’eccezione incentrata sull’omessa notificazione del ricorso al proprietario dell’area adiacente a quella in cui è stato commesso l’abuso – nell’assunto che egli verrebbe leso dall’irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo della demolizione dell’opera abusiva –, essendo notorio che nei giudizi relativi alle misure repressive di abusi edilizi i confinanti non rivestono la posizione giuridica di controinteressati (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 29 maggio 2012 n. 3212).

Nel merito, va considerato che la sanzione pecuniaria correlata ad abusi edilizi di natura sostanziale costituisce una misura afflittiva, priva di carattere ripristinatorio, in quanto essa tende non già all’eliminazione della situazione antigiuridica ed al ristabilimento dello status quo ante , bensì alla riparazione nei confronti dell’Amministrazione, e più in generale della collettività, dell’abuso perpetrato accollando al suo autore il pagamento di una somma di denaro commisurata al valore di quanto costruito in difformità dalla disciplina urbanistico-edilizia (v., ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 27 marzo 2012 n. 1793). In tal modo, dunque, non si realizza una “sanatoria” dell’abuso, presupponendo al contrario una simile misura sanzionatoria proprio l’impossibilità di procedere a dichiarazione ex post di piena conformità urbanistico-edilizia del manufatto, con il risultato che la stessa svolge in sostanza una funzione di riequilibrio patrimoniale quale strumento risarcitorio per l’irregolarità compiuta dal privato nei confronti della comunità locale, mentre l’opera abusiva viene tollerata nello stato in cui si trova e resta tale senza poter beneficiare delle eventuali ulteriori utilità consentite dallo strumento urbanistico per le opere regolari (v. TAR Abruzzo, L’Aquila, 16 giugno 2012 n. 420).

Ciò posto, il diniego oggetto di impugnativa risulta così motivato: “… La Sottocommissione ritiene di non poter addivenire alla stima dell’aumento del valore venale dell’immobile in quanto la mancata conformità alle norme igienico sanitarie (distanza fra pareti finestrate inferiore a ml. 10) pregiudica l’appetibilità, sul mercato immobiliare dell’immobile nel suo complesso …”. A fondamento dell’atto negativo, quindi, viene posto – quale elemento automaticamente ostativo all’operazione estimativa richiesta alla Commissione provinciale – il difetto di conformità urbanistica dell’immobile, senza che alcuna attività istruttoria risulti svolta per verificare in concreto quale eventuale incremento di valore di mercato del bene si fosse determinato in conseguenza dell’intervento edilizio abusivo. Ma ciò, ad avviso del Collegio, rivela un’inammissibile restrizione dell’àmbito di operatività della normativa in materia, sia per le ragioni legate alla funzione della sanzione pecuniaria in generale – che si è visto essere in alcun modo incompatibile con abusi derivanti dall’inosservanza di prescrizioni urbanistiche –, sia per l’incoerenza di tale modus operandi con la stessa disciplina di dettaglio – se si osserva, ad es., che l’art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 prende a riferimento il parametro dell’aumento di valore venale in una fattispecie che ben può contemplare irregolarità di carattere sostanziale oltre ad irregolarità di carattere solo formale –. La circostanza, in conclusione, che l’abuso riveli la violazione di disposizioni dello strumento urbanistico, per espressa statuizione normativa, non rende di per sé insuscettibile di determinazione l’incremento di valore del bene, che è anzi assunto dal legislatore quale conseguenza naturale dell’esecuzione dell’intervento edilizio, ancorché abusivo.

Non assume, invece, rilievo nel presente giudizio la questione se l’abuso di che trattasi sia stato correttamente assoggettato ad una sanzione pecuniaria ex art. 16 della legge reg. n. 23 del 2004 o se lo stesso dovesse piuttosto soggiacere alla misura ripristinatoria. E’ pur vero che la corrispondente norma statale di cui all’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede la sanzione pecuniaria per i soli interventi soggetti a d.i.a. che siano anche conformi alle previsioni dello strumento urbanistico, mentre fa salvo l’utilizzo della sanzione demolitoria per i casi di carenza di conformità urbanistica (v., tra le altre, TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 17 novembre 2010 n. 4640);
tuttavia, fermo restando che tale aspetto non è stato invocato dalla Commissione provinciale per sottrarsi alla propria attività valutativa – ed è stato semmai autonomamente introdotto in giudizio dalla difesa dell’Amministrazione provinciale per farne derivare l’infondatezza del ricorso –, il Collegio reputa decisiva, ed assorbente di ogni altra, la considerazione che compete in ogni caso all’Amministrazione comunale, e non certamente alla Commissione, l’individuazione della tipologia di sanzione da applicare in concreto, e ciò indipendentemente da ogni indagine interpretativa circa l’effettivo àmbito di operatività dell’art. 16 della legge reg. n. 23 del 2004.

In definitiva, il ricorso si presenta fondato, con conseguente annullamento della delibera n. 154 del 26 settembre 2012, in quanto spetta alla competente Commissione provinciale provvedere all’accertamento dell’aumento di valore venale dell’immobile interessato dalle opere abusive, naturalmente secondo un criterio di stima che tenga conto in primis delle caratteristiche intrinseche del bene. E’, invece, insuscettibile di annullamento la nota del Presidente della Commissione provinciale in data 19 ottobre 2012, giacché recante mere indicazioni generali circa gli elementi di conoscenza da inviare alla Commissione stessa per lo svolgimento delle sue funzioni e quindi priva di valenza lesiva.

Le spese di lite seguono la soccombenza della Provincia di Modena, e vengono liquidate come da dispositivo.

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