TAR Napoli, sez. V, sentenza 2024-03-07, n. 202401534

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2024-03-07, n. 202401534
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202401534
Data del deposito : 7 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/03/2024

N. 01534/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02873/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2873 del 2023, proposto da
G A S, G S, rappresentati e difesi dagli avvocati G C, A N, V C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M L E, L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

F C D T, non costituita in giudizio;

per l'annullamento:

a) dell’ordinanza n. 16 del 18 aprile 2023, a firma del Vicesindaco del Comune di Casalnuovo di Napoli, avente ad oggetto “rimozione rifiuti illeciti in località Salice su area distinta in catasto al F. 16 p.lla 716”;

b) della comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 0030193 del 4 agosto 2022;

c) degli esiti degli accertamenti in loco esperiti dall’ufficio VAIT e dal personale della Polizia Municipale di cui si dà atto nell’ordinanza sub a), in particolare, della nota prot. n. 239/Vait del 26 maggio 2022;

d) di tutti gli atti richiamati in quelli impugnati e/o menzionati sopra o di seguito nel ricorso, se e in quanto lesivi;

e) di ogni atto presupposto, preparatorio, conseguente e comunque connesso, ancorché allo stato non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2024 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

E’ impugnata l’ordinanza n. 16 del 18.4.2023, emessa ai sensi degli artt. 50 del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e 192 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) e preceduta da comunicazione di avvio del procedimento, con cui il Comune di Casalnuovo di Napoli – accertato il pericolo per l’igiene pubblica ed il rischio per la pubblica e privata incolumità per il rischio di innesco per incendi – ha ordinato ai ricorrenti proprietari dell’area (foglio 16, p.lla 716), eredi e aventi causa del Sig. Silvestri Giancarlo, deceduto nel 2022 (già comproprietario della predetta particella insieme alla sorella Giuliana, parimenti deceduta), di provvedere alla rimozione e smaltimento dei rifiuti, combusti e non, ivi sversati da ignoti e posti sotto ad un cavalcaferrovia, derivati da attività produttiva ed edilizia, alcuni dei quali ritenuti di natura altamente infiammabile.

A sostegno dell’avversata attività provvedimentale l’amministrazione ha addotto la negligenza dei proprietari che non avrebbero provveduto a sporgere denuncia dell’abbandono dei rifiuti e ad apporre mezzi preclusivi dell’accesso, quali catene, recinzioni e cartelli al fine di segnalare che si tratta di una proprietà privata in cui è vietato l’accesso (cfr. comunicazione di avvio ex art. 7 della L. n. 241/1990). In ordine alla identificazione dei soggetti obbligati alla bonifica, l’ente ha effettuato ispezioni ipotecarie presso l’Agenzia delle Entrate da cui è emersa la titolarità del fondo in capo ai danti causa dei ricorrenti.

I ricorrenti deducono violazione di legge ed eccesso di potere articolando, in sintesi, le seguenti argomentazioni censorie:

- carenza di legittimazione passiva, difetto di istruttoria, eccesso di potere per carenza dei presupposti: i ricorrenti, figli del deceduto G S, non sono proprietari della particella 716 per aver rinunciato all’eredità del de cuius con atto notarile del 21.6.2022;

- violazione dell’art. 192, comma 3, del Codice dell’Ambiente: i privati non avrebbero alcuna responsabilità a titolo di dolo o colpa per l’illecito sversamento e non sarebbe stato svolto il contraddittorio volto ad appurare eventuali responsabilità dei medesimi a titolo di colpa o dolo, considerato, peraltro, che non avrebbero la disponibilità dell’area in quanto lotto intercluso e, quindi, non sarebbe possibile accedervi per procedere alla rimozione degli sversamenti;

- difetto di istruttoria e di motivazione: i rifiuti rinvenuti sotto il cavalcaferrovia si troverebbero su una diversa particella (717) di proprietà di RFI come da relazione tecnica allegata;

- difetto di istruttoria e di motivazione sotto distinto profilo: la particella 716 (sulla quale, secondo l’amministrazione, insisterebbero i rifiuti) sarebbe stata oggetto di esproprio in favore di RFI, benché non emergente dalla visura catastale, come dimostrerebbero i seguenti elementi: relazione tecnica che attesta il pagamento delle indennità di esproprio ed il rilascio di quietanze;
atto notarile del 2015 dal quale emerge che alcune particelle, tra cui la 716, non potrebbero essere alienate in quanto oggetto di esproprio;
il concessionario del servizio riscossione tributi del Comune di Casalnuovo ha disposto l’annullamento in autotutela di pregressi avvisi di accertamento Imu sul presupposto che la particella 716 non è di proprietà dei ricorrenti in quanto oggetto di “procedimento di esproprio/compravendita”.

Si è costituito il Comune per resistere al gravame proposto ex adverso.

Quanto alla censura riferita al difetto di legittimazione passiva dei ricorrenti, l’ente locale rileva che il titolo di proprietà sarebbe stato accertato tramite visure catastali dalle quali non emergerebbe alcuna rinuncia all’eredità né alcun decreto di esproprio.

In riferimento alla violazione del contraddittorio, l’ente espone di aver inoltrato comunicazione di avvio del procedimento e di aver valutato le controdeduzioni prodotte dagli istanti.

Quanto poi all’accertamento dell’elemento soggetto della colpa ex art. 192 del Codice dell’Ambiente, l’amministrazione contesta la negligenza dei proprietari per non aver adottato misure impeditive avverso sversamenti illeciti ad opera di terzi.

Con ordinanza n. 1217 del 26.7.2023 il T.A.R. ha accolto la domanda cautelare.

Dopo ulteriore scambio di memoria e documentazione, all’udienza del 20.2.2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

In via preliminare, in riferimento alla ubicazione dei rifiuti, il Comune ha comprovato, mediante coordinate geografiche terrestri e sovrapposizione con i fogli catastali (cfr. documentazione depositata in data successiva all’adozione della ordinanza cautelare di questo T.A.R.), che gli stessi sono collocati sulla particella 716, accertamento poi confermato dal sopralluogo congiunto con il personale del Comando di Polizia Municipale.

Ciò posto, è fondato il difetto di legittimazione passiva degli istanti.

Va rilevato che i ricorrenti hanno depositato l’atto di rinuncia all’eredità, con riferimento alla particella 716, ricevuto con atto notarile del 21.6.2022 (cfr. allegato n. 6 alla produzione di parte ricorrente).

Ai sensi dell’art. 519 c.c., “La rinunzia all'eredità deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione e inserita nel registro delle successioni”.

Secondo l’indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione (Sez. V, n. 2820/2015), a prescindere dal valore da attribuire alla iscrizione della rinuncia nel registro delle successioni - come formalità essenziale per l'esistenza di una valida rinuncia ovvero come forma di pubblicità la cui mancanza non determina l'invalidità della rinuncia, ma rende quest'ultima non opponibile ai terzi -, trattandosi di un atto che deve inserito in un pubblico registro, la prova del mancato inserimento può essere data solo mediante l'acquisizione, anche d'ufficio, di una certificazione della cancelleria del Tribunale competente attestante che l'atto de quo non risulta dal registro delle successioni. In ogni caso, secondo tale giurisprudenza, quand'anche fosse positivamente accertato che l'atto di rinunzia non sia stato (effettivamente) inserito nel registro delle successioni, ciò non potrebbe comportare per il chiamato che abbia rinunciato irritualmente all'eredità una posizione diversa da quella in cui si trovi il chiamato che non abbia ancora accettato l'eredità, dato che in ogni caso l'eventuale inefficacia della rinunzia rispetto ai terzi non può valere di per sé come accettazione (in difetto delle condizioni specifiche che il codice richiede allo scopo).

Difatti, resterebbe comunque la necessità di provare l'accettazione dell'eredità da parte del chiamato per poterne esigere l'adempimento di eventuali obbligazioni che discendono dalla proprietà;
tale prova, nel caso di specie, non è stata data da parte del Comune onerato. L’unico accertamento svolto in proposito riguarda, invero, un contratto preliminare di compravendita risalente al 2014, non perfezionato con la stipula del definitivo, intercorso tra i promittenti venditori (Sig.ri Silvestri Giancarlo, de cuius dei ricorrenti e deceduto il 30.5.2022, e la sorella Giuliana, parimenti deceduta) ad un promittente acquirente terzo.

Si aggiunga che la tesi attorea trova conferma nella certificazione catastale in atti che non comprova in alcun modo la riferibilità della particella 716 agli odierni ricorrenti;
difatti, la visura storica per immobile prodotta in giudizio dall’amministrazione reca come intestatari del suolo i Sig.ri Silvestri Giancarlo (de cuius dei ricorrenti) e Silvestri Giuliana.

Deve quindi concludersi che, per effetto della rinuncia all’eredità, opera la previsione di cui all’art. 521 c.c. (“Chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato”);
pertanto, sussiste difetto di legittimazione passiva degli istanti ai quali, in quanto mai divenuti titolari del suolo, non poteva essere ingiunto il provvedimento ex art. 192 del Codice dell’Ambiente che postula, in capo al soggetto obbligato, la qualità di responsabile dell’inquinamento o di proprietario del fondo unitamente, quanto a quest’ultimo, alla prova dell’elemento soggettivo come di seguito esplicitato.

A tale proposito, va rammentato che l’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006, sotto il titolo “Divieto di abbandono”, stabilisce, al comma 1, che “L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati” e al successivo comma 3 che “… chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

Dal dato testuale della disposizione emerge che:

- alla rimozione dei rifiuti è tenuto, in ogni caso, il responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti;

- in via solidale, vi è tenuto il proprietario dell’area interessata o chi ne abbia a qualunque titolo la disponibilità ove ad esso sia imputabile l’abbandono dei rifiuti a titolo di dolo o colpa;

- non è configurabile una responsabilità oggettiva a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti.

In virtù di tale prescrizione, secondo la consolidata giurisprudenza, seguita anche dalla Sezione, l’obbligo di rimozione grava in via principale sull’inquinatore e, in solido, sul proprietario del terreno e sui titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, qualora a costoro sia imputabile una condotta dolosa o colposa, da accertarsi previo contraddittorio, secondo il principio, espresso dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e costituente fondamento del diritto comunitario dell’ambiente, del “chi inquina paga” (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 6 aprile 2022, n. 2370;
T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 24 marzo 2017 n. 287).

Più in dettaglio, il proprietario o titolare di altro diritto di godimento sul bene risponde della bonifica del suolo, in solido con colui che ha concretamente determinato il danno, non a titolo di responsabilità oggettiva ma soltanto ove responsabile quanto meno a titolo di colpa, anche omissiva, per non aver approntato l’adozione delle cautele volte a custodire adeguatamente la proprietà, occorrendo la dimostrazione del dolo (espressa volontà o assenso agevolativo del proprietario in concorso nel reato) o della colpa attiva (imprudenza, negligenza, imperizia) ovvero omissiva (mancata denuncia alle autorità del fatto) per aver tollerato l’illecito.

Per accertare la rimproverabilità della condotta, che, per quanto sopra detto, è a fondamento della responsabilità amministrativa, occorre, d’altra parte, che gli organi preposti al controllo svolgano approfonditi accertamenti in contraddittorio con i soggetti interessati, di talché, in mancanza, non possono porsi incombenti a carico dei proprietari o titolari di diritti di godimento delle aree (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3786/2014;
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 5783/2018), posto che "deve escludersi la natura di obbligazione propter rem dell'obbligo di ripristino del fondo a carico del titolare di un diritto di godimento sul bene;
per regola generale non è quindi configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità" (T.A.R. Liguria, n. 1110/2016).

In definitiva, nel caso in cui non sia comprovata l'esistenza di un nesso causale tra la condotta del proprietario e l'abusiva immissione di rifiuti nell'ambiente, un concreto obbligo di garanzia a carico del proprietario, per la mera qualità di proprietario-custode, è inesigibile, in quanto riconducibile ad una responsabilità oggettiva che, però, esula anche dal dovere di custodia ex art. 2051 cod. civ., il quale ammette sempre la prova liberatoria in presenza di caso fortuito, da intendersi in senso ampio, comprensiva anche del fatto del terzo e della colpa esclusiva del danneggiato (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 3042/2019).

Orbene, nel caso in esame, a sostegno della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa richiesto dall’art. 192 del Codice dell’Ambiente, il Comune ha addotto la circostanza che la particella n. 716 sarebbe sprovvista di mezzi preclusivi dell’accesso, quali catene, recinzioni e cartelli al fine di segnalare che si tratta di una proprietà privata in cui è vietato l’accesso (cfr. comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/1990).

Ebbene, in riferimento alla omessa delimitazione del fondo da parte del proprietario del suolo e alla possibilità di valorizzare tale condotta ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006, occorre prendere atto di due contrapposti orientamenti in seno alla giurisprudenza del Consiglio di Stato:

- secondo un primo indirizzo (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 7657/2020;
n. 5911/2017;
n. 2027/2017;
Sez. V, n. 705/2016), invalso anche in sede consultiva (Consiglio di Stato, Sez. I, n. 1192/2020;
n. 496/2020), l'omessa recinzione del suolo non costituisce ex se un indice di negligenza nella vigilanza sul fondo da parte del proprietario, essendo oltre tutto le recinzioni scarsamente dissuasive in determinati contesti;
al riguardo, si è osservato che, ai sensi dell'art. 841 c.c., la chiusura del fondo è una facoltà e la scelta di non fruirne non può tradursi in un fatto colposo (art. 1227, comma primo, c.c.) ovvero nella violazione di un onere di ordinaria diligenza (art. 1227, comma secondo, c.c.);

- altro orientamento più risalente (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 136/2005, n. 323/2005, n. 935/2007) ribadito, di recente dalla Sez. IV (n. 10433/2022) ritiene viceversa che, pur non sussistendo l'obbligo del proprietario del terreno di attivare un servizio di vigilanza a protezione del fondo per impedire l'accesso di ignoti sullo stesso, questi deve impedire o, comunque, rendere difficoltoso l'accesso all'area, attraverso recinzioni, cancelli e cartelli che prevengano e vietino l'accesso stesso, nonché deve mantenere efficienti, nel tempo, le misure di protezione e prevenzione;
pertanto, occorre interpretare il citato art. 192 tenendo conto della sua collocazione sistematica e della ratio legis di tutela dell'interesse pubblico generale alla preservazione dell'ambiente, nel senso che, quando emergano induttivamente elementi di responsabilità del proprietario per la mancata attivazione di misure atte a contrastare l'abbandono dei rifiuti rinvenuti, questi è tenuto a rimuoverli.

In continuità con i propri precedenti, la Sezione ritiene di aderire al primo orientamento sicché, applicando le superiori coordinate ermeneutiche, emerge l’illegittimità dell’avversata azione amministrativa, stante la difficoltà di ricondurre la fattispecie concreta al su richiamato paradigma normativo. Difatti, in disparte le svolte considerazioni sul difetto di legittimazione passiva in virtù della rinuncia all’eredità e dell’assenza di titolarità del fondo, in ogni caso i privati, allo stato, non risultano presentare alcuna delle condizioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 192 del D.Lgs. 152/2006, non essendo in alcun modo provato il titolo di imputazione soggettiva della responsabilità che il Comune intende addebitare, non essendo configurabile, si ribadisce, alcuna responsabilità oggettiva in ragione della mera qualità di proprietari (che, in ogni caso va esclusa per le motivazioni svolte) dell’area interessata dall’abusivo sversamento ad opera di ignoti.

Difatti, la bonifica ed il ripristino dello stato dei luoghi sono stati posti a carico dei ricorrenti quali meri proprietari dell'area interessata, senza che risulti lo svolgimento di alcuna valida attività istruttoria tesa ad accertarne la responsabilità dell’illecito ed il Comune ha ritenuto di poter inferire un comportamento negligente limitandosi a descrivere oggettivamente lo stato di degrado dell'area e la presenza dei rifiuti.

Dalle svolte considerazioni discende, in conclusione, l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3225/2017;
n. 3229/2017;
Cassazione civile, Sez. V, n. 7663/2012). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

La regolazione delle spese di giudizio segue il criterio della soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

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