TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2017-03-27, n. 201700219
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Pubblicato il 27/03/2017
N. 00219/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00486/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 486 del 2016, proposto da:
M S e S S, rappresentati e difesi dall'avvocato D M, con domicilio eletto in Cagliari presso il suo studio legale, via Lanusei n. 25;
contro
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Belle Arti, Sovrintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Cagliari, Oristano, Medio Campidano, Carbonia Iglesias e Ogliastra, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli uffici della medesima in Cagliari, via Dante n. 23;
Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato degli Enti locali, Finanze e Urbanistica, Direzione Generale della pianificazione territoriale e della vigilanza edilizia, Servizio tutela del paesaggio e vigilanza, province di Cagliari e Carbonia Iglesias, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Belle Arti, Sovrintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Cagliari, Oristano, Medio Campidano, Carbonia-Iglesias e Ogliastra del 24 marzo 2016 (prot. n. 4091/Class. 34.19.09/19.1) contenente il parere contrario al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un progetto di demolizione e ricostruzione, ai sensi della L.R. 4/2004 art. 5, di un fabbricato sito in Quartu Sant'Elena zona B sottozona B2 del PUC, tutelata ai sensi dell'art. 142 comma 1 lett. i del D.lgs 42/2004;
- di ogni atto e/o provvedimento, presupposto, inerente, conseguente ed ogni atto successivo o comunque connesso ai predetti, anche allo stato non conosciuti,
con i motivi aggiunti depositati il 30 giugno 2016:
- della determinazione n. 942, prot. 18754 TP/CA-CI del 10/05/2016 della Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica, Direzione generale della pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia, servizio tutela del paesaggio e vigilanza province di Cagliari e Carbonia-Iglesias notificata nelle more del deposito del ricorso introduttivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione statale intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2017 il dott. T A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono proprietari del fabbricato sito in Quartu Sant’Elena nella via Boccherini n. 38.
In data 27 marzo 2015 presentavano al competente ufficio comunale richiesta di concessione edilizia per un intervento di totale demolizione e ricostruzione del predetto fabbricato con modifica dei volumi e dei prospetti.
Contestualmente richiedevano l’accertamento di compatibilità paesaggistica in quanto l’intervento ricade all’interno della fascia di tutela di 100 metri dal bene storico-archeologico denominato “Stazione viale Colombo” (codice bene 10054, consistente in una cisterna sotterranea di epoca romana).
Sennonché il 6 agosto 2015 (prot. n. 10352) l’ufficio ministeriale intimato comunicava un preavviso di parere negativo ritenendo l’intervento non autorizzabile ai sensi dell’art. 49, comma 6, delle NTA del PPR.
Malgrado la presentazione di osservazioni da parte della richiedente, la Soprintendenza adottava il parere negativo n. 4091 del 24 marzo 2016 motivato nei seguenti termini:
“… il progetto riguarda la demolizione e ricostruzione, ai sensi della L.R. 4/2009 art. 5, di un fabbricato sito in Quartu S.E., zona B, sottozone B2 del PUC, tutelata ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. i del D.Lgvo 42/2004 (zone umide incluse nell’elenco previsto dal DPR n. 448 del 13 marzo 1976), nonché definita bene paesaggistico regionale ai sensi dell’art. 143, comma 1, del D.Lgvo n. 42/2004 e dell’art. 17, comma 3, lett. g delle NTA del PPR, inoltre il fabbricato risulta all’interno della fascia di tutela dei 100 m. dal bene storico – culturale regionale definito ai sensi dell’art. 47, comma 2, lett. c delle NTA del PPR denominato “stazione Viale Colombo (art. 48 lett. a). Benché l’intervento possa essere autorizzabile ai sensi dell’art. 146 del D.lgvo n. 42/2004, in quanto non è in contrasto con i valori paesaggistici tutelati, per altro non è autorizzabile ai sensi dell’art. 49, comma 6,delle NTA del PPR in quanto in mancanza di analitica individuazione cartografica delle aree di cui al comma 4, nella fascia di rispetto non possono che eseguirsi opere di a) manutenzione ordinaria e straordinaria;b) restauro, risanamento conservativo;c) ristrutturazione edilizia interna…” .
Avverso tale provvedimenti sono insorti i ricorrenti che l’hanno impugnato per i seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione della L.R. n. 4/2009 art. 5, dell’art. 142, comma 1, lett. i, del D.Lgvo n. 42/2004, dell’art. 143, comma 1, lett. d) del D.Lgvo n. 42/2004, dell’art. 17, comma 3, lett. g) delle NTA del PPR, dell’art. 47, comma 2, lett. c) delle NTA del PPR, dell’art. 146 del D.Lgvo n. 42/2004, dell’art. 49, comma 6, delle NTA del PPR, della L.R. n. 4/2009 (art. 13 come modificato dalla L.R. m. 11/2011) – Eccesso di potere per contraddittorietà, carenza di istruttoria, illogicità, irragionevolezza e ingiustizia manifesta – Violazione di legge ed eccesso di potere per erronea interpretazione dell’art. 49, comma 1, lett. d) delle NTA del PPR: con riguardo alla mancata valutazione della concreta lesione del bene tutelato, anche in ragione dei principi giurisprudenziali espressi dal Tar Sardegna con la sentenza n. 210/2014;
(in via subordinata) Violazione di legge ed eccesso di potere per disparità di trattamento: con riguardo a determinazioni di contenuto diverso assunte dall’amministrazione in relazione a situazioni in fatto del tutto analoghe a quella dei ricorrenti.
(in via di ulteriore subordine) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – carenza assoluta di motivazione: in quanto il provvedimento impugnato mancherebbe integralmente della motivazione, essendosi limitato al richiamo delle norme di legge ritenute violate senza motivarne l’applicazione al caso concreto.
Concludevano quindi i ricorrenti chiedendo, previa sospensiva, l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese.
Con ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato anche la determinazione regionale n. 942 del 10 maggio 2016 adottata sulla scorta del parere negativo vincolante della Soprintendenza estendendo anche nei suoi confronti le censure già proposte, con l’aggiunta, in via di ulteriore subordine, di un ulteriore motivo:
Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 – carenza assoluta di motivazione: in quanto l’ufficio regionale si è limitato a recepire il parere della Soprintendenza senza indicare in alcun modo le ragioni per le quali l’ha ritenuto applicabile al caso concreto.
Per resistere al ricorso si è costituita la Soprintendenza intimata che, con scritti difensivi, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
Alla camera di consiglio del 2 agosto 2016 l’esame dell’istanza cautelare è stato rinviato per essere deciso unitamente al merito della causa.
Alla pubblica udienza del 22 febbraio 2017, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
L’intervento edilizio proposto dai signori S/S riguarda un edificio compreso nella fascia dei 100 metri dal bene denominato “Stazione viale Colombo” (codice bene 10054, consistente in una cisterna sotterranea di epoca romana), di valenza storico-archeologica.
Detto intervento è stato ritenuto non autorizzabile ai sensi dell’art. 49, comma 6, delle NTA del PPR in quanto, nell’assunto della Soprintendenza, in mancanza di analitica individuazione cartografica delle aree di cui al comma 4, nella fascia di rispetto dei 100 metri dal bene tutelato non possono che eseguirsi opere di a) manutenzione ordinaria e straordinaria;b) restauro, risanamento conservativo;c) ristrutturazione edilizia interna.
Invero, il PPR ha ritenuto di sottoporre a specifica disciplina di tutela l’area interessata dal bene in questione perseguendo, mediante l’introduzione di una misura temporanea di salvaguardia (art. 49, comma 1°, delle NTA del PPR), la finalità di preservare il contesto nel quale il bene ricade dettando norme volte alla conservazione del valore paesaggistico dei luoghi.
Si tratta, evidentemente, in attesa della disciplina da applicare in via definitiva sia al bene che alle aree ad esso immediatamente adiacenti, di una valutazione che ben costituisce espressione della discrezionalità tecnica affidata all’amministrazione regionale alla quale è normativamente intestata la competenza all’individuazione dei beni da sottoporre a tutela.
Sennonché, ad avviso del Collegio, nel caso di specie, le conclusioni della Soprintendenza, di ritenere il progetto edilizio dei ricorrenti non autorizzabile sulla base del mero richiamo all’art. 49 delle NTA del PPR non resistono alle censure avanzate dai ricorrenti.
Detta norma dispone quanto segue:
“ Per la categoria di beni paesaggistici, di cui all'art. 48, comma 1, lett. a), sino all'adeguamento dei piani urbanistici comunali al P.P.R., si applicano le seguenti prescrizioni:
a) sino all'analitica delimitazione cartografica delle aree, queste non possono essere inferiori ad una fascia di larghezza pari a m. 100 a partire dagli elementi di carattere storico culturale più esterni dell'area medesima;
b) nelle aree è vietata qualunque edificazione o altra azione che possa comprometterne la tutela;
c) la delimitazione dell'area costituisce limite alle trasformazioni di qualunque natura, anche sugli edifici e sui manufatti, e le assoggetta all'autorizzazione paesaggistica;
d) sui manufatti e sugli edifici, esistenti all'interno delle aree, sono ammessi gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e le attività di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici, nonché le trasformazioni connesse a tali attività, previa autorizzazione del competente organo del MIBAC;
e) la manutenzione ordinaria è sempre ammessa ”.
La ratio dell’anzidetta disposizione è chiaramente quella di evitare qualsiasi modificazione dell’assetto urbanistico esistente al ragionevole fine di non compromettere, nelle more, le future determinazioni degli organi competenti alla salvaguardia ed alla valorizzazione dagli elementi di carattere storico culturale protetti.
Nella fascia di rispetto è dunque “vietata qualunque edificazione”, così come pure è vietata ogni “altra azione”, da intendere come intervento di qualsiasi genere (anche a carattere manutentivo o di risanamento, purché non di mera manutenzione ordinaria), ritenuto dall’Autorità preposta di natura tale da compromettere i valori protetti.
Ebbene, ad avviso del Collegio quel che difetta in radice - nel caso di specie - è proprio l’esigenza di assicurare tutela ad un bene protetto.
Ed invero, il bene oggetto di tutela è una cisterna sotterranea di epoca romana, non visibile dal fabbricato dei ricorrenti, che dista oltre 70 metri da essa e dal quale risulta visivamente separata da un’intensa attività edilizia.
Non è dunque individuabile alcuna relazione pregiudizievole tra il bene tutelato e il fabbricato dei ricorrenti che, per contro, per come illustrato dalle simulazioni fotografiche versate in atti, risulterà omogeneamente inserito nel contesto circostante.
Il Tribunale ritiene dunque di confermare il proprio orientamento (TAR Sardegna, Sez. II, n. 929/2016) sulla base del quale ha annullato, in fattispecie analoga, il diniego opposto dalla Soprintendenza al rilascio dell‘autorizzazione paesaggistica non perché l’ampliamento in progetto era stato ritenuto idoneo a compromettere il bene tutelato paesaggisticamente ma, unicamente, perché l’intervento ricadeva nella fascia dei 100 metri dal bene identitario, riaffermando la necessaria correlazione tra il potere inibitorio dell’amministrazione e l’esigenza di assicurare in via immediata, attraverso le norme di salvaguardia, l’integrità del bene protetto o dell’area ad esso circostante.
A supporto del convincimento del Tribunale vi è, inoltre, il rilievo fattuale - che invero rende peculiare la vicenda in esame – che l’intervento proposto riguarda un ampliamento da realizzarsi in un contesto ampiamente edificato restando evidentemente incomprensibile, ove sganciata da rilievi meramente formali, la conclusione dell’ufficio statale che ha ravvisato una situazione di incompatibilità rispetto a un bene sotterraneo, essendosi dunque proceduto all’interpretazione della norma in questione senza soffermarsi sul fine concretamente perseguito dal pianificatore regionale.
Di qui, in assenza di un’adeguata esplicazione delle ragioni per le quali la tutela del bene protetto rendesse necessaria l’inibizione dei lavori proposti signori S/S, la fondatezza del motivo d’impugnazione e il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Restano assorbite le censure proposte in via gradata.
Le spese del giudizio vanno poste a carico del Ministero resistente, nella misura liquidata in dispositivo, e compensate nei confronti della Regione che ha dato mera applicazione al parere vincolante della Soprintendenza.