TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-09-12, n. 202305055

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-09-12, n. 202305055
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202305055
Data del deposito : 12 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/09/2023

N. 05055/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02230/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2230 del 2020, proposto da
Arcangelo S D V, rappresentato e difeso dagli avvocati A P, L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Casoria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la condanna al risarcimento dei danni subiti e subendi ex art. 30, comma 5, del D.Lgs. n. 104/2010 per equivalente pecuniario a titolo di responsabilità conseguenziale all'emanazione di un atto illegittimo, a titolo di danno emergente e/o lucro cessante, così come definitivamente statuito con la sentenza n. 3987/2019 resa dal Consiglio di Stato, Sezione Sesta, pubblicata in data 13.06.2019.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casoria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 20 luglio 2023, tenuta da remoto a termini dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a., il dott. F M e riservata la causa in decisione sulla base degli atti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’odierno ricorrente ha dedotto in fatto le seguenti circostanze:

i coniugi Del Vecchio e Valentino - genitori dell'odierno ricorrente nonché suoi danti causa rispetto alla proprietà dell'immobile ubicato nel Comune di Casoria alla via Fabio Filzi, n. 6, individuato in catasto al fg. 3, p.lla 902 sub 2 e 12 e p.lla 1683, sub 1 (all'epoca dei fatti qualificata come “I traversa Via Nazario Sauro dopo e/o adiacente al Parco Aurora, già via Casoria 101”) – avevano inoltrato domanda di condono ex L. n. 47/85 relativamente ai seguenti cespiti abusivamente realizzati: 1) unità abitativa posta al pian terreno interno, composta di 5 stanze e tre accessori di superficie pari a 165 mq;
2) locale commerciale al piano terra in adiacenza per superficie non residenziale pari complessivi 696 mq (cfr. istanza del 30.9.1986);

esitata positivamente la predetta domanda con il rilascio del PdC in sanatoria n. 91/2008, con successiva istanza prot. n. 9872 del 30.3.2012, i danti causa del ricorrente avevano domandato il rilascio del PdC per l'abbattimento e la ricostruzione del predetto immobile nonché per la realizzazione di parcheggi pertinenziali al piano interrato;

inoltre, i predetti danti causa in data 12.4.2012, avevano inoltrato una distinta domanda di rilascio di titolo abilitativo ai sensi dell’art. 5 della L.R. Campania n. 19/09, finalizzata ad ottenere l'aumento del 35% della volumetria esistente da porre in sopraelevazione al solaio del piano terra;

tuttavia, in data 12.7.2012, l’amministrazione comunale aveva notificato ai danti causa il provvedimento di rigetto delle suindicate istanze, sia disponendo il contestuale annullamento dell’originario titolo rilasciato in sanatoria, sia preannunciando l’immediata emissione dell'ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi di cui al medesimo PdC in sanatoria n. 91/2008, ordinanza successivamente adottata;

l’odierno ricorrente, nelle more divenuto proprietario dei contestati cespiti, impugnati i predetti provvedimenti dinanzi all’intestato Tar, essendosi il giudizio di primo concluso con il rigetto del proposto gravame (sentenza n. 4131/2017), aveva spiegato appello dinanzi al Consiglio di Stato, conseguendo la riforma della sentenza di primo grado e l’annullamento degli impugnati provvedimenti (sentenza n. 3987 pubblicata in data 13.6.2019).

Sulla scorta di tali premesse, l’odierno ricorrente, essendo stato pregiudicato dall’illegittima azione amministrativa sopra descritta con riguardo al potenziale esercizio dei suoi diritti dominicali, soprattutto a causa dell’annullamento in autotutela dell’originario titolo in sanatoria e dalla conseguente ingiunzione demolitoria, ha spiegato l’odierna domanda risarcitoria ex art. 30, comma 5 c.p.a.. Nel dettaglio, ha insistito per il ristoro dei pregiudizi derivanti dalla perdita della possibilità sia di locare entrambi gli immobili colpiti dai provvedimenti poi annullati dal Giudice dell’Appello per il periodo intercorrente tra il luglio 2012 ed il giugno 2019, sia di alienare gli immobili nello stato in cui si trovavano alla data del provvedimento di annullamento del PdC in sanatoria.

Si è costituito in giudizio il resistente Comune, eccependo in via preliminare l’irricevibilità del ricorso attesa la tardiva proposizione della domanda risarcitoria. Nel merito, ha dedotto l’infondatezza della spiegata pretesa, per un verso, dovendo escludersi la colpa dell’amministrazione nell’adozione degli annullati provvedimento e, per l’altro, non essendo stata fornita un’adeguata dimostrazione né dell’an né del quantum del lamentato pregiudizio.

La causa è stata inserita nel ruolo dell’udienza pubblica del 20 luglio 2023, calendarizzata in attuazione delle Linee guida per lo smaltimento dell'arretrato negli uffici della giustizia amministrativa, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 16 marzo 2022, in attuazione del D.L. 80 del 2021, convertito dalla L. n. 113 del 2021, all’esito della quale è stata trattenuta in decisione.

2.- Il ricorso è irricevibile, in ragione della tardiva proposizione della domanda risarcitoria come eccepito dal resistente Comune con la memoria depositata in data 24 settembre 2020.

La domanda di risarcimento danni è, infatti, soggetta al rispetto del termine decadenziale di 120 giorni decorrenti, per il caso che qui interessa, dal passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato l’illegittimità dell’azione amministrativa. Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza del 5 aprile 2019, ha affermato che “a norma dell'art. 324 c.p.c., applicabile anche nel processo amministrativo, si intende passata in giudicato la decisione del Consiglio di Stato non più soggetta a ricorso per Cassazione, né a revocazione per i motivi di cui al n. 4 e 5 art. 395 c.p.c. (revocazione ordinaria), non esistendo nel processo amministrativo disposizioni sul giudicato formale in deroga all’art. 324 c.p.c.” (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 3 luglio 2012 n. 24;
Sez. IV 16 giugno 2008, n. 2986).

Orbene, nell’odierna fattispecie, la sentenza del Consiglio di Stato, posta a fondamento dell’azione risarcitoria in questa sede spiegata, risulta essere stata pubblicata in data 13.06.2019 nonché notificata al resistente Comune di Casoria, non costituito nel giudizio impugnatorio, a mezzo pec del procuratore del ricorrente, in data 15.07.2019. Tale notificazione è stata compiuta onde conseguire l’esecuzione della predetta sentenza.

Da tanto consegue che dall’indicata data è iniziato a decorrere il termine breve per impugnare (60 giorni per proporre ricorso in Cassazione o 30 giorni per la revocazione ordinaria) valevole per entrambe le parti (notificante e notificato), cosicché il passaggio in giudicato della sentenza n. 3987/19 del Consiglio di Stato è avvenuto in data 14.10.2019.

Computando da tale giorno il termine di 120 giorni per proporre l’azione di condanna ex art. 30 comma 5 c.p.a., il termine ultimo per proporre tale azione è scaduto in data 11.2.2020, con la conseguente tardiva proposizione dell’odierna azione risarcitoria, essendo stato il ricorso introduttivo notificato al resistente Comune soltanto in data 30.06.2020.

Non colgono nel segno le contrarie argomentazioni sul punto articolate dal ricorrente, dovendosi rammentare che, nell'ipotesi in cui il giudizio si sia svolto, come nella specie, in contumacia di una parte, la sentenza che lo conclude deve essere notificata alla parte personalmente ai sensi dell'art. 292, ultimo comma, cod. proc. civ., anche al fine della decorrenza del termine breve per impugnare di cui all'art. 325 cod. proc. civ., né tale prescrizione può trovare deroga quando la notifica della sentenza sia avvenuta ai fini esclusivamente della sua esecuzione, non avendo rilevanza il fine processuale per il quale essa sia stata effettuata (Cassazione civile sez. III, 06/03/2018, n.5177).

Parimenti, non rilevano le dedotte irregolarità della notificazione della sentenza compiuta in data 15.7.2019 dal precedente procuratore del ricorrente poiché la mancanza, nella copia della sentenza notificata, della attestazione di conformità all'originale nonché eventuali irregolarità nella relata di notifica non incidono sulla validità della notificazione, attesa la tassatività dei casi di nullità previsti dall'art. 160 c.p.c., e non ne comportano l'inidoneità a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, salvo che il destinatario della notifica, nel caso di specie il resistente Comune, non lamenti l'incompletezza della copia ricevuta o la difformità tra tale copia e l'originale (Cassazione civile sez. III, 29/03/2022, n.10138).

D’altronde, è noto che la prescrizione dell'art. 285 c.p.c., secondo cui, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, la sentenza deve essere notificata ad istanza di parte, può ritenersi adempiuta ogniqualvolta, nonostante la mancanza di apposita indicazione nella relata di notifica, non vi sia, come nella notificazione compiuta in data 15.7.2019, incertezza assoluta sulla parte istante, qualora, cioè, l'identificazione di quest'ultima possa essere compiuta, senza margini di dubbio, sulla base del contenuto dell'atto notificato (Cassazione civile sez. I, 31/10/2012, n.18705).

In definitiva, le ragioni esposte conducono a dichiarare l’irricevibilità della proposta domanda risarcitoria.

3.- La definizione in rito del giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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