TAR Catania, sez. IV, sentenza 2016-06-09, n. 201601564
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N. 01564/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02127/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2127 del 2015, proposto da:
P G, nella propria qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso Leonora Mariano in Catania, Perugia N. 10;
contro
Comune di Modica, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Miriam Dell’Ali, con domicilio eletto presso Ignazio Scuderi in Catania, Via V. Giuffrida, 37;
per l'annullamento
- dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Modica n. 1054/OR del 31 agosto 2015 avente ad oggetto servizio di raccolta e trasporto RSU, Nettezza Urbana ed Accessori del Comune di Modica. Proroga fino al 31.10.2015, nella parte in cui il Sindaco, dopo aver ordinato sub 1) “fino al 31.10.2015 la proroga dell’ordinanza sindacale n.474 del 29/4/15 per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto dei r.s.u. mediante la ditta P G”, ordina sub 2) “ di dare atto che la proroga….avverrà secondo le modalità, i mezzi, le attrezzature e ogni altra dotazione previsti dal progetto del servizio di raccolta e trasporto dei r.s.u. di nettezza urbana ed accessori, approvato dal dirigente competente con determina n.1614 del 14/6/06 e dalla successiva perizia di variante del 1\7/1/08 e secondo le prescrizioni contenute nella ordinanza sindacale n.1412/OR del 7/10/09 di affidamento del servizio;nonché nella parte in cui sub 3) dopo aver dato atto che, relativamente al trasporto dei RSU in discarica “le condizioni sono quelle dei precedenti provvedimenti di proroga, omette di riportare i termini di pagamento del corrispettivo del servizio stesso pari a 10 gg dall’invio della fattura per come previsti dall’ordinanza di assegnazione n.16/OR del 4/1/13, conformemente all’offerta-proposta della ricorrente;
-nonché ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, ivi comprese: -la determina del responsabile P.O. del XII settore del Comune di Modica, atto n.2380 del 25/9/15, ad oggetto la prenotazione della spesa occorrente per il periodo settembre-ottobre 2015 nella parte relativa alla quantificazione in misura pari ad euro 748.000 della “somma presuntivamente occorrente, da utilizzare per garantire il servizio di raccolta e trasporti dei r.s.u., nettezza urbana ed accessori nel periodo 1 settembre- 31 ottobre 2015”, trattandosi di somma gravemente insufficiente,
nonché per l’accertamento del diritto dell’impresa a ricevere, anche per il periodo predetto, il giusto corrispettivo del servizio in questione, rapportato agli effettivi costi del servizio (primo fra tutti quello della mano d’opera che ha visto l’avvicendarsi di tre rinnovi dei CC.NN.LL), notevolmente aumentati rispetto a quelli iniziali vigenti all’epoca dell’affidamento (ottobre 2009 che si riferivano ad un contratto del 2007 e ad un’analisi costi del 2005) ai quali è stata ancorata anche la nuova ordinanza di proroga qui impugnata ed incrementato d’un ragionevole margine di utile in misura pari a quello dell’epoca di assegnazione indicato in seno all’analisi prezzi in misura pari all’11% o in quella diversa misura ritenuta equa, nonché ancora del diritto a ricevere il corrispettivo nel termine di 30 giorni dall’invio della fattura per quanto attiene ambedue i servizi e nel termine di 10 giorni dall’invio della fattura per quanto attiene al diverso e ulteriore servizio di trasporto dei rsu presso la discarica “Sicula Trasporti” nonchè
per la conseguente condanna del comune a corrispondere le somme riconosciute nei sensi di cui sopra.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Modica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2016 il dott. G G R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Modica, al fine di garantire lo svolgimento del servizio di igiene urbana nell'ambito del proprio territorio, avviava una procedura di evidenza pubblica per individuare l'operatore economico cui affidare il relativo incarico. Accadeva però che, dopo la stipula di un formale contratto con la ditta aggiudicataria P G, il Comune di Modica procedesse, in data 24/8/09, alla risoluzione di diritto dello stesso;di conseguenza, all'esigenza di garantire lo svolgimento del servizio di igiene urbana nell'ambito del territorio comunale il Comune provvedeva a mezzo dell'ordinanza contingibile ed urgente n. 1412/OR del 07/10/2009 emessa ai sensi dell'art. 54 del D. Lgs. n. 267/2000 nei confronti della ditta P G.
Poiché a tale provvedimento non faceva seguito l'espletamento di alcuna nuova procedura di evidenza pubblica per l'individuazione del soggetto cui affidare il servizio in questione, a ciò il Comune sopperiva mediante successive proroghe dell'ordinanza sindacale n. 1412/OR del 07/10/2009, tutte adottate sulla base delle medesime condizioni economiche da quella previste. Poiché ciò determinava, secondo quanto rilevato dall'istante, assieme all'aumento dei costi per lo svolgimento del servizio "de quo" -e in dipendenza di esso- un pregiudizio per la ditta P G, essa chiedeva a più riprese un adeguamento dei corrispettivi previsti all'interno di tale ordinanza. Dopo aver positivamente corrisposto con nota del Dirigente del Settore Ecologia prot. n. 553 del 05/01/2013 ad una delle predette richieste di adeguamento del corrispettivo, il Comune di Modica tornava successivamente sui propri passi, negando l'adeguamento del corrispettivo con nota prot. n. 46431 del 02/10/2014, ed altresì riservandosi il recupero delle maggiori somme corrisposte - in misura ritenuta non dovuta - nel periodo fra il 05/01/2013 ed il 02/10/2014. Il provvedimento menzionato da ultimo, in relazione alla ritenuta sua lesività, veniva fatto oggetto di impugnativa da parte della ditta P G con ricorso proposto dinnanzi a questo stesso TAR (n. 2980/2014 di R.G.), e positivamente delibato in sede cautelare con la concessione dell'ordinanza sospensiva n. 23/2015.
Dopo ulteriori proroghe, in particolare con l’ordinanza contingibile e urgente n. 2/OR del 02/01/2015 – che questa Sezione ha giudicato illegittima con sentenza n. 2609/2015, nella parte in cui reitera nei confronti della ditta P G l’ordine di espletamento del servizio di igiene urbana alle stesse condizioni economiche di cui all’ordinanza n. 1412/OR del 07/10/20109 -, il Comune di Modica reiterava, con ordinanza contingibile e urgente n. 1054/OR del 31/08/2015, l'affidamento del servizio di igiene urbana nel territorio comunale alla ditta predetta..
Nelle premesse dell’atto impugnato, a giustificazione del potere esercitato, come nelle precedenti ordinanze:
-si dichiarava che <<al fine di evitare l’insorgere di gravi problemi di carattere igienico-sanitario e di salvaguardare la salute pubblica>>si riteneva <<necessario, essenziale ed urgente garantire la continuità del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti solidi urbani nell’attuale periodo di transizione e, comunque, fino alla data del 31/10/15, nelle more di espletare la gara, il cui termine di presentazione delle offerte è stato fissato dall’UREGA, sede di Ragusa, per il prossimo 17/9/15 e di definire le procedure tecnico-amminuistrative necessarie per addivenire all’affidamento del servizio in conformità a quanto previsto all’art. 15 della Legge Regionale n.9 dell’8/4/10>>;
-si richiamava l’art. 191 del decreto legislativo n.152 del 3/4/06 che consente al sindaco, in presenza di situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente -e stante l’impossibilità di provvedere altrimenti- di emettere ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione di rifiuti, anche in deroga delle disposizioni vigenti.
L’affidamento veniva imposto, ancora una volta, sulla base delle condizioni economiche di cui alla sopracitata ordinanza n. 1412/OR del 07/10/2009.
La ditta istante, ritenendo illegittimo tale provvedimento, lo impugnava con ricorso notificato l’08/10/2015 e depositato presso gli uffici di segreteria del giudice adito il 09/10/20/15.
L'Amministrazione intimata si costituiva in giudizio con deposito di memoria in segreteria il 12/11/2015.
Sulla domanda cautelare incidentalmente proposta il Collegio si pronunciava, con ordinanza n. 1029/2015, accogliendola ai soli fini della fissazione della data pubblica.
In data 25/02/2016 aveva luogo l'udienza pubblica per l'esame del ricorso in epigrafe, che veniva rimesso in decisione.
DIRITTO
I - Con il primo motivo del ricorso principale è stata contestata la correttezza sostanziale delle ordinanze impugnate per la violazione di plurime norme, anche di rilevanza costituzionale (artt. 23 e 41), nonché per il sussistere del vizio di eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, violazione dei principi di correttezza e buon andamento e difetto di motivazione.
L'argomento utilizzato dall'Amministrazione intimata a più riprese, prima per rigettare le più richieste di revisione del costo del servizio espletato avanzate dalla ditta attuale ricorrente, e poi per fissarlo con riferimento al regime tariffario previsto nella precedente ordinanza sindacale n. 1412 del 07/10/2009 all'interno delle ordinanze sindacali impugnate con il ricorso principale e con quello per motivi aggiunti, è quello secondo cui " il rapporto con la ditta è regolato, non da un contratto di servizio e fornitura a prestazione periodica, ma da un'ordinanza contingibile ed urgente per motivi legati all'igiene e alla salute pubblica, emessa in conformità alle direttive regionali dettate in materia di rifiuti ".
Il Collegio non disconosce la rilevanza del bene-interesse che l'Amministrazione intimata ha inteso tutelare ricorrendo all'esercizio dei poteri d'urgenza attribuiti all'autorità comunale dagli artt. 191, primo comma, del D.Lgs. n. 152/2006 e 50, quinto comma, del D.Lgs. n. 267/2000, trattandosi "non solo di interessi pubblici ma anche di diritti soggettivi fondamentali (quali il diritto alla salute e all'incolumità personale) minacciati da "emergenze sanitarie o di igiene pubblica", che pur in "'assenza di specifici parametri normativi di riferimento, o comunque del formale recepimento in atti normativi di determinate prescrizioni di carattere igienico-sanitario, non esclude la possibilità, e anzi la necessità, di impor(re il loro) rispetto ove le stesse (ordinanze) appaiono idonee, sul piano tecnico-scientifico, a prevenire situazioni di pericolo alla salute o all'ambiente "(T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, sent. 9 giugno 2005, n. 4695).
Nondimeno, quell'esigenza di tutela non può spingersi fino al punto di vanificare posizioni giuridiche di pari rilevanza costituzionale quali, nel caso di specie, quelle guarentigiate dagli artt. 23 e 41 della vigente Carta Fondamentale.
Con particolare riguardo all'art. 23 Cost., secondo il quale " nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge ", il Collegio osserva che né l'art. 191 del D.Lgs. n. 152/2006, né gli artt. 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, autorizzano il Sindaco a porre in essere provvedimenti che, pur perseguendo scopi senz'altro meritevoli, ciò facciano mediante disposizioni attraverso le quali si realizzino effetti analoghi a quelli di un provvedimento di requisizione di servizi adottato in danno della ditta ricorrente, in assenza delle garanzie che l'ordinamento specificamente prevede in relazione a tale fattispecie.
Si tratta cioè, nella fattispecie, di tenere presente il principio giuridico secondo cui, pur in presenza di gravi circostanze che mettono in pericolo la collettività, occorre bilanciare e contemperare le diverse esigenze in conflitto. Con riferimento alla fattispecie, le esigenze sottese alla tutela della salute e della pubblica igiene da un lato e dell'iniziativa economica privata e dell'impresa dall'altro, devono trovare un punto di equilibrio non deteriore rispetto a quello, fissato, ad esempio, dalla previsione normativa di cui all'art. 427 del D.Lgs. n. 66/2010 che disciplina l'ipotesi della requisizione di servizi nelle ipotesi di " requisizioni in tempo di guerra o di grave crisi internazionale " (stabilendo che " l'indennità per la requisizione di servizi è stabilita tenendo presenti le tariffe stabilite a norma delle leggi vigenti ").
L'amministrazione intimata, pertanto, non avrebbe dovuto arrestarsi al mero riscontro della (correttamente ritenuta) impossibilità di applicare, nel caso di specie, l'art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006, ma, nell'esercizio dei poteri di cui agli artt. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 e 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, avrebbe dovuto procedere a dettare una disciplina dei propri rapporti economici con il destinatario della relativa ordinanza che fosse rispettosa del principio generale << secondo il quale in materia di provvedimenti contingibili ed urgenti deve essere arrecato al privato destinatario dell'ordinanza il minor sacrificio possibile >>e che ciò << comporta l'obbligo di non imporre, attraverso il ricorso ai poteri extra ordinem, corrispettivi ancorati a valori risalenti nel tempo e non preceduti dalla previa verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio reso >>(cfr. TAR Lazio, Roma, II, 6/11/12, n. 9062), con la conseguenza che << il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall'Amministrazione al privato, dovendo all'obbligo di proseguire nell'espletamento del servizio essere connessa la corresponsione di un giusto compenso per il destinatario del provvedimento. L'imposizione di una prestazione ad un prezzo non più corrispondente ai prezzi di mercato determinerebbe, infatti, un ingiustificato sacrificio dell'iniziativa economica privata a beneficio della p.a., con violazione dei principi desumibili dall'art. 41 Cost. (Consiglio di Stato, Sez. V, 2 dicembre 2002 n. 6624).>> (cfr. TAR Lazio cit.;nello stesso senso c.f.r. TAR Puglia, Lecce, 22/5/14 n. 1240;T.A.R. Sardegna, I, 19/2/10 n. 204 e TAR Sicilia, Palermo, I, 27/3/08 n. 383).
Il non averlo fatto nel caso di specie, rende pertanto fondato il dedotto vizio di violazione e/o falsa applicazione degli artt. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 e 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, con consequenziale illegittimità dell’ordinanza sindacale impugnata, nella parte in cui rinvia al contenuto della ordinanza sindacale n. n. 1412 del 07/10/2009 di disciplina dei rapporti economici fra il Comune di Modica e la ditta P G.
Del resto, una tale soluzione risulta altresì imposta, a giudizio del Collegio, dal principio dell'interpretazione costituzionalmente conforme della normativa vigente.
Infatti, a ben vedere, la stessa previsione di cui all'art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 (che impone per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture l'inserimento d'una clausola di revisione periodica del prezzo), esprime le medesime esigenze di tutela cui, in assenza di un titolo negoziale a base del rapporto giuridico in specifica considerazione, presiede l'art. 2041 c.c.: evitare la locupletazione - intesa dalla Suprema Corte [ex plurimis e più di recente, Cass. Civ., sez. I, sent. 4 settembre 2013, n. 20226] (anche) come (mero) non autorizzato risparmio di spesa;esattamente come nel caso a mani, - di un soggetto in danno dell'altro in assenza di una " giusta causa ".
Ove fonte del rapporto sia invece un provvedimento amministrativo unilateralmente adottato " jure principis " dalla pubblica autorità, ebbene, è questa a doversi fare carico dell'osservanza del predetto principio mediante un previo esame dei costi effettivi che l'operatore economico privato è chiamato a sostenere per lo svolgimento del servizio impostogli " ex auctoritate ". Ove così non fosse il provvedimento d'urgenza costituirebbe per la P.A. un comodo espediente per sottrarsi all'applicazione della disciplina in materia di ingiustificato arricchimento: la quale, con gli artt. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 e 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, appresta, relativamente ai rapporti economici creati dal provvedimento di urgenza, una tutela paragonabile a quella che l'art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006 offre all'operatore economico privato ove fonte dell'affidamento del servizio sia un titolo contrattuale. Ove pertanto il principio generale sopraenunciato non potesse operare conformando il rapporto oggi in specifica considerazione, il giudice adito non potrebbe sottrarsi all'obbligo di sollevare d'ufficio la questione di legittimità costituzionale degli artt. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 e 50 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000, così come intesi dall'Amministrazione intimata, oltre che per la violazione dell'art. 23 Cost., anche dell'art. 3 della stessa, in ragione della deteriore posizione in cui si troverebbe l'operatore economico incaricato dello svolgimento di un servizio pubblico ex auctoritate , rispetto a quello che invece possa rivendicare un titolo negoziale per l'affidamento del relativo incarico.
Poiché, tuttavia, attenersi al canone dell'interpretazione costituzionalmente conforme delle norme vigenti costituisce un ineludibile obbligo ermeneutico per qualunque giudice della Repubblica Italiana (cfr. C. Cost., sent. 4 luglio 2013, n. 170), esso a maggior ragione impone di disconoscere la base giuridica del provvedimento impugnato proposta dall'Amministrazione nelle proprie difese.
Conclusivamente, anche in base al pregresso operato dell'amministrazione -che, con riferimento a periodi di servizio antecedenti a quelli odierni aveva già riconosciuto compensi revisionali alla ricorrente (benché degli stessi abbia successivamente chiesto la ripetizione avuto riguardo alla natura non contrattuale del titolo giuridico posta a base del servizio svolto dall'impresa P G)- risulta confermata la tesi attorea secondo cui al momento dell'adozione degli atti impugnati non vi è stata alcuna verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio imposto.
II - Con il secondo motivo veniva postulata l’illegittimità dell’ordinanza impugnata, per esser stato disposto un termine per i pagamenti in favore dell'Amministrazione intimata pari a 90 giorni, in violazione di quanto previsto dal D.Lgs. n. 231/2002. Osserva in proposito il Collegio che la censura proposta potrebbe apparentemente trovare il conforto della prevalente giurisprudenza amministrativa, che è univoca - quantomeno per le controversie anteriori all'entrata in vigore delle modificazioni introdotte dall'articolo 24, comma 3, lettera a), numero 2) della Legge 30 ottobre 2014, n. 161, all'originario art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 - nell'escludere che le Amministrazioni Pubbliche possano fissare termini per i pagamenti dalle stesse dovuti più ampi di quelli massimi prefigurati dall'art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sent. 1 aprile 2010, n. 1885;Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 2 febbraio 2010, n. 469). Quella giurisprudenza, tuttavia, trova applicazione unicamente ai rapporti contrattuali. Il potere di fissazione dei termini di pagamento da parte della P.A. viene cioè limitato dalle norme di cui all'art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002 soltanto ove il rapporto cui essi accedano abbia natura di una transazione commerciale;ovvero, a norma della lettera a) del primo comma dell'art. 2 dello stesso, ov'esso abbia la propria fonte in "contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo". Ora, poiché nel caso di specie, al contrario, il rapporto è stato costituito ex auctoritate dall’amministrazione con ricorso alle disposizioni di cui agli artt. 191 del D.Lgs. n. 152/2006 e 50 e 54 del D.lgs. n. 267/2000, non può trovare applicazione il D.Lgs. n. 231/2002;ne consegue la reiezione del presente motivo di ricorso.
III - Dall'accoglimento del gravame discende la necessità di esaminare la domanda con cui il ricorrente chiede “ l’accertamento del diritto dell’impresa P G a ricevere il…………giusto corrispettivo del servizio ".
Il Collegio osserva che, quest’ultima espressione, al di là della stretta formulazione letterale, incentrata sulla richiesta -all’amministrazione intimata- di riconoscimento d’un giusto corrispettivo, sta in realtà ad indicare, come del resto la documentazione allegata al ricorso si incarica di dimostrare, il carattere pregiudizievole -e perciò fonte di danno ingiusto- per l’attività di impresa, d’un servizio la cui esecuzione da anni il comune, autoritativamente, ne impone alla ditta istante lo svolgimento sulla base d’un sistema di costi quantificati in misura alquanto diversa da quella che realmente l’impresa è costretta a sostenere.
Vi è quindi un preciso nesso giuridico fra fra le denunciate illegittimità provvedimentali –riassumibili in termini di sproporzione (rectius: violazione del principio di proporzionalità) dell’azione amministrativa- e le conseguenze dannose della lesione dell’interesse legittimo dell’impresa ad una azione amministrativa che, pur quando autoritativa e dettata dai caratteri della contingibilità e dell’urgenza, giammai deve trascurare i principi di ragionevolezza e proporzionalità. In questo ordine di idee questo collegio ritiene pertanto, nell’esercizio dei poteri ufficiosi di cui al primo periodo del secondo comma dell'art. 32 c.p.a (alla cui stregua "il giudice qualifica l'azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali.") di considerare la domanda di cd. accertamento del "giusto corrispettivo del servizio" quale -in realtà- domanda implicitamente risarcitoria del danno (per equivalente pecuniario) causato alla ditta ricorrente dall'illegittimità dell’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco del Comune di Modica n. 1054/OR del 31/08/2015, nella parte in cui determina il corrispettivo per il servizio di igiene urbana svolto con riferimento alle tariffe di cui all'ordinanza n. 1412 del 07/10/2009.
Al fine della stima della misura del danno risarcibile il Collegio premette che appare evidente come l’ordinanza impugnata, tutt'ora basata sul progetto del servizio di raccolta e trasporto di nettezza urbana ed accessori approvato dal dirigente competente con determina n. 1614 del 14/6/06, dalla successiva perizia di variante del 17/1/08 e secondo le prescrizioni contenute nella ordinanza sindacale n. 1412 del 7/10/09 di affidamento del servizio, rechi condizioni economiche non più adeguate, non tenendo conto neppure delle variazioni intervenute nel potere di acquisto della moneta;il che appare appunto in palese contrasto col presupposto stesso a base delle ordinanza impugnata che, essendo di mera proroga del servizio avviato ormai da anni con attribuzione autoritativa in capo alla impresa ricorrente, sconta la necessità della prosecuzione delle prestazioni stante l'impossibilità di procedere in tempi brevi a nuovi affidamenti e ad ordinari regimi contrattuali. Vanno quindi riconosciuti alla ditta ricorrente importi a copertura dei costi del servizio svolto meglio corrispondenti ai maggiori oneri derivanti dall'esecuzione del servizio "de quo" con riferimento al periodo coperto dall’ordinanza impugnata;il tutto, con conseguente condanna dell'amministrazione al relativo pagamento.
Occorre parimenti dar atto che la ditta ricorrente, rispetto alla decisione resa dalla Sezione con la sentenza n. 2609/2015, afferente l’accoglimento di ricorso della medesima ditta Puccia su una precedente ordinanza contingibile ed urgente di proroga del servizio “de quo”, nella memoria depositata in segreteria il 22/01/2016 ha anticipatamente manifestato la propria insoddisfazione per una statuizione definitiva che ne seguisse le orme, in quanto “ allorchè la giurisprudenza si è limitata a riconoscere gli indici ISTAT lo ha fatto unicamente perché nelle fattispecie esaminate le pretese azionate risultavano “ sprovviste del benché minimo principio di prova” (…) e ritenute conseguentemente “inammissibili per genericità”. Nel caso in esame, per contro, le richieste risarcitorie di parte ricorrente legate ai maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio sono supportati da puntuali riscontri tecnici suffragati da idonea e conforme documentazione e da specifica relazione tecnica di parte ”.
O, ritiene il Collegio che, nel caso di specie e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’adeguamento dei corrispettivi secondo gli indici ISTAT ben possa trovare applicazione.
A tal proposito giova rammentare che l’intervento richiesto al giudice adito non è volto a ripristinare la normale capacità di guadagno di un’impresa privata nell’ambito di un rapporto contrattuale con una P.A., quanto invece, e più limitatamente, a risarcire il pregiudizio economico subito a causa dall’esercizio di poteri autoritativi esercitati con un ingiusto -oltre che costante- squilibrio
. Proprio per l’assenza di un contratto che leghi la ditta ricorrente all’Amministrazione intimata (per tale certo non potendosi ritenere, così come asseverato da quest’ultima in gravame, quello risolto di diritto il 24/08/2009 senza che fosse mai avvenuta la consegna dei lavori alla stessa), il danno da risarcire non può essere quantificato in misura pari al risultato utile di “ una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi ” del quale il titolare della ditta P G avrebbe astrattamente avuto titolo per appropriarsi, ma unicamente in base all’arricchimento che, come risparmio di spesa in assenza di “ una giusta causa ”, l’Amministrazione intimata ha conseguito in danno della ditta predetta con il remunerare le prestazioni rese dalla stessa in forza dell’ordinanza n. 1054/2015 del 31/08/2015 in base ai corrispettivi di cui all’ordinanza n. 1412/OR del 07/10/2009.
E’ quindi di tutta evidenza che, in presenza di un generalizzato aumento del costo dei beni e dei servizi, la prosecuzione del servizio al prezzo di cui all’ordinanza predetta non può più ritenersi remuneratoria per il ricorrente, scontando il deficit inflazionistico.
Del resto, nell’invocare un diverso parametro per il risarcimento del danno subìto, la ricorrente, forse non a caso, fa espresso riferimento ad un’unica pronuncia, rappresenta dalla sentenza del TAR Lazio, Roma, II, 6/11/12, n. 9062, la quale riguarda il caso, assolutamente diverso, della proroga mediante ordinanza della gestione di un servizio precedentemente affidato mediante un contratto (diverso da quello del quale non sia mai stata intrapresa la concreta esecuzione mediante consegna dei lavori, così come nel caso qui specificamente in esame). Con il risultato, altrimenti assolutamente paradossale per la ditta ricorrente, di rivendicare una remunerazione in base all’utile conseguibile in seguito allo svolgimento di un contratto avente ad oggetto il servizio qui in specifica considerazione, senza invece aver affrontato l’onere di sottoporsi alla specifica procedura di evidenza pubblica per ottenere l’aggiudicazione dello stesso.
Ritiene quindi il collegio che, in base alla ricostruita tipologia del danno risarcibile, ben si possa fare applicazione del criterio risarcitorio adottato dalla giurisprudenza in casi analoghi (cfr. p.e. TAR Puglia, Lecce, 25/2/14 n.624) riconoscendo la pretesa nei limiti della rivalutazione dell'originario compenso, in base agli indici ISTAT relativi alle varie categorie cui si riferiscono i fattori produttivi utilizzati dalla ricorrente per la gestione del servizio (costo del lavoro, costo dei materiali, del carburante etc.), questo al fine di individuare il giusto compenso afferente il periodo di servizio compreso nell’ordinanza impugnata. In caso non fossero stati formati gli indici ISTAT per tutte le componenti, dovrà utilizzarsi l'indice generale FOI (famiglie operai, impiegati) per le voci non oggetto di specifica indicizzazione.
Pertanto, l’amministrazione va condannata a versare alla ricorrente un risarcimento pari alle somme corrispondenti ai maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio in esame, nel periodo 1.9.2015/31.10.2015, con conseguente condanna dell’amministrazione comunale al relativo pagamento.
La remunerazione indicata negli atti impugnati va quindi maggiorata tenendo conto dell'intera rivalutazione intervenuta, sui costi fissati dall’amministrazione, dal 2009 e fino alla data di avvio del periodo di servizio previsto nell’ordinanza impugnata.
IV - Il Collegio, conclusivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe, per gli effetti annullando l’ordinanza sindacale con esso impugnata per quanta parte riguardi la determinazione delle condizioni economiche previste per lo svolgimento del servizio di igiene urbana nel territorio del Comune di Modica da parte della ditta ricorrente.
A tale annullamento consegue, come già fatto presente, in accoglimento della domanda risarcitoria, la condanna del Comune secondo i principi sopra enunciati.
Il collegio, nello statuire sulla refusione delle spese processuali fra le parti, condanna la stessa, alla refusione delle spese di giudizio nei confronti della società ricorrente nella misura di euro 4.000,00 (quattromila/00).