TAR Napoli, sez. I, sentenza 2017-04-20, n. 201702168

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2017-04-20, n. 201702168
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201702168
Data del deposito : 20 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/04/2017

N. 02168/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02728/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2728 del 2011, proposto da:
GE.GI. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Arcangelo D'Avino, Paolo D'Avino, presso i quali ha eletto domicilio in Napoli, via Cavallerizza a Chiaia, 60;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Barbara Accatatis Chalons d’Oranges, A A, E C, B C, A C, A I F, G P, A P, B R, G R, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Municipale, in Napoli, piazza Municipio, palazzo San Giacomo;

per la condanna

del Comune di Napoli al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'annullamento del verbale di gara del 7 aprile 2009, in ordine all'affidamento, mediante procedura negoziata, ai sensi dell'art. 57, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, del servizio di manutenzione degli estintori installati nelle scuole e negli uffici di proprietà comunale e della revoca della procedura di gara;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2017 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente premette di aver partecipato ad una gara d’appalto indetta dal Comune di Napoli nel 2007 per l’affidamento della manutenzione degli estintori nelle scuole e negli uffici di proprietà comunale, conseguendo l’aggiudicazione.

Tuttavia, in seguito ad un esposto della terza classificata, la commissione di gara disponeva l’annullamento in autotutela della predetta aggiudicazione e, nel prosieguo, si determinava per la revoca d’ufficio dell’intera procedura.

Per quanto attiene alla società ricorrente, l’annullamento dell’aggiudicazione veniva motivata sulla presunta violazione dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 in quanto la società non aveva reso compiute dichiarazioni in ordine alla insussistenza di condanne penali e di gravi negligenze o errori nell’esercizio dell’attività professionale: in pratica, avendo rilevato il ramo di azienda della Fire Controll con contratto di affitto sottoscritto il 29 ottobre 2008, la GE.GI. s.r.l. aveva omesso di dimostrare la insussistenza di condanne penali per reati che incidono sull’affidabilità morale e professionale anche con riferimento agli amministratori e direttori tecnici dell’impresa cedente cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, tanto più che l’amministratore dell’impresa cedente era gravato da precedenti penali per turbativa d’asta e corruzione appunto ai danni del Comune di Napoli.

Espone che, con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 8044/2010 veniva accolto l’appello proposto dalla ricorrente avverso la pronuncia reiettiva di primo grado di questo T.A.R., Sez. I, n. 1207/2010, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado (ritiro in autotutela dell’aggiudicazione in favore della GE.GI. s.r.l. e successiva revoca della procedura di gara).

Per quanto rileva nel presente giudizio il Consiglio di Stato ha fondato il proprio ragionamento sulla impossibilità di estendere in via analogica, oltre alle ipotesi espressamente previste dalla legge, le clausole di esclusione poste dalla gara, previste dalla legge o dal bando, in quanto di stretta interpretazione, secondo i principi della tutela dell’affidamento, della par condicio dei concorrenti e del favor partecipationis . A tale proposito, si è anche preso atto della mancanza nel nostro ordinamento giuridico di una disposizione che preveda, con effetto preclusivo, in caso di cessione d’azienda antecedente alla partecipazione alla gara, un obbligo specifico di dichiarazione in ordine ai requisiti soggettivi della società cedente riferita agli amministratori e direttori tecnici, visto che l’art. 38 richiedeva il possesso e la dimostrazione dei requisiti generali di partecipazione solo in capo all’impresa concorrente.

Infine, si è dato atto che la cessione d’azienda comporta una successione a titolo particolare del cessionario al cedente e che i soggetti conservano una distinta personalità giuridica.

Tanto premesso, con il ricorso in trattazione la GE.GI. s.r.l. lamenta non aver conseguito il bene della vita cui aspirava, costituito dall’affidamento dell’appalto, e chiede la condanna dell’amministrazione locale al risarcimento dei danni per equivalente monetario.

Lamenta l’illegittimità dell’azione amministrativa alla luce della pronuncia di appello del Consiglio di Stato precisando che la lesione patita è imputabile alla negligenza del Comune di Napoli che ha accreditato un esposto presentato dalla terza classificata, documento di provenienza inattendibile a fronte del quale la stazione appaltante avrebbe dovuto consentire alla medesima ricorrente di chiarire la propria posizione mediante adeguata interlocuzione procedimentale.

In ordine al quantum della richiesta risarcitoria, parte ricorrente chiede il ristoro dei danni commisurati:

- al danno emergente, consistente nelle spese inutilmente sostenute in previsione del contratto, quindi nei costi sostenuti per la partecipazione alla gara;

- al lucro cessante, stimato nel 10% della propria offerta economica;

- danno per perdita di chance , corrispondente alle perdite sofferte per non aver usufruito di altre occasioni contrattuali, e danno curriculare, pari al 5% dell’offerta economica.

Si è costituito il Comune di Napoli che assume l’insussistenza della responsabilità precontrattuale richiamando le contrastanti pronunce di primo e secondo grado in ordine alla legittimità dell’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione e, a tale proposito, invoca la scusabilità dell’errore. In caso di riconosciuto accertamento della responsabilità, contesta il quantum della pretesa avanzata dalla ricorrente.

All’udienza del 5 aprile 2017 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

La domanda risarcitoria è fondata.

Sussistono invero gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 30 cod. proc. amm. e dell’art. 2043 cod. civ. per illegittimità dei provvedimenti di revoca dell’aggiudicazione disposta in favore della società ricorrente e della procedura di gara.

Difatti, si è visto che, con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 8044/2010 è stato accolto l’appello proposto dalla ricorrente avverso la pronuncia reiettiva di primo grado di questo T.A.R., Sez. I, n. 1207/2010 e, per l’effetto, è stato accolto il ricorso di primo grado e sono stati annullati gli atti impugnati (ritiro in autotutela dell’aggiudicazione in favore della GE.GI. s.r.l. e successiva revoca della procedura di gara).

In ordine al rapporto di causalità, va condiviso il ragionamento della società ricorrente secondo cui, qualora l’amministrazione non avesse disposto gli atti di autotutela, la ricorrente avrebbe certamente mantenuto l’aggiudicazione dell’appalto ed eseguito l’appalto di cui si controverte.

Con riguardo all’elemento soggettivo della colpa, va dequotata l’argomentazione addotta dalla difesa dell’amministrazione in ordine alla scusabilità dell’errore in relazione alle oscillazioni giurisprudenziali in tema di ampiezza degli obblighi dichiarativi ex art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006.

Difatti, trattandosi di violazione della normativa sugli appalti pubblici, la condanna al risarcimento dei danni non richiede il riconoscimento del carattere colpevole dell’illegittimità commessa dall'amministrazione aggiudicatrice (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1478/2014;
Sez. V, 240/2013;
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 30 settembre 2010 in causa C314/2009).

In altri termini, si tratta di una forma di responsabilità oggettiva, sottratta ad ogni possibile esimente, poiché derivante dal principio generale funzionale a garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza, nel settore de quo , senza perciò che vengano in rilievo condotte colpose da parte dell'amministrazione connotate da negligenza o lesive dei principi di buon andamento.

Venendo alla determinazione dell’ammontare del danno, non possono essere innanzitutto riconosciute le spese di partecipazione alla gara, alla stregua dell’orientamento prevalente in giurisprudenza secondo cui il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione è funzionale al ristoro dell'interesse positivo, che consiste nel mancato conseguimento delle utilità economiche che l’impresa avrebbe ricavato dall'esecuzione del contratto posto a gara. Per contro, le spese sostenute per partecipare a quest'ultima costituiscono poste risarcibili nell'ambito del c.d. interesse negativo, azionabile in ipotesi di responsabilità precontrattuale dell'amministrazione aggiudicatrice (ad es. in caso di illegittima revoca dell'aggiudicazione o ingiustificato rifiuto di stipulare il contratto);
ad opinare in contrario si giungerebbe infatti ad arricchire il danneggiato, in palese violazione della funzione reintegratoria del rimedio risarcitorio (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 799/2013;
Sez. III, n. 3437/2013).

Viceversa, possono essere riconosciuti:

- il lucro cessante che va equitativamente determinato nel 5% dell’offerta economica della ricorrente;
al riguardo, deve infatti tenersi conto dell' aliunde perceptum, in quanto non risulta che la perdita dell'aggiudicazione abbia impedito alla società di impiegare in maniera proficua maestranze e mezzi in altre commesse pubbliche o private;

- il danno riportato dall'impresa a causa del mancato arricchimento del proprio curriculum professionale con connesso pregiudizio della capacità della stessa di competere sul mercato, che va liquidato equitativamente nel 3% sull’importo di cui all’alinea che precede.

Sulla somma così determinata e che l’amministrazione intimata provvederà a liquidare, trattandosi di debito di valore, va riconosciuta la rivalutazione monetaria dalla data di adozione del provvedimento di autotutela (determina dirigenziale n. 18 del 4/5/2009 di revoca della procedura di gara) alla data di pubblicazione della presente sentenza a decorrere dalla quale, divenuto debito di valuta, dovranno essere corrisposti gli interessi legali fino al soddisfo.

Viceversa, va rigettata la pretesa volta ad ottenere il ristoro della perdita di chance , poiché secondo condivisibile giurisprudenza (T.A.R. Lazio, Roma, n. 3776/2011) il risarcimento di tale voce è alternativo al lucro cessante che, nel caso specifico, è stato accordato alla ricorrente.

In base agli artt. 91 c.p.c. e 26 c.p.a. l’amministrazione soccombente va condannata al rimborso delle spese processuali in favore della società ricorrente

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