TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2014-04-07, n. 201403755
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N. 03755/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02218/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2218 del 2010, proposto da:
S O, rappresentato e difeso dagli Avv.ti A M, S O, S S, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via de' Prefetti, 26;
contro
Comune di San Felice Circeo, in persona del Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio;
Ente Parco Nazionale del Circeo, in persona del legale rappresentante p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avv. V S, con domicilio eletto presso lo studio della stessa in Roma, Viale Aurelio Saffi, 20;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della nota prot. n. PNC/DIR/2009/4471 del 2.12.2009, con la quale l’Ente Parco Nazionale del Circeo ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di condono edilizio proposta dal ricorrente ai sensi della L. n. 326/03 e della L.R. 12/04.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Nazionale del Circeo e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il dott. Francesco Arzillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente impugna l’atto indicato in epigrafe, con cui l’Ente Parco Nazionale del Circeo, nel riscontrare una richiesta rivolta a conoscere lo stato della pratica di condono relativa a opere abusive in ampliamento a una preesistente abitazione sita nel Comune di San Felice Circeo (identificata in Catasto al Foglio 8, Mappale n. 695), ne ha dichiarato l’inammissibilità in applicazione delle previsioni della L. n. 326/2003 e della L.R. n. 12/2004, trattandosi di abusi ricadenti all’interno di un parco nazionale.
A sostegno dell’impugnazione il ricorrente fa valere un unico motivo di ricorso così rubricato:
- incompetenza;eccesso di potere per perplessità, difetto assoluto di istruttoria, errore sui presupposti, travisamento dei fatti, sviamento, illogicità e ingiustizia manifeste, arbitrarietà, sproporzione, irragionevolezza;violazione e falsa applicazione della L. n. 326/2003 e della L. R. n. 12/2004;violazione dell’art. 97 della Costituzione.
2. Si sono costituiti in giudizio l’Ente Parco Nazionale del Circeo e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, resistendo al ricorso.
3. Con le ordinanze n. 1725/2010 e 3639/2011 il Tribunale ha disposto incombenti istruttori.
4. Il ricorso è stato nuovamente chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 24 ottobre 2013, e quindi trattenuto in decisione.
5. Il ricorrente contesta l’atto impugnato sotto due profili:
1) esso avrebbe erroneamente ritenuto che l’immobile impugnato ricada nella perimetrazione del Parco Nazionale del Circeo, mentre in realtà è situato nel Centro Storico del Comune di San Felice Circeo;
2) le opere oggetto dell’istanza di condono, oltre a non essere difformi dalle vigenti previsioni urbanistiche, sono comunque opere minori che non hanno comportato alcun aumento di cubatura e non hanno impatto ambientale negativo, essendo meramente funzionali al godimento e alla sicurezza dell’immobile.
6. La prima censura è infondata.
Alla stregua degli esiti dell’istruttoria disposta al riguardo con l’ordinanza n. 1725/2010 - e in particolare della relazione sottoscritta congiuntamente dal comandante della stazione del Corpo Forestale dello Stato di Sabaudia e dal responsabile dell’Ufficio tecnico dell’Ente Parco - deve rilevarsi che la Zona A “Centro Storico”, nel cui ambito ricade l’immobile, rientra integralmente all’interno del perimetro del Parco Nazionale del Circeo.
Su questo punto le risultanze della relazione sono corroborate da una completa documentazione allegata, con le relative tavole, che rivestono valore dirimente al riguardo.
7. L’esame della seconda censura postula anzitutto alcune considerazioni in punto di diritto.
L’atto impugnato, pur presentandosi formalmente come una semplice nota interlocutoria che prelude a un successivo parere, comporta sostanzialmente un arresto procedimentale in quanto dichiara l’inammissibilità della domanda di condono: come tale, esso è impugnabile in questa sede.
L’atto si basa sul richiamo dell’art. 3, comma 1, lettera b) della L.R. n. 12/2004, il quale così dispone:
“ Fermo restando quanto previsto dall'articolo 32, comma 27, del D.L. n. 269/2003 e successive modifiche, dall'articolo 32 della L. n. 47/1985, come da ultimo modificato dall'articolo 32, comma 43, del citato D.L. n. 269/2003, nonché dall'articolo 33 della L. n. 47/1985, non sono comunque suscettibili di sanatoria:
(omissis)
b) le opere di cui all'articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima dell’apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali ”.
Secondo l’atto impugnato questa norma andrebbe letta nel senso di escludere assolutamente la condonabilità di ogni tipo di opere situate nei parchi e nelle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali; mentre resterebbero sanabili le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, ove esse siano conformi alle previsioni urbanistiche generali e agli strumenti attuativi vigenti, e siano inquadrabili nelle tipologie di abusi minori previste ai punti 4, 5, e 6 dell’allegato 1 della L. n. 326/2003.
7.1 La richiamata disposizione della legge regionale fa espressamente salvi sia l’art. 32, comma 27, del D.L. n. 269/2003 (conv. in L. n. 326/2003), sia gli articoli 32 e 33 della L. n. 47/1985.
Quanto al menzionato art. 32, comma 27, in particolare, la giurisprudenza amministrativa prevalente (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2010, n. 3174;TAR Campania - Napoli, sez. III, 4 aprile 2012, n. 1612) sostiene che esso esclude dalla sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), subordinando peraltro detta esclusione a due condizioni costituite:
a) dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell'esecuzione delle opere abusive;
b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Ne consegue che in concreto - dovendo sussistere entrambe le condizioni per l’operatività dell’esclusione - la sanatoria delle opere realizzate su aree vincolate è consentita solo in due ipotesi, che operano disgiuntamente: e quindi nel caso che la realizzazione delle opere abusive sia avvenuta prima dell'imposizione dei vincoli;ovvero nel caso che le opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
La previsione regionale in questione non modifica questa disciplina generale, ma individua un segmento speciale relativo ai soli vincoli imposti “sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali”.
Con specifico riferimento a questi casi, essa prevede l’esclusione del condono anche per i vincoli istituiti successivamente all’abuso, fermo restando - sempre ai fini dell’esclusione - il necessario rilievo della non conformità alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Secondo la difesa dell’Ente Parco, che richiama una serie di note interpretative della Regione Lazio, la previsione della legge regionale andrebbe letta nel senso nel senso di escludere la sanabilità in ogni caso delle opere abusive situate in parchi e aree protette. Ma questa interpretazione è già stata disattesa da questa Sezione con la sentenza TAR Lazio, sez. II - bis, 8 gennaio 2007, n. 52, la quale - nel pronunciarsi su un caso di condono relativo a opere effettuate in un parco - ha ritenuto che “come emerge dal tenore letterale della norma, la non sanabilità per le opere realizzate in aree vincolate - anche a prescindere dalla data di realizzazione delle stesse - dipende dalla verifica dell’ulteriore presupposto della non conformità alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Questa interpretazione è l’unica compatibile col tenore letterale e con la ratio della disposizione della legge regionale.
Sul piano letterale, è evidente il fatto che l’inciso “non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” si riferisce a un presupposto generale di operatività dell’esclusione, la quale è poi collegata alle aree vincolate “ a tutela” di una serie di situazioni;e infatti l’espressione “nonché a tutela dei parchi etc.” è correlata alla precedente espressione “a tutela dei monumenti naturali etc.”e non configura un’ipotesi alternativa, contribuendo a determinare l’area di applicazione dell’ipotesi di esclusione come definita all’inizio.
Sul piano della ratio , poi, veramente non si comprenderebbe il motivo di trattare differentemente situazioni di analogo rilievo paesistico/ambientale.
Ne consegue che anche nei parchi della Regione Lazio non è da ritenersi tout court inapplicabile il cd. “terzo condono” del 2003. Detta inapplicabilità scatta invece nel caso in cui si rilevi la non conformità urbanistica, fermi restando ovviamente:
- in primo luogo, il requisito generale previsto dall’art. 32, comma 26, lettera a) del D. L. n. 269/2003, ovverosia che si tratti delle opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del medesimo D.L. (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria: TAR Campania, sent. cit.);
- in secondo luogo, la necessità di verificare se l’esclusione della sanatoria non discenda dalla natura del vincolo ai sensi dell’art 33 della L. n. 47/1985.
7.2 Le conclusioni interpretative cui è pervenuto il Collegio escludono la possibile rilevanza, nel presente giudizio, dei profili di incostituzionalità prospettati dalla difesa del ricorrente in relazione agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione, nonché dei profili attinenti all’asserito contrasto della legge regionale con l’art. 17 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea.
Infatti, da un lato, nella specie l’istituzione dell’Ente Parco è anteriore agli abusi (risalendo essa al 1934), il che rende irrilevante il profilo dell’estensione dell’esclusione, sancita dalla norma regionale, al caso del vincolo successivo all’esecuzione delle opere.
Dall’altro, l’interpretazione adottata esclude che la disposizione regionale intenda introdurre un’esclusione assoluta della sanatoria nei parchi, anche con riferimento alle opere di minore rilevanza.
8. Le precedenti considerazioni consentono di accogliere il ricorso, dovendosi ritenere fondata la seconda censura nei limiti suesposti in relazione alla motivazione dell’atto impugnato in questa sede.
Le ulteriori questioni relative alle caratteristiche delle opere e alla verifica degli ulteriori presupposti della sanatoria richiesta vanno risolte in prima battuta nella competente sede procedimentale, una volta rimosso l’ostacolo rappresentato dall’interpretazione radicalmente preclusiva adottata dall’Ente Parco.
Ciò in ossequio al principio desumibile dall’art. 34, comma 2 cod. proc. amm., secondo cui il giudice amministrativo non “può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”. Nella specie, infatti, l’atto impugnato è sostanzialmente un atto di arresto procedimentale che configura un’inammissibilità radicale dell’istanza di condono: inammissibilità che deve essere disattesa alla stregua delle precedenti considerazioni, proprio al fine di rendere possibile l’esame nel merito della domanda di condono nelle competenti sedi amministrative, nella quale andrà verificata la sussistenza o meno dei presupposti della richiesta sanatoria, con la conseguente adozione dei necessari provvedimenti formali.
9. La complessità della questione giustifica la compensazione delle spese di giudizio