TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-12-19, n. 202423024
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Testo completo
Pubblicato il 19/12/2024
N. 23024/2024 REG.PROV.COLL.
N. 06950/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6950 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Susanna Angela Tosi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto ex art. 25, comma 1, lett. a), cod. proc. amm., pressa la segreteria dell’intestato Tribunale in Roma, via Flaminia n. 189;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
del decreto del Ministero dell’Interno n. K10/-OMISSIS- del 13 marzo 2020, notificato il 15 giugno 2020, con cui è stata respinta la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dal ricorrente in data 5 gennaio 2015, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 dicembre 2024 il dott. Enrico Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe si contesta la legittimità del decreto del Ministero dell’Interno n. K10/-OMISSIS- del 13 marzo 2020, con cui è stata respinta la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dal ricorrente in data 5 gennaio 2015, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, essendo emersi sul suo conto i seguenti elementi pregiudizievoli di carattere penale:
- in data 29 agosto 2001, notizia di reato all’A.G. dall’Ufficio Frontiera Marittima di Brindisi per contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo ex art 460 c.p.;
- in data 14 dicembre 2007, sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (artt. 444, 445 c.p.p.) del G.I.P. del Tribunale di Vicenza, divenuta irrevocabile il 28 giugno 2008, per il reato di guida in stato di ebrezza conseguente all’uso di bevande alcoliche ai sensi dell’art. 186 C.d.S., commesso a Vicenza il 28 luglio 2007, per un totale di giorni 6 di arresto e € 200,00 di ammenda, sostituita la pena dell’arresto con l’ammenda di € 228,00.
L’impugnativa è stata affidata al seguente motivo di diritto:
I. Violazione di legge – Eccesso di potere – Difetto/carenza di motivazione e di istruttoria - Travisamento dei fatti - Abnormità/irragionevolezza del provvedimento - Difetto dei presupposti per il rigetto della cittadinanza .
Lamenta in sintesi il ricorrente che l’unica condanna iscritta nel proprio casellario giudiziale è costituita da una mera contravvenzione, dunque non una fattispecie delittuosa come asserito dal Ministero dell’Interno, peraltro molto risalente nel tempo e riabilitata dal Tribunale di Sorveglianza.
Per quanto riguarda, invece, la contestazione del 2001 relativa al reato di contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo ex art 460 c.p., il ricorrente sostiene che nessuna imputazione di reato è mai stata neppure sollevata nei suoi confronti ed è ragionevole ritenere che dopo quasi venti anni l’indagine, se mai esistita, sia stata archiviata.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio contestando le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto del ricorso.
Con memoria in data 18 ottobre 2024, il ricorrente ha rappresentato, a sostegno della propria e del fatto che lo stesso non possa in alcun modo considerarsi una minaccia per lo Stato, che la propria moglie ha ottenuto la cittadinanza italiana con decreto datato 4 settembre 2024.
All’udienza di smaltimento dell’arretrato del giorno 13 dicembre 2024 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Giova sul punto osservare, alla luce della giurisprudenza di recente sintetizzata dalla Sezione (T.A.R. Lazio, Roma, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2947, 3018, 3471, 5130 del 2022), che l’acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone un’amplissima discrezionalità in capo all’Amministrazione, come si ricava dalla norma, attributiva del relativo potere, contenuta nell’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, ai sensi del quale la cittadinanza “può” essere concessa.
Tale discrezionalità si esplica, in particolare, in un potere valutativo in ordine al definitivo inserimento dell’istante all’interno della comunità nazionale, in quanto al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti – consistenti, sostanzialmente, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consente, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si chiede di entrare a far parte), e nella possibilità di assunzione di cariche pubbliche – ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo; si tratta infatti di determinazioni che rappresentano un’esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (cfr. Consiglio di Stato, AG, n. 9/1999 del 10.6.1999; sez. IV n. 798/1999; n. 4460/2000; n. 195/2005; sez, I, 3.12.2008 n. 1796/08; sez. VI, n. 3006/2011; Sez. III, n. 6374/2018; n. 1390/2019, n. 4121/2021; TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012; n. 3920/2013; 4199/2013).
L’interesse dell’istante a ottenere la cittadinanza deve quindi necessariamente coniugarsi con l’interesse pubblico a inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale e se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile dunque comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’agire del soggetto (il Ministero dell’Interno) alla cui cura lo stesso è affidato.
In questo quadro, pertanto, l’Amministrazione ha il compito di verificare che il soggetto istante sia in possesso delle qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprima integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
La concessione della cittadinanza rappresenta infatti il suggello, sul piano giuridico, di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico.
In altri termini, l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale può avvenire (solo) quando l’Amministrazione ritenga che quest’ultimo possieda ogni requisito atto a dimostrare la sua capacità di inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato (cfr., ex multis , T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, n. 3227/2021; n. 12006/2021 e sez. II quater, n. 12568/2009; Cons. St., sez. III, n. 4121/2021; n. 8233/2020; n. 7122/2019; n. 7036/2020; n. 2131/2019; n. 1930/2019; n. 657/2017; n. 2601/2015; sez. VI, n. 3103/2006; n.798/1999).
Tanto chiarito sulla natura discrezionale del potere de quo , ne deriva che il sindacato giurisdizionale sulla valutazione compiuta dall’Amministrazione – circa il completo inserimento o meno dello straniero nella comunità nazionale – non può spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole.
Ciò in quanto la giurisprudenza, dalla quale non vi è motivo per discostarsi, ha costantemente chiarito che, al cospetto dell’esercizio di un potere altamente discrezionale, come quello in esame, il sindacato del giudice amministrativo si esaurisce nel controllo del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, e non può estendersi all’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto su cui fondare il giudizio di