TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2010-11-03, n. 201022291
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N. 22291/2010 REG.SEN.
N. 06830/2008 REG.RIC.
N. 01576/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 6830/2008 proposto da N S e G L, rappresentati e difesi dall’avvocato G R, con il quale sono domiciliati in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. per la Campania;
contro
il Comune di Santa Maria La Carità, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
sul ricorso n. 1576/2010 proposto da N S e G L, rappresentati e difesi dall’avvocato G R, con il quale sono domiciliati in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. per la Campania;
contro
il Comune di Santa Maria La Carità, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- quanto al ricorso n. 6830 del 2008, dell’ordinanza n. 69 in data 4 settembre 2008, con la quale è stata disposta la demolizione delle opere abusive realizzate dai ricorrenti alla via Fusaro (costituite da un manufatto edilizio avente una superficie lorda di 202,40 mq e un volume di circa 638,00 mc, nonché da una recinzione lunga 60 mt, realizzata con muro di calcestruzzo e sovrastante ringhiera in ferro);
- quanto al ricorso n. 1576 del 2010: della disposizione dirigenziale n. 113 del 16 dicembre 2009, notificata il 24 dicembre 2009, con al quale il Comune intimato ha disposto l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale di opere abusive oggetto della suddetta ordinanza di demolizione n. 69 in data 4 settembre 2008, nonché della relativa area di sedime;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2010 il dott. C P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
VISTE le ordinanze n. 437/2009 e n. 772/2010, con le quali questa Sezione ha respinto le domande cautelari proposte con i ricorsi in epigrafe indicati;
CONSIDERATO che, in via preliminare, che sussistono evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva per disporre, ai sensi dell’art. 70 del codice del processo amministrativo, la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati e che gli stessi possono essere decisi con “sentenza in forma semplificata”, ai sensi dell’art. 74 del codice del processo amministrativo;
CONSIDERATO che il secondo motivo del ricorso n. 6830/2008 - incentrato sulla natura delle opere di cui è stata ordinata la demolizione con l’ordinanza n. 69 in data 4 settembre 2008 - risulta palesemente infondato in quanto:
- dal combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 380/2001 con il successivo art. 10, comma 1, lettera a), che subordina al rilascio del permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione, e con l’art. 31, comma 2, del medesimo D.P.R. n. 380/2001, che prevede la sanzione della demolizione per gli interventi di nuova costruzione eseguiti in assenza del prescritto permesso di costruire, si desume che l’Amministrazione ha correttamente ordinato la demolizione del manufatto abusivo di cui trattasi;
- secondo la prevalente giurisprudenza non è necessario il permesso di costruire per la realizzazione di modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno e senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o comunque la delimitazione delle singole proprietà (ex multis, T.A.R. Veneto, Sez. II, 7 marzo 2006, n. 533);occorre invece il permesso di costruire, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettera e), del D.P.R. n. 380/2001, quando la recinzione determina una irreversibile trasformazione dello stato dei luoghi, come nel caso di una recinzione costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 18 settembre 2008, n. 10345;Sez. VII, 4 luglio 2007, n. 6458; T.A.R. Basilicata Potenza, 19 settembre 2003, n. 897);ne consegue che l’ordine di demolizione è stato correttamente adottato anche in relazione al muro di recinzione in epigrafe indicato;
CONSIDERATO che risulta parimenti infondata la censura incentrata sull’omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato all’adozione dell’ordine di demolizione. Infatti - premesso che il Comune di Santa Maria La Carità nella motivazione del provvedimento impugnato afferma di aver dato tale comunicazione con la nota n. 11931 in data 25 luglio 2008, notificata il 4 agosto 2008 - si deve comunque rilevare che :
- i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, non devono essere preceduti dalla comunicazione dell’avvio del procedimento (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 12 aprile 2005, n. 3780;13 gennaio 2006, n. 651), perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime;
- seppure si aderisse all’orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione anche per gli ordini di demolizione e si dovesse ritenere che tale comunicazione sia stata data ai ricorrenti in data 4 settembre 2008 (e non in data 4 agosto 2008), troverebbe comunque applicazione nel caso in esame l’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990 (introdotto dalla legge n. 15/2005), nella parte in cui dispone che “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento … qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Infatti, posto che l’ordine di demolizione è atto dovuto in presenza di opere realizzate in assenza del prescritto titolo abilitativo, nel caso in esame - trattandosi di opere subordinate al preventivo rilascio del permesso di costruire - risulta palese che il contenuto dispositivo dell’impugnata ordinanza di demolizione non avrebbe potuto essere diverso se alla parte ricorrente fosse stata data comunicazione dell’avvio del procedimento;
CONSIDERATO che destituita di ogni fondamento risulta l’ulteriore censura incentrata sul difetto di motivazione, in quanto presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere abusive è soltanto la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che - essendo tale ordine un atto dovuto - esso è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abuso, e non necessita di una particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso stesso, che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell’assetto urbanistico violato (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 28 dicembre 2009, n. 9638;Sez. VI, 9 novembre 2009, n. 7077;Sez. VII, 4 dicembre 2008, n. 20987);
CONSIDERATO che - trattandosi di opere abusive realizzate in zona vincolata - nessuna rilevanza può assumere in questa sede la domanda di accertamento di conformità presentata, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, in data 13 novembre 2008, ossia successivamente all’adozione dell’ordine di demolizione e prima del deposito del ricorso n. 6830/2008;infatti secondo la giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 28 dicembre 2007, n. 16539):
- l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, anteriormente all’impugnazione dell’ordine di demolizione, produce l’effetto di rendere inammissibile l’impugnazione stessa per carenza di interesse (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 20 novembre 2007, n. 14442;28 dicembre 2007, n. 16539) deve mantenersi fermo nel caso in cui le opere abusive realizzate su un’area oggetto di un vincolo paesaggistico-ambientale non abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero un aumento di quelli legittimamente realizzati. Infatti l’articolo 146, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004 (applicabile anche procedimento autorizzatorio previsto per la fase transitoria in base al successivo articolo 159, comma 5) esclude dal divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria (ossia successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi) i casi previsti dall’articolo 167, comma 4, del medesimo decreto legislativo, costituiti - oltre che dall’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica e dai lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria - dai “lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”;
- di converso, per i lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica che - come nel caso in esame - hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi devono mantenersi ferme le conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 21 novembre 2006, n. 10112), formatasi sulla base del previgente testo dell’articolo 146, comma 10, lettera c), del decreto legislativo n. 42/2004 (che prevedeva il divieto assoluto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria), in merito all’inidoneità della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità a determinare l’inefficacia dell’ordine di demolizione relativo a tali lavori. Infatti - a fronte del divieto di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria per i lavori che hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero un aumento di quelli legittimamente realizzati - un’eventuale istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 avrebbe un intento meramente dilatorio, posto che l’articolo 146, comma 4, del decreto legislativo n. 42/2004 prevede espressamente che “l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto … presupposto rispetto al permesso di costruire”, e quindi il giudice amministrativo - che nei casi di attività vincolata deve oramai essere considerato giudice del rapporto (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 27 marzo 2006, n. 3200;20 novembre 2006, n. 9983;T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 20 novembre 2007, n. 14442) - può senz’altro escluderne ogni rilevanza, perché in tal caso è palese che il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (ossia l’ordine di demolizione) non potrebbe essere diverso se l’Amministrazione fosse chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di sanatoria;
CONSIDERATO che, tenuto conto di quanto precede, non può trovare accoglimento neppure il primo motivo dedotto con il ricorso n. 1576/2010 (avente ad oggetto il provvedimento di acquisizione gratuita delle opere abusive oggetto della suddetta ordinanza di demolizione n. 69 in data 4 settembre 2008, nonché della relativa area di sedime), in quanto formulato partendo dall’erroneo presupposto che la presentazione della domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, sia sempre e comunque idonea a determinare l’inefficacia dell’ordine di demolizione;
CONSIDERATO che parimenti infondate risultano le ulteriori censure dedotte con il ricorso n. 1576/2010;infatti:
- il provvedimento con il quale viene disposta l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive di cui è stata ordinata la demolizione è un atto dovuto che risulta adeguatamente motivato attraverso il richiamo del verbale da cui risulti l’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione;pertanto l’impugnata disposizione dirigenziale n. 113 del 16 dicembre 2009 risulta adeguatamente motivata per relationem, attraverso il richiamo del verbale della Polizia municipale in data 8 gennaio 2009;
- secondo una consolidata giurisprudenza l’omessa indicazione del termine e dell’autorità a cui ricorrere non determina l’illegittimità del provvedimento amministrativo, bensì una mera irregolarità (ex multis: T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 27 giugno 2005, n. 340;T.A.R. Lazio, Sez. II, 2 settembre 2005, n. 6534);infatti la disposizione dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990 non influisce sull’individuazione e sulla cura dell’interesse pubblico concreto cui è finalizzato il provvedimento, né sulla riconducibilità dello stesso all’autorità amministrativa, ma tende semplicemente ad agevolare il ricorso alla tutela giurisdizionale (sicché l’omissione de qua, nel concorso di significative ulteriori circostanze, potrebbe semmai dar luogo semmai alla concessione del beneficio della rimessione in termini);
- non può ritenersi che la proposizione del ricorso n. 6830/2008 abbia inciso sull’efficacia dell’ordine di demolizione adottato nei confronti dei ricorrenti, tanto più se si considera che questa Sezione con l’ordinanza n. 437/2009 ha rigettato la domanda cautelare proposta unitamente al predetto gravame;pertanto la mera impugnazione dell’ordine di demolizione non può essere considerata alla stregua di un fatto sopravvenuto che giustifica l’inottemperanza all’ordine di demolizione da parte dei ricorrenti;
- parimenti non può ritenersi che l’inottemperanza all’ordine di demolizione sia giustificata dal fatto che le opere abusive di cui è stata ordinata la demolizione siano oggetto di un provvedimento di sequestro adottato dall’Autorità giudiziaria;infatti, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 30 ottobre 2006, n. 9243;Sez. IV, 14 giugno 2002, n. 3492;4 febbraio 2003, n. 614), è possibile richiedere all’Autorità giudiziaria il dissequestro al fine di ottemperare all’ordine di demolizione;
- anche in relazione al provvedimento con il quale viene disposta l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive valgono le considerazioni svolte in precedenza in merito all’insussistenza dell’obbligo di dare comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato all’adozione dell’ordine di demolizione. Comunque, seppure si aderisse all’orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione, nel caso in esame troverebbe applicazione il già richiamato art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990;infatti, posto che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive è un atto dovuto, che consegue necessariamente all’inottemperanza all’ordine di demolizione, risulta palese che il contenuto dispositivo dell’impugnata disposizione dirigenziale n. 113 del 16 dicembre 2009 non avrebbe potuto essere diverso se alla parte ricorrente fosse stata data comunicazione dell’avvio del procedimento;
- stante la già evidenziata natura interamente vincolata del provvedimento con il quale viene disposta l’acquisizione gratuita di opere abusive, l’adozione di tale provvedimento non richiede alcuna particolare motivazione in ordine all’interesse pubblico all’acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive non demolite spontaneamente, né alcun tipo di ponderazione dell’interesse pubblico con l’interesse del responsabile dell’abuso alla conservazione delle stesse, neppure nel caso in cui sia decorso un rilevante lasso di tempo dal giorno in cui gli abusi sono stati realizzati;
- posto che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 20 gennaio 2009, n. 24) il provvedimento con il quale viene disposta l’acquisizione gratuita - costituendo titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari - può essere adottato senza la specifica indicazione dell’ulteriore area “necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive” (area che “non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”) oggetto di acquisizione, potendosi procedere a tale individuazione anche con un successivo e separato atto; dunque i ricorrenti non hanno motivo di dolersi del fatto che nella motivazione dell’impugnata disposizione dirigenziale n. 113 del 16 dicembre 2009 non siano contenuti «elementi sufficienti a non ingenerare incertezze in ordine alla determinazione dell’esatta consistenza dei beni» acquisiti al patrimonio comunale, perché l’immobile abusivo e la relativa area di sedime risultano chiaramente individuati attraverso la puntuale descrizione degli abusi di cui trattasi, mentre all’individuazione dell’ulteriore area da acquisire per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive l’Amministrazione comunale potrà procedere con un successivo e separato atto;
CONSIDERATO che, stante quanto precede:
- i ricorsi in epigrafe indicati devono essere respinti perché infondati;
- non essendosi costituito il Comune intimato, nulla va disposto in ordine alle spese di giudizio;