TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-12-11, n. 202318537

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-12-11, n. 202318537
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202318537
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2023

N. 18537/2023 REG.PROV.COLL.

N. 11817/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11817 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E P V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lorenzo il Magnifico, 42;

contro

Ministero dell'Interno e -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento in data-OMISSIS-di respingimento dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro n. 061496904421;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 novembre 2023 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso, notificato il 4.9.2019 e depositato il successivo 25 settembre l’istante ha impugnato il decreto del -OMISSIS- notificato il 10.6.2019, di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata in data 6.3.2018, avendo rilevato che il richiedente, in data 16 gennaio 2009, era stato condannato con sentenza del -OMISSIS- “per -OMISSIS- (art. 110, 628 c. 1, 582 c.p.) commesso in-OMISSIS-, alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento di duecento euro di multa”.

Parte ricorrente osserva che in data 30.01.2019 ha inviato osservazioni ex art. 10 bis L. 241/90 con cui avrebbe dedotto che al di là del procedimento penale in cui risultava imputato, avrebbe sempre tenuto un comportamento ineccepibile, dimostrando un avviato inserimento socio-culturale oltre ad una spiccata stabilità lavorativa.

Ciò premesso, il ricorrente articola i seguenti motivi di censura del diniego del permesso di soggiorno:

1) Violazione dell'articolo 10 bis L. 241/1990 per mancata considerazione nel provvedimento finale delle osservazioni effettuate - Eccesso di potere per insufficiente e inadeguata motivazione;

2) Erronea e falsa applicazione dell'art. 5, comma 5 e art. 5, comma 9 del Decreto legislativo del 25/07/1998 n° 286, G.U. 18/08/1998 (T.U. Sull'immigrazione);

Il 31.10.2019 si è costituito il Ministero dell’Interno, depositando successivamente documenti ed una nota della Questura a sostegno della legittimità del decreto impugnato.

Il Tribunale, con ordinanza n. 7193 del 5.11.2019 ha respinto la richiesta misura cautelare;
il provvedimento non è stato impugnato.

All’udienza del 24 novembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1. Il ricorso è infondato.

Emerge dagli atti e non è contestato che il ricorrente ha riportato una condanna “per -OMISSIS- (art. 110, 628 c. 1, 582 c.p.) commesso in-OMISSIS-, alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento di duecento euro di multa”.

A tal riguardo, l’art. 4 comma 3 del D.lgs. nr. 286/1998, citato dall’amministrazione a fondamento del diniego, dispone che non è ammesso in Italia lo straniero condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi degli artt. 444445 c.p.p., per i reati previsti dall'art. 380, commi 1-2, c.p.p.-.

Ebbene, nel caso di specie il ricorrente è stato condannato per una fattispecie ostativa al mantenimento e/o al rinnovo del titolo e pertanto, legittimamente l’amministrazione ha emanato il provvedimento in questa sede impugnato.

2. Ciò premesso le memorie prodotte ai sensi dell’art. 10 bis , della l. n. 241/1990, di cui l’amministrazione dà comunque atto nel provvedimento impugnato, non avrebbero potuto indurre ad una determinazione diversa ai sensi del successivo art. 21 octies , comma 2, il quale impone al Giudice di non annullare formalisticamente l'atto, ma di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento alla luce del caso concreto.

In altri termini l’apporto del ricorrente nella fase istruttoria non ha potuto modificare l’esito del procedimento, attesa la formulazione della norma di riferimento (art 4, comma 3 del TU. Immigrazione) e la condanna riportata dall’interessato.

3. Per quanto concerne il secondo motivo, non meritano adesione le deduzioni che riguardano la mera presenza sul territorio nazionale e lo svolgimento di una attività lavorativa, peraltro documentata solo per alcuni mesi del 2018, in quanto, per giurisprudenza costante, il bilanciamento tra due interessi entrambi meritevoli di tutela, quello personale del cittadino straniero e quello della tutela dell'intera collettività, deve passare attraverso il rigoroso e motivato vaglio, anzitutto del comportamento tenuto dal richiedente e della concreta minaccia che esso costituisce per l'ordine pubblico e la sicurezza, minaccia che non può ritenersi esclusa dalla sola costituzione di una famiglia, dipendendo il giudizio dal comportamento del richiedente e dalla gravità e dalla frequenza delle condotte penalmente rilevanti a evitare che la costituzione di una famiglia ed il reperimento di un lavoro radichino ipso facto, sul territorio nazionale, soggetti immeritevoli, comunque, di prognosi favorevole, per la gravità dei progressi comportamenti, circa il rispetto delle condizioni essenziali imposte dall'ordinamento a tutela della pubblica sicurezza e della civile convivenza.(Cons. St., sez. III, 1 aprile 2016, nr. 1323).

4. La questura di Roma ha evidenziato, nella motivazione, come la titolarità di un permesso di soggiorno in Italia e la possibilità di una piena integrazione sociale non siano stati sufficienti a trattenere il cittadino straniero dal commettere condotte gravi sul piano penale.

In particolare, è stato rilevato che l’interessato “è presente in Italia dal 29/07/2013, con un visto per lavoro stagionale, ha ottenuto il primo permesso di soggiorno, rinnovato in seguito per motivi di lavoro subordinato;
non è coniugato e non è familiare ricongiunto, da verifiche telematiche non risulta residente in questa provincia;
ha subito una condanna idonea a provocare elevato allarme sociale;
il soggiorno regolare in Italia è abbastanza esteso, ha iniziato a delinquere a diversi anni dall'inizio del soggiorno regolare, quando il percorso di integrazione avrebbe dovuto essere consolidato;
la gravità del reato dimostrano che non ha raggiunto un adeguato livello di integrazione;
la certezza di un lavoro stabile e un avviato inserimento socio-culturale non l'hanno dissuaso nella commissione di atti illeciti”.

Aggiunge la questura che il richiedente ha commesso un reato di per sé ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno, posto che il citato articolo 4 fa riferimento anche alle sentenze non definitive, per cui anche sotto tale profilo la pendenza di un giudizio di appello, posta in evidenza dal ricorrente, non può assumer e alcun rilievo alla luce del chiaro dettato normativo.

Il Consiglio di Stato ha, inoltre, precisato come la condanna, anche non definitiva, per qualsivoglia reato in materia di stupefacenti è considerato dal nostro ordinamento automaticamente ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno, ai sensi del combinato disposto dell'art. 5, comma 5, e dell'articolo 4, comma 3, del testo unico n. 286 del 1998, non potendo avere alcuna rilevanza - ai fini dell’applicazione delle norme citate – neppure che la condanna sia intervenuta ex art. 444 c.p.p., la concessione della libertà condizionale da parte del giudice penale, la precedente incensuratezza dello straniero, il lungo periodo di regolare permanenza in Italia (Consiglio di Stato sez. III, 08/09/2015, n.4196).

In definitiva, il provvedimento di rifiuto del permesso di soggiorno costituisce, in tali casi, per l'autorità competente un atto vincolato, non occorrendo a tal fine alcuna ulteriore valutazione né riguardo alla pericolosità sociale del cittadino straniero né riguardo al suo grado di integrazione nel contesto sociale italiano, con la sola eccezione costituita da eventuali legami familiari con soggetti residenti in Italia, ( ex plurimis , Consiglio di Stato sez. III, 18/10/2021, n.6982). A maggior ragione, si giustifica la valutazione negativa nell’ipotesi di conferimento dello status civitatis, cui è collegata l’attribuzione in via definitiva di una capacità giuridica speciale” (cfr. Consiglio di Stato, sez. I, n. 1046/2022 e parere n. 341 del 2023).

5. A ciò va aggiunto che la valutazione del Questore sulla pericolosità sociale del soggetto cui venga negato il permesso di soggiorno è sindacabile solo sotto il profilo del difetto di motivazione, della illogicità manifesta e delta carenza dei presupposti, non riscontrabili nel caso in esame.

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve esser respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

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