TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-04-14, n. 202300945
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Pubblicato il 14/04/2023
N. 00945/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01467/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1467 del 2022, proposto da
PRISMA 2020 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
COMUNE DI AZZATE, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
FALLIMENTO I SETTE LAGHI s.p.a. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M R e N S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Milano, Viale Bianca Maria, n. 45;
IMMOBILIARE PANZERI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cristian Marzetta, Matteo Micheletti e Simone Faccio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marzia Eoli in Milano, Via Larga, n. 6;
MASSIMILIANO ANNONI, rappresentato e difeso dall'avvocato Elisabetta Mariotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Largo Domodossola, n. 7;
CAM s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
dell'ordinanza del Sindaco di Azzate n. 66 del 23 maggio 2022 (rectius 10 giugno 2022, giusta nota di correzione di errore materiale del 14 maggio 2022 notificata in data 10 giugno 2022, avente ad oggetto “Completamento delle operazioni di rimozione dei materiali di risulta da demolizione in ottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 182/2011. Deposito incontrollato di rifiuti ex art. 192 del codice ambiente. Integrazione ordinanza 041/2022”;
dell'ordinanza del Sindaco di Azzate n. 81 del 6 luglio 2022, avente ad oggetto “Completamento delle operazioni di rimozione dei materiali di risulta da demolizione in ottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 182/2011. Deposito incontrollato di rifiuti ex art. 192 del codice ambiente. Integrazione dell'ordinanza 041/2022 e 66/2022”;
di ogni atto presupposto, consequenziale e comunque connesso alle suddette ordinanze e in particolare
dell'ordinanza del Sindaco di Azzate n. 41 del 7 aprile 2022, avente ad oggetto “Completamento delle operazioni di rimozione dei materiali di risulta da demolizione in ottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 182/2011. Deposito incontrollato di rifiuti ex art. 192 del codice ambiente”;
dell'ordinanza del Sindaco di Azzate n. 53 del 11 maggio 2022, avente ad oggetto “Completamento delle operazioni di rimozione dei materiali di risulta da demolizione in ottemperanza all'ordinanza di demolizione n. 182/2011. Deposito incontrollato di rifiuti ex art. 192 del codice ambiente. Proroga di 60 giorni dei termini per ottemperare”;
della nota del 25 maggio 2022, con la quale il Sindaco di Azzate ha avviato il procedimento <<finalizzato all'integrazione dell'ordinanza di sgombero dei rifiuti ancora presenti presso l'area Campeggio i Sette Laghi>>.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Azzate, del Fallimento i Sette Laghi s.p.a. in Liquidazione, di Immobiliare Panzeri s.r.l. e del sig. A M;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2023 il dott. S C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, PRISMA 2020 s.r.l.. (d’ora innanzi anche “Prisma”) impugna principalmente l’ordinanza n. 66 del 23 maggio 2022 con la quale il Comune di Azzate ha ordinato alla stessa Prisma, al Fallimento i Sette Laghi s.p.a. in Liquidazione (d’ora innanzi anche “Fallimento”), a CAM s.r.l. (d’ora innanzi anche “CAM”), ad Immobiliare Panzeri s.r.l. (d’ora innanzi anche “Immobiliare”) e al sig. M A di provvedere alla messa in sicurezza, alla rimozione ed al trattamento dei rifiuti presenti su un’area situata nel territorio del predetto Comune, inizialmente di proprietà della società I Sette Laghi s.p.a. poi ceduta, in data 13 dicembre 2021, ad Immobiliare Panzeri s.r.l. In particolare, i rifiuti di cui si discute sono il risultato dell’intervento effettuato per dare esecuzione all’ordinanza n. 182 del 18 ottobre 2011, con la quale il Comune di Azzate ha ordinato, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, alla società I Sette Laghi s.r.l. l’abbattimento di opere e manufatti (soprattutto case mobili e roulotte) abusivamente destinati (invece che a funzione turistica come autorizzato) alla funzione abitativa. L’ordinanza impugnata è stata emanata in quanto l’Amministrazione ha accertato che parte del materiale di risulta derivante dalla demolizione è ancora presente in loco.
In punto di fatto deve essere ancora precisato che, successivamente alla dichiarazione di fallimento della società I Sette Laghi s.r.l, avvenuta in data 17 giugno 2019, il Fallimento ha incaricato Prisma di effettuare i lavori di demolizione. Al sig. M A è stato affidato l’incarico di direttore lavori. CAM è stata invece a sua volta incaricata, dapprima da Prisma e successivamente dal Fallimento, di provvedere al trasporto ed al conferimento di parte dei rifiuti prodotti a seguito dell’abbattimento dei manufatti abusivi ai centri autorizzati per il recupero e/o smaltimento.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Azzate, il Fallimento i Sette Laghi s.p.a. in Liquidazione, Immobiliare Panzeri s.r.l. ed il sig. M A.
La Sezione, con ordinanza n. 1070 del 12 settembre 2022, ha fissato l’udienza di trattazione del merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm.
Nel corso del giudizio le parti costituite hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.
La causa è stata trattenuta in decisione in esito alla pubblica udienza del 31 gennaio 2023.
Con il primo motivo di ricorso, l’interessata sostiene che il Comune di Azzate avrebbe errato nell’individuarla quale destinataria dell’ordine di rimozione rifiuti impartito con l’atto impugnato, e ciò in quanto non sarebbe stato dimostrato che i materiali ancora da smaltire siano il risultato delle attività di demolizione da essa svolte. Rileva peraltro la parte di aver incaricato, ai fini dello smaltimento dei rifiuti da essa prodotti, la società CAM s.r.l.;conseguentemente nessuna responsabilità in ordine all’abbandono rifiuti potrebbe comunque esserle addebbiata. L’interessata lamenta infine la mancata attivazione del contraddittorio procedimentale.
Queste censure possono essere trattate congiuntamente con quelle contenute nell’ultimo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, non avendo l’Amministrazione individuato, quale probabile responsabile dell’abbandono rifiuti, l’impresa individuale M G.
Ritiene il Collegio che le censure siano infondate per le ragioni di seguito esposte.
Stabilisce l’art. 192, primo comma, del d.lgs. n. 152 del 2006 che l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. In base al terzo comma del medesimo articolo, chiunque viola tale divieto è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. Aggiunge poi lo stesso terzo comma che il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
Come si vede, tali norme sono chiare nel prevedere che l’ordine di rimozione e trattamento impartito dal sindaco deve essere rivolto a colui che ha violato il divieto di abbandono rifiuti (questa responsabilità si estende peraltro anche al proprietario dell'immobile interessato dall'abbandono qualora vi abbia concorso con dolo o con colpa).
Per dare soluzione alla presente controversia, occorre quindi stabilire se la ricorrente (pacificamente non proprietaria del sito sul quale sono stati rivenuti i rifiuti) può essere considerata soggetto che ha violato il divieto di abbandono.
A tal fine occorre richiamare le norme contenute nell’art. 183, lett. h), e nell’art. 188 del d.lgs. n. 152 del 2006. In base alla prima norma è considerato detentore dei rifiuti il produttore degli stessi o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso. L’art. 188, primo comma, stabilisce a sua volta che la responsabilità in ordine alla corretta gestione dei rifiuti compete al produttore iniziale o ad altro detentore, mentre il quarto comma di questa medesima norma precisa che tale responsabilità non viene meno con la consegna dei rifiuti ad altri soggetti, a meno che vi sia stato conferimento al servizio pubblico di raccolta ovvero conferimento a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, e a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui al successivo articolo 193.
Risulta evidente in tale quadro che il soggetto che produce il rifiuto, fintantoché non se ne libera nei modi indicati dal citato art. 188, quarto comma, del d.lgs. n. 152 del 2006, è responsabile della corretta gestione del medesimo ed è quindi colui che deve essere individuato quale autore dell’abbandono nel caso in cui il materiale non venga correttamente smaltito.
Si deve poi osservare, per quanto riguarda in particolare la posizione dell’appaltatore incaricato all’esecuzione di lavori edili, che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, quest’ultimo, in ragione della sua autonomia rispetto al committente, riveste la qualità di produttore dei rifiuti consistenti nel materiale di risulta prodotto dalla sua attività ed è quindi da considerarsi responsabile per il corretto smaltimento (cfr. Cassazione penale, sez. III, 30 maggio 2017, n. 223;id., 5 febbraio 2015, n. 11029).
Ciò premesso in punto di diritto, va ora osservato, in punto di fatto, che la ricorrente è stata come detto incaricata di provvedere alla demolizione dei manufatti abusivi presenti sull’area di cui si discute. Nel contratto d’appalto stipulato con il Fallimento, Prisma ha peraltro assunto l’obbligo di provvedere allo smaltimento del materiale di risulta.
La ricorrente riferisce di aver eseguito l’attività di demolizione ma, come visto, sostiene di aver adempiuto agli obblighi di smaltimento mediante il conferimento di apposito incarico a CAM.
Rileva però il Collegio che il mero conferimento dell’incarico non è sufficiente per far venir meno la responsabilità del produttore del rifiuto, occorrendo a tal fine, come visto, l’effettiva consegna del rifiuto stesso al soggetto autorizzato al trattamento, e a condizione che si sia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 del d.lgs. n. 152 del 2006 (ovvero che si sia provveduto a dare comunicazione alle autorità competenti della mancata ricezione del formulario stesso). Queste circostanze, per quanto riguarda specificamente il materiale ancora presente nell’area di cui è causa, neppure sono state allegate dalla ricorrente;ne consegue che l’incarico conferito a CAM è del tutto irrilevante ai fini che qui interessano.
Parte ricorrente sostiene poi che non sarebbe dimostrato che il suddetto materiale deriva dalla sua attività di demolizione.
A questo proposito si deve osservare che, secondo la giurisprudenza, la prova riguardante l’individuazione del soggetto responsabile dell’abbandono dei rifiuti può essere data anche attraverso presunzioni semplici, essendo applicabile a tal fine il criterio del “più probabile che non”;una volta fornita questa prova spetta al soggetto così individuato dimostrare di non essere l’autore materiale della condotta illecita, fornendo concreti elementi che portino senz’altro ad escludere l’assenza della sua responsabilità (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2021, n. 2003;id., sez. VI, 23 giugno 2014, n. 3165;T.A.R. Marche, sez. I, 21 settembre 2020, n. 548).
Ciò precisato, va osservato che, come detto, la ricorrente non nega di aver provveduto, in esecuzione dell’incarico ricevuto, alla demolizione dei manufatti abusivi presenti sull’area di cui è causa. Siccome i rifiuti rinvenuti su detta area sono proprio il risultato delle demolizioni, è ragionevole ritenere, come ha fatto l’Amministrazione, che sia stata la ricorrente stessa a produrli.
Va osservato altresì che la ricorrente non ha offerto nessun elemento che possa dimostrare che tale materiale non sia il risultato della sua attività, essendosi la stessa limitata a rilevare che, quando è stato effettuato il sopralluogo in esito al quale è stata accertata la presenza del materiale di risulta, il suo incarico era già cessato. E’ agevole però obiettare che tale circostanza risulta del tutto irrilevante ai fini che qui interessano, posto che il rifiuto rinvenuto in loco è, come ripetuto, il risultato dell’attività di demolizione e che non è stato dimostrato che altri soggetti abbaino svolto tale attività dopo la ricorrente.
Anche con riferimento alla posizione dell’impresa del sig. G nessun concreto elemento dimostrativo è stato addotto, essendosi la ricorrente stessa limitata a formulare ipotesi dubitative riguardo all’attività svolta da tale soggetto;e ciò senza considerare che la mancata individuazione di altro soggetto responsabile non incide sulla legittimità del provvedimento nella parte in cui comunque si rivolge contro uno degli autori dell’abbandono.
Per quanto riguarda infine la doglianza che lamenta la mancata attivazione delle garanzie partecipative, va rilevato che essa è infondata in punto di fatto, atteso che non è contestato che, come indicato nel provvedimento principalmente impugnato, l’Amministrazione ha provveduto, in data 25 giugno 2022, ad effettuare la comunicazione di avviso di avvio del procedimento nei confronti della ricorrente.
Per tutte queste ragioni, va ribadita l’infondatezza delle censure in esame.
Rimane da esaminare il secondo motivo di ricorso, con il quale l’interessata contesta l’ordine, contenuto nel provvedimento principalmente impugnato, di “messa in sicurezza” dell’area, rilevando che questa attività può essere richiesta solo in caso di accertato inquinamento della matrice suolo nell’ambito del diverso procedimento finalizzato alla bonifica dei siti contaminati, disciplinato dal Titolo V del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’Amministrazione si difende da tale censura sostenendo che l’ordine di “messa in sicurezza” dell’area andrebbe letto non già come richiamo alla disciplina in materia di bonifiche, ma come indicazione di come dovranno essere lasciate le aree una volta sgomberate dai rifiuti.
In proposito rileva però il Collegio che, con i termini “messa in sicurezza”, il legislatore fa riferimento ad attività ben specifiche da porre in essere in caso di accertato inquinamento delle matrici ambientali (si vedano le definizioni contenute nell’art. 240 del d.lgs. n. 152 del 2006).
Poiché nel provvedimento principalmente impugnato non si dice che le aree di cui è causa sono inquinate, la messa in sicurezza non può essere ordinata, fermo restando ovviamente che l’attività di rimozione dei rifiuti e di rimessione in pristino da eseguirsi ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 2006 deve essere effettuata in modo da azzerare il rischio di inquinamento.
Questa censura è quindi fondata.
In conclusione il ricorso deve essere accolto solo in parte con conseguente annullamento degli atti impugnati limitatamente alle previsioni che impongono alla ricorrente la “messa in sicurezza” dell’area.
La soccombenza reciproca e la complessità delle questioni affrontate giustificano la compensazione delle spese di giudizio.