TAR Genova, sez. I, sentenza 2011-04-22, n. 201100664
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N. 00664/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00553/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 553 del 2010, proposto da:
U R, rappresentato e difeso dall'avv. L P, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, corso Saffi 7/2;
contro
Comune di Varazze, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 0011865 dell’8 aprile 2010, notificato in data 17 aprile 2010, a firma del Dirigente del IV Settore – Area Edilizia Privata – del Comune di Varazze avente ad oggetto ingiunzione di demolizione e rimessa in pristino.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2011 l’avv. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 15.6.2010 il signor Ronchi Ubaldo ha impugnato l’ordinanza 8.4.2010 prot. 11865 del comune di Varazze, di ingiunzione a demolire tre manufatti abusivi (1. prefabbricato ad uso servizio igienico esterno su basamento in calcestruzzo;2. prefabbricato in lamiera ad uso di civile abitazione, utilizzato a tinello e angolo cottura collegato con porta interna ad una roulotte;3. manufatto con struttura in legno ad uso ripostiglio per deposito materiali con copertura in lamiera e pavimento in battuto di cemento).
L’impugnazione è estesa ai provvedimenti del comune prot. nn. 23221, 23222 e 23223 del 2.7.2009, di diniego delle domande di sanatoria edilizia ai sensi della legge n. 326/03 (condono) presentate in relazione ai medesimi tre immobili.
A sostegno del gravame deduce cinque motivi di ricorso, rubricati come segue.
1. Violazione degli artt. 19 e 21 u.c. della legge 7.12.1971, n. 1034 e dell’art. 65 del R.D. 17.8.1907, n. 642. Violazione dell’ordine di esecuzione. Eccesso di potere per palese violazione dell’ordinanza cautelare n. 616 del 16.10.1997.
2. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per lesione dell’affidamento e iniquità manifesta. Violazione del principio di proporzionalità.
3. Violazione dei principi in materia di rapporti fra procedimenti sanzionatori e sanatoria. Violazione dell’art. 44 della legge 28.2.1985, n. 47. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, lesione dell’affidamento e ingiustizia manifesta. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Difetto di motivazione.
4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 45 della L.R. 6.6.2008, n. 16. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Difetto di motivazione.
5. Illegittimità del diniego di condono. Illegittimità derivata dei provvedimenti sanzionatori. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del decreto legge 30.9.2003, n. 269. Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Il comune di Varazze non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
DIRITTO
Il quinto motivo di ricorso, rivolto avverso i provvedimenti di rigetto delle istanze di condono edilizio presentate dal ricorrente in relazione agli immobili in oggetto, riveste priorità da un punto di vista logico e temporale, sicché deve essere affrontato per primo.
Il motivo, dedotto contro provvedimenti notificati a mani del ricorrente in data 17.7.2009 (docc. 2, 3 e 4 delle produzioni 23.6.2010), è irricevibile perché tardivo.
Né ricorrono i presupposti per la concessione del beneficio dell’errore scusabile ex art. 37 c.p.a., giacché la documentazione prodotta (riconoscimento dell’invalidità civile ai soli fini dell’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria) non è sufficiente a provare un oggettivo impedimento di fatto (quale – per esempio - un ricovero ospedaliero) a far valere i propri diritti nel periodo nel quale si è maturata la decadenza in questione.
Per il resto (motivi dall’uno al quarto), il ricorso è infondato.
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’ordinanza cautelare 16.10.1997, n. 616 (resa dal Tribunale nell’ambito del diverso giudizio R.G. n. 805/1997), di sospensione dell’esecuzione di una precedente ordinanza di demolizione dei manufatti in questione.
In realtà, a prescindere dalla circostanza che - a tutto voler concedere - la concessione della sospensiva sulla precedente ordinanza di demolizione potrebbe influire sull’efficacia della nuova ordinanza, non certo sulla sua validità, è dirimente il rilievo che l’adozione di un nuovo provvedimento sanzionatorio dei medesimi abusi a seguito del rigetto delle domande di condono è atto reso necessario, ai sensi dell’art. 32 comma 7 L. 28.2.1945, n. 47, come sostituito dall’art. 32 comma 43 del D.L. n. 269/2003 ( “per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380” ), proprio dal rigetto della domanda di condono, la cui presentazione costituisce una circostanza sopravvenuta.
Onde il motivo contravviene anche al divieto di venire contra factum proprium (a sua volta espressione del principio generale di buona fede e correttezza), giacché la pretesa vantata dal ricorrente (id est, l’asserita impossibilità per l’amministrazione di emanare una nuova ordinanza di demolizione, in pendenza della sospensione cautelare disposta nei confronti di un analogo provvedimento precedente) si pone in aperta contraddizione con un suo comportamento assunto in precedenza (la presentazione della domanda di condono, che - in caso di diniego - sfocia necessariamente nell’emanazione di una nuova ed autonoma ordinanza sanzionatoria).
2. Secondo una pacifica giurisprudenza, l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato e, quindi, non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati;presupposto per la sua adozione è, infatti, soltanto la constatata esecuzione dell'opera in difformità dalla concessione o in assenza della medesima, con la conseguenza che tale provvedimento, ove ricorrano i predetti requisiti, è sufficientemente motivato con l'affermazione dell'accertata abusività dell'opera, essendo in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione né, trattandosi di atti del tutto vincolati, è necessaria una comparazione di interessi e una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione” (Cons. di St., V, 7.9.2009, n. 5229;nello stesso senso T.A.R. Puglia, II, 11.11.2010, n. 3902).
3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente si duole che l’ingiunzione di demolizione si fondi sul presupposto del rigetto dell’istanza di sanatoria per accertamento di conformità (art. 13 L. n. 47/1985) presentata in relazione agli immobili sanzionati, rigetto che, in quanto impugnato con ricorso R.G. n. 1918/1997, sarebbe tuttora sub judice : donde il dedotto difetto di istruttoria, non avendo l’amministrazione atteso la pronuncia del giudice sul ricorso R.G. n. 1918/1997.
Occorre premettere che, dal punto di vista della validità giuridica, il procedimento sanzionatorio delle violazioni edilizie e quello, soltanto eventuale e (di regola) successivo, per l’accertamento di conformità paiono autonomi, nel senso che la pendenza del secondo ha il solo effetto di rendere semmai inefficace - ma giammai invalido - il primo.
Ciò posto, l’attività sanzionatoria in materia edilizia ha natura doverosa e vincolata, sicché essa può rimanere sospesa soltanto sino alla conclusione del procedimento di sanatoria eventualmente attivato dall’interessato, alla conclusione del quale l’amministrazione ha l’obbligo, in caso di reiezione, di dare nuovo impulso al procedimento sanzionatorio.
Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata è intervenuta dopo la definizione, in senso negativo, della domanda per accertamento di conformità (mediante provvedimento 8.10.1997 prot. 33229, impugnato dinanzi a questo Tribunale con ricorso R.G. n. 1918/1997): donde l’infondatezza del motivo.
Né rileva che il relativo provvedimento sia stato oggetto di gravame in sede giudiziale, posto che la pendenza di un contenzioso non costituisce - di per sé - impedimento al doveroso esplicarsi del potere comunale di sanzionare l’attività edilizia abusiva, in assenza della concessione di misure cautelari.
Del resto, l’art. 44 L. n. 47/1985 sulla sospensione dei procedimenti amministrativi sanzionatori in pendenza del procedimento di condono, lungi dal costituire applicazione di un preteso principio generale, è norma eccezionale dettata in relazione al condono straordinario, che non può dunque trovare applicazione nel ben diverso caso della sanatoria ordinaria o “a regime” di cui all’art. 13 L. n. 47/1985, ostandovi il disposto dell’art. 14 disp. prel. c.c..
4. Quanto al quarto motivo di ricorso (concernente la errata determinazione della superficie da acquisire), effettivamente il provvedimento impugnato non chiarisce come sia stata determinata la superficie di mq. 31,12 (oltre all’area di sedime della roulotte) da acquisire di diritto al patrimonio comunale e, in particolare, perché sia stata operata la moltiplicazione per due.
Nondimeno, per costante giurisprudenza l'indicazione dell'area di sedime da acquisire al patrimonio comunale non deve considerarsi requisito di validità dell'ordinanza di demolizione - e dunque la mancanza non ne inficia la legittimità - giacché siffatta specificazione è elemento essenziale del distinto e successivo provvedimento con cui l'amministrazione accerta, ex art. 31 comma 3 D.P.R. n. 380/2001, la mancata ottemperanza alla demolizione da parte dell'ingiunto (Cons. di St., IV, 26.9.2008, n. 4659;T.A.R. Lazio, I, 9.2.2010, n. 1785;T.A.R. Lombardia, II, 26.1.2010, n. 175).
Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, stante la mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata.