TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-05-08, n. 202301488

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2023-05-08, n. 202301488
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202301488
Data del deposito : 8 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/05/2023

N. 01488/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03228/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3228 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato A A, con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Catania, via Gabriele D'Annunzio 111;

contro

Comune di Catania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato D M, con domicilio fisico eletto presso la Direzione Affari Legali in Catania, via Umberto 151;

per l'annullamento

dell'ordinanza prot. n. URB/-OMISSIS-, con cui il Comune di Catania - Direzione Urbanistica e Gestione del Territorio, servizio condono edilizio ed antiabusivismo, sezione antiabusivismo - ha ingiunto la demolizione delle opere asseritamente abusive realizzate nell'immobile ubicato in Catania,-OMISSIS-, nonché di tutti gli altri atti e provvedimenti del procedimento, antecedenti o conseguenti, connessi presupposti o consequenziali, anche non meglio conosciuti e specificati, ivi compresa la nota prot. n. -OMISSIS-con cui il Comune di Catania - Direzione Urbanistica e Gestione del Tenitorio, servizio condono edilizio ed antiabusivismo, sezione antiabusivismo - ha disposto l’avvio del procedimento amministrativo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2023 il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Con ricorso spedito per la notifica in data 16 dicembre 2013 e depositato in data 19 dicembre 2013 la deducente ha rappresentato quanto segue.

La ricorrente è comproprietaria, assieme al sig. -OMISSIS-, dell'immobile sito in Catania,-OMISSIS- (in catasto: fg. 69;
partt. 3374);
trattasi di un piccolo appartamento di due vani di vecchissima costruzione, acquistato nello stato di fatto odierno giusto preliminare di compravendita del 6 ottobre 1992 e successivo atto di compravendita del 12 gennaio 1993.

Con l’ingiunzione a demolire avversata l'Amministrazione resistente ha contestato alla ricorrente la realizzazione delle seguenti opere:

- realizzazione mediante l’apertura di un varco di m. 1,40 di un ampliamento di m. 13,75 circa avente altezza all’intradosso di m. 2,75 circa, rifinito, piastrellato alle pareti completo d’impianto elettrico, in atto adibito a tinello;

- realizzazione di un bagno di mq. 5,40 circa avente un'altezza all’intradosso di m. 2,70, completo di impianto idrico ed elettrico e di scarico, di servizi igienici sanitari, vasca da bagno e finestra;

- realizzazione di una veranda di m. 7,50 circa, ad una falda inclinata con sottostanti scatolari metallici e soprastante copertura in pannelli termo coibentato in alluminio anodizzato e vetri posta ad un'altezza media di m. 2,60 circa chiusa con pannelli di alluminio anodizzato e vetri sfruttando anche un muretto di cm. 0,90 circa, completa di impianto idrico-elettrico e di scarico, in atto adibita a cucina;

- realizzazione di una terrazza sul lato est di m. 30,85 circa nella quale sono state realizzate delle opere e precisamente: una tettoia di mq. 5,00 circa, ad una falda inclinata con sottostanti scatolari metallici e soprastante copertura con pannelli termo-coibentato posta ad un’altezza media di m. 2,45 circa chiusa con pannelli in alluminio anodizzato e vetri, adibita a deposito e masserizie;

- realizzazione di un varco sulla parete perimetrale ovest, di una finestra in alluminio anodizzato e vetri;

- realizzazione nel muro perimetrale lato ovest di un varco con installazione di una porta in alluminio anodizzato e vetri con chiusura esterna di un cancelletto in ferro a due ante, che immette su un terrazzino di mq. 14,00 circa delimitato da un muretto lungo m. 4,95 ed alto m. 1,60 sormontato da ringhiera in ferro alta cm. 75 circa.

Ritenendo che tutti gli interventi edilizi summenzionati configurino una “ristrutturazione edilizia”, l'Amministrazione ha ordinato la demolizione delle suddette opere asseritamente abusive, nonché il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della L. n. 47/1985, come recepito nella Regione siciliana dalla L.R. n. 37/1985.

Le suddette opere (bagno, tinello e cucina) sono state realizzate dal precedente proprietario, a seguito del suo acquisto nel 1984, al fine di rendere abitabile il piccolo appartamento de quo di appena due vani.



1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Catania chiedendo il rigetto del ricorso.



1.2. All’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2023, presenti i difensori della parte ricorrente e del Comune resistente, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO



1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha dedotto i vizi di Difetto di motivazione - Mancata tutela dell’affidamento del privato - Violazione dell’art. 3 della legge 241/90 – Violazione dei principi di buon andamento della P.A. - Art. 97 della Costituzione - Mancata comparazione con interesse privato anche in ragione del lasso di tempo trascorso.

La ricorrente, in sintesi, argomenta che le opere contestate sono state realizzate dai precedenti proprietari dell'immobile, negli anni ‘80, come risulta espressamente nel contratto preliminare di vendita del 6 ottobre 1992.

In questo lungo lasso di tempo l’Amministrazione resistente non ha mai contestato l’esecuzione di alcuna opera abusiva, nonostante le stesse fossero perfettamente visibili (essendo state realizzate sulla terrazza prospiciente la via pubblica);
si è quindi ingenerato in capo all’esponente il più che legittimo affidamento per le opere realizzate nel lontano 1984 sull’immobile de quo dal precedente proprietario (opere essenziali - bagno, lavanderia e cucina - per poter rendere concretamente abitabile il piccolo appartamento de quo ).

Per la giurisprudenza, osserva il deducente, è necessaria la comparazione dell’interesse pubblico con l'interesse del privato qualora per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, sussiste un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all’entità e alla tipologia dell’abuso, il pubblico interesse diverso da quello al ripristino della legalità idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (mentre nel caso in esame l’Amministrazione non ha speso una sola parola per esternare le ragioni pubbliche diverse rispetto al ripristino della legalità per giustificare il sacrificio imposto al privato, avuto riguardo all'entità ed alla natura dell'abuso, al lunghissimo lasso di tempo trascorso ed all'inerzia del potere di vigilanza dell'Amministrazione).

L’Amministrazione resistente - secondo l’esponente - avrebbe dovuto prendere in esame e motivare sotto lo specifico profilo della buona fede dell'odierna ricorrente, che non ha realizzato le opere abusive, terzo incolpevole rispetto all'abuso contestato.

Lamenta l’esponente, inoltre, che l’attivazione del potere repressivo a distanza di tempo rende, fra l’altro, oltremodo difficoltoso l’esercizio del diritto di difesa.

L’onere di motivazione non potrebbe non chiamare in causa, tra gli altri elementi da considerare, anche la condizione di possibile buona fede dei soggetti che si vorrebbero in ipotesi sanzionare, né potrebbe andar disgiunto da una verifica circa gli eventuali indebiti vantaggi che questi avrebbero ritratto dall’illecito.



1.1. Il motivo è infondato.



1.1.1. La giurisprudenza amministrativa è intervenuta più volte, con un principio ribadito anche dall'Adunanza Plenaria (17 ottobre 2017, n. 9) per escludere la rilevanza del passaggio del tempo per quanto riguarda l'adozione dei provvedimenti repressivi edilizi, negando che in tale materia si possa formare un affidamento tutelabile rispetto al perpetrarsi dell'abuso edilizio.

L’irrilevanza del passaggio del tempo è stata affermata con riferimento al lasso temporale tra la realizzazione dell’abuso e l’ordine di rimessione in pristino, ovverosia per la stessa adozione della misura ripristinatoria, in quanto il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare e non potendo l’interessato dolersi del fatto che l'amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi.

In caso di abusi edilizi il fattore tempo non agisce in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse;
invero, di affidamento meritevole di tutela si può parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente e in senso compiuto resa nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato, non già nel caso in cui sia stato commesso un illecito all'insaputa della stessa.

Tale orientamento ha, peraltro, trovato l'autorevole avallo dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (cfr. supra ) secondo la quale il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso.

Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.

Va infatti ribadito che la mera inerzia da parte dell’Amministrazione nell’esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l'edificazione sine titulo ) è sin dall'origine illegittimo;
in definitiva, non si può applicare a un fatto illecito (l'abuso edilizio) il complesso di acquisizioni che, in tema di valutazione dell'interesse pubblico, è stato enucleato per la diversa ipotesi dell'autotutela decisoria.

Nemmeno emerge un onere motivazionale di particolare spessore, in quanto nel caso di acclarata abusività del manufatto, l’ordine di demolizione è un atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi.

Va ricordato, inoltre, che, secondo consolidato orientamento, i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale con la conseguenza che la loro adozione prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile, applicandosi gli stessi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell'ordine giuridico violato (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. VI, 2 gennaio 2023, n. 7).

Infine, il decorso, anche di un lungo tempo, non è idoneo a far perdere il potere dell’amministrazione di provvedere in quanto, se così fosse, si realizzerebbe una sorta di sanatoria « extra ordinem », non potendo la distanza temporale tra l’abuso e la sua repressione giustificare la formazione di un legittimo affidamento;
per tale ragione i provvedimenti repressivi in materia edilizia non necessitano di alcuna specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico al ripristino della situazione antecedente alla violazione e, questo, appunto, anche nel caso in cui l’abuso fosse stato commesso in epoca risalente (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 28 marzo 2022, n. 387).

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