TAR Venezia, sez. II, sentenza breve 2019-04-26, n. 201900513
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Pubblicato il 26/04/2019
N. 00513/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00227/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 227 del 2019, proposto da
A B, rappresentata e difesa dall'avvocato M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Mestre, viale Ancona 17;
contro
Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A I e N O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura Civica in Venezia, S. Marco 4091;
nei confronti
il Ministero Infrastrutture e Trasporti – Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche –Veneto–Trentino Alto Adige – Fiurli Venezia Giulia - Ufficio Salvaguardia Venezia ed il Ministero Beni e Attività Culturali –Mibac- Soprint. Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Comune Venezia e Laguna non costituitisi in giudizio;
per l'annullamento
della “diffida a conformare” ai sensi dell'art. 27 Dpr 380/2001 e 167 Dlgs 42/04 “a seguito dell'accertamento di opere seguite in totale difformità all'autorizzazione paesaggistica prot. n. 2018/100269 del 23 febbraio 2018 e dalla scia prot n. 2018/294798 del 18 giugno 2018 su Canale di Mazzorbo”, nonché di qualsivoglia atto ad essa antecedente, conseguente e connesso, anche non noto ed in particolare l'ordinanza del Comune di Venezia (prot. n. 2018/0618444) - trasmessa a mezzo pec il 21 dicembre 2018 - di sospensione delle opere abusive consistenti in “formazione di darsena galleggiante per ormeggio natanti, comprensiva di passerella e finger, costituita di elementi galleggianti modulari realizzati in struttura metallica e piano di calpestio in doghe di legno, in difformità dalla SCIA prot. n. 2018/294798 del 18/06/2018 e dall'Autorizzazione Paesaggistica prot. n. 2018/100269 del 23/02/2018”, del verbale di sopralluogo del 20 dicembre 2018 e del provvedimento di rigetto dell’istanza di annullamento in autotutela dell’ordinanza di sospensione, trasmesso a mezzo pec il 21 gennaio 2019.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2019 il dott. S M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, proprietaria di un immobile nell’Isola di Mazzorbo, in località Mazzorbetto, in data 18 giugno 2018 ha presentato al Comune di Venezia una segnalazione certificata di inizio attività per ristrutturare un pontile di ormeggio esistente presente nel canale frontistante la propria abitazione, mediante la sua demolizione e ricostruzione con una diversa conformazione.
Il pontile preesistente da ristrutturare è a pettine e si protende perpendicolarmente dalla riva verso l’acqua.
Rispetto all’opera indicata nella segnalazione certificata di inizio attività la ricorrente ha acquisito l’autorizzazione paesaggistica in quanto l’opera ricade in area soggetta a vincolo paesaggistico e il nulla osta ai fini idraulico lagunari del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche (subentrato al Magistrato alle acque) in quanto l’opera ricade nella Laguna di Venezia.
Poiché la Laguna di Venezia, ai sensi dell’art. 1 della legge 5 marzo 1963, n. 366, costituisce demanio marittimo, la ricorrente ha anche ottenuto dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche in data 9 gennaio 2019, una concessione per l’occupazione di uno specchio acqueo che tuttavia ha ad oggetto un’opera diversa da quella assentita sotto il profilo edilizio e paesaggistico, in quanto è prevista l’occupazione di un’area di 274,50 mq per l’ormeggio dei natanti (con anche la prescrizione di consentire l’utilizzo del pontile al personale dell’Amministrazione concedente, alla Polizia lagunare ed ai funzionari di Enti territorialmente competenti per ragioni d’ufficio).
La concessione consente per un anno, eventualmente rinnovabile, il posizionamento di un pontile galleggiante facilmente amovibile della lunghezza di m. 21,40 posizionato trasversalmente alla passerella galleggiante ancorata a terra, nonché di un modulo galleggiante di imbarco della lunghezza di m. 12,40 x 1,00.
La ricorrente ha effettivamente realizzato non quanto assentito sotto il profilo edilizio e paesaggistico, ma quanto previsto dal provvedimento di concessione all’occupazione dello specchio acqueo.
Il Comune, venuto a conoscenza dell’esecuzione di opere difformi da quelle assentite, dopo aver sospeso i lavori, con provvedimento prot. n. 19620 notificato il 13 settembre 2019, ha ordinato la rimozione delle opere abusive entro il termine di 60 giorni con avviso della rimozione coattiva in caso di inadempimento.
Con il ricorso in epigrafe il provvedimento che ha ordinato la rimozione delle opere, unitamente all’ordinanza di sospensione lavori del 21 dicembre 2018, e alla nota confermativa della predetta sospensione con cui è stata rigettata l’istanza di annullamento in autotutela della medesima, è impugnato per le seguenti censure:
I) violazione dell’art. 29 della legge 5 marzo 1963, n. 366, dell’art. 18, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 114, dell’art. 27 del DPR 6 giungo 2001, n. 380, dell’art. 167 del Dlgs. 22 gennaio 2004, n. 42, difetto di presupposto e travisamento perché, rispetto a quanto assentito, sono stati realizzati altri due pettini, che sono dei pontili galleggianti, il cui allestimento è stato autorizzato dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche, con funzione di frangionde nell’ormeggio delle imbarcazioni, e il titolo edilizio deve ritenersi necessario solo per l’installazione del pontile collegato alla terraferma, ma non per l’occupazione dello spazio acqueo con moduli autoreggenti sorretti da un apposito palo, rispetto ai quali non è necessaria neppure l’autorizzazione paesaggistica;
II) violazione dell’art. 29 della legge 5 marzo 1963, n. 366, del giusto procedimento, difetto di istruttoria, travisamento e motivazione inconferente perché l’affermazione contenuta nel diniego di annullamento in autotutela del provvedimento di sospensione lavori secondo la quale il nulla osta del Provveditorato non costituisce titolo edilizio per l’esecuzione delle opere, denota che il Comune confonde il nulla osta del Provveditorato ai fini dell’acquisizione del titolo abilitativo per la realizzazione di qualsivoglia opera edilizia sul territorio compreso nel perimetro lagunare, e la competenza attribuita ai sensi del citato art. 29, che invece affida al Provveditorato la concessione dei beni demaniali marittimi (gli spazi acquei) compresi nella conterminazione lagunare;il pontile sostitutivo di quello antecedente che è ancorato a terra necessitava del titolo edilizio e del nulla osta che sono stati acquisiti, mentre la parte restante dell’opera è stata realizzata in adempimento delle prescrizioni contenute nella concessione rilasciata dal Provveditorato per l’occupazione dello spazio acqueo, da cui trae la propria legittimazione;
III) violazione degli artt. 31 e 34 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, del giusto procedimento ed arbitrarietà perché è contestata anche l’esecuzione di opere difformi con riguardo alla ristrutturazione del pontile che è stata autorizzata, senza tuttavia considerare che le difformità sono trascurabili e non percepibili perché l’intervento è stato realizzato in misura di poco inferiore a quella autorizzata.
Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione dell’ordine di sospensione dei lavori e del diniego di annullamento dello stesso perché superati dall’ordinanza di rimozione, e replicando puntualmente alle censure proposte, concludendo infine per la reiezione del ricorso.
Alla Camera di consiglio del 4 aprile 2019, fissata per l’esame della domanda cautelare, avvisate le parti della possibile definizione della controversia con sentenza resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., la causa è stata trattenuta in decisione.
Il Collegio ritiene di non esaminare le eccezioni in rito in quanto il ricorso, le cui censure possono essere esaminate congiuntamente, è infondato nel merito.
Nel caso in esame la ricorrente, che aveva ottenuto il titolo edilizio e l’autorizzazione paesaggistica per la ristrutturazione di un pontile a pettine esistente perpendicolare alla riva, ha invece eseguito opere funzionali ad una darsena costituita da tre rami di pontoni galleggianti di cui uno quasi ortogonale alla riva mediante la realizzazione di una passerella unita al preesistente pontile in legno, con inoltre, rispetto a quanto autorizzato, una traslazione di circa nove metri.
La ricorrente sostiene che è necessario valutare partitamente le opere realizzate, tenendo conto che il titolo edilizio e l’autorizzazione paesaggistica devono ritenersi necessari solamente per la passerella di collegamento a terra di m 5 per 1,10, e il pettine alla stessa unito delle dimensioni di m 16 per 2,5, uniche opere alle quali secondo la ricorrente debba essere riconosciuta una valenza edilizia e paesaggistica, mentre per l’installazione dei moduli trasversali non è necessario il rilascio di titoli edilizi e paesaggistici perché è sufficiente la concessione per l’occupazione dello spazio acqueo del demanio marittimo, rilasciata dal Provveditorato interregionale per le opere pubbliche.
La tesi è priva di fondamento.
Va sottolineato che, come correttamente indicato dal Comune, i lavori eseguiti sono in totale difformità da quanto assentito.
In primo luogo infatti non è stata realizzata la demolizione del vecchio pontile e lo stesso è stato unito ad una passerella che non ha le dimensioni minime indicate nell’istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e che aveva giustificato il ricorso alla procedura semplificata di cui all’art. 11 del Dlgs. 13 febbraio 2017, n. 31.
In secondo luogo va osservato che, come già chiarito in giurisprudenza “il provvedimento di concessione di occupazione di suolo del demanio marittimo non può valere anche come permesso di costruire trattandosi di materie sottoposte a disciplina diversa, rimesse ad Amministrazioni distinte e rispondenti a diverse finalità;infatti il rilascio della concessione di suolo demaniale marittimo non detiene alcuna valenza autorizzativa sul piano edilizio, ossia non esime dal conseguimento del titolo abilitante all’edificazione” (cfr. Tar Sicilia, Palermo, Sez. II, 17 maggio 2016, n. 1223;Tar Campania, Napoli, sez. IV, 20 gennaio 2009, n. 202;Tar Lazio, Roma, sez. I. 16 maggio 2008, n. 4381).
Nel caso di specie le opere realizzate, ancorché oggetto di un provvedimento di concessione demaniale marittima da parte della competente autorità, necessitavano pertanto comunque di un autonomo titolo edilizio comunale e dell’autorizzazione paesaggistica, stante la piena autonomia, oltre che l’operatività su livelli diversi, dei distinti settori amministrativi chiaramente evincibile dalla duplice normativa, edilizia e paesaggistica da una parte, marittima dall’altra, applicabile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 settembre 2012, n. 5059), dato che la necessità dell'apposito titolo edilizio per le opere da eseguirsi dai privati su aree demaniali era ed è, infatti, espressamente prevista dall'art. 8 del DPR 6 giugno 2001, n. 380, in cui è stato trasfuso il contenuto dell'art. 31, comma 3, della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
Peraltro nessun dubbio in proposito avrebbe dovuto nutrire la ricorrente dato che il disciplinare allegato alla concessione demaniale all’art. 8, lett. c), prevedeva tra gli obblighi del concessionario quello di ottenere tutte le autorizzazioni e certificazioni “previste a norma di legge, che si rendessero necessarie per il corretto esercizio della concessione”, e due precedenti istanze volte ad ottenere i titoli edilizi e paesaggistici necessari alla realizzazione della darsena abusivamente realizzata erano stati respinti per il parere sfavorevole della Soprintendenza che aveva giudicato eccessivamente negativo l’impatto dell’opera non armonizzabile con le caratteristiche dei pontili esistenti, interferente con le vedute prospettiche del bordo dell’Isola e con le caratteristiche di naturalità ancora presenti (cfr. i dinieghi di autorizzazione paesaggistica prot. n. 392110 del 22 agosto 2016 e prot. n. 456401 del 26 settembre 2017 di cui ai docc. 15 e 16 allegati alle difese del Comune).
Quanto esposto induce pertanto a respingere il primo ed il secondo motivo, con i quali la ricorrente sostiene di essere in possesso dei titoli necessari alla realizzazione delle opere.
Parimenti infondato si rivela anche il terzo motivo, con il quale la ricorrente sostiene che con riguardo al solo intervento sul pontile esistente dovrebbe essere valutata l’esiguità della difformità eseguita rispetto alla segnalazione certificata di inizio attività e rispetto all’autorizzazione paesaggistica.
Infatti in realtà le opere assentite, che prevedevano la demolizione e la ricostruzione del pontile a pettine esistente, non sono state eseguite, mentre sono state realizzate senza alcun titolo delle opere completamente difformi.
In definitiva pertanto il ricorso deve essere respinto.