TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-06-14, n. 202101455

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2021-06-14, n. 202101455
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202101455
Data del deposito : 14 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2021

N. 01455/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00941/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 941 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da CO.

ITAL

Impianti Sportivi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati W M, V S, con domicilio eletto presso lo studio W M in Salerno, via Farao n.4;

contro

Comune di Bellizzi in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato M A, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, piazza Sant'Agostino, 29;

nei confronti

Associazione Sportiva Dilettantistica "Blue System", non costituita in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia

per quanto riguarda il ricorso principale:

a) della delibera di Consiglio Comunale n. 16 del 31.3.2016, notificata il 14.4.2016, con la quale veniva deliberata la risoluzione per inadempimento del contratto n. 9/2014;

b) della relazione a firma del Responsabile dell'Area Igiene e Servizi al Territorio del medesimo Ente prot. n. 3597 del 1.3.2016;

c) della proposta di risoluzione (denominata allegato "B" della deliberazione impugnata sub a) prot. n. 3956 del 4.3.2016 a firma del Responsabile del Procedimento;

d) per quanto occorra, delle note prot. n. 8827 del 4.6.2015, prot. n. 10758 del 6.7.2015, prot. n. 15192 del 25.9.2015;

e) di ogni altro atto anteriore, successivo, preordinato, connesso e consequenziale che comunque possa ledere gli interessi del ricorrente nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente alla prosecuzione della concessione in essere e alla determinazione (ai sensi dell’art. 4 del capitolato) del canone dovuto al netto delle opere eseguite;

per quanto riguarda i motivi aggiunti:

a) della determina n. 406 del 13.05.2016, con la quale il Responsabile dell'Area Pubblica Istruzione, Cultura e Servizi Demografici del Comune di Bellizzi procedeva alla risoluzione per inadempimento del contratto n.9/2014 e diffidava la CO.

ITAL

Impianti Sportivi s.r.l. a lasciare l'impianto libero da persone e cose entro e non oltre trenta giorni dalla notifica della presente determinazione;

b) della relazione prot. n. 3597 dell’1.3.2016;

c) di ogni altro atti anteriore, successivo, preordinato, connesso e consequenziale che possa comunque ledere gli interessi del ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bellizzi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2021 il dott. R E e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel 2011 il Comune di Bellizzi ha indetto una procedura aperta, ai sensi del d.lgs. n. 163/2006, per l’affidamento in concessione della gestione del centro sportivo comunale, aggiudicata alla COITAL s.r.l. con determinazione n. 286 del 12 aprile 2012;
nello stesso anno il Comune ha provveduto alla consegna degli impianti e delle attrezzature (verbale del 16 maggio 2012), all’approvazione della proposta gestionale e del piano di tariffario, all’approvazione del progetto preliminare relativo a lavori urgenti e indifferibili da realizzare nell’immediato, prescrivendo la presentazione di un progetto definitivo relativo agli ulteriori lavori (delibera n. 88 del 14 giugno 2012) e provvedendo successivamente all’approvazione di una variante al citato progetto preliminare (con delibera n. 128 dell’11 ottobre 2012).

2. I lavori autorizzati hanno avuto inizio il 9 luglio 2012 e sono stati ultimati nell’ottobre del 2012 (cfr. nota n. 174259 del 4.10.2012).

Con nota n. 2206 del 21 febbraio 2014 la società ha comunicato la cessione del ramo d’azienda alla CO.

ITAL

Impianti sportivi s.r.l., società con cui l’Amministrazione, senza acconsentire espressamente alla modifica soggettiva del rapporto, ha poi stipulato il contratto di concessione solo in data 3 luglio 2014.

Con successiva nota n. 8827 del 4 giugno 2015 l’Amministrazione stessa ha contestato vari inadempimenti e prospettato la risoluzione del contratto.

Con nota n. 15192 del 25 settembre 2015 l’A.S.D. Blue System, ausiliaria della COITAL s.r.l., ha comunicato il fallimento di quest’ultima (sentenza del Tribunale di Salerno del 22 luglio 2015) e di non aver assunto alcun impegno nei confronti della nuova CO.

ITAL

Impianti Sportivi s.r.l., comunicando alla COITAL s.r.l. la “revoca” dell’avvalimento.

Con nota n. 21604 del 30 dicembre 2015 è stato quindi trasmesso il progetto definitivo dei lavori da effettuare e con nota n. 1392del 26 gennaio 2016 il quadro economico riepilogativo dei lavori eseguiti al 31 dicembre 2015, che evidenziava i costi di realizzazione delle opere preventivate, di quelle autorizzate nonché i costi derivanti dall’uso del centro da parte della ASD Basket Bellizzi per un totale di 777.760,60 euro, al netto delle competenze tecniche;
la ricorrente con nota n. 4207 del 20 marzo 2015 aveva già trasmesso il quadro economico riepilogativo dei lavori eseguiti al 20 febbraio 2015 e con nota n. 999 del 22 gennaio 2015 aveva chiesto all’Amministrazione documentazione idonea a determinare l’importo relativo ai utilizzi del palazzetto da parte dell’ASD Basket Bellizzi dal 4 ottobre 2010 a 16 maggio 2012, senza ottenere riscontro.

3. Con delibera del Consiglio Comunale n. 16 del 31 marzo 2016 l’Amministrazione ha ritenuto sussistenti i presupposti per la risoluzione del contratto stipulato con la CO.

ITAL

Impianti Sportivi s.r.l. e con determinazione n. 406 del 13 maggio 2016 è stata disposta la risoluzione dello stesso per grave inadempimento, intimando alla ricorrente l’immediato sgombero dell’impianto.

L’Amministrazione contesta il mancato pagamento del 10% del canone di concessione (come previsto dall’art. 4 del capitolato), l’inosservanza dell’obbligo di assunzione di cinque unità lavorative alle dipendenze del precedente concessionario nella gestione del centro sportivo (come stabilito dall’art. 9 del medesimo capitolato), l’esecuzione di lavori in difformità e senza alcuna preventiva autorizzazione nonché l’incongruenza tra l’importo determinato dalla stazione appaltante in euro 139.170,98 e quello rendicontato dall’impresa di euro 777.766, 60, oltre IVA per le opere realizzate e i costi derivanti dall’uso del centro da parte della ASD Basket Bellizzi, la mancata realizzazione dei lavori previsti in contratto e il venir meno dei requisiti previsti;
il provvedimento, richiamando ampiamente le numerose difformità nell’esecuzione del contratto, determina “di procedere per grave inadempimento contrattuale alla risoluzione del contratto di appalto … ai sensi e per gli effetti dell’art. 34 del capitolato speciale di appalto e dell’art. 1453 del codice civile”, intimando la restituzione dell’impianto.

4. Con il ricorso e i relativi motivi aggiunti la ricorrente deduce il vizio di incompetenza della delibera n. 16 adottata da parte del Consiglio Comunale (considerata la competenza del dirigente ai fini dell’adozione di provvedimenti della specie – a tale vizio si fa riferimento unicamente nel ricorso in ragione della successiva adozione del provvedimento dirigenziale), la violazione dell’art 4 del capitolato (in quanto l’obbligo del pagamento del canone sorgerebbe solo con la stipula del contratto, sono previste particolari modalità di computo del canone dovuto a fronte dell’esecuzione dei lavori, non si è provveduto alla quantificazione delle opere e al calcolo dell’importo dei lavori da scomputare e alla determinazione del canone da versare anche al fine di verificare la rilevanza della mancanza, con la conseguenza che l’inadempimento della ricorrente sarebbe dovuto all’inadempimento dell’Amministrazione), l’adempimento dell’obbligo di assunzione dei dipendenti del precedente gestore (che, convocati il 4 maggio 2012, hanno rifiutato la proposta di assunzione), l’omesso riscontro alle richieste di informazioni e di documentazione relative ai lavori eseguiti dalla stessa Amministrazione nell’ambito dell’impianto (rendendo così difficile l’esecuzione del contratto), la sussistenza dei titoli edilizi abilitativi, la piena consapevolezza da parte dell’Amministrazione dei lavori eseguiti e rendicontati, il danno per i lavori eseguiti e non pagati a cui si aggiunge quello per il mancato guadagno derivante dall’interrotta gestione del centro in un momento successivo alla fase di avvio, l’insussistenza degli illeciti edilizi sulla base delle risultanze del sopralluogo effettuato in data 31 marzo 2015 (in realtà effettuato il 25 gennaio 2015) e relazionato con la nota n. 1149 del 26 gennaio 2015 (per il quale non è stato mai redatto verbale in contraddittorio con la ricorrente e in relazione alle cui risultanze non è mai stato adottato alcun provvedimento), l’approvazione delle modifiche da parte dell’Amministrazioni mediante la deliberazione relativa alla variante, l’avvenuta comunicazione della modifica soggettiva all’Amministrazione che ha acquisito la documentazione relativa ai requisiti e ha provveduto poi alla stipula del contratto, l’avvenuta comunicazione della modifica dell’esecutore anche all’ausiliaria senza che questa formulasse alcuna osservazione avendo già accettato la possibilità di modifiche soggettive dell’ausiliata, l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 34 del capitolato non essendo stata considerata la necessità di graduare le sanzioni contrattuali prima di addivenire alla risoluzione del contratto stesso, risoluzione adottata peraltro in carenza di motivazione, la violazione degli artt. 136 e 138 del d.lgs. n. 163/2006 per la mancanza di valutazioni sulla gravità dell’inadempimento, di quantificazione dei lavori eseguiti, di collaudi e di contabilizzazione delle opere nonché di contraddittorio.

Si chiede quindi l’annullamento dei provvedimenti adottati, l’accertamento del diritto della ricorrente alla prosecuzione del rapporto e al calcolo del canone dovuto secondo la rendicontazione proposta dalla stessa ovvero del diritto della ricorrente a ottenere il rimborso dell’importo dei lavori realizzati non scomputabili dal canone.

5. Si è costituita l’Amministrazione eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e argomentando in merito all’infondatezza nel merito del ricorso.

6. Con ordinanza n. 394/2016 di questo Tribunale è stata disposta la sospensione dell’efficacia del provvedimento di sgombero dell’impianto e fissata l’udienza pubblica per la trattazione nel merito del ricorso, udienza rinviata, su richiesta delle parti, per una possibile composizione bonaria della vicenda che ha avuto tuttavia esito negativo.

7. All’udienza pubblica del 5 maggio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Occorre preliminarmente considerare che, alla luce delle previsioni del bando e del disciplinare di gara nonché del capitolato, la concessione oggetto della presente controversia può essere inquadrata come concessione di servizi. Infatti la componente lavori, pur prevista nell’ambito della concessione, riveste un ruolo sicuramente secondario rispetto alla componente servizi;
i lavori previsti nell’ambito della concessione hanno importo contenuto e caratteristiche di mera accessorietà rispetto ai servizi di gestione dell’impianto comunale per consentire lo svolgimento di attività sportive e ricreative, remunerati dalle tariffe corrisposte dagli utenti dell’impianto.

Trattandosi di una concessione di servizi, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., anche per le controversie relative alla fase esecutiva, con esclusione di “quelle concernenti indennità, canone degli altri corrispettivi” ovvero di carattere meramente patrimoniale e non involgenti profili relativi al pubblico interesse.

L’interesse pubblico che la concessione è destinata a soddisfare si riverbera infatti sulla fase di esecuzione del rapporto concessorio, informando di sé i poteri che l’Amministrazione concedente può esercitare al fine di assicurare la costante rispondenza del rapporto al medesimo interesse.

È proprio la corretta esecuzione del rapporto ad assicurare la realizzazione degli interessi pubblici perseguiti mediante la concessione, con la conseguenza che, in caso di inadempimento del concessionario, l’alterazione del rapporto concessorio consente all’Amministrazione concedente di attivare i rimedi previsti anche dalla stessa convenzione quale, nel caso di specie, la clausola risolutiva espressa;
non rileva il carattere latamente privatistico dello strumento utilizzato, in quanto l’attivazione della clausola risolutiva espressa presuppone una valutazione circa la conformità di tale attivazione all’interesse pubblico da parte dell’Amministrazione che ben potrebbe ritenere opportuna la prosecuzione del rapporto nonostante gli inadempimenti verificatisi (cfr. Consiglio di Stato n. 5938/2017 e, in materia di concessione di beni, Consiglio di Stato n. 2842/2021, non smentite dalle numerose pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in alcuni casi richiamate anche dal Giudice Amministrativo, relative alle concessioni di costruzione/gestione di opere per le quali non sussiste una analoga disposizione che ne affida la cognizione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).

Nella fattispecie si rivela quindi quello stretto intreccio di situazioni giuridiche soggettive (interessi legittimi e diritti soggettivi) comunque connessi all’esercizio del potere che giustifica l’attribuzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

8. Procedendo all’esame del merito, il ricorso si rivela infondato.

L’art. 34 del capitolato reca una clausola risolutiva espressa, attribuendo all’Amministrazione la “facoltà di risolvere il contratto, ai sensi dell’articolo 1456 c.c. fatto salvo l’eventuale risarcimento dei danni” in caso di “mancato pagamento per tre mensilità consecutive del canone di gestione”. L’art. 4 del medesimo capitolato prevede che, dalla data di sottoscrizione del contratto di concessione, il concessionario è tenuto a corrispondere al Comune “il canone annuo risultante in sede di offerta in aumento rispetto al canone posto a base di gara predeterminato in euro 62.400,00 annui, oltre IVA come per legge, per l’intera durata della concessione”, precisando che “il canone dovrà essere versato in rate semestrali posticipate di pari importo con le modalità previste dal capitolato d’oneri”.

La formulazione della clausola risolutiva espressa, che verte sul mancato pagamento e sulla consecutività, fa sì che l’inadempimento che può dar luogo alla risoluzione del contratto debba essere riferito al mancato pagamento non di tre mensilità ma di tre rate semestrali consecutive;
l’art. 4 prevede infatti che il pagamento del canone debba avvenire non sulla base di mensilità o di annualità ma di rate semestrali alle quali unicamente può essere riferita la continuità dei pagamenti.

Su tale interpretazione concordano peraltro le parti stesse avendo il Comune comminato la risoluzione in relazione al mancato pagamento di tre rate semestrali e non avendo la ricorrente contestato tale specifico profilo.

La clausola individua in maniera esatta l’inadempimento che, oggetto di una prevalutazione di gravità delle parti, può condurre alla risoluzione contrattuale;
l’Amministrazione ha inoltre previamente contestato l’inadempimento e successivamente adottato l’atto con cui si è avvalsa della citata clausola risolvendo de plano il contratto di concessione.

La presenza di tale specifica clausola ha consentito all’Amministrazione, al riscontro dell’inadempimento in essa compiutamente descritto, di disporre la risoluzione contrattuale senza alcuna necessità di graduare, come prospettato dalla ricorrente, la sanzione contrattuale;
peraltro l’unica graduazione ammessa dal contratto stipulato, ovvero l’applicazione delle penali previste dall’art. 33 del capitolato, non era comunque possibile in ragione della formulazione stessa della clausola penale, costruita mediante il riferimento a inadempimenti puntuali anziché a ritardi nell’adempimento (e quindi applicabili unicamente alle violazioni relative ai livelli di servizio) facendo comunque salva la facoltà dell’Amministrazione di procedere alla risoluzione del contratto ai sensi del successivo art. 34. Occorre aggiungere altresì che tale graduazione è stata comunque compiuta dalla stessa clausola risolutiva espressa che ha comminato lo scioglimento del vincolo contrattuale in relazione all’inadempimento non di una sola rata ma di tre rate di canone, richiedendo di conseguenza il raggiungimento di un determinato livello di gravità del mancato adempimento.

Contrariamente poi a quanto affermato dalla ricorrente, l’art. 4 del capitolato speciale prevede modalità di determinazione del canone che non richiedono l’intervento valutativo né del concedente né del concessionario, individuando criteri di calcolo del quantum dovuto caratterizzati da chiarezza, specificità e automatica applicabilità.

Il citato art. 4 prevede infatti che “ciascuna rata di canone sarà decurtata per il 90% del valore della stessa fino allo scontro totale dei seguenti importi”, indicando alla lett. a) proprio l’“importo a consuntivo degli interventi di manutenzione da realizzarsi obbligatoriamente risultanti dalla contabilità lavori resa sotto forma di perizia giurata da parte di tecnico abilitato e documentati dalle fatture quietanzate di pagamento delle imprese e professionisti incaricati dei lavori di adeguamento, per un importo predeterminato in pari ad euro 139.170,98, oltre IVA, come si evince dal computo metrico allegato sub B) al capitolato d’oneri”.

La clausola così formulata determina in maniera diretta e immediata la rata del canone dovuto: l’importo del canone annuo indicato in sede di offerto, dimezzato in ragione della semestralità della rata, deve essere decurtato esattamente del 90% fino al totale scomputato degli importi indicati, tra cui l’importo consuntivo degli interventi di manutenzione obbligatoria ovvero (stante il riferimento all’allegato B) degli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 19 del capitolato, di cui è stata autorizzata l’esecuzione con delibera n. 88 del 14 giugno 2012.

La medesima clausola predetermina quindi l’importo massimo di tali lavori e consente lo scomputo delle somme impiegate per la realizzazione dei citati lavori nei limiti di tale importo;
di conseguenza, il concessionario può recuperare le somme impiegate nell’esecuzione dei medesimi lavori portandole in diminuzione del canone dovuto, unicamente però nei limiti della somma così predeterminata e riducendo il canone di una percentuale fissa.

Occorre poi considerare che l’importo dei lavori è stato determinato dal concedente sulla base di un computo metrico allegato al capitolato e noto allo stesso concessionario, consapevole di conseguenza della consistenza dei lavori da effettuare, delle modalità di stima e di determinazione dell’importo-limite, della necessità di contenere il costo dei lavori nei limiti previsti;
la stessa clausola consente lo scomputo dell’importo dei lavori realizzati solo a consuntivo, sulla base della contabilità dei lavori elaborata dallo stesso concessionario mediante perizia giurata e allegate fatture di pagamento delle imprese e dei professionisti incaricati dei lavori stessi, fatture mai presentate dalla ricorrente ma necessarie a consentire al concedente la verifica degli importi effettivamente corrisposti per l’esecuzione dei lavori, secondo il meccanismo contrattuale elaborato, ben potendo procedersi allo scomputo di un importo inferiore a quello predeterminato qualora il costo dei lavori eseguiti sia risultato minore dell’importo previsto quale limite massimo di costo.

Ne segue che è certo che la ricorrente avrebbe dovuto provvedere almeno al pagamento del 10% della rata di canone, pagamento non avvenuto, considerata la stipula del contratto il 3 luglio 2014 e la scadenza della terza rata di canone al 3 gennaio 2016;
in particolare, considerato che la rendicontazione è avvenuta soltanto il 20 marzo 2015, il concessionario avrebbe dovuto provvedere al pagamento dell’intera prima rata di canone e al pagamento del 10% per la seconda e la terza rata.

A margine di tali argomentazioni, si rileva comunque che le perizie giurate prodotte dalla ricorrente, per la loro genericità, non consentono di verificare i lavori effettivamente eseguiti e, soprattutto, il completamento dei lavori di manutenzione straordinaria, risultando chiaramente solo l’esecuzione dei lavori di cui alla lettera A (cfr. nota della concessionaria n. 17425 del 4 ottobre 2012 e perizia giurata del 18 marzo 2015) ma non degli altri lavori di manutenzione straordinaria pure autorizzati.

Occorre inoltre aggiungere che, correttamente, l’Amministrazione ha predeterminato l’importo dei lavori da eseguire e oggetto di rimborso, al fine di mantenere la distribuzione dei rischi inerenti alla concessione ed evitare che l’esecuzione di lavori in eccesso, di importo superiore o ingiustificato si trasformi in uno strumento di recupero dell’eventuale calo della domanda dei servizi resi dall’impianto.

Non sussiste la violazione degli artt. 136 e 138 del d.lgs. n. 163/2006, che non sono applicabili al caso di specie. Tali disposizioni delineano uno specifico procedimento di risoluzione qualora si verifichi un grave inadempimento in grado di compromettere la corretta esecuzione dei lavori;
l’Amministrazione ha invece azionato la clausola risolutiva espressa di cui all’art. 1456 c.c. la cui attivazione, mediante la manifestazione della volontà di avvalersene, determina un automatico effetto risolutivo. L’Amministrazione, infatti, accanto alla facoltà prevista dagli artt. 136 e seguenti del decreto legislativo n. 163/2006, conserva comunque quella di far valere la clausola risolutiva espressa specificamente inserita nell’ambito del contratto e riferita ad altrettanti specifici inadempimenti delle obbligazioni contrattuali, prescindendo dal procedimento previsto dal citato decreto legislativo.

9. Assorbite le altre censure e rigettata la domanda proposta in via principale, con riferimento alla domanda proposta via subordinata occorre invece rilevare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario.

La domanda di accertamento del “diritto della ricorrente al pagamento delle differenze economiche che dovessero ritenersi non rientrare nello scomputo del canone” deve essere qualificata come domanda di ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione ed esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo come determinata ai sensi dell’articolo 133, comma 1, lett. c), c.p.a., in quanto del tutto avulsa dell’esercizio di poteri amministrativi e relativa a questioni di carattere meramente patrimoniale non coinvolgenti il contenuto dell’atto concessorio (cfr. al riguardo, CGARS n. 328/2021), non essendo neppure conseguente alla disposta risoluzione.

10. In conclusione, è infondata e va respinta la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati nonché quella di accertamento del diritto alla prosecuzione del rapporto e alla determinazione dei canoni.

È inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento proposta in via subordinata per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo invece la giurisdizione del giudice ordinario dinanzi al quale la stessa potrà essere riassunta nei termini di cui all’art. 11 c.p.a.

11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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