TAR Genova, sez. II, sentenza 2018-02-16, n. 201800158

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2018-02-16, n. 201800158
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201800158
Data del deposito : 16 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/02/2018

N. 00158/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01229/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1229 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S M, M B, con domicilio eletto presso lo studio M B in Genova, via Corsica, 21/18;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale, Comando Regionale Liguria della Guardia di Finanza, Comando Provinciale di Savona della Guardia di Finanza, Guardia di Finanza, Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Liguria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Genova, viale Brigate Partigiane 2;

per l'annullamento

provvedimento avente ad oggetto irrogazione della sanzione della perdita di grado per rimozione, messa a disposizione del centro documentale (già distretto militare) competente come semplice soldato a decorrere dal 5 maggio 2008, con conseguente modifica della causa di cessazione dal servizio


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza e di Comando Interregionale dell'Italia Nord Occidentale e di Comando Regionale Liguria della Guardia di Finanza e di Comando Provinciale di Savona della Guardia di Finanza e di Guardia di Finanza, Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Liguria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il dott. Roberto Pupilella e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso regolarmente notificato e depositato il ricorrente, ex maresciallo capo della Guardia di Finanza, cessato dal servizio per invalidità fin dal maggio 2008, impugna la determina del Comando Interregionale -OMISSIS-dell’1\7\2014, avente ad oggetto l’irrogazione della perdita del grado per rimozione e la conseguente messa a disposizione come semplice soldato a decorrere dal 5\5\2008, con conseguente modifica della causa di cessazione dal servizio.

Il ricorso, articolato in nove distinti motivi di doglianza sull’operato dell’amministrazione, contesta tutto il procedimento disciplinare che ha portato alla determinazione finale sopra riferita.

In data 9 gennaio 2015 il tribunale respingeva la domanda di sospensione cautelare avanzata dal ricorrente ed all’udienza odierna le parti mandavano in decisione la causa senza discussione.

DIRITTO

Il ricorso non è fondato.

Non è innanzitutto fondata la contestazione circa la normativa disciplinare applicabile alla fattispecie oggetto del presente ricorso.

Infatti, il procedimento penale, in esito al quale l’amministrazione ha attivato il procedimento disciplinare si è concluso, con la sentenza della Corte di -OMISSIS-, passata in giudicato in data 1\10\2013.

Ne deriva la conseguenza che correttamente l’amministrazione ha utilizzato il D.lgs n.66\2010, a quell’epoca vigente per il procedimento disciplinare a carico del -OMISSIS-

L’articolo 1393 del COM infatti stabilisce che qualora il fatto addebitato al militare abbia generato un’azione penale il procedimento disciplinare NON può essere promosso fino al termine di quello penale e, se già iniziato, deve essere sospeso.

Con l’entrata in vigore del codice, vigente all’epoca del procedimento in discussione, era dunque già abrogata la precedente disciplina sanzionatoria prevista dalla l.n.599\1954.

Altrettanto infondato appare al Collegio il tentativo di eludere il procedimento disciplinare ritenendo che il collocamento in congedo assoluto dal maggio 2008 per infermità, precludesse all’amministrazione di sanzionare le eventuali condotte disciplinari pregresse, ma non ancora accertate.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato (19\10\2010) ha infatti chiarito che la ratio delle norme che consentono la sottoposizione a procedimento disciplinare di stato i militari in congedo è quella di evitare, con dimissioni dal servizio per altre cause, di eludere le conseguenze derivanti dall’accertamento di reati o di gravi violazioni disciplinari.

Peraltro la giurisprudenza amministrativa (Tar Lazio II 23\7\2010, n.28271) ha ricordato che l' art. 56 della legge 31 luglio 1954 n. 599 stabiliva che la posizione di congedo assoluto facesse conservare al militare l'onore del grado e dell'uniforme. La conseguenza era che, con il cessare del servizio attivo non veniva meno per il militare graduato la possibilità di essere sottoposto a sanzioni disciplinari di stato.

Nella specie risulta agli atti che i fatti, oggetto di procedimento penale a carico del ricorrente, risalivano alla fine di novembre 2006 e che il -OMISSIS-venne sospeso dal servizio con decorrenza dal 16\4\2008 (doc.2 avvocatura), prima quindi che il ricorrente venisse posto in congedo per motivi di salute alla fine di maggio dello stesso anno.

Infondato risulta poi il motivo che lamenta l’incompetenza del Comandante Interregionale della Guardia di Finanza ad adottare il provvedimento impugnato.

L’avvocatura erariale ha infatti depositato (all.11) la determinazione n.98635\2008 del 26\3\2008secondo la quale, ai sensi del D.Lgs n.165\2001, i comandanti interregionali sono delegati ad esercitare le funzioni decisionali e di sottoscrizione connesse all’adozione degli atti e provvedimenti finali dei procedimenti disciplinari di stato del personale dipendente.

Quanto alla correttezza del procedimento disciplinare, oggetto della memoria conclusiva di parte ricorrente, va premesso che la sanzione della perdita del grado per rimozione rientra nell’elenco disciplinato dall’art. 1357 COM che impongono ai sensi del successivo articolo 1393 COM di aspettare l’esito del procedimento penale prima di attivare il procedimento disciplinare.

Nel caso di specie poi, l’accertamento dei fatti oggetti del reato cui è stato imputato il ricorrente è stato particolarmente complesso con l’ulteriore conferma della legittimità della scelta dell’amministrazione di aspettare la conclusione della vicenda penale prima di attivare il doveroso procedimento disciplinare.

Quanto al rispetto dei termini del procedimento disciplinare instaurato l’amministrazione ha dimostrato (all.4) che la copia conforme della sentenza della Corte d’appello che ha concluso il giudizio è stata rilasciata dalla cancelleria in data 8 novembre 2013.

Poiché la contestazione degli addebiti è avvenuta il 31\1\2014 (all.6 ne deriva il rispetto del termine di avvio del procedimento disciplinare fissato dalla normativa in 90 giorni dall’avvenuta conoscenza integrale della sentenza irrevocabile.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato (IV 26\11\2015 n.5367) ha infatti ribadito una posizione ormai pacifica in materia di dies a quo dal quale valutare la decorrenza del termine per il promovimento del procedimento disciplinare.

“Il termine in questione deve farsi decorrere(secondo la sentenza citata) non dal momento della pubblicazione della sentenza (in cui diventa ipso facto integralmente conoscibile erga omnes), bensì dalla data del rilascio della copia integrale all'Amministrazione. L' art. 70 del D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 dispone infatti che "la cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente di un'amministrazione pubblica ne comunica il dispositivo all'amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento..." ed ha ritenuto che non rileva il ritardo con il quale l'Amministrazione si sia procurata copia della pronuncia. A tali conclusioni la giurisprudenza amministrativa è arrivata valorizzando il combinato disposto degli artt. 70 D.Lgs. n. 150 del 2009 e 1392 c.o.m. che comporta che la cancelleria del giudice abbia l'obbligo di comunicare il dispositivo di sentenza all'amministrazione mentre su costei gravi l'onere di attivarsi sollecitamente per richiederne copia integrale, decorrendo soltanto dal ricevimento della piena conoscenza integrale delle motivazioni il termine di avvio per l'esercizio dell'azione. In quella sede è stato altresì evidenziato che "una interpretazione in chiave strettamente testuale delle norme in commento possa finire anche per ledere il principio di certezza del diritto, ove rimessa all'Amministrazione una facoltà temporale illimitata di attivarsi per richiedere copia integrale della sentenza" preoccupazioni che sono state superate, grazie all'interpretazione logico-sistematica.

Infatti il termine decadenziale risponde all'interesse dell'incolpato, al fine di evitare che questi sia sottoposto sine die al possibile avvio dell'azione disciplinare.

Ne deriva (Cons. Stato, sez. IV, 15-12-2010, n. 8918) che il rischio di stallo per il ritardo nel chiedere la copia conforme della sentenza penale da parte dell’amministrazione può essere facilmente superata dallo stesso interessato provvedendo a notificare all'amministrazione la sentenza completa di motivazione non appena entrata in suo possesso.

Infine non risulta provata la violazione del diritto di difesa che viene lamentata nel ricorso, sotto i diversi profili nei quali è articolata.

Quanto alla scelta della facoltà di designare un difensore di fiducia, facoltà disciplinata dall’art. 1370, va segnalato che è stata una scelta del ricorrente non avvalersi della facoltà e che comunque l’amministrazione ha fin dal primo atto ha nominato un difensore d’ufficio e risulta che l’inquisito abbia avuto un rapporto continuo con il difensore che provvedeva agli incombenti procedurali previsti dalle norme.

Quanto alla supposta violazione del diritto di difesa per l’impossibilità di avvalersi di un avvocato del libero foro, il Collegio ricorda che la questione è già stata oggetto di attenzione da parte della Corte Costituzionale (sent.n.182\2008) che pur riconoscendo in astratto la libertà del legislatore in materia ha specificato le ragioni confermando la legittimità della scelta di prevedere una diversa modalità di difesa del militare nei procedimenti disciplinari.

Ancora, in relazione al diritto di difesa ed alla proporzione tra condotta e sanzione il Collegio ritiene che l’ampia motivazione posta a fondamento dell’atto impugnato elimini i dubbi prospettati in ricorso circa la mancanza di proporzionalità tra fatti addebitati e conseguenze disciplinari inflitte.

Anzitutto, la sentenza della Corte di appello di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati non realizza l’effetto preclusivo di cui all’art. 653 cpp, con la conseguenza che era doveroso per l’amministrazione procedere ad una autonoma valutazione dei fatti oggetto del giudizio penale.

È poi da ritenersi legittimo il provvedimento adottato di rimozione dal grado , a seguito di un comportamento ritenuto indizio sintomatico della mancanza delle qualità etiche e professionali indispensabili per assolvere alla propria missione istituzionale.

Quanto al requisito della adeguatezza della sanzione e della proporzionalità, il collegio fa propria la giurisprudenza, elaborata con specifico riguardo a condotte poste in essere da appartenenti alla Guardia di Finanza (ma più in generale a militari )- secondo cui: "a) la potestà disciplinare, nelle sue forme proprie, opera in sfera diversa da quella che inerisce al magistero penale ;
b) la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati al pubblico dipendente, in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità salvo che per violazione delle norme procedurali o in alcune ipotesi-limite di eccesso di potere, sotto il profilo della abnormità e del travisamento dei fatti (fattispecie che qui non ricorrono);
c) il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che, anche dopo la sua espressa codificazione a livello comunitario sulle suggestioni del diritto tedesco (art. 5, ultimo comma, del Trattato C.E., e ora art. 5, comma 4, del Trattato U.E.), non consente di controllare il merito dell'azione amministrativa" (CdS. IV 20\10\2016 n.4381).

Nel caso sottoposto all'esame del Collegio se è vero che il procedimento penale a carico del ricorrente si è concluso con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, è altrettanto indubbio, proprio leggendo la motivazione della sentenza, che è stata accertata e provata la gravità disciplinare dei fatti che avevano portato in primo grado alla condanna del ricorrente per un reato grave quale la truffa, (art.640 c.p.) oltre al reato di cui all’art.483 c.p..

La centralità del ruolo del militare, risultato dalle dichiarazione dei testi e dagli accertamenti compiuti nel procedimento penale e confluiti nel procedimento, il titolare occulto della ditta individuale “-OMISSIS-”, testimoniano l’adeguatezza e la proporzionalità della sanzione irrogata, per il palese contrasto della condotta con le vigenti norme sullo stato giuridico dei militari del corpo della Guardia di Finanza.

Restano infine due ultime censure che lamentano lacune istruttorie in relazione alla supposta mancata valutazione delle istanze istruttorie e delle memorie di parte prodotte.

Quanto a quest’ultimo aspetto la censura risulta non fondata, posto che nel provvedimento conclusivo, oggetto della presente impugnazione si dà ragione delle memorie presentate davanti alla Commissione di disciplina, che sono dunque state valutate, anche se non hanno portato ad una diversa valutazione dei fatti apprezzati dall’organo procedente e come risultanti dalla vicenda penale.

Quanto alle richieste istruttorie, volte ad introdurre nel giudizio accertamenti già compiuti in sede penale, non sembra al Collegio che tale scelta importi una compressione del diritto di difesa, ma forse neppure risulta indice di una “scorciatoia” dell’amministrazione per ragioni di economia procedimentale come ipotizzato dall’Avvocatura erariale.

E’ però legittimo ritenere che, se le risultanze probatorie fossero state insufficienti a coagulare un giudizio complessivo sul disvalore della condotta tenuta dal militare, la stessa commissione, prima di arrivare ad una sanzione di indubbia gravità, quale è quella irrogata al ricorrente, avrebbe richiesto un supplemento d’istruttoria.

Il ricorso va dunque complessivamente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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