TAR Firenze, sez. II, sentenza 2011-10-06, n. 201101463

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2011-10-06, n. 201101463
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201101463
Data del deposito : 6 ottobre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01028/2010 REG.RIC.

N. 01463/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01028/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1028 del 2010, proposto dai sigg.ri
D Q, A M e M S, rappresentati e difesi dall’avv. G A e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M A, in Firenze, via Fra’ Beato Angelico n. 4

contro

Ministero dell’Interno e Questura di Arezzo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati presso gli Uffici di questa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

dei provvedimenti del Questore di Arezzo, tutti datati 15 marzo 2010 e notificati al sig. Q il 31 marzo 2010, al sig. M il 3 aprile 2010 ed al sig. S il 25 marzo 2010, con cui è stato irrogato divieto, rispettivamente, ai sigg.ri D Q, A M e M S, ai sensi dell’art. 6 della l. n. 401/1989 e successive modifiche, di accesso “ai luoghi ove si svolgono tutte le manifestazioni sportive, compresi gli incontri di calcio relativi ai campionati nazionali professionistici e dilettanti, ai tornei internazionali, ai tornei amichevoli, alle partite della Nazionale Italiana di calcio, che verranno disputate sul territorio nazionale nonché sul territorio degli altri stati appartenenti all’Unione Europea per un periodo di anni tre” dalla notifica del provvedimento.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati, presentata in via incidentale dai ricorrenti;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Arezzo;

Vista l’ordinanza n. 587/2010 del 7 luglio 2010, con cui è stata parzialmente accolta la domanda di sospensione;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore nell’udienza pubblica del 1° giugno 2011 il dott. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso indicato in epigrafe i ricorrenti, sigg.ri D Q, A M e M S, impugnano i provvedimenti del Questore di Arezzo, tutti emanati in data 15 marzo 2010, con cui ai predetti ricorrenti è stato irrogato, ai sensi dell’art. 6 della l. n. 401/1989, il divieto di accesso “ai luoghi ove si svolgono tutte le manifestazioni sportive, compresi gli incontri di calcio relativi ai campionati nazionali professionistici e dilettanti, ai tornei internazionali, ai tornei amichevoli, alle partite della Nazionale Italiana di calcio, che verranno disputate sul territorio nazionale nonché sul territorio degli altri stati appartenenti all’Unione Europea” (cd. D.A.SPO.) per il periodo di anni tre dalla notifica del provvedimento.

1.1. I provvedimenti impugnati traggono tutti origine da episodi verificatisi in data 7 febbraio 2010, in occasione della partita di calcio “Arezzo-Cremonese”.

1.2. In dettaglio, al sig. Q, già deferito all’autorità giudiziaria per un episodio avvenuto in occasione della partita di calcio “Figline-Cremonese” del 27 novembre 2009, il divieto impugnato imputa di aver compiuto (unitamente ad altri tifosi della Cremonese) una serie di atti diretti in modo non equivoco alla predisposizione di un’azione di aggressione nei confronti dei tifosi dell’Arezzo, evitata solamente dall’immediato intervento delle Forze di Polizia. Il tutto, poi, con l’aggravante di essersi travisato, al fine di rendere difficoltoso il proprio riconoscimento. Per questo evento, il sig. Q è stato deferito il 15 marzo 2010 all’autorità giudiziaria per i reati di cui agli artt. 56, 81, 110 e 588 c.p. ed all’art. 5 della l. n. 152/1975. Al sig. M S il divieto impugnato attribuisce la stessa condotta del precedente, senza la recidiva e senza l’aggravante del travisamento: anche il sig. S è stato, perciò, deferito all’autorità giudiziaria in data 15 marzo 2010, per i reati di cui agli artt. 56, 81, 110 e 588 c.p. ed all’art. 4, secondo comma, della l. n. 152/1975. Infine, al sig. M il diniego gravato imputa di avere tentato (unitamente ad altri tifosi della Cremonese) di rimuovere la rete di recinzione che separava il settore ospiti dal resto del piazzale dello stadio e di avere incitato con ampie gesta i propri compagni ad avvicinarsi ed a passare nel varco così creato, per giungere al contatto fisico con l’opposta tifoseria aretina: tentativo – anche in questo caso stroncato dal pronto intervento delle Forze di Polizia – in riferimento al quale il sig. M è stato deferito il 15 marzo 2010 all’autorità giudiziaria per i reati di cui agli artt. 81, 110, 414, 56, 588 e 635 c.p..

2. I ricorrente chiedono l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, dei succitati divieti di accedere alle manifestazioni sportive.

2.1. A supporto del gravame, deducono le seguenti censure:

- violazione dell’art. 6 della l. n. 401/1989, nonché indeterminatezza del divieto di accedere alle manifestazioni sportive contenuto nei provvedimenti del Questore e violazione dell’art. 16 Cost., in quanto i provvedimenti gravati interdirebbero ai ricorrenti l’accesso a tutti i luoghi ove si svolgono attività sportive (non soltanto calcistiche) a qualsiasi livello, di fatto inibendo loro la possibilità di svolgere sport anche a carattere amatoriale, come passatempo, o di assistere a competizioni sportive disputate da congiunti, in contrasto con la ratio legis, che inibirebbe l’accesso agli impianti sportivi dove si assembrano persone in occasione di partite di calcio e dove si possono verificare episodi di violenza;

- violazione dell’art. 6 della l. n. 377/2001 ed eccesso di potere per difetto ed indeterminatezza dei presupposti in merito ai luoghi di accesso, transito, trasporto da e per gli impianti sportivi, poiché i divieti impugnati sarebbero affetti da genericità, non avendo specificamente indicato quali siano i luoghi a cui i ricorrenti non si debbono avvicinare ed avendo esteso il divieto ad aree indicate con espressioni troppo vaghe;

- violazione degli artt. 3 e 10 della l. n. 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di motivazione dei provvedimenti gravati in relazione al principio di gradualità della sanzione, giacché i provvedimenti in parola non recherebbero alcuna motivazione circa l’entità della sanzione irrogata (tre anni) e non rispetterebbero i principi di proporzionalità e di gradualità della sanzione stessa.

2.2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero degli Interni e la Questura di Arezzo, con atto di mera costituzione formale.

2.3. Nella Camera di consiglio del 6 luglio 2010, il Collegio, considerato sussistente il fumus boni juris con esclusivo riferimento a quella parte dei provvedimenti gravati avente ad oggetto il divieto di intrattenersi nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto dei tifosi, con ordinanza n. 587/2010 ha accolto in parte qua l’istanza di sospensione.

2.4. All’udienza pubblica del 1° giugno 2011, dopo una breve discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Il ricorso è solo parzialmente fondato.

3.1. Ed invero, nonostante le argomentazioni addotte dal difensore dei ricorrenti nella discussione in sede di udienza pubblica, il Collegio non rinviene elementi per addivenire – a modifica di quanto si è deciso in sede cautelare – all’integrale accoglimento del gravame.

3.2. Pertanto, risulta fondata la doglianza, che forma oggetto del secondo motivo di ricorso, con cui i ricorrenti lamentano l’eccessiva genericità e vaghezza dei provvedimenti gravati, lì dove il divieto di accesso è esteso alle stazioni ferroviarie, ai caselli autostradali ed a tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni sportive alle quali i ricorrenti stessi non possono accedere. Ed invero, questo Tribunale ha già avuto modo di osservare più volte che la misura interdittiva prevista dall’art. 6, comma 1, della l. n. 401/1989 deve essere sufficientemente dettagliata nella sue previsioni anche nella parte in cui vieta al destinatario di intrattenersi in luoghi potenzialmente interessati dalla presenza di tifosi (v. T.A.R. Toscana, Sez. II, 7 aprile 2010, n. 944;
id., 19 maggio 2010, n. 1527). Ciò certamente non può dirsi realizzato nel caso di specie, alla luce dell’eccessiva genericità e latitudine del riferimento, contenuto nei divieti gravati, ai “luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto” di quanti partecipano o assistono alle gare cui i sigg.ri Q, S e M non possono assistere. Si tratta di una prescrizione, invero, troppo ampia e generica, capace, qualora intesa alla lettera, di ostacolare gli interessati nello svolgimento della loro attività lavorativa se non, addirittura, nel soddisfacimento dei più elementari bisogni di vita. Qualsiasi luogo, infatti, può essere interessato alla sosta, al transito o al trasporto di persone che vanno a partecipare o ad assistere alle competizioni sportive, il cui accesso è interdetto ai ricorrenti: questi ultimi, perciò, si vedrebbero costretti a valutare, prima di ogni loro spostamento, la possibilità di imbattersi in tali persone, con il corollario, palesemente assurdo, di essere costretti a girare con sempre in mano il calendario di tutte le competizioni sportive loro interdette, onde evitare possibili infrazioni a questa parte del divieto. E lo stesso discorso vale anche per la menzione delle stazioni ferroviarie e dei caselli autostradali.

3.3. A nulla vale, in contrario, la nota aggiuntiva inserita in calce ai provvedimenti impugnati e che dovrebbe – nelle intenzioni della P.A. – servire proprio a specificare “i luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni”. A ben guardare, detta nota si rivela inidonea a svolgere l’ora vista funzione esplicativa, in quanto è affetta, a propria volta, da eccessiva genericità e latitudine applicativa. Risultano, più in particolare, insoddisfacenti i riferimenti: a) alle strade, vie o piazze utilizzate per portarsi dai parcheggi agli impianti sportivi;
b) ai parcheggi normalmente utilizzati nei giorni in cui si svolgono manifestazioni calcistiche;
c) alle stazioni ferroviarie, di metropolitana e dei mezzi di superficie utilizzate dai tifosi per raggiungere gli impianti sportivi. Si tratta, infatti, di riferimenti per un verso generici, o comunque troppo ampi, tali da includere un elenco potenzialmente indefinito di vie, strade, piazze, stazioni, parcheggi, ecc.;
per altro verso, tali da addossare ai ricorrenti una discrezionalità valutativa che, come correttamente si osserva nel gravame, contrasta con l’esigenza di certezza manifestata dal Legislatore con il porre il requisito della specifica indicazione dei luoghi interdetti.

3.4. Da quanto detto si desume l’illegittimità, in parte qua, dei divieti impugnati, i quali, per questa parte, incidono pesantemente ed in modo sproporzionato sulle libertà personali costituzionalmente garantite, in specie sulla libertà di circolazione ex art. 16 Cost.: e una simile illegittimità è tanto più palese, ove si consideri che il provvedimento ex art. 6, comma 1, cit., è rivolto non già ad eliminare una generica pericolosità sociale del soggetto, ma quella specifica che deriva dal verificarsi di certe condotte in un ambito specifico e, pertanto, è diretto a contrastare soltanto tali condotte (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 13 settembre 2010, n. 17403). Donde la conferma della fondatezza della censura: è evidente, infatti, che l’estrema genericità e, comunque, l’eccessiva estensione dei luoghi (diversi dalle sedi di competizioni sportive) cui si applica il divieto di accesso, rende quest’ultimo una misura sganciata dalla gravità delle condotte dei ricorrenti e sproporzionata rispetto al fine da raggiungere, che è quello di contrastare la pericolosità specifica (come sopra definita), dai ricorrenti stessi manifestata con le condotte tenute, e non una loro generica pericolosità sociale. Sotto questo aspetto, allora, i provvedimenti impugnati superano quanto necessario per raggiungere l’obiettivo prestabilito e, pertanto, violano il principio di proporzionalità, inteso nella sua accezione di canone che attiene al bilanciamento quantitativo degli interessi coinvolti e che, dunque, esprime la necessità che la scelta sia concretamente posta in essere dalla P.A. tramite l’esercizio di una quantità di potere idonea al perseguimento dell’interesse pubblico, con il minor sacrificio per il contrapposto interesse privato, che viene inciso (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 27 gennaio 2011, n. 125).

4. Non sono fondate, invece, le ulteriori doglianze contenute nel ricorso.

4.1. Deve essere, anzitutto, respinto il primo motivo, atteso che, per quanto concerne l’elenco delle competizioni sportive alle quali i ricorrenti non possono accedere, i divieti impugnati si manifestano comunque determinabili nel proprio oggetto (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 944/2010, cit.). Vero è che per tutti gli interessati il dispositivo del provvedimento fa riferimento alle “manifestazioni sportive” e tuttavia è indubbio che il divieto si riferisce esclusivamente alle manifestazioni calcistiche, com’è reso evidente: a) dall’esemplificazione, contenuta nel dispositivo stesso, delle competizioni sportive interdette, tutte riferite esclusivamente al calcio (“incontri di calcio relativi ai campionati nazionali professionistici e dilettanti, ai tornei internazionali, ai tornei amichevoli, alle partite della Nazionale Italiana di calcio, che verranno disputate sul territorio nazionale nonché sul territorio degli altri stati appartenenti all’Unione Europea”);
b) dalle indicazioni contenute nella nota aggiuntiva prima citata, le quali si riferiscono a loro volta solamente a competizioni calcistiche, menzionando (tra i luoghi ai quali si estende il divieto di accesso) i parcheggi normalmente utilizzati nei giorni in cui si svolgono “manifestazioni calcistiche”, e gli esercizi pubblici abitualmente frequentati “prima, durante e dopo gli incontri di calcio”. Una complessiva lettura dei provvedimenti impugnati dimostra, perciò, come il divieto di accesso sia circoscritto alle sole competizioni calcistiche, né sarebbe fondato intenderlo come preclusivo della pratica sportiva in prima persona da parte degli interessati, riguardando detto divieto l’accesso dei sigg.ri Q, S e M agli impianti sportivi in qualità di spettatori e sostenitori delle squadre (non quali praticanti dello sport).

4.2. Da ultimo, va integralmente respinto il terzo motivo di gravame. In relazione, infatti, al preteso difetto di motivazione dei provvedimenti gravati, si osserva che questi ultimi fanno tutti riferimento all’esigenza di tutelare per il futuro l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica, nonché di garantire il regolare svolgimento delle gare, evitando che i ricorrenti, la cui pericolosità è stata evidenziata dalle condotte loro ascritte, tornino a frequentare i luoghi di svolgimento delle competizioni. Il divieto di accesso è misura sì gravosa nella sua durata (e nel suo ambito applicativo), ma tale gravosità appare proporzionata alla pericolosità delle condotte in discorso, non tradottesi in aggressioni alla tifoseria avversaria esclusivamente in virtù dell’immediato intervento delle Forze di Polizia: il che rende del tutto irrilevante l’obiezione dei ricorrenti, secondo cui le azioni ad essi ascritte non hanno provocato incidenti né con la Polizia, né con gli altri tifosi. Né potrebbero avanzarsi dubbi sulla congruità della durata del divieto basati sul fatto che tale durata è stata stabilita in misura uguale per tutti gli odierni ricorrenti, pur se per uno solo di essi (il sig. Q) vi erano circostanze aggravanti (in specie, l’essersi travisato e la recidiva): un simile argomento, invero, rivelerebbe l’esistenza di un conflitto di interessi tra i ricorrenti e, per l’effetto, comporterebbe l’inammissibilità del ricorso cumulativo in questa sede proposto. Esso sarebbe, inoltre, infondato: si potrebbe, infatti, replicare che, casomai, è assai mite la durata del divieto irrogato al sig. Q, anziché troppo gravosa quella del divieto inflitto ai sigg.ri S e M. A tal proposito, il Collegio evidenzia come il potere del Questore ex art. 6, comma 1, cit. si connoti per un alto tasso di discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell’ordine pubblico anche in via preventiva, in caso di pericolo, pur solo potenziale, di lesione (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 29 maggio 2008, n. 603): discrezionalità particolarmente evidente soprattutto sotto il (contestato) profilo della durata del divieto, potendo esso spaziare, in base alle previsioni di legge, da un minimo di un anno fino ad un massimo di cinque anni ex art. 6, comma 5, della l. n. 401 cit. (cosicché i tre anni irrogati non rappresentano il massimo, ma una misura intermedia).

5. In definitiva, il ricorso è fondato limitatamente alla parte dei provvedimenti impugnati relativa al divieto, per i destinatari, di intrattenersi nei luoghi interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni sportive (di calcio), cui i destinatari medesimi non possono accedere. Per questa parte, dunque, i predetti provvedimenti debbono essere annullati, tenendoli fermi, invece, nelle parti rimanenti.

6. Quanto alle spese, se ne dispone la compensazione, in ragione della soccombenza reciproca delle parti.

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