TAR Catania, sez. IV, sentenza 2020-10-15, n. 202002634

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2020-10-15, n. 202002634
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202002634
Data del deposito : 15 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/10/2020

N. 02634/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01965/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1965 del 2019, proposto da B B S, rappresentata e difesa dagli avvocati O P, E G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Caltagirone, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;

avverso il silenzio:

mantenuto dall’Ordine degli Avvocati di Caltagirone, e per esso dal Consiglio dell’Ordine, in relazione alla istanza presentata in data 6.09.2019, con nota prot. n. 299, e alla conseguente istanza di sollecito depositata in data 12.11.2019, con nota prot. n. 577;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista l’istanza collegiale istruttoria n. 1702/2020;

Visti i relativi adempimenti;

Vista l’ordinanza ex art. 73 c.p.a. n. 2220/2020;

Vista la memoria di parte ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2020 il dott. F B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente Avocat B B S, già iscritta alla Sezione “avvocati stabiliti” dell’Ordine degli Avvocati di Caltagirone, opera nel ricorso un analitico excursus delle vicende sostanziali e processuali che ruotano attorno alla deliberazione del citato Ordine professionale, avente ad oggetto la cancellazione della ricorrente stessa dal relativo Albo. In particolare, la res controversa atteneva alla interpretazione delle manifestazioni di voto espresse dai componenti del Consiglio nella seduta consiliare in cui fu deliberata la sua cancellazione ex officio dall’albo (delibera n. 211/2017). Su tale tematica, su ricorso del professionista interessato, si è pronunciato il CNF: in un primo tempo con sentenza n. 85/2018 (di rigetto del ricorso presentato dalla Brovelli Blasotta), e successivamente con sentenza 161/2018 (con la quale è stato respinto il ricorso per revocazione proposto dalla stessa ricorrente avverso la sentenza n. 85/2018).

Si è anche pronunciata due volte la Corte di cassazione a Sezioni Unite: una prima volta, con sentenza n. 3706/2019, che ha respinto l’impugnazione della sentenza CNF n. 85/2018 (circostanza, questa, omessa nel presente ricorso, ma ricavata dalla lettura della “seconda” sentenza della Corte di cassazione, la n. 13437/2019);
una seconda volta, con sentenza n. 13437/2019, che ha “non accolto” il ricorso avverso la sentenza CNF n. 161/2018 presentato dall’odierna ricorrente, dichiarandolo assorbito dall’accoglimento del ricorso incidentale presentato dall’Ordine degli avvocati.

La ricorrente, prendendo spunto da una affermazione asseritamente contenuta nella sentenza della Cassazione n. 13437/2019, laddove si affermerebbe che il computo dei voti espressi sulla cancellazione dall’albo doveva intendersi come paritario (4 favorevoli e 4 contrari, con l’impossibilità, quindi, di configurare un voto di maggioranza), ha richiesto e sollecitato il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Caltagirone - con istanze presentate nei mesi di settembre e novembre 2019 - ad annullare/revocare in autotutela la propria deliberazione n. 211 del 21 marzo 2017 avente ad oggetto la cancellazione dall’albo.

Col ricorso in epigrafe, proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., la ricorrente censura il silenzio mantenuto dall’Ordine degli avvocati di Caltagirone sulla sua istanza e successiva diffida, assumendo che l’ente avrebbe avuto l’obbligo giuridico di pronunciarsi, discendente dall’art. 2 della L. 241/90, e che nel merito avrebbe dovuto accogliere l’istanza, venendo in rilievo una attività vincolata e doverosa tesa al ripristino della violata legalità.

L’intimato Ordine degli avvocati di Caltagirone non si è costituito in giudizio.

Con ordinanza n. 1702/2020, al fine di verificare la corretta evocazione in giudizio dell’ente intimato, la Sezione ha così statuito:

Ritenuto di dover richiedere alla parte ricorrente di produrre in giudizio i seguenti documenti:

copia del ricorso munito del timbro di consegna all’Ufficiale giudiziario;

copia ben leggibile della relata di notifica del ricorso all’ente resistente, munita dei timbri di congiunzione col ricorso;

asseverazione di conformità del ricorso e della relata di notifica prodotti in formato digitale;
”.

In esecuzione dell’ordinanza, la ricorrente ha prodotto i documenti richiesti, depositandoli in data 24 luglio 2020.

Successivamente, all’udienza camerale del 17 settembre 2020, fissata per la trattazione della causa nessuno è comparso e quindi il Collegio ha riservato la decisione, sottoponendo alle parti – ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a. – con ordinanza n. 2220/2020, una possibile eccezione di difetto di giurisdizione rilevata d’ufficio, articolata sulle seguenti considerazioni: “ Considerato che, in particolare, la suddetta eccezione prende le mosse dal fatto che l’intera materia delle iscrizioni, dinieghi di iscrizione, e cancellazioni dall’albo degli avvocati soggiace alla giurisdizione “speciale” esercitata dal complesso CNF/Cassazione (cfr. Cass. SS.UU. 34429/2019;
Cons. Stato, III, 251/2016)
”.

Al rilievo officioso, la ricorrente ha risposto con tempestiva memoria, nella quale ha insistito nel ritenere sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo, precisando in sintesi che: a) la giurisdizione speciale del CNF è prevista dall’art. 17, co. 14, della L. 247/2012 con riferimento alle deliberazioni degli Ordini riguardanti la cancellazione degli iscritti;
b) nel caso in esame, è stato invece sottoposto a sindacato giurisdizionale del Tar il comportamento inerte dell’Ordine (silenzio), che ha omesso di pronunciarsi sulla domanda avanzata dalla ricorrente, avente ad oggetto l’esercizio dell’autotutela (in funzione di annullamento) nei confronti della precedente deliberazione adottata dallo stesso Ente.

Alla data dell’8 ottobre 2020 è stata sciolta la riserva e la causa è stata decisa.

Sul piano della giurisdizione, il Collegio ritiene condivisibile la prospettazione operata dalla difesa della ricorrente, e ritiene che debba essere trattenuta innanzi al g.a. la presente controversia, avente ad oggetto la contestazione del silenzio serbato dalla pubblica amministrazione rispetto ad una istanza di annullamento in autotutela di un precedente provvedimento avanzata dal privato.

Nel merito, il ricorso risulta infondato e va respinto, alla luce delle seguenti considerazioni.

In primo luogo, va detto che manca nella vicenda in esame il presupposto per la configurazione di un silenzio/inadempimento della PA giustiziabile in sede di ricorso al giudice amministrativo. Infatti, primo presupposto per l’esercizio dell’azione prevista dagli artt. 31 e 117 c.p.a. è l’inadempimento ad un obbligo giuridico di provvedere;
obbligo che, invece, difetta nel caso di specie. Per giurisprudenza pacifica e consolidata, a seguito della presentazione di una istanza di autotutela formulata dal privato, volta ad ottenere la modifica o l’annullamento di un provvedimento amministrativo, non sussiste in capo all’amministrazione alcun obbligo giuridico di provvedere, e non è dunque attivabile il rimedio del “silenzio”: “ Non sussiste alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non essendo coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto;
il potere di autotutela si esercita discrezionalmente d'ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell'Amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere.
” (Consiglio di Stato, IV, 1141/2020;
nello stesso senso, tre le tante altre recenti pronunce: Tar Trieste 144/2020;
Tar Roma 5816/2020;
Tar Bologna 108/2020;
Tar Lecce 1876/2019;
Tar Torino 1123/2019;
Consiglio di Stato, V, 7655/2019).

Quanto fin qui esposto sarebbe, già di per sé, sufficiente per dichiarare infondato il ricorso;
ma, nel caso di specie, vi è un ulteriore peculiare elemento che rende ancor più ardita la tesi dell’obbligo di intervento in autotutela sostenuta dalla ricorrente. Ci si riferisce al fatto che l’Ordine degli avvocati non avrebbe potuto disporre l’annullamento in autotutela della deliberazione di cancellazione dall’albo della ricorrente atteso che tale provvedimento risulta consolidato in forza del “giudicato” formatosi dopo l’esperimento di tutti i gradi di giudizio attraverso i quali si snoda la giurisdizione speciale che opera in questo peculiare settore (CNF/Cassazione). Sul punto, non appare inutile precisare che le sentenza del CNF (85/2018) e della Corte di cassazione (3706/2019), hanno definitivamente – con effetto di giudicato - dichiarata legittima la disposta cancellazione dall’albo emessa a carico della ricorrente. Tale risultato risulta “blindato” in virtù delle altre sentenze degli stessi organi (CNF n. 161/2018 e Cassazione n. 13437/2019) con le quali è stata anche esclusa la possibilità di revocazione della precedente decisione, stante l’inesistenza dei presupposti di cui all’art. 395 c.p.c. E’ significativo, in tal senso, il fatto che la Corte di cassazione (con la sentenza n. 13437/2019, prodotta in atti) abbia accolto il ricorso incidentale presentato dall’Ordine, ed abbia di conseguenza dichiarato inammissibile la domanda di revocazione che era stata presentata dalla ricorrente, cassando senza rinvio la precedente decisione del CNF n. 161/2018. La conseguenza dell’articolato iter giudiziario ora descritto è che la cancellazione dall’albo è da ritenere ormai provvedimento legittimo, in quanto coperto dal giudicato.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Nulla si dispone sulle spese processuali, stante la mancata costituzione dell’intimato Ordine degli avvocati.

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