TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2022-01-11, n. 202200221

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2022-01-11, n. 202200221
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202200221
Data del deposito : 11 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2022

N. 00221/2022 REG.PROV.COLL.

N. 10376/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10376 del 2013, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- della nota ministeriale n 20626/13 relativa alle richieste di riconoscimento all'inquadramento nella carriera prefettizia.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2021 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe l’odierno ricorrente impugna la nota ministeriale n. 20626/13 relativa alle richieste di riconoscimento all'inquadramento del ricorrente nella carriera prefettizia.

Deduce il ricorrente i seguenti fatti.

I1 dott. -OMISSIS- è dipendente dell'Amministrazione civile dell'Interno e ricopre la qualifica di funzionario economico-finanziario, area III F6, ex direttore amministrativo contabile, Area C3 (ex liv. IX) proveniente dalla carriera prefettizia di ragioneria nella qualifica di direttore aggiunto di ragioneria, facente funzione di Vice Prefetto e di dirigente di ragioneria, e presta servizio presso la Prefettura di Brescia.

Il ricorrente, laureato in economia, è stato assunto quale funzionario direttivo dell'Amministrazione civile dell'Interno, contestualmente ed analogamente ai colleghi del ramo giuridico-amministrativo (inquadrati nella carriera prefettizia), previo superamento di apposita procedura concorsuale, siccome previsto dall'allora vigente disciplina e, segnatamente, dal d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340.

In base alla citata normativa per i funzionari direttivi dell'Amministrazione civile dell'interno, venne previsto (pur nelle distinte professionalità) un unico status giuridico.

Tuttavia, a causa di successive norme intervenute negli anni, soltanto ai dipendenti appartenenti all'area giuridico-amministrativa è stato riconosciuto il ruolo dirigenziale prefettizio, quale sbocco naturale di sviluppo professionale.

Tale possibilità è stata, invece, preclusa agli altri funzionari, come il ricorrente, che, in possesso di laurea in economia, appartengono alla cosiddetta area amministrativo-contabile. Più precisamente, il d.lgs. 19 maggio 2000, n. 139, nel ridefinire i ruoli e le funzioni afferenti alla carriera prefettizia, all'art. 34 ha riconosciuto soltanto ai dipendenti in possesso del titolo di studio in giurisprudenza il ruolo dirigenziale di Vice Consigliere di Prefettura, quale effetto di sviluppo professionale;
tale possibilità è stata, invece, preclusa ai dipendenti, come il ricorrente, in possesso del titolo di laurea in economia.

Con ricorso n. 175 R.G. dell'anno 2003, il ricorrente si è rivolto al Tribunale di Brescia, Sezione Lavoro, sollevando fra l'altro questione di costituzionalità delle predette norme e chiedendo l'inquadramento nella carriera prefettizia.

Il Giudice del Lavoro di Brescia, con sentenza n. 741/03, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a conoscere della domanda proposta dal ricorrente, ritenendo che la giurisdizione appartenesse all'Autorità giudiziaria amministrativa.

Con ricorso R.G. n. 1319 del 2004, proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, l’odierno ricorrente ha, pertanto, chiesto al Giudice amministrativo che gli venisse riconosciuto il diritto ad essere inquadrato nelle qualifiche di cui al comma 1 dell'art. 34 del d.lgs. 19 maggio 2000, n. 139 secondo le modalità previste dal comma 2 dell'art. 34 del d.lgs. 19 maggio 2000, n. 139, alla stessa stregua del personale dell'Amministrazione civile dell'interno di cui al quadro A della tabella 1 allegata al d.P.R. 24 aprile 1982, n. 340.

Il T.A.R. Lazio, Sezione I ter, con sentenza n. 3083 del 26 marzo 2013, ha respinto il predetto ricorso, non ravvisando l'illegittimità costituzionale delle scelte operate dal legislatore, disponendo l'integrale compensazione delle spese di causa.

Il ricorrente ha quindi richiesto, con una serie di note alla Direzione Centrale del Ministero dell'Interno, di trovare una soluzione transattiva al fine di definire le questioni riguardanti la propria carriera, facendo presente di aver svolto incarichi non rientranti nella sua qualifica e comunque non adeguatamente riconosciuti e retribuiti, per i quali paventava l'esposizione a responsabilità, nonché di aver subito danni da perdita di chance e da cambiamento di carriera, oltre che danni dovuti allo stress psico-fisico dovuto a mobbing e lamentando altresì di non essere stato promosso quale dirigente di ragioneria nelle selezioni del 1997, nonostante i titoli posseduti e le funzioni svolte.

In data 16 agosto 2013 è stata notificata al ricorrente la nota ministeriale n. 20262 del 28 giugno 2013, oggetto di odierna impugnazione, con la quale il Direttore Centrale per le risorse umane del Ministero dell'interno, premettendo che il TAR Lazio, con la citata sentenza n. 3083/2013 ha respinto il ricorso del dott. -OMISSIS- per l'inquadramento nella carriera prefettizia e che lo stesso avrebbe trasmesso, a diversi uffici della Direzione centrale del Ministero dell'Interno, una serie di note con la quale avrebbe formulato, da una parte, istanza di accesso per l'acquisizione di specifica documentazione e, dall'altra, una serie di rivendicazioni tutte inerenti all'aver svolto mansioni superiori appartenenti alla carriera prefettizia, di fatto respingeva le richieste del ricorrente.

Deduce il ricorrente la illegittimità della nota impugnata per eccesso di potere, errore nei presupposti, contraddittorietà, disparità di trattamento e violazione dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente deducendo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

All’udienza del 14 dicembre 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Preliminarmente il Collegio ritiene sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla consistenza del petitum sostanziale volto al riconoscimento, per il tramite di un atto di macroorganizzazione, di un unico status giuridico per i funzionari direttivi dell'Amministrazione civile dell'interno.

Il ricorso è infondato.

Si deve, in proposito, affermare, come ha già fatto questo Tribunale (sentenza n. 3083 del 26 marzo 2013) ed il Consiglio di Stato in sede di appello (sentenza n. 2152 del 27 aprile 2015), che la netta separazione fra la carriera prefettizia e quella del personale dell’Amministrazione civile del Ministero dell'Interno, collocato nell'area amministrativo-contabile, si è realizzata quando il legislatore, con il d.lgs. n. 29 del 1993, ha previsto, in via generale, la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ed ha escluso dalla privatizzazione, per quel che qui interessa, il personale appartenente alla carriera prefettizia.

Tale esclusione è stata giustificata dalla particolare natura delle funzioni pubbliche esercitate dagli appartenenti a tale professione.

Il Consiglio di Stato, con sentenza della Sezione VI, n. 7591 del 30 dicembre 2005, ha, in proposito, ritenuto, in un ricorso proposto da soggetti appartenenti ad altri ruoli del personale dell’Amministrazione civile dell’Interno, che non vi fossero le ragioni per sollevare una questione di legittimità costituzionale, in ordine a tale diversa previsione, dovendosi considerare ragionevole l’esclusione dalla privatizzazione di quelle categorie di pubblici impiegati che esercitano funzioni autoritative pubbliche nel campo della giustizia, dell’ordine e della sicurezza pubblica, delle relazioni internazionali e del governo dell’economia.

Era quindi giustificata l’esclusione dalla privatizzazione dei funzionari amministrativi del Ministero dell’interno dalla carriera prefettizia « mentre non si giustificherebbe l’esclusione dalla privatizzazione del personale dell’area economico-finanziaria, che svolge funzioni analoghe a quelle del personale di altri Ministeri, con analoghe qualifiche, pur nelle peculiarità delle regole giuscontabilistiche proprie dell’amministrazione dell’interno ».

Successivamente la l. n. 266 del 28 luglio 1999, ha delegato il Governo a riordinare la carriera diplomatica e quella prefettizia. Il d.lgs. n. 139 del 19 maggio 2000, in attuazione di tale delega, ha, quindi, dettato « Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia ».

Da tali atti normativi si evince in modo inequivoco che alla carriera prefettizia appartengono solo le qualifiche più elevate di Prefetto, Vice Prefetto, e Vice Prefetto aggiunto, e non anche le qualifiche del personale dell’area economico-finanziaria dell’Amministrazione civile del Ministero dell'interno e che la carriera prefettizia riguarda solo i funzionari del Ministero dell’interno che svolgono funzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica (Cons. Stato, Sezione VI, n. 7591 del 30 dicembre 2005).

Ciò posto, tenuto conto della separazione che si è determinata nel tempo fra i funzionari della carriera prefettizia e quelli appartenenti, come il ricorrente, al ruolo amministrativo contabile dell’Amministrazione civile del Ministero dell’Interno, la richiesta del ricorrente di essere inquadrato nella qualifica dirigenziale della carriera prefettizia, non poteva essere accolta.

D’altra parte e per gli stessi motivi, non si può rinvenire una violazione del principio di uguaglianza nella contestata disposizione dell’art. 34 del d.lgs. n. 139 del 2000, che non consente l’accesso alla qualifica dirigenziale prefettizia anche agli appartenenti al ruolo amministrativo contabile.

Peraltro non risulta manifestamente illogica la scelta del legislatore di riservare la titolarità degli uffici di livello dirigenziale esclusivamente al personale della carriera prefettizia.

Né, del resto, risulta violato il disposto di cui all’art. 97 Costituzione, tenuto conto che i principi di buon andamento ed efficienza dell’azione amministrativa devono essere rapportati non agli interessi individuali (e alle connesse aspettative), bensì all’interesse pubblico alla migliore organizzazione degli uffici e del personale.

In realtà, come rilevato dal Consiglio di Stato (sentenza n. 2152/2015), la penalizzazione che l’appellante ha subito nelle sue aspettative di carriera è stata determinata dalla generale riorganizzazione dell’ordinamento delle carriere dell’Amministrazione civile dell’Interno, che, per le ragioni indicate, non risulta affetta da evidenti profili di illegittimità costituzionale.

Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

La peculiarità della vicenda oggetto del ricorso giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.

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