TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2022-12-05, n. 202216212

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2022-12-05, n. 202216212
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202216212
Data del deposito : 5 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/12/2022

N. 16212/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01162/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1162 del 2018, proposto da
Nettunense Verde S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Carlo Visconti in Roma, via F. M. Tocci n.50;

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
Comune di Ariccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. G. Belli, 39;
Azienda Sanitaria Locale Roma 6, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Merelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Bruno in Roma, piazza Guglielmo Marconi, n. 15;

per la condanna

delle Amministrazioni resistenti al risarcimento di danno/ovvero indennizzo conseguente al pregiudizio procurato per violazione di diritto soggettivo della ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Comune di Ariccia e di Azienda Sanitaria Locale Roma 6;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2022 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Questi i fatti per cui è causa.

La Giunta Regionale Lazio alla fine degli anni 90 ha approvato un “ Piano di ristrutturazione della rete ospedaliera regionale ”, definendo tra gli obiettivi prioritari di esso la razionalizzazione della rete ospedaliera della Usl RMH (ora Roma 6) e, nel relativo ambito territoriale, la realizzazione di un nuovo ospedale da collocarsi nel Comune di Ariccia con la contemporanea dismissione dei tre ospedali di Ariccia, Genzano ed Albano operanti nel territorio dei Castelli Romani.

Il Comune di Ariccia ha adottato la necessaria variante di PRG prevedendo che il “ Nuovo Ospedale dei Castelli Romani ” sorgesse in località Piani di Santa Maria, lungo la S.S. Nettunense.

La Nettunense Verde S.R.L. ha stipulato con il Comune di Ariccia una convenzione urbanistica con la quale si è obbligata a cedere all’Ente Pubblico una porzione della sua proprietà, debitamente frazionata, della superficie di mq. 50000 e del valore di €.4.850.000,00, ottenendo la possibilità di utilizzare la residua sua proprietà per attività compensative di tale cessione, nel quadro di una variante urbanistica formalmente approvata a conclusione del procedimento di Patto Territoriale. La cessione si è perfezionata il 18.10.2005 con rogito notarile (rep.103761).

Conclusa la procedura di Patto Territoriale con la conseguente variante di P.R.G., alla residua proprietà della Nettunense Verde s.r.l. (mq.47.400) è stata attribuita la facoltà edificatoria pari a mc. 16.180,2 per volumetria residenziale, mc. 40.743,32 per volumetria commerciale, mc. 12.873,30 per volumetria alberghiera, mc. 2.890,44 per servizi.

L’Amministrazione Comunale di Ariccia ha rilasciato il 21.10.2006 tre Permessi di Costruire (nn.81, 82 e 83) attinenti alla parte residenziale del progetto di Patto.

Successivamente, la Regione ed il Comune hanno ritenuto opportuno un diverso e nuovo dimensionamento dell’area sulla quale ubicare il nuovo ospedale, passando dagli 8 ettari già programmati a 15, ed hanno chiesto ai proprietari dei terreni interessati la cessione delle rispettive proprietà.

Con l’adesione dei proprietari delle aree interessate, è stato revocato il Patto Territoriale delle Colline Romane che la Società Nettunense Verde aveva proposto ed è stata adottata una variante urbanistica che, sul presupposto dell’acquisizione gratuita da parte di privati di una complessiva area di circa 22 ettari, ne destinava 15 alla collocazione del Nuovo Ospedale dei Castelli, mentre i residui 7 ettari opportunamente frazionati sarebbero stati attribuiti agli stessi cedenti obbligati a realizzare su di essi i servizi complementari del Polo sanitario.

Con tale obiettivo è stato concluso fra il Comune di Ariccia, la Regione Lazio e la Asl RM 6 un nuovo Accordo di Programma ex art.34 D.Lgs. 267/2000 - sottoscritto il 26.1.2007, approvato con decreto del Presidente della Regione Lazio n.91 del 9.2.2007, e ratificato dal Comune di Ariccia con delibera C.C. del 1°.2.2007 – con il quale è stato promosso l’intervento pubblico denominato “ Comune di Ariccia – Programma di interventi per la costituzione di un Polo sanitario composto da Comparto pubblico e Comparto privato di interesse pubblico ”.

In particolare, in adesione a tale nuovo progetto la società Nettunense Verde, che aveva già ceduto al Comune di Ariccia, con il rogito del 18.10.2005 la proprietà di 50000 mq., ha ceduto con rogito del 14.7.2007, rep.107856, un’ulteriore porzione della sua proprietà pari a mq.35041. La Nettunense Gialla ha ceduto ulteriori mq.12409.

Con rogito del 14.7.2007, il Comune di Ariccia ha assegnato congiuntamente alle società Nettunense Verde e Nettunense Gialla, che hanno accettato, “ rispettivamente in ragione del 78% e del 22% ”, la piena proprietà dell’appezzamento di terreno della superficie di ha. 1.65.35 (mq.16535 ca.), con la relativa quota di cubatura perequativa pari a mc.32430 avente la specifica destinazione a Residenza Sanitaria post acuzie a servizio dell’Ospedale, della capienza di 120 posti letto, avente il valore di €.5.547.328,51.

Segnatamente, al fine di realizzare uno scambio equo, a fronte della cessione delle rispettive proprietà ad opera della Nettunense Verde e Nettunense Gialla, la Parte Pubblica si è obbligata a rilasciare alle strutture private da realizzare all’interno del Parco biomedico, ciascuna secondo le proprie competenze, “ crediti, riconoscimenti, autorizzazioni, permessi, finanche atti convenzionali imprescindibili e necessari allo svolgimento delle rituali attività a cui le strutture stesse sono preposte”. Nello specifico, la Regione si era impegnata a “rilasciare le autorizzazioni di propria competenza in materia sanitaria che si renderanno necessarie per la realizzazione delle strutture e l’esercizio delle attività sanitarie relative al Nuovo Ospedale dei Castelli Romani ed al cd. ‘Parco biomedico’ ricadente all’interno degli ulteriori 6 o 7 ha. messi a disposizione dai privati per la realizzazione di opere accessorie e/o funzionalmente connesse al realizzando Ospedale ”.

A seguito della costruzione del Nuovo Ospedale dei Castelli (344 posti letto), ravvisata l’opportunità di dare esecuzione a quanto previsto nell’ambito del Comparto privato accessorio, dietro sollecitazione dell’Amministrazione di Ariccia, la Regione Lazio, con nota dell’11.7.2017, ha risposto al Comune, notiziandone per conoscenza anche il Direttore Generale della ASL Roma 6, nei seguenti termini: “ In riscontro alla nota…con la quale si chiede l’individuazione del numero di posti letto per la RSA post acuzie afferente al Comparto privato di pubblico interesse si rappresenta…che…per quanto riguarda l’azienda ASL Roma 6 è presente un’eccedenza di posti di assistenza (estensivo, intensivo e di mantenimento) fabbisogno di 100 posti residenza che, alla luce del sostanziale cambio di scenario sanitario attuale rispetto a quello del 2007 rende quindi saturo il fabbisogno specifico ”. Ha precisato di avere ridefinito il fabbisogno per i diversi livelli e prestazioni di assistenza tenendo conto delle disposizioni di cui al D.L. 95/2012 convertito con L.135/2012 e che ciò ha comportato la revisione della programmazione relativa all’offerta residenziale e semi residenziale per la non autosufficienza e ciò comporta che “ non appare possibile autorizzare l’attivazione di ulteriori posti per residenze sanitarie assistite nel territorio dell’Azienda ASL Roma 6 ”.

Il successivo 17.07.2017 si è riunito il Collegio di vigilanza istituito da Regione, Comune e Asl in merito all’Accordo di programma e, nel corso della riunione, il Sindaco di Ariccia ha dichiarato che la predetta nota regionale, escludendo la possibilità di realizzare la Residenza sanitaria post acuzie, contrasterebbe con gli impegni presi dalla Regione.

Con il ricorso in esame, notificato in data 20/01/2018, la Nettunense Verde ha chiesto la condanna della Regione Lazio, del Comune di Ariccia e della ASL RM 6 al risarcimento del danno subito.

Si è costituita la Regione eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione nonché il difetto di legittimazione passiva atteso che non avrebbe “ mai assunto impegni diretti alla realizzazione di un RSA di 120 posti letto ”. Ha rilevato, altresì “ come il trascorrere di oltre 10 anni 2006/2017 dall’accordo di programma abbia in ogni caso comportato una modificazione di quelli che sono gli interessi sottostanti. Si evidenzia come di fatto sia stata la stessa società ricorrente ad essere inerte rispetto al compimento dell’opera per la quale in questa sede si chiede il risarcimento ”. Nel merito ha contestato tutto quanto ex adverso dedotto, asserendo che la ricorrente non avrebbe in alcun modo provato l’inadempimento contrattuale della Regione Lazio che, invece, si sarebbe limitata, con la nota dell’11.7.2017, ad esprimere un parere negativo in relazione alla realizzazione di un RSA, tenuto conto della Programmazione sanitaria e della saturazione del territorio in relazione a tale specifico setting assistenziale, senza tuttavia determinarsi in assoluto su qualsiasi attività sanitaria. In relazione al quantum del risarcimento richiesto, ha evidenziato come la destinazione d’uso sanitario degli immobili da costruirsi sarebbe solo una delle tante previste dall’atto di sottomissione che, a pag. 7 prevede tra le varie destinazioni d’uso, la realizzazione oltre che di RSA post acuzie, anche strutture “ da adibire a centro congressi convegni di aggiornamento professionale ”, “ strutture da adibire a sede per l’Università per attività legate alla ricerca ed alla didattica con annessa foresteria ”, “ struttura ricettiva e per la ristorazione ” (atto sottomissione del 20.10.2006).

Si è costituito anche il Comune di Ariccia, eccependo preliminarmente l’“ Inammissibilità / irricevibilità del ricorso per violazione dell'art. 34, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000 (mancato inizio dei lavori entro tre anni dall'approvazione dell'accordo di programma) ovvero del termine decennale di cui all'art. 16, comma 5 e 9, della l. 1150/1942 attesa la natura attuativa dell’accordo di programma che costituisce anche variante al PRG ”.

Sempre in via preliminare ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva in materia di accreditamenti di strutture sanitarie, riservata in via esclusiva alla Regione Lazio in virtù dell’art. 8 quater del d.lgs. n. 502/1992 nonché dell’art. 2, lett. a) della Legge della Regione Lazio n. 4/2003 e dell’art. 19 del regolamento regionale n. 20/2019.

Ancora, ha eccepito l’“ Inammissibilità del ricorso per mancata impugnativa della nota della Regione Lazio dell’11/07/2007 con la quale quest’ultima ha dichiarato di non poter accreditare altre strutture RSA post acuzie per la saturazione dei posti di assistenza ”.

Infine ha eccepito l’“ Inammissibilità della domanda risarcitoria e la violazione dell’art. 30 cpa ”.

Nel merito ha contestato tutto quanto ex adverso dedotto, rilevando in particolare che “ Nel citato rogito dello stesso notaio Bellagamba, nella stessa data del 14.7.2007, il Comune di Ariccia trasferiva in proprietà alle società Nettunense Verde e Nettunense Gialla, che accettavano “rispettivamente in ragione del 78% e del 22%”, l’appezzamento di terreno della superficie di ha.1.65.35 (mq.16535 ca.), con la relativa quota di cubatura perequativa pari a mc.32430 avente la specifica destinazione a Residenza Sanitaria post acuzie a servizio dell’Ospedale, della capienza di 120 posti letto, stimato, sulla base della sopra indicata perizia, avente il valore di €.5.547.328,51. In altri termini, contrariamente a quanto vorrebbe far credere parte ricorrente, quest’ultima ha già ricevuto dal Comune un controvalore di aree ed immobili di importo addirittura superiore al valore delle aree cedute (euro €.5.547.328,51 a fronte del valore delle aree cedute pari ad euro €.5.526.000,00 ”.

Ha evidenziato, altresì, che la società ricorrente non avrebbe mai realizzato la struttura sanitaria post acuzie, rimanendo a tutt’oggi inerte, e che l’esistenza o meno dell’accreditamento non costituirebbe motivo ostativo alla realizzazione di una struttura sanitaria privata.

Infine si è costituita la ASL RM 6 eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso: per omessa evocazione in giudizio dei oggetti controinteressati, da individuarsi nei proprietari dei terreni ricompresi nelle varianti di PRG adottate dal Comune di Ariccia;
per sopravvenuta carenza di interesse, ex art. 100 c.p.c. per richiamo esterno ex art. 39 c.p.a., in capo alla Società ricorrente, sotto il profilo sintomatico della mancata preventiva impugnazione della nota della Regione Lazio prot. U.0353685 dell’11.07.17;
per violazione del termine decadenziale di cui all’art. 30, c. 5, c.p.a., avendo la ricorrente prestato piena acquiescenza alla nota della Regione Lazio prot. U.0353685 dell’11.07.17, sotto il profilo sintomatico della sua mancata preventiva impugnazione. Ha eccepito, altresì, la propria carenza di legittimazione passiva.

All’udienza del 2 dicembre la causa è stata introitata per la decisione

2. Si procede con lo scrutinio dell’eccezione di difetto di giurisdizione, che per evidenti ragioni, deve essere effettuata prima di ogni altra eccezione

La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la domanda di risarcimento dei danni per l'inadempimento degli obblighi derivanti da un accordo di programma attiene alla fase di esecuzione dell'accordo e appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. T.A.R. Roma n. 9847/2017).

In particolare, è stato rilevato che “ Soggiace alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni per l'inadempimento degli obblighi del soggetto attuatore di un Accordo di programma ex art. 27, l. 8 giugno 1990, n. 142, rientrando essa nell'ambito oggettivo dell'art. 11, l. 7 agosto 1990, n. 241 il quale, al comma 1, considera gli accordi tra Pubblica amministrazione e soggetti interessati, finalizzati alla determinazione del contenuto discrezionale di un provvedimento amministrativo oppure alla sostituzione del provvedimento amministrativo, che ai sensi dell'art. 133 lett. a) n. 2), c.p.a. sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ” (cfr. TAR Potenza n. 201/2017. Nello stesso senso: Cass., Sez. Un. n. 64/2016).

Più in generale, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che: “ E’ devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione sulle controversie in cui si faccia questione di danni da lesione dell’affidamento sul provvedimento favorevole, posto che in base al richiamato art. 7, comma 1, cod. proc. amm. la giurisdizione generale amministrativa di legittimità include i «comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni»;
ed inoltre che «nelle particolari materie indicate dalla legge» di giurisdizione esclusiva - quale quella sugli «atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia» di cui all’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm. oggetto del presente giudizio - essa si manifesta «attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela», anche dei diritti soggettivi, oltre che dell’affidamento sulla legittimità dei provvedimenti emessi dall’amministrazione
” (Ad. Pl. n. 20/2021).

3. Ritenuta la giurisdizione, per ragioni logico sistematiche deve essere scrutinata l’eccezione con la quale viene dedotta l’inammissibilità ( rectius irricevibilità) della domanda risarcitoria per violazione art. 30 c.p.a.

In particolare, il Comune deduce che l’azione risarcitoria sarebbe stata proposta oltre il termine di 120 gg. di cui all’art. 30 comma 3 c.p.a. dalla conoscenza della nota regionale che sarebbe avvenuta nel corso della riunione del 17.07.2017 durante il collegio di vigilanza mentre il ricorso è stato notificato solo in data 23.01.2008.

Osserva innanzitutto il Collegio che l' art. 30 comma 3, c.p.a ., se da un lato positivizza il definitivo superamento della c.d. pregiudiziale amministrativa - intesa come la necessità di dover previamente esperire la tutela demolitoria al fine di conseguire il ristoro dei pregiudizi ingiusti cagionati dall'attività provvedimentale della P.A. - dall'altro subordina l'azione risarcitoria esercitata in forma autonoma ad un rigoroso termine decadenziale di centoventi giorni decorrenti dal giorno in cui si è verificato il fatto lesivo ovvero dalla conoscenza del provvedimento dannoso. Il decorso di tale termine senza che sia stata tempestivamente esperita l'azione di condanna al risarcimento del danno ingiusto determina la decadenza da tale facoltà, con conseguente impossibilità di accesso di tale pretesa alla conoscenza del giudice (in tal senso, ex multis , TAR Roma n. 5189/2022).

La Corte Costituzionale ha osservato che “ Il legislatore gode di ampia discrezionalità in tema di disciplina degli istituti processuali (ex plurimis, sentenze n. 121 e n. 44 del 2016);
ciò vale anche con specifico riferimento alla scelta di un termine decadenziale o prescrizionale a seconda delle peculiari esigenze del procedimento (ex multis, sentenza n. 155 del 2014 e ordinanza n. 430 del 2000). La previsione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione risarcitoria non può ritenersi il frutto di una scelta viziata da manifesta irragionevolezza, ma costituisce l’espressione di un coerente bilanciamento dell’interesse del danneggiato di vedersi riconosciuta la possibilità di agire anche a prescindere dalla domanda di annullamento (con eliminazione della regola della pregiudizialità), con l’obiettivo, di rilevante interesse pubblico, di pervenire in tempi brevi alla certezza del rapporto giuridico amministrativo, anche nella sua declinazione risarcitoria, secondo una logica di stabilità degli effetti giuridici ben conosciuta in rilevanti settori del diritto privato ove le aspirazioni risarcitorie si colleghino al non corretto esercizio del potere, specie nell’ambito di organizzazioni complesse e di esigenze di stabilità degli assetti economici (art. 2377, sesto comma, del codice civile). La non manifesta irragionevolezza della scelta legislativa appare ancora più chiara laddove si rifletta che il bilanciamento operato risponde anche all’interesse, di rango costituzionale, di consolidare i bilanci delle pubbliche amministrazioni (artt. 81, 97 e 119 Cost.) e di non esporli, a distanza rilevante di tempo, a continue modificazioni incidenti sulla coerenza e sull’efficacia dell’azione amministrativa
” (cfr. Corte Cost. n. 94/2017).

Ancora, la giurisprudenza ha precisato che detto termine di decadenza non si applica ai ricorsi con i quali viene chiesto il risarcimento del danno per lesione di un diritto soggettivo ( ex plurimis : C. di St. n. 7217/2021;
TAR Milano n. 326/2022).

O, ritiene il Collegio che, nella fattispecie in esame, la posizione giuridica che si assume lesa e che è sottesa alla domanda risarcitoria in esame è riconducibile all’interesse legittimo.

Invero, il danno lamentato dalla ricorrente deriva dalla nota della Regione Lazio datato 11.7.2017, con la quale: è stato rappresentato che “ per quanto riguarda l’azienda ASL Roma 6 è presente un’eccedenza di posti di assistenza (estensivo, intensivo e di mantenimento) fabbisogno di 100 posti residenza che, alla luce del sostanziale cambio di scenario sanitario attuale rispetto a quello del 2007 rende quindi saturo il fabbisogno specifico ”;
è stato precisato che il fabbisogno per i diversi livelli e prestazioni di assistenza è stato ridefinito tenendo conto delle disposizioni di cui al D.L. 95/2012 convertito con L.135/2012 e che ciò ha comportato la revisione della programmazione relativa all’offerta residenziale e semi residenziale per la non autosufficienza;
è stato rilevato che “ non appare possibile autorizzare l’attivazione di ulteriori posti per residenze sanitarie assistite nel territorio dell’Azienda ASL Roma 6 ”.

Trattasi dunque di provvedimento amministrativo, espressione di discrezionalità amministrativa, finalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico.

Pertanto, in applicazione delle coordinate ermeneutiche appena evidenziate, la società ricorrente avrebbe dovuto esperire l’azione risarcitoria in esame nel termine di decadenza di 120 giorni di cui all’art. 30 comma 3 del c.p.a.

O, nella fattispecie in esame, la conoscenza del provvedimento è avvenuta in data 17.07.2017 mentre il ricorso è stato notificato solo in data 23.01.2008.

Pertanto, il ricorso in esame deve essere dichiarato irricevibile.

4. Ad ogni modo, evidenzia il Collegio che lo stesso è destituito di qualsiasi fondamento.

Con l’unico motivo di diritto, la ricorrente sostiene che “ la comunicazione con la quale la Regione rende noto di non poter accordare l’autorizzazione promessa, costituente il corrispettivo della prestazione ricevuta, determina lo squilibrio delle rispettive posizioni contrattuali di Parte pubblica e Parte privata e denuncia che il Programma dell’Accordo non è più in grado di svolgere la propria funzione perché non realizza il soddisfacimento degli interessi dei contraenti così come composti nell’Atto di Sottomissione che è stato posto a base e condizione della cessione operata dalla società privata che nell’Atto di Sottomissione aveva precisato che operando le cessioni gratuite non aveva inteso compiere atto di disposizione non oneroso ”.

Chiede, quindi, il risarcimento del danno subito per riequilibrare le rispettive prestazioni, legate da un nesso di interdipendenza funzionale, che quantifica in euro 5.547.475,80 oltre interessi compensativi, pari al valore dei terreni ceduti.

5. Ai fini che occupano, è necessario preliminarmente chiarire in breve la natura della responsabilità della pubblica Amministrazione ed indicare gli elementi costitutivi della fattispecie.

Sul punto, da ultimo si è pronunciata l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 7/2021, che ha affermato, tra gli altri, il seguente principio di diritto qui di interesse: “ la responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale;
è pertanto necessario accertare che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano, in virtù dell’art. 2056 cod. civ. - da ritenere espressione di un principio generale dell’ordinamento - i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell’evitabilità con l’ordinaria diligenza del danneggiato, di cui agli artt. 1223 e 1227 cod. civ.;
e non anche il criterio della prevedibilità del danno previsto dall’art. 1225 cod. civ.
”.

In particolare, la decisione de qua ha premesso che nel corso del tempo, la giurisprudenza ha disancorato l’interesse legittimo dalla sua originaria concezione di interesse occasionalmente protetto e ne ha rilevato la dimensione sostanzialista, quale interesse correlato a un bene della vita coinvolto nell’esercizio della funzione pubblica e, comunque, a una situazione soggettiva sostanziale facente parte della sfera giuridica di cui il soggetto è titolare. Al privato sono riconosciuti quindi: strumenti di tutela procedimentale finalizzati ad orientare la discrezionalità dell’amministrazione e variegate forme di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive originate dall’esercizio del potere amministrativo, tra le quali ha assunto un ruolo di rilievo la tutela risarcitoria. Sulla base di tale quadro normativo è stato introdotto nel diritto pubblico un sistema in cui è devoluto al giudice amministrativo il potere di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno da illegittimo esercizio del potere pubblico, in una logica “ rimediale ”, e cioè come “ strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione ”.

Ha quindi illustrato le differenze tra le diverse forme di responsabilità previste nel nostro ordinamento giuridico, affermando che il paradigma cui è improntato il sistema di responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa è quello della responsabilità da fatto illecito.

Ha rilevato come l’elemento centrale nella fattispecie di responsabilità è quindi l’ingiustizia del danno, che deve essere dimostrata in giudizio, diversamente da quanto avviene nelle ipotesi di responsabilità contrattuale, e che implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto solo se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato che questo avrebbe avuto titolo per mantenere od ottenere.

Osserva il Collegio, conformemente agli arresti giurisprudenziali prevalenti sul punto, che, in base al principio sancito dall’art. 2697 c.c. e recepito nell'art. 64 c.p.a., chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda, ragion per cui laddove il privato agisca per il risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo, lo stesso è tenuto a fornire in modo rigoroso e circostanziato la prova di tutti gli elementi dell’illecito.

Il risarcimento del danno, non costituisce una conseguenza diretta e costante dell’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo, essendo per contro necessaria la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione giuridica soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, anche del nesso causale tra l’illecito e il danno subito, nonché della sussistenza della colpa o del dolo dell'Amministrazione, incombendo sul danneggiato l’onere della prova di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, la mancanza di uno solo dei quali determina l'infondatezza della pretesa.

In particolare, “ ai fini del riconoscimento della spettanza del risarcimento dei danni l’illegittimità del provvedimento amministrativo di per sé non fornisce un riscontro automatico della colpevolezza dell’Amministrazione, a tal fine venendo in rilievo altri elementi attinenti al grado di chiarezza della normativa applicabile, alla semplicità o alla complessità degli elementi di fatto esaminati, al carattere vincolato della statuizione provvedimentale da assumere ovvero all'ambito più o meno ampio della discrezionalità di volta in volta esercitata;
la ponderazione di questo insieme di elementi è consustanziale al giudizio di rimproverabilità e conduce a ravvisare l'elemento psicologico della colpa della pubblica amministrazione non già nella mera violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ma nella sussistenza di inescusabili negligenze ovvero di errori interpretativi manifestamente gravi, apprezzabili come tali in relazione all'interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l'amministrazione;
la responsabilità deve invece essere negata quando l'indagine conduce al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto
” (Cons. St., sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8165).

In sostanza, la presunzione di colpa dell’amministrazione, può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale tale da palesarne la negligenza e l’imperizia, cioè l’aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell’assunzione del provvedimento viziato.

Per contro deve essere negata la responsabilità quando l’indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per la incertezza del quadro normativo di riferimento, per la complessità della situazione di fatto (cfr. Cons. St., sez. II, 27 agosto 2021, n. 6058;
TAR Roma n. 7033/2022).

La predetta Adunanza Plenaria n.7/2021 ha altresì evidenziato che la condotta del privato può concorrere a costituire il comportamento valutabile ai sensi dell’art. 30, comma 3, c.p.a. per escludere il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti. L’ordinamento giuridico, dunque, nell’assoggettare la funzione amministrativa al diritto, riconosce al privato un novero di mezzi a tutela dei propri interessi più ampio di quelli utilizzabili nei rapporti di diritto civile ed in cui l’azione risarcitoria è solo uno dei rimedi a disposizione.

In ordine al quantum debeatur , poi, la giurisprudenza ha ritenuto che, in base al principio generale sancito dall' art. 2697 c.c., ai fini del risarcimento dei danni provocati dall'illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il principio acquisitivo, perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti. L'azione risarcitoria innanzi al Giudice Amministrativo non è retta dal principio dispositivo con metodo acquisitivo, tipica del processo impugnatorio, bensì dal generale principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c. e 115 c.p.c., per cui sulla parte ricorrente grava l'onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda al fine di ottenere il riconoscimento di una responsabilità dell'Amministrazione per i danni derivanti dall'illegittimo ed omesso svolgimento dell'attività amministrativa di stampo autoritativo (in tal senso, ex multis : TAR Lazio Roma n. 11611/2020).

Al mancato assolvimento dell'onere probatorio, peraltro, come pacificamente ritenuto in giurisprudenza, non può porre rimedio il giudice amministrativo avvalendosi della CTU che non è un mezzo di prova, ma è volto a fornire al giudice un ausilio tecnico per la valutazione di circostanze e fatti già acquisiti e dimostrati dalla parte.

Ancora, la valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno.

6. O, osserva il Collegio che, nella fattispecie in esame, la ricorrente si limita a dedurre del tutto genericamente di aver subito un danno, senza argomentare alcunché né in ordine al tipo di responsabilità in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione, né in ordine alla sussistenza, nel caso concreto, degli elementi costitutivi della stessa.

Per quanto qui di interesse, deve essere innanzitutto rilevato che la giurisprudenza ha reiteratamente affermato che “ gli accordi di carattere pubblicistico, al pari dei contratti di diritto privato, soggiacciono al criterio dell'interpretazione secondo buona fede (art. 1375 c.c.) e al principio di leale collaborazione tra le parti;
principio che trova il suggello, per la P.A., nelle indicazioni contenute negli artt. 2 e 97 Cost. e comunque negli artt. 1175 e 1176 c.c. Tali considerazioni conducono a ritenere che, seppur possa in linea di principio, configurarsi una responsabilità dell'Amministrazione che ha sottoscritto l'accordo di programma e ne violi le pattuizioni, l'estensione di essa nei confronti del soggetto privato coinvolto presupponga (oltre agli elementi della complessa fattispecie che perfeziona l'illecito), la prova di un affidamento incolpevole del privato che deve essere valutato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto
” (cfr. T.A.R. Brescia n. 700/2020)

Dunque, nell'ambito del procedimento amministrativo, il dovere di correttezza è un dovere reciproco, che grava, quindi, anche sul privato, a sua volta gravato da oneri di diligenza e di leale collaborazione verso l'Amministrazione.

Dalla documentazione versata in atti risulta provato che la ricorrente non ha mai realizzato la struttura sanitaria post acuzie, né le ulteriori strutture autorizzate di cui all’atto sottomissione del 20.10.2006 ed in particolare: le strutture “ da adibire a centro congressi convegni di aggiornamento professionale ”, “ strutture da adibire a sede per l’Università per attività legate alla ricerca ed alla didattica con annessa foresteria ”, “ struttura ricettiva e per la ristorazione ”.

Peraltro, l’inerzia - protrattasi per oltre 10 anni - non può essere giustificata dalla volontà di attendere che “ la struttura servita fosse finita ”, in quanto la struttura sanitaria privata avrebbe potuto funzionare anche prima dell’Ospedale. Né risulta che la Nettunense abbia mai presentato domanda di rilascio della autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria. Invero, il diniego de quo è stato adottato dalla Regione a seguito di una istanza del Comune di Ariccia, e non anche della odierna ricorrente.

Neppure ha presentato alcuna istanza per ottenere un mutamento della destinazione urbanistica dei terreni de quibus .

Il comportamento inerte della Società – che, come visto, non ha iniziato i lavori né ha richiesto le autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività sanitaria dal 2006 al 2018 - non può che essere interpretato come disinteresse alla realizzazione di quanto previsto dall’Accordo di Programma.

Peraltro, la società ha prestato acquiescenza alla nota della Regione Lazio dell’11 luglio 2017, che, in base alla ricostruzione dei fatti operata dalla stessa ricorrente, costituirebbe l’atto “ presupposto ”, in conseguenza del quale si sarebbe prodotto il danno nella propria sfera giuridica. Se effettivamente avesse ritenuto che attraverso di esso si fosse realizzato l’inadempimento contrattuale, avrebbe dovuto impugnarlo e non lo ha fatto.

Ritiene pertanto il Collegio che il comportamento delle Amministrazioni è stato improntato a criteri di buona fede, atteso che il diniego - dal quale sarebbe derivato il danno dedotto dalla ricorrente - è stato adottato dopo tredici anni dalla data di stipula dell’atto di sottomissione e solamente a fronte dell’incontestato “ sostanziale cambio di scenario sanitario attuale rispetto a quello del 2007 rende quindi saturo il fabbisogno specifico ”.

Lo stesso non può dirsi del comportamento della Nettunense che, invece, ha omesso di attivarsi per ottenere le necessarie autorizzazioni e realizzare le strutture.

Per completezza, in relazione alla quantificazione del danno, non può non rilevarsi come il Comune di Ariccia, con atto notarile del 14 luglio 2007, a seguito della cessione bonaria delle aree necessarie alla realizzazione dell’Ospedale dei Castelli Romani, ha assegnato in proprietà alla ricorrente i terreni ivi indicati e che sono tutt’ora realizzabili le opere ulteriori di cui all’atto di sottomissione del 20.10.2006.

Conseguentemente, la richiesta di un risarcimento pari al valore dei beni ceduti, senza tenere in alcuna considerazione quanto comunque ottenuto dalle Amministrazioni coinvolte è certamente privo di ogni fondamento.

In conclusione, il ricorso oltre che irricevibile è anche infondato.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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